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Autore: Chiaraeiou    09/12/2013    0 recensioni
Mi guardarono incerti.
“Lei crede che sia la scelta più giusta per nostro figlio?” chiese una mamma.
“Certo signora. Ho paura che con i miei modi suo figlio non possa migliorare. Da quelle poche visite che abbiamo fatto insieme ho capito da subito che suo figlio può cambiare soltanto con l’aiuto di qualcun altro. Come anche sua figlia.” e allora mi spostai a guardare l’altra madre.
Lei sembrava abbastanza sicuri. Forse vedendo i genitori dell’altro figlio pensava che si trattava senz’altro di un ragazzo molto gentile e intelligente. Magari si stava proprio chiedendo perché i genitori di quel ragazzo avevano deciso di mandarlo da uno psicologo. E poi avrebbe fatto di tutto per vedere felice sua figlia.
La madre del ragazzo aveva lunghi capelli racconti perfettamente in un codino, camicia bella abbottonata e un camice con su scritto su un etichetta Dottoressa Genna Sabavi.
Il padre invece aveva una giacca, con sotto una camicia e la cravatta. Di lavoro faceva l’avvocato, un ottimo avvocato oltretutto famoso in tutta la regione.
La madre di lei invece era una semplice contabile, vedova da più di un anno, con uno stipendio davvero molto basso e costretta a fare
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ormai siamo in una generazione dove social network e televisione prendono il sopravvento sugli adolescenti. A volte alcuni adolescenti ne fanno troppo uso al giorno portandoli a chiudersi in se stessi e a vivere soltanto nella fantasia, anziché nella realtà come si dovrebbe fare. Ma non tutti sono così, si può dire per fortuna. C’è chi si dedica di più agli studi, e chi invece di più ad uscire. Di solito anche dedicarsi di più agli studi può portare a chiudersi in se stessi, ma almeno porta a dei risultati importanti per il futuro del soggetto. Mentre dedicarsi ad uscire con gli amici e divertirsi porta più sicurezza al soggetto, che potrà magari aprirsi di più alla realtà. C’è chi invece riesce a dedicarsi a tutti e due, ma purtroppo sono solo una bassa percentuale. Sinceramente credo di essere nella parte dei troppo studiosi e, devo dire con enorme tristezza, che si nota e anche parecchio. Per incominciare non ho amici, ne’ in classe ne’ nella vita reale, e quei pochi che avevo li ho persi tutti quando mi sono trasferita nella periferia di Torino. E poi, diciamocelo, non è normale che inizi a scrivere nel mio primo diario parlando degli adolescenti, dei social network e dei problemi che insieme possono causare. Ma sono fatta così e per me non è facile cambiare. Oltretutto sono intenta a dipendere mia madre dopo che mio padre è scappato di casa un po’ di tempo fa. Già, proprio così, mio padre ci ha abbandonati. Tutto iniziò un giorno qualsiasi. Io e la mamma eravamo andati a comprare da mangiare, cioè lei era andata anche perché io ero davvero troppo piccola e capivo ben poco. Tornati a casa, lui era scomparso. Aveva fatto le valigie e si era pure portato con se’ alcuni dei soldi che la mamma metteva in un salvadanaio per momenti di estrema urgenza. Non si erano ancora sposati, anche se mancava un mese esatto da quel giorno. Come si dice, ha avuto una cresi prematrimonale. Capita a tutti, per carità, la differenza è che lui non tornò mai più. Mia madre, che a quei tempi non lavorava ancora, fu costretta a trovarsi un lavoro subito. Lo trovò: la contabilità. Infatti la mamma è molto brava in quel lavoro, peccato che non le sia mai piaciuto. Ma era l’unico modo per continuare a vivere. Nel frattempo mia madre cercava però anche un fidanzato, in modo da aiutarci nelle spese. E così trovò pure lui: il suo capo. Ebbe un figlio da lui: Gabriele, il mio fratellastro, che adesso ha nove anni. Litighiamo sempre ed è una vera peste, ma gli voglio bene e nei momenti di bisogno ci aiutiamo sempre a vicenda. Il problema è che la loro azienda sta andando davvero male e potrebbe chiudere tra non molto. In tal caso, sarebbe come ripartire da zero sia per me che per mia madre. E chissà oltretutto se mia madre troverà mai un lavoro. Oltretutto anche se lo trovasse, ricomincerebbe a fare contabilità per chissà quanti ancora anni. Non voglio che faccia un lavoro che neanche le piace! E così ho deciso: ormai ho quasi diciotto anni, mi troverò il prima possibile un lavoro, farò licenziare mia madre da suo e la dipenderò solo io! E dipenderò anche il mio cosiddetto papà adottivo, se mai me lo permetterà. Questo è l’unico sogno che ho ora per il futuro e intendo realizzarlo ad ogni costo! Quando voglio so essere anche una ragazza molto determinata. Ora devo andare che tra un po’ verrà un ragazzo a casa mia per una specie di esperimento che ci fa fare la nostra psicologa. Speriamo in meglio, sono un po’ preoccupata effettivamente: è il primo ragazzo che mette piede a casa mia! Anna. Mi alzai di fretta, nascosi bene il mio nuovo diario e iniziai a pulire la camera. Meno di dieci minuti e teoricamente sarebbe dovuto arrivare quel ragazzo di cui parlavo nel diario. L’ansia e la paura di conoscere nuova gente iniziò a pressarmi. Ogni volta che dovevo conoscere qualcuno, soprattutto ragazzi, mi sentivo così. E alla fine riuscivo solo a farmi delle figuracce e a farmi deridere dagli altri. È per questo che non avevo amici e preferivo così dedicarmi allo studio, qualcosa che non mi mettesse sotto pressione e che mi tranquillizzasse insomma. Ma sta volta non potevo scappare, questa volta dovevo affrontare questa mia paura definitivamente, perché così ha scelto mia madre e io rispetto ogni sua scelta. Driiiiiin, Driiin. Mi catapultai verso la porta insieme a tutta la famiglia. Eravamo tutti vestiti con i migliori abiti che possedevamo, migliori ma non i più belli del mondo ovviamente: volevamo dare almeno un minimo di buona impressione. Quando mia madre aprì la porta c’era solamente un ragazzo, tutto solo in mezzo al buio, che fischettava una qualche canzone per passare il tempo. “Sei tu Fabio vero? Dove sono i tuoi genitori?” chiese papà al ragazzino. “Sono venuto in treno.” Rispose semplicemente entrando dentro casa. “Perché in treno? Non potevano accompagnarti i tuoi genitori?” insistette papà. “Erano a lavoro. Sinceramente non mi hanno mai accompagnato da nessuna parte quei due. Per me è una cosa normale questa, non so per voi.” Rispose, con una calma che io non mi sarei mai aspettata. Si girò, mi guardò e mi chiese: “Sei tu Anna?” ecco, come sempre mi ero bloccata, non sapevo più che cosa fare. Annuì e diventai tutta rossa. “Piacere Fabio!” si presentò porgendomi la mano con semplicità. “Emm.. Piacere!” cercai di ricambiare il meglio possibile, con il risultato di una veloce stretta di mano e io che arrossivo sempre di più. -Non riesco mai a combinarne una giusta cavolo!-pensai. Mentre parlava con i miei genitori e si presentava, avevo tutto il tempo di guardarlo bene. Occhi azzurri, capelli sul castano chiaro, fatti come ormai tutti i ragazzi se li fanno. Aveva una maglia scollata e accollata che faceva ben vedere il suo fisico perfetto, al punto giusto, jeans a cavallo basso e delle scarpe nuove di zecca comprate in qualche negozio di ricchi. “Anna perché non gli fai vedere la casa, mentre io e papà prepariamo da mangiare?” mi chiese mamma, con il suo semplice sorriso. “Va bene.” Risposi cercando di sembrare più tranquilla possibile. “Vengo anche io con voi!” esclamò felice Gabriele. “No Gabri, tu aiuta loro a preparare il piatto. Fallo te per una volta, dai!” sbuffai. “No quello lo fai tu, non è lavoro mio.” Rispose, facendo semplici spallucce. “Cosa c’entra questo? Un giorno dovrai pure imparare a fare qualcosa. Non farti aiutare sempre dagli altri, devi incominciare a diventare un po’ più autonomo….” Neanche finì di parlare, che Gabri aveva già preso la mano di Fabio e lo stava già portando a fare il giro della casa. “Mi ascolti una buona volta?” gli urlai. “Fa sempre così, non ti preoccupare. Più che altro mi sa che passerai due settimane infernali, povero te! Fai come me al massimo in questi momenti: non ascoltarla proprio.” Consigliava Gabriele a Fabio al alta voce in modo che lo potessi sentire. “Guarda che ti sento Gabri. Cavolo, e io che cerco solo di essere una brava sorella e di insegnarti quello che è giusto e quello che è sbagliato!” dissi raggiungendoli. Gabriele mi fece una pernacchia. “Come ti permetti? Ho nove anni più di te, e mi tratti quasi fossi una bambina di cinque anni.” Fabio si mise a ridere. “La mia famiglia è così diversa dalla vostra. La vostra fa morir dal ridere, davvero!” disse, continuando a ridere ovviamente. Ed è stato in quel momento che me ne accorsi: Gabriele stava con noi in modo che io potessi essere me stessa e avessi potuto parlare di più. Lo guardai. Lui mi fece l’occhiolino e mi sorrise. “Siete sempre così? Mi sa che passerò davvero una settimana molto divertente!” continuò Fabio, quasi con le lacrime agli occhi. “Ehi, guarda che pure noi abbiamo dei momenti di serietà a volte. Non prenderci come una famiglia di pagliacci.” Dissi, cercando di sembrare offesa. Lui allora sostituì la risata ad un largo sorriso. Un sorriso solo per me. Sentì una strana fitta al cuore. Avrei voluto ricambiare, ma ero troppo stupita per farlo. “E questa è la camera di mia sorella. Dove dormirai anche tu ovviamente!” comunicò Gabriele. Mi vennero i brividi sentita quella frase. Io e mia madre abbiamo litigato una settimana per questa storia: lei voleva che andasse a dormire nella mia stessa camera, mentre io non volevo. Alla fine, come sempre, a vinto lei. -Cavolo, neanche un po’ di intimità posso avere con me stessa. Niente di niente.- pensai, sospirando. “Va bene!” rispose semplicemente Fabio, facendo spallucce. Sospirai. -Possibile che a lui non gli importi niente? Va be dai ho capito, solo a me sta storia non va giù. Ma a quanto pare mi ci dovrò abituare. Pazienza!- “Bene allora vi lascio da soli in camera. Andate a dormire presto e non fate già da subito cose stupide, anche se ne sareste capaci di sicuro!” concluse mio fratello, sogghignando. Rimasi colpita. A cosa si riferiva? Vi prego non a quello che penso io.. “Che cos’ è questo?” chiese Fabio. Mi girai. Stava leggendo il mio diario. “C-come cavolo hai fa-fatto a trovarlo?” chiesi. Non riuscivo neanche a muovermi. “Era sotto al mio cuscino, sai?” mi guardò stupito. “Ma quindi quello di prima non è il tuo vero padre?” L’ha già letto tutto? Rimasi senza parole. “Prima di tutto quello è il MIO cuscino. Punto secondo, sì e allora? Ci sono problemi?” chiesi, andando dritto verso di lui e riprendendomi il diario. “No, sono solo un po’ stupito: non si trovano mica tutti i giorni una storia del genere!” disse sogghignando. “Hai poco da ridere. E ti pregherei di non farti più gli affari miei, mi sono spiegata? Ora vado a preparami in bagno. Tu stai fermo lì e non toccare niente.” Dissi, andando in bagno. Nascosi il mio diario dentro ad un cassetto. Meno di cinque minuti, Fabio già mi chiamava: “No ma tu scherzi spero? Ahahahahah Anna, ma che cos’è sta cosa?” rideva. Sbuffai e aprì la porta. E ora che cosa aveva visto. In una mano aveva un mio top di quello unico a cuori, e nell’altra aveva una mia mutanda con i disegni dei topolini. “Davvero stupende queste cose, ti devo fare i miei complimenti!” e continuava a ridere. “Ti ho detto di non toccare niente e tu che cosa fai?” andai dritto verso di lui e rimisi le mie cose a posto. “Pfff.. sai che i ragazzi sono curiosi, non c’è niente da fare!” “C’è poco da ridere.” Dissi. Spensi tutte le luci e mi sdraiai sul letto. “Ma guarda che mi devo preparare pure io.” Disse. Addirittura al buio si capiva che rideva. “Beh, ti arrangi.” Risposi arrabbiata. Ci fu un lungo silenzio, poi sentì che si sdraiò. “Sei arrabbiata?” chiese. “No guarda. Prima leggi il mio diario, poi mi prendi in giro. Sono del tutto calma!” risposi, secca. “Scusa, ti giuro che non lo faccio più!” dalla voce si sentiva che era dispiaciuto. “Va bene, ti perdono!” conclusi. Mi scappò un piccolo sorriso. Era la prima volta che ero me stessa con un ragazzo, e la sensazione mi piaceva, e tanto.
  
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