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Autore: Rosewood    10/12/2013    1 recensioni
Rosewood, un'altra città pronta ad accogliere il disastro che ero. L'odore della pioggia che cadde a piccole gocce sul finestrino riuscì a distrarmi dalle urla di mia madre che non sembrava essere di buon umore. Alzai il volume dell'ipod e chiusi gli occhi, attendendo la fine di quel momento, non la sopportavo quando faceva così. Il tempo non era dei migliori, e si poteva ben sentire la pioggia che cadeva, feci un leggero sorriso e riaprii gli occhi, sbuffai quando vidi che eravamo arrivati. Scesi dall'auto senza togliermi le cuffie, presi la valigia e mi sistemai davanti alla porta. Quando mio padre aprì la porta mi venne un nodo allo stomaco, era tutto completamente nuovo, ed io non ero pronta per una nuova vita. Varcai la soglia della porta e senza guardarmi intorno entrai in quella che doveva essere la mia nuova camera. Sistemai la valigia sul letto, ed aprendola, mi persi nel rumore della cerniera che scorreva lentamente. Tirai fuori quell'insicurezza che mi ero portata dietro, e mi sedetti sul letto, sfilandomi le cuffie e sbuffando di nuovo. Ero un nuovo disastro in una città suicida.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Aria Montgomery, Emily Fields, Hanna Marin, Nuovo personaggio, Spencer Hastings
Note: Cross-over | Avvertimenti: Bondage
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Già. Nessuno si salva da solo, e credo che nessuno salverà mai me. Scesi le scale con calma, cercando di non fare rumore, non volevo che gli altri si accorgessero di me. Avanzai di un passo e rimasi immobile nel vedere mio padre e mia madre darsi da fare con l'albero di natale. Sorrisi nel vedere mio padre in difficoltà, non aveva la più pallida idea di ciò che doveva fare, si sentiva completamente a disagio, ma la cosa lo divertiva, perché accanto a lui c'era mamma. Già. Mamma. Odio il natale, secondo me è la festa più inutile che ci sia. Persone uscite dalla tua vita ormai da troppo tempo tornano con un pacco in mano dichiarandoti i loro più falsi auguri. Meriterebbero un premio solo per i loro falso sorriso. Sono convinta che se una persona voglia farti un regalo, lo fa senza problemi, con un sorriso che incanta mezzo mondo, non i parenti ormai ingenui. Scacciai i pensieri dalla mente e tornai a fissare i miei, poi qualcosa attirò la mia attenzione. Mi voltai di scatto e vidi un pacco enorme, era coperto da un fiocco enorme di un colore rosa scuro, uno dei quei fiocchi che si vedono solo nei cartoni animati. Cercai di avvicinarmi, ma non appena feci un altro passo mio padre mi si precipitò accanto. "Beh El, non ci aiuti? A tua madre farebbe piacere." "No grazie. Magari più tardi, quando siamo soltanto noi due." "El, non trattare così tua madre, ti vuole bene, non scordarlo mai." "Ha smesso di volermi bene già da un bel pezzo." Vidi mio padre mordersi il labbro e tornare da mia madre che mi fissava con fare interrogativo. Era delusa. Ma mai quanto ero delusa io. Ho sempre odiato mia madre, per il semplice fatto che non c'è mai stata. Non ho mai avuto una vera e propria conversazione con lei. Sorrisi a mio padre e tornai di sopra. Varcai la soglia della porta, ed entrai in camera, precipitando in un gelo impressionante. Ogni parte della casa era accaldata, tranne la mia camera, fredda, come lo ero io. Presi il giacchetto e scesi di corsa le scale, stavolta, decisa a fare rumore, in modo che potessero sentirmi. "Vado a farmi un giro, ci vediamo dopo." Uscii di corsa per evitare di piombare in una di quelle conversazioni riguardanti lo stare attenti e non parlare agli sconosciuti. Uscendo, alzai gli occhi al cielo, e dei piccoli fiocchi di neve si precipitarono sulle mie guance, per ricadere sulle mani, e gelarmi ogni singola parte del mio corpo. Portai le cuffie all'orecchio ed iniziai a camminare, pur non sapendo dove. "Come on, Skinny Love." Ah Birdy. Sapeva capirmi come nessuno sapeva fare. Trovai una panchina ancora non ricoperta di neve e mi ci buttai sopra, chiusi gli occhi, ed iniziai a sognare. "Amo l'inverno, credo sia l'unica stagione capace di capirmi." "Ma che cazz..." Aprii gli occhi ed un ragazzo dagli enormi occhi verdi era seduto accanto a me, e mi guardava sorridendo. "Ahaha, scusami. Penserai che sia uno stupido. Mi chiamo Caleb. Tu?" "Elena." Scoppiò a ridere nel vedermi scocciata, mi tolse una cuffia e se la mise lui. "Mh, Birdy, che perla di saggezza." "Accomodati pure." "Ahahah scusami, ti restituisco la tua cuffia." Mi spostò una ciocca di capelli e mi sfiorò la guancia con la mano, sorrisi nel sentirla calda e mi sistemai la cuffia. Cercando di abbassare il volume, nel caso lui avrebbe voluto continuare la conversazione. "Sei freddissima, se vuoi ti riscaldo." "Mi fai ridere. Non mi conosci nemmeno. Come potresti riscaldarmi?" "Semplice, così." Si avvicinò a me, e mi strinse in uno di quegli abbracci che sembrò infinito. Per la prima volta riuscii a sentirmi protetta, mi persi in quelle mani calde, e sorrisi nel sentire i suoi muscoli contrarsi nel percepire il mio corpo freddo. "E' così stupido." "Cosa?" "Sto abbracciando un ragazzo che nemmeno conosco." "Cosa ci sarebbe di così stupido nel farlo?" "Non ti conosco, te l'ho detto. Di solito non abbraccio le persone che non conosco." "Beh, ora mi conosci, quindi rimani anche qui." "Vorrei, ma non posso. Devo andare." "Come faccio a rivederti?" "Davvero vuoi rivedermi?" "Certo. Facciamo così, domani alla stessa ora, incontriamoci qui, ok?" "Tu sei pazzo." Scoppiò a ridere di nuovo, e mi diede un bacio sulla guancia. Sentire le sue labbra a contatto con la mia pelle, mi fece rabbrividire. Lo salutai, e tornai a casa, sentendo ancora le sue labbra, a contatto con me stessa.
  
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