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Autore: Red_head    09/12/2013    4 recensioni
« Ti piace?»
« Si tratta di un'illusione. Tolte le vesti di cigni, principi e regine, torneranno a essere persone qualunque, mescolate nella calca di una metropoli che appare romantica e misteriosa, ma alla fine è solo il nido di tanti brutti anatroccoli.» Solo ora le rivolse nuovamente lo sguardo, le labbra increspate in un sorriso mellifluo. « Sì, mi piace molto. Me ne sento ispirato.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Raggio di Luna: Sono arrivato.
Dean Caesar: Sarò lì fra poche ore!
Raggio di Luna: Cosa vuoi per cena?
Dean Caesar: Tu, nudo, ricoperto di crema pasticcera.
Raggio di Luna: Pft … banale. E iper glicemico!
Dean Caesar: Mi piace il banale.



Sorrise raschiandosi il labbro inferiore prima di schiacciare il tasto di stand by dell'iphone; aveva ceduto alla tecnologia anni prima e con scarso entusiasmo, ma il colore azzurro del telefonino, alias l'essere con volontà propria in grado di programmare anche la macchina del caffè, lo aveva conquistato e il resto era venuto da sé. Infilò la chiave nella serratura di sicurezza e appena spalancò il battente Ciel si fiondò all'interno dell'appartamento parigino, scodinzolante e felice di potersi riappropriare della sua cuccia francese.
Accese la luce dell'ingresso, liberò Ciel da guinzaglio e pettorina e trascinò il trolly all'interno della casa prima di chiudere la porta blindata contro la quale si appoggiò gli istanti necessari per potersi godere la vista della loro prima casa, quella che avevano affittato ormai dieci anni prima, dipinto insieme e rilevato coi soldi dei loro primi lavori.
Era bellissima: un sublime appartamentino di ottanta metri quadri totali, suddiviso in due piani collegati da una scomodossima scala a chiocciola in ferro battuto che loro amavano da morire e che li aveva spesso costretti a dormire sul divano letto, per pigrizia o per l'impossibilità di raggiungere avvinghiati il piano superiore. Amava la cucina lignea a vista sul salottino dove capeggiava il sofà blu scuro, il lampadario a più bracci che penzolava dal soffitto azzurro intenso e i quadri appesi alle pareti, tutti dipinti da Dean. Ma la cosa che amava di più era la terrazza, il pezzo forte di quel gioiello architettonico: la vista sul quartiere di Montparnasse aveva spesso rubato loro il fiato, ma era l'atmosfera calda e romantica che Dean era riuscito a ricreare ad avergli fatto perdere qualche battito. Si mosse proprio in direzione della terrazza, tirò su la tapparella e aprì la porta finestra dopo aver schiacciato il tasto d'accensione per le luci esterne: la tenda orizzontale bianca era ritirata, ma dai suoi bracci ricadevano fili di lucine color crema, capaci di creare un'atmosfera da “isola che non c'è” davvero speciale. Sistemò al centro dello spazio divanetto e tavolino coordinati in ferro bianco traforati, tipici implementi d'arredo esterno, quindi controllò le piante che erano belle rigogliose e sane, merito dell'impianto di irrigazione centralizzato; le lampadine effetto fiamma libera sistemate dentro lanterne in alluminio riflettevano una fioca luce, catturata in giornata direttamente dal sole che aveva rischiarato il cielo parigino, era tutto perfetto. Ciel lo raggiunse in terrazza e con la lingua a penzoloni richiamò la sua attenzione in un basso guaito.
___ « Non preoccuparti piccolo, Dean torna presto.» Accarezzò il testone dell'husky bianco, divenuto un cane grosso e pelosissimo, ormai persino anzianotto, ma sempre dolce e soprattutto costantemente desideroso di giocare, nonché continuamente alla ricerca di coccole da parte dei suoi padroni. Erano diventati una famiglia lui, Dean e Ciel.
Le note di una delle sue canzoni preferite si propagarono nell'appartamento e dovette correre fino all'ingresso per poter recuperare il telefonino e rispondere alla chiamata.
___ « Pronto! Ehi! Ciao amorino, come stai?» Sorrise ampiamente nell'udire quella particolare voce, annuì fra sé e sé alla domanda che lei gli porse prima di rendersi conto che non poteva vederlo. « Ah! Sì, sono arrivato proprio ora. No, Dean non è qui … vuoi venire a trovarmi?» Scoppiò a ridere alla risposta quasi maliziosa, ma in realtà assai infantile che ricevette. « Mi passi la mamma, zuccherino? Grazie! Ci vediamo domani, certo. Buona notte, fai sogni d'oro, di diamante e di polvere di stelle!»
___ « Ehi, Ollie?»
___ « Thalie! Mi fai chiamare da tua figlia?»
___ « Sai, anche se non ne comprendo il motivo, adora profondamente suo zio biondo.» Poteva immaginarsi l'espressione divertita e odiosa che si era stampata in faccia alla sorella in quel momento.
___ « Stronza. Jules?»
___ « Il marmocchio dorme, ma anche lui non vede l'ora di vederti. Quando passate? Domani per pranzo? Eh? Eh?»
___ « Sì darling, ti ho detto che veniamo per pranzo! Stai tranquilla e non rompere, soprattutto non esagerate col cibo tu e quell'arpia di tua nonna!»
___ « Punto primo, è anche nonna tua, punto secondo: fottiti! Smettila con 'sti inglesismi, ormai stai decisamente troppo in Inghilterra, chèrie
___ « Mi manchi anche tu, vacca da riproduzione!»
___ « Checca.»
___ « Zoccola.»
___ « Ballerina volante!»
___ « Bhua! Hai vinto!»
___ « Come sempre, mon amour! A domani ciccino! Ti saluta Tristan!»
___ « Di a mio cognato di sculacciarti!»
___ « Non mancherà, ahahah!»
___ « Scema. A domani!»
Concluse la telefonata e guadagnò il piano superiore, dove accese la luce beandosi così della vista della loro camera da letto: le pareti erano per metà rivestite di legno dello stesso colore del parquet un po' scricchiolante, il resto sfumava dall'azzurro chiaro al blu profondo del quale era completamente dipinto il soffitto dove brillavano alcune costellazioni che avevano scelto e dipinto insieme. Il lampadario sferico bianco dava il tocco finale: sembrava una luna piena. Amava visceralmente quel posto: quante volte si erano addormentati stretti fra quelle lenzuola? Quante volte avevano fatto l'amore su quel materasso, o sulla cassapanca intarsiata sita ai piedi del letto, contro i muri, l'armadio, la cassettiera … arrossì appena, si tolse il cappotto e lo abbandonò sulla poltrona di cuoio vintage, uno dei mobili che si erano portati dall'appartamento del Passage d'Enfer. Di quando in quando passavano per quella strada e guardavano le imposte azzurro pastello delle finestre di quella che era stata la casa di Dean per due anni e il nido del loro amore per i primi mesi della loro relazione.
Trasse un profondo respiro ed entrò nel bagno dotato di ogni comfort, mezzo ligneo come la camera da letto, con pavimento in cotto e i muri sfumati di colori che ricordavano il cielo al tramonto sul mare: rossi, rosa, aranci, viola, lilla e in fine svariati azzurri, avevano voluto ricreare un ambiente tanto rilassante, quanto stimolante e quei colori riuscivano egregiamente nell'intento. Aprì i rubinetti della vasca di porcellana con i piedi di leone, altra chicca particolarmente apprezzata ai suoi occhi e si spogliò completamente, perdendosi nella contemplazione delle centinaia di fotografie che adornavano la parete di fondo: l'avevano completamente riempita di cornici nere, tutte di diverse dimensioni, ma del medesimo colore. Ogni cornice proteggeva una fotografia che raffigurava una persona, un luogo, un oggetto e tutte avevano un significato ben preciso.
Sapevano d'amore, di felicità, di complicità, d'amicizia, d'allegria e passione: le loro mani intrecciate in una presa salda e forte, gli occhi color miele di Dean, che non erano mai cambiati nel corso degli anni se non per le leggere rughe d'espressione che avevano contribuito a renderlo sempre più affascinante. I loro nipotini, i figli di Thalie e Tristan, che entrambi adoravano e che li chiamano “zii”: Jules era il maschietto e il più piccolino e Madeleine era la femminuccia, bionda e piena di vita come sua madre, con gli stessi occhi vispi e azzurri. C'era Nonna Blanchard appesa a quella parete, insieme al suo nuovo compagno, Eduàrd, un vecchietto forte e vivace che sapeva tener testa a quella matta di sua nonna, la sosteneva e rendeva felice. C'era Svetlana, che ora abitava a New York ed era entrata a far parte del New York City Ballett come prima ballerina: si vedevano sempre quando capitavano nella stessa città, si sentivano spessissimo e gli piaceva ricordare insieme a lei gli albori, come la loro carriera di ballerini era nata e cresciuta contemporaneamente ed era sbocciata rendendoli professionisti affermati e ricercati. Le doveva molto e le sarebbe stato per sempre riconoscente.
E c'era Dean, ovunque, anche dove era raffigurato tutt'altro: quegli scatti li aveva fatti tutti lui, aveva curato lo sviluppo delle foto, poi le avevano incorniciate e appese insieme, decidendo la collocazione e baciandosi ogni volta che ne inchiodavano una alla parte. Abbassò lo sguardo sul proprio polso destro dove brillava un bracciale rigido, d'oro bianco: Oltre la paura. Lo strinse fra le dita prima di correre verso il piano inferiore dove, stupidamente nudo, schiacciò il nome “Caesar” sul touch screen dell'iphone azzurro e se l'accostò all'orecchio, nervoso, tanto che prese a mordicchiarsi il labbro inferiore.
___ « Ollie? Va tutto bene?»
___ « Sì, ma no. Nel senso: stiamo benissimo, ma non osare presentarti a casa senza una bottiglia di vino. Mi serve, okey?» Poteva immaginarsi la faccia perplessa del compagno e sorrise placidamente.
___ « … Mi stai facendo preoccupare.»
___ « Non devi! A che ora atterri?»
___ « Sto per imbarcarmi. Un'oretta e mezza di volo e mezz'ora per essere a casa.» Lo sentì sospirare, sapeva che si stava passando una mano fra i capelli scuri. « Olivier, davvero va tutto bene?»
___ « Benissimo! Mi faccio un bagno. Ti amo, fa buon viaggio!» Cercò d'imprimere la maggior allegria possibile nel proprio tono, per rilassarlo, rassicurarlo, ma anche indispettirlo maggiormente.
___ « Sciocco. A dopo.»
___ « Pft … Brrr! Che freddo!» Abbandonò l'iphone su un ripiano e corse su per la scala a chiocciola, seguito a ruota da Ciel che si accucciò ai piedi della vasca di porcellana coi piedi di leone d'ottone; lo guardò, osservò minuziosamente i suoi occhi azzurro ghiaccio e gli affondò una mano bagnata sul pelo bianco del capo. L'husky gli rivolse lo sguardo prima di leccargli docilmente il polso, quindi si accoccolò sul tappettino del bagno e socchiuse le palpebre pelose, del tutto intenzionato a non lasciarlo da solo nemmeno in quel frangente.
Gli sorrise.
___ « Sei il cane migliore del mondo.» Decretò prima di immergere totalmente il corpo nell'acqua bollente e profumata dai sali al patchouli.



Non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo dell'i-pad: Olivier era bellissimo.
Sapeva di essere risultato al quanto sgarbato all'autista, l'avergli semplicemente dato l'indirizzo prima di infilarsi le cuffiette nelle orecchie non era stata una mossa particolarmente educata, ma doveva rivedere le prove dello spettacolo, quello per cui avevano lavorato così duramente in quegli anni: avevano passato intere notti in bianco a comporre musica, pensare coreografie, spiegare a costumisti e scenografi la loro visione di “ Azzurro” , che finalmente aveva preso vita. Adesso avevano i finanziamenti e il teatro per l'anteprima: tutto era andato come avevano previsto.
Dieci anni, erano passati dieci anni e ci erano riusciti.
Fece fermare l'auto accanto a un'enoteca e comprò una bottiglia di champagne, quindi chiuse gli occhi per il resto del tragitto gustandosi mentalmente i balletti messi in atto dalla compagnia, La Corte dei Miracoli che, capeggiata dal primo ballerino, Olivier Blanchard, danzava l'arte.
Azzurro era questo: arte che prendeva vita grazie ai corpi dei ballerini, che si esibivano sulle note di musiche originali, composte ed eseguite da musicisti che erano stati grandiosi nel far prender vita alle melodie che lui e Olivier avevano immaginato insieme. Si trattava letteralmente di arte in movimento: avevano scelto i loro quadri, statue o installazioni artistiche preferiti, iniziando dall'epoca romantica fino ad arrivare alla Pop Art; avevano creato fondali enormi nei quali si inserivano i ballerini, truccati e abbigliati come fossero un pezzo integrante dell'opera. I vari atti iniziavano così: il sipario si apriva sul capolavoro prescelto, la musica partiva e man mano i ballerini iniziavano a danzare, donando vita alla scenografia. Avevano fatto un ottimo lavoro, ne erano tutti orgogliosi, specialmente lui era fiero di Olivier. Il suo bel pulcino biondo era diventato un cigno maestoso, era cresciuto, si era evoluto sotto i suoi occhi e di giorno in giorno l'aveva amato sempre di più.
Lasciò una generosa mancia all'autista per sopperire alla sua momentanea mancanza di educazione e, armato di mini trolley leggero e bottiglia di champagne, si diresse verso il portone della piccola palazzina parigina.
Quando infilò le chiavi nella toppa della porta blindata, sentì immediatamente l'uggiolio di Ciel e sorrise ancor prima di spalancare il battente e trovarsi l'husky bianco scodinzolante ai suoi piedi.
___ « Il mio bambino peloso! Eccoci qui!» Si accovacciò sui talloni e abbracciò il cane che lo leccò, agitatissimo e felice di avere di nuovo entrambi i suoi padroni sotto lo stesso tetto. O forse era lieto di essere a Parigi. « Sono contento anche io di vederti … sì, sì, sei bellissimo. Bacio?» Si indicò il viso e Ciel lo leccò avidamente, puntandogli le grosse zampe anteriori sulle spalle. « Ecco, su, oh – issa!» Pesava molto ovviamente, ma erano abituati così: quel cane era stato davvero come un figlio per loro e gli veniva naturale abbracciarlo, coccolarlo, portarlo un po' in braccio e lui li lasciava fare, assecondandoli nel sentirsi parte di una famiglia.
___ « Dean?» Due splendidi occhi azzurri lo inchiodarono al suolo appena fecero capolino d'oltre la cornice di una porta e quel sorriso gli sciolse il cervello. Strinse un'ultima volta l'husky, quindi lo appoggiò delicatamente sul pavimento ligneo prima di essere assalito da Olivier: ruzzolarono sul pavimento, il ballerino steso su di lui, le sue labbra calde a circondare le proprie in un bacio a dir poco travolgente.
___ « Ollie!» Esclamò prima di scoppiare a ridere.
___ « Mi sei mancato amore mio, tanto, tanto, tantissimo! Vero che ci è mancato paparino, eh, Ciel? Eh?» Anche il cane si era unito alla festa e le loro risate si unirono ai bassi ululati di gioia dell'husky.
___ « Sono stato via poco più di quarantotto ore!»
___ « Stai forse dicendo che a te la nostra lontananza non è pesata?» Quel falso broncio lo invogliò a tendere gli addominali e baciarlo di nuovo, succhiandogli il labbro inferiore e strisciandolo coi denti, delicatamente.
___ « Dire che mi sia pesata è un eufemismo.»
___ « Hai comprato il vino?» Gli domandò in un sorrisetto soddisfatto, che accompagnò a dolci effusioni di tutto il suo muscoloso e splendido corpo, sul proprio.
___ « Mhn … sì. E per fortuna l'ho appoggiato nell'ingresso o a quest'ora l'unico a berlo sarebbe Ciel. Dal pavimento.»
___ « Sei sempre così previdente, Hamilton.» Lo canzonò, con quella voce squisitamente profonda e musicale, che gli si era modificata nel corso del tempo e che aveva il potere di fargli venire la pelle d'oca. Piego il capo all'indietro, lasciando la possibilità alla sua morbida bocca di torturagli il collo e si sarebbe lasciato molestare per ore, anche lì, sul pavimento dell'ingresso, ma il compagno aveva piani diversi.
Sentì la morbidezza di una stoffa fresca cingerli il viso, all'altezza degli occhi e prima che potesse rendersene conto si trovò bendato.
___ « Olivier, ha deciso di spaziare col bondage anche in giro per la casa?»
___ « Sciocco.» Rise di sottecchi pensando che, un tempo, una domanda del genere l'avrebbe fatto arrossire da un orecchio all'altro, ma ora lo baciò, forzandogli le labbra per poterlo esplorare con tutta la calma del mondo. I suoi baci lo mandavano in estasi, avevano la capacità di fargli dimenticare dove fosse, cose stesse facendo, il proprio nome … ed era sempre stato così. Olivier era la sua personale incarnazione di lussuria, i suoi gesti, le sue carezze, la personificazione della pura passione: il labbro superiore, perfettamente disegnato da curve convesse deliziose da percorrere con la punta calda della lingua, quello inferiore, leggermente più pieno e per questo perfetto da mordere. E il suo sapore, che era naturalmente speziato, come se la natura si divertisse a farlo impazzire rendendo leggermente piccante il gusto della sua pelle.
___ « Vieni con me.» Gli sussurrò contro il lobo sinistro, soffiandogli le parole contro la pelle prima di posarvi in una rapida carezza le labbra.
Si alzò e lo seguì, ma prima Olivier lo liberò dal cappotto e la sciarpa.
___ « Cos'hai combinato, Blanchard?» ___ « Una sorpresina per te, ma petite.» Il suo tono divertito e malizioso lo mise in allarme, deliziandolo, incuriosendolo più che mai. « Ecco, fermo qui.» Gli lasciò le mani abbandonandolo in piedi in mezzo al salotto, cieco per via della benda, ma non potevano che essere in quella stanza dove poteva sentire un delizioso profumo di candele aromatiche.
___ « … Posso?»
___ « Devi.»
Sfilò la benda direttamente dalla testa, senza slegarla, scompigliandosi sicuramente i capelli scuri, ma la sua espressione doveva essere molto più sconvolta della zazzera castana. La stanza brillava di un'alone di luce giallastra: c'erano candele bianche ovunque, su ogni ripiano ed erano di qualsiasi dimensione e forma, ma sempre candide. Si irrigidì e spalancò le palpebre notando il compagno in terra, davanti a lui: un sorriso sornione gl'increspava quella bocca perfetta, sulla quale avrebbe voluto avventarsi per morderla, torturarla esattamente come stava facendo lui col proprio animo.
___ « … Olivier … »
___ « Ti ricordi quand'è stata la prima volta che ho acceso così tante candele in una stanza, per te?»
Come avrebbe potuto dimenticarlo?
___ « Londra.» Rispose subito, passandosi poi una mano fra i capelli, in un gesto nervoso. « Eravamo a casa dei miei … abbiamo fatto l'amore per la prima volta.» Si sentì sciocco nel constatare che la sua voce era ridotta a un fioco sussurro, tuttavia non riusciva a esprimersi decentemente: era sopraffatto dalle emozioni, dall'atmosfera, da Olivier.
Che gli sorrise, accentuando l'aria maliziosa per lasciar spazio a uno sguardo pregno d'una dolcezza infinita.
___ « Io ti amo, Dean Caesar Hamilton. Ti amo talmente profondamente e sinceramente … » Sospirò, emozionato. « Vorrei evitare di pompare questa scena con parole inutili, perché ne bastano due: ti amo. Non c'è niente di più vero ch'io abbia mai detto, non c'è niente di più entusiasmante e splendido che il mio cuore, il mio cervello, il mio corpo e la mia anima abbiano provato. Ti amo, mio tutto.» Le sue dita affusolate, fino a quel momento strette in due morse nervose, si spalancarono lentamente lasciando alla propria vista qualcosa di rotondo, scintillante, semplice.
I suoi occhi azzurri non avevano mai lasciato i propri, il suo ginocchio sinistro, puntato per terra, non aveva vacillato un solo istante.
___ « I nostri cuori sono così vicini, che col tuo cuore e col mio cuore, si può costruire un unico cuore.» Shakespeare. « Vuoi sposarmi, Dean?»
E lo sentì il cuore, che si scioglieva; e con lui la vista, il tatto, l'olfatto, l'udito.
Per un attimo provò una sensazione di annullamento, di oblio.
Riaprì flebilmente le palpebre e trovò Olivier in piedi, davanti a sé, che non aveva perso il suo sorriso carezzevole ed emozionato.
Allungò la mano sinistra verso la sua, sfiorò l'anello con la punta delle dita e una scarica di adrenalina gli attraversò il corpo, facendolo sentire vivo.
Si era annullato per rinascere un essere nuovo: non più uno, ma due.
___ « Sì. Sì. Sì, sì e ancora sì, Olivier.» I polpastrelli si appoggiarono sulle sue guance calde, le labbra sulla sua bocca e contro essa ripeté nuovamente. « Sì, sì, sì … » Espirò un respiro caldo che impatto sul suo viso, restituendogliene una parte.
Lui non smise mai di avere un placido sorriso a incurvargli le labbra, ricambiò le sue effusioni stringendolo a sé con un braccio e recuperandogli la mano sinistra con la sua opposta. Intrecciò i loro sguardi, ormai alla stessa altezza e guidò la sua attenzione verso l'anello d'oro bianco, una fascia semplice che gli aveva piazzato davanti al viso. All'interno era inciso qualcosa.
___ « Insieme oltre la paura.» Sussurrò Olivier prima di infilargli la fedina all'anulare sinistro.
Era perfetto, tutto: l'anello, le loro dita intrecciate in una morsa forte e indivisibile, i loro occhi fusi in uno sguardo carico d'amore, sentimento riversato in un bacio che gli bloccò il battito cardiaco, prima di farlo accelerare vertiginosamente. Il suo maglioncino gettato a terra, senza alcuna cura, così che i propri polpastrelli potessero accarezzare ogni centimetro della sua pelle profumata. Gli abiti spariti chissà dove e non aveva importanza: importava solo il corpo di Olivier premuto contro il proprio, sul tappeto morbido davanti al piccolo camino del salotto.
E i suoi occhi, due gemme incastonate in un viso gentile, che racchiudeva mille e una sfumature d'azzurro. I suoi occhi preferiti in tutto il mondo, l'universo, le galassie.
___ « Dean … » Il suo respiro caldo che s'infrangeva sul proprio viso, in un soffio carezzevole. «Sposami.»
Gli sorrise.
___ « Sì.»
___ « Dillo di nuovo … » Un bacio, una carezza sul fianco, sotto la coperta di lana scozzese che avvolgeva i loro corpi nudi, unendoli in un abbraccio rovente.
___ « Sì, Olivier: ti sposo.»
___ « Come si dice?» Domandò ridacchiando appena. « Nella buona e nella cattiva sorte … e, in salute e malattia?»
___ « Beh, in malattia magari ti sto lontano!»
___ « Dean!» Un pizzicotto, seguito da risate e baci, tantissimi baci.
___ « Mhn … io ti prometto di esserti fedele sempre.» Riprese lui, portando una mano fra i suoi capelli biondi, leggermente ondulati e morbidissimi.
___ « Direi. Anche perché sennò ti spezzo le gambe.»
___ « Reciproco.»
___ « Ci mancherebbe.»
___ « E di amarti e onorarti ogni giorno delle nostre vite.»
___ « Evitiamo la cosa della morte? E' di una tristezza abissale, e non voglio deprimermi il giorno in cui ti infilerò una fede al dito.»
Annuì appena prima di stringere dolcemente una sua mano: l'accompagnò al proprio viso e vi posò sopra un flebile bacio.
___ « Ti amo perché hai mantenuto la tua singolarità: tutti nascono unici, ma pochi continuano a esserlo nell'arco della loro vita.» Sussurrò intrecciando le dita con quelle di lui. « Il tuo amore è quell'essenziale di cui non posso fare a meno neanche per un istante: tu sei come i raggi del sole, che mi illuminano e riscaldano.» Incrociò i propri occhi color miele coi suoi azzurri, spalancati in un moto di stupore. « Te ho sempre da sveglio nella mente, te di notte quando chiudo le palpebre e mi addormento, vinto dal sonno, ma sempre cullato dalla tua dolce immagine.» Rise appena, prima di umettarsi le labbra con la punta della lingua. « E un giorno ho preso una margherita e ho fatto “m'ama o non m'ama” … la prima volta è venuto m'ama, allora mi ama, ma la seconda volta è venuto non m'ama, e allora mi sono preoccupato.»
___ « Anche le margherite possono mentire.»
___ « Jim Morrison.»
___ « Dean …»
___ « Sì, ti sposo.» Gli raccolse una lacrima di commozione con le labbra, prima di stringerlo forte a sé.

Successe durante una giornata di sole invernale, in uno di quegli splendidi giorni in cui i raggi freddi del sole colorano la città d'oro e argento e il cielo azzurro intenso si presentava come una tavolozza perfetta, senza nemmeno una nuvola a sporcarla. Tutte le persone che amavano si erano riunite al Bistrot, chiuso per festeggiarli seppur fosse un giorno feriale.
Era il 25 Settembre, avevano atteso questa particolare data perché in quell'esatto giorno di dieci anni prima Olivier aveva debuttato all'Operà di Paris e i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta durante la festa della Corte dei Miracoli.
E si erano innamorati l'un dell'altro, senza nemmeno rendersene conto.
Quel giorno avevano firmato un patto indissolubile, siglandolo col sangue e suggellandolo con la carne: da quella notte non si erano più lasciati andare. Mai.
Olivier gli strinse la mano per tutto il tempo, non scostò mai gli occhi dal funzionario: il suo sguardo era lucido, la postura impettita, le dita chiuse in una ferrea presa sulle sue. E il tono con cui aveva pronunciato quella semplice, stupenda parola, era dolce e fermo.
___ « Sì.» Vacillò un solo istante, ruotò poi il viso per poter cercare i suoi occhi: riconobbe in lui quella flebile ombra di timidezza che l'aveva caratterizzato nei primi mesi della loro relazione, amorevole, dolcissimo, timoroso Olivier. « Lo voglio.» Aggiunse umettandosi le labbra con la punta della lingua, in un gesto non volutamente malizioso, ma ugualmente erotico.
Toccava a lui, adesso.
___ « Lo voglio.» Rise di sottecchi, stupendosi della propria fretta. « Sì, lo voglio. Ora e per sempre.»
___ « Con i poteri conferitemi dallo Stato di Francia, vi dichiaro ufficialmente una coppia sposata.»
Si baciarono, senza indugi, non persero tempo a scambiarsi uno sguardo, o una carezza, nulla; Thalie e Tristan, i loro testimoni, applaudirono entusiasti e lei scoppiò un paio di miccette a coriandoli, mentre leggere lacrime di gioia le sgorgavano dagli begli occhi azzurri.
___ « Congratulazioni! E cacchio, era ora! Vai fratellino! »
Risero, appoggiati l'uno alle labbra dell'altro: le braccia di Olivier a circondargli le spalle, le proprie gli stringevano i fianchi, i loro petti a contatto come a volersi fondere in un unico essere.
___ « Il cuore ... ti batte così forte.» Sussurrò passandogli docilmente una mano fra i capelli biondi.
___ « Sono ... sconvolto.» Confessò lui in un mormorio, facendogli spalancare le palpebre per un istante.
___ « Sconvolto?»
___ « Oui ...» Sussurrò posandogli un nuovo, delicato bacio a fior di labbra; i suoi occhi, luminosi più che mai, gli catturarono lo sguardo, magnetici. « Grazie a te conosco il vero significato della parola "felicità". Non è una fortuna che tutti riescono a conoscere, nell'arco della loro vita.»
Deglutì a fatica ed espirò con forza dal naso socchiudendo le palpebre mentre appoggiava la fronte contro la sua.
___ « I love you, Olivier.»
___ « Je t'aime, Dean.»










Fin.




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Ora è finita sul serio!
Questo epilogo è stato un parto da scrivere, peggio dell'ultimo capitolo! Forse non volevo che finisse sul serio, non lo so … ma mi piace, tanto.
E vorrei scrivere ancora di loro, magari delle one-shot? Voi avreste delle richieste? Mi piacerebbe confrontarmi con chi mi ha seguita fin qui! Con chi ha visto questi due incontrarsi, innamorarsi e coronare tutti i loro sogni.
Perché esiste chi ce la fa, esiste. Deve esiste, devo crederci.
Crediamoci tutti insieme!
vivubì, grazie anche da parte di Ollie e Dean <3

Piésse: mi è venuta un'idea un po' folle, forse … ma potrei creare una pagina di FB dove postare foto, fan art – se le fate XD – pensieri, blabla, riguardo alle storie che scrivo. Che ne dite? Fatemi sapere se la cosa vi interessa!



  
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