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Autore: helhime    14/12/2013    0 recensioni
Ci sono creature che vivono intorno a noi, ma non sono umane: creature che sono state condannate a vivere in quegli angoli di tenebra in cui abbiamo paura di guardare.
Tutto questo però è passato.
Un sogno di normalità di alcuni mesi prima della nostra storia.
Il presente è una città deserta e un cielo che piove sangue, un mostro e un umano che si confrontano per l'ultima volta forse.
Cos'è successo? Cosa ne è stato di quella barriera che divideva mostri e umani?
E soprattutto... chi è il mostro e chi è l'umano?
Genere: Angst, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei mesi prima...



"Ehi, l'hai mai sentita la storia di Senza Faccia?"


Lì per lì, non seppi cosa rispondere.

Ero appena arrivato in quel paesino di provincia un mese prima: era ovvio che non sapessi di che diavolo di storia stesse parlando! D'altra parte, però, non volevo fare la figura del novellino sprovveduto.

Quindi, con aria sicura di me e sprezzante, risposi soltanto un: "perché dovrebbe interessarmi?”

Mi maledii per ogni singola parola, nel momento esatto in cui mi uscivano dalla bocca.

Perché dovevo sempre essere così odioso con le persone?! Di questo passo, non mi sarei fatto nemmeno un amico!

Eppure, mentre guardavo quel sorriso carico di aspettativa rivolto verso di me, non feci alcun tentativo di ritrattare quello che avevo detto o di stemperarlo con una risata.

Non ero mai stato bravo con le persone, motivo per cui nella mia vecchia scuola non avevo praticamente amici, e trovavo stressante il cercare di esserlo. Più o meno come per uno che non sa disegnare può essere stressante copiare la Gioconda, immagino. Desideravo anche io essere circondato da facce allegre e risate, come tutti, eppure appena qualcuno si avvicinava pregavo soltanto che si allontanasse il prima possibile dal mio spazio vitale – possibilmente lasciandolo proprio come l'aveva trovato.

Di solito, le persone lo percepivano quasi istintivamente, e imparavano in fretta a lasciarmi in pace.


“Andiamo!! Non sai nemmeno di cosa parla questa storia!”


Non quella ragazza, purtroppo.

“Ti ho detto che non mi interessa...” replicai, senza troppa convinzione.

Sapevo perfettamente che non avrebbe mollato.


“Scommetto che lo dici solo per non ammettere che non la sai!”


Colpito e affondato.


Interpretando il mio successivo silenzio come un invito a continuare il discorso, la mia attuale persecutrice si lanciò senza altri indugi a raccontarmi quella sorta di leggenda metropolitana.

“E' una specie di storia di fantasmi. La conoscono tutti da queste parti. E non solo qui a scuola! In tutto il paese i ragazzi parlano di Senza Faccia. E' famoso! Si dice che porti sfortuna anche solo nominarlo...”

“E allora non dovresti evitare di raccontarmelo?”


La ragazza rise, i riccioli ramati che si agitavano intorno al suo viso – che, per inciso, era piuttosto grazioso, dovevo ammetterlo.

“Su, non essere stupido! E' solo una di quelle leggende metropolitane!”

Si chiamava Alice, era in classe con me ed era forse l'essere di sesso femminile ad avermi prestato più attenzione in vita mia dopo mia madre. Non sapevo perché ci tenesse tanto a socializzare, nonostante non fossi di certo incoraggiante. Probabilmente aveva un po' di ragazzi che le facevano il filo: per quale motivo perdeva il suo tempo con uno scontroso come me?

“Senza Faccia... nessuno sa dove viva, o quando sia nato. Non si sa nemmeno quanti anni abbia: forse ha secoli o magari ha la nostra età, chi lo sa?! Lui esiste. E basta. Un giorno è arrivato in questo paese, e non se n'è più andato. Come se stesse aspettando qualcuno: quando quella persona sarà arrivata, allora forse lui se ne andrà.”

“Qualcuno lo ha mai visto?”


“Tutti, prima o poi, lo vedono. E' proprio là, negli angoli bui, dove si riesce appena a intravedere qualcosa. Non lo puoi incontrare né di notte né di giorno: solo l'alba o il crepuscolo.”

La voce di Alice si era fatta pensierosa.

“Però, una volta una ragazza mi ha detto che, se vuoi che si avvicini, basta andare nel parco dietro la scuola e dire il suo nome.”


Non feci nemmeno uno sforzo per cercare di nascondere il mio sorriso di sufficienza: le solite storielle di fantasmi che si tramandavano in ogni scuola!

“Si, certo... e che nome dovrei dire? "Senza Faccia"?”


La mia compagna di classe mi fulminò con lo sguardo.

Lui non ce l'ha un nome, scemo! Non ha una faccia e non ha un nome. Devi essere tu a dargliene uno!”


“Quindi, fammi ricapitolare. In questo paesello sperduto c'è una specie di spirito che non ha una faccia e che nessuno ha mai visto, e per vederlo si deve pronunciare un nome a caso nel parchetto qua dietro?! Wow! Davvero una storia fantastica!”

Buttai lo zaino sul mio banco, senza più degnarla di uno sguardo.

Ah, scusami, dimenticavo: sta anche aspettando qualcuno.”

Stranamente non giunse nessuna replica, cosa questa che mi spinse ad arrischiare un'occhiata verso Alice. Quasi sussultai quando incrociai il suo sguardo piantato su di me: sembrava mortalmente seria.


Non sta aspettando un qualcuno qualsiasi: aspetta la persona che gli ha portato via la faccia.”


Per qualche motivo che non sapevo spiegare, fu con un sospiro di sollievo che accolsi il suono della campanella.



Le parole di Alice continuavano a girarmi nella testa come farfalle impazzite mentre tornavo a casa: aveva cominciato a parlarne come fosse uno scherzo, ma poi quella storia di Senza Faccia sembrava essersi fatta terribilmente importante per lei. Non l'avevo mai vista così seria. Quasi arrabbiata.

O forse mi stavo solo facendo suggestionare?

Il fatto poi che la via più breve per casa mia passasse dal parco dietro la scuola non aiutava di certo.

Era autunno e gli alberi spogli avevano un che di sinistro: delle dame scheletriche che protendevano le loro braccia rinsecchite verso di me.

Di colpo accelerai il passo, desiderando solo uscire da lì.

Mi fermai di botto.

Cosa stavo facendo?! Credevo davvero a quella storia ridicola?! I mostri non esistevano, e io ero ormai un po' troppo grande per tremare di paura al pensiero del babau nascosto sotto il mio letto!

Con una risata forzata, decisi di fare un tentativo.

Che nome potevo dare a qualcuno che non aveva una faccia?

Alzai il mento in segno di sfida e, con voce chiara, pronunciai un'unica parola: “Persona”.

In un primo momento mi sentii stupido.

Poi sentii freddo. Tanto freddo.

Era come aveva detto Alice.

Lui era lì.

Era come se ci fosse sempre stato: semplicemente io non l'avevo mai notato.

Una sagoma appena accennata, i capelli lunghi che si mischiavano con la nebbia e i vestiti che stormivano insieme alle foglie. Il suo corpo pareva non esistere davvero: una semplice illusione che sarebbe stata spazzata via dal vento insieme agli ultimi fiori d'estate.

Ero così terrorizzato da non riuscire nemmeno a urlare.

Senza Faccia – che avevo chiamato Persona – non si muoveva, ma restava lì, a fissarmi – o almeno una qualsiasi azione equivalente al "guardare" che si potesse compiere senza avere un viso.

Mi mossi, come se le mie gambe fossero state dotate di vita propria, verso di lui.

Era altissimo. Più mi avvicinavo a lui, più diventava imponente.

La maschera bianca, perfettamente liscia, che gli faceva da faccia seguiva ogni mio movimento, dondolando come la testa di un gigantesco gufo.

Avevo paura ma non riuscivo a non avvicinarmi ancora. E ancora. Sempre più vicino.


Senza Faccia... nessuno sa dove viva, o quando sia nato. Non si sa nemmeno quanti anni abbia: forse ha secoli o magari è uno della nostra età, chi lo sa?! Lui esiste. E basta. Un giorno è arrivato in questo paese, e non se n'è più andato. Come se stesse aspettando qualcuno: quando quella persona sarà arrivata, allora forse lui se ne andrà.”


Mi terrorizzava ma mi attraeva in modo irresistibile. Come un incubo bellissimo.

Come baciare uno stupendo mostro.

Perché continuavo ad avvicinarmi a lui?!

Mi resi conto che era più solido di quanto mi fosse sembrato in un primo momento – o forse ero io, fissandolo con tanta intensità, a renderlo tale? Di colpo mi resi conto che quella creatura non abitava gli angoli alla periferia della nostra coscienza: semplicemente eravamo noi a relegarlo lì scegliendo di fingere di non vederlo.

Probabilmente mi osservava da quando mi ero trasferito. Proprio come osservava chiunque passasse per quel parco solitario.

Senza che nessuno ricambiasse mai il suo sguardo.

Senza che nessuno potesse o volesse chiamarlo con il suo vero nome, che forse non era mai esistito.

Eravamo molto vicini ormai, e mi accorsi che in effetti li aveva, gli occhi: semplicemente erano bianchi e senza pupille, e si confondevano perciò con il candore della maschera.


Non sta aspettando un qualcuno qualsiasi: aspetta la persona che gli ha portato via la faccia.”


Lo guardai come avrei guardato una paura ormai superata.

Mi sentivo la febbre, ma era una sensazione stranamente piacevole.

Chissà se anche lui, come me, desiderava amici ma allo stesso tempo temeva il contatto con gli altri? Forse ero anche io un po' Senza Faccia.

Forse, un giorno, sarei stato esattamente come lui.

“Mentre aspetti, ti dispiace se ti bacio?”

Posai le labbra sulla maschera fredda, lì dove avrebbe dovuto esserci una bocca che non esisteva più.

  
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