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Autore: HopFrog94    14/12/2013    0 recensioni
[ObsCure]
Raccolta di racconti autoconclusivi articolati nell'universo narrativo della saga del videogioco Survival Horror "ObsCure" (che conta di solo 2 episodi, ma significativi).
Gli episodi, che ripeto saranno autoconclusivi, ma legati comunque da un filo comune, saranno di facile comprensione anche per coloro che non conoscono la storia principale, anche se il contrario agevolerebbe l'analisi di certi particolari propri del carattere dei personaggi o dei luoghi trattati.
I soggetti delle storie si incontreranno, e la trama e lo sviluppo delle storie rimarranno fedeli all'universo originale della saga, cercando di mantenere il più possibile la caratterizzazione originale dei personaggi.
Saranno trattati temi delicati ed anche violenti, ma senza mai sforare nell'eccesso, cercando di prediligere venature dark e malinconiche di ogni argomento trattato.
La maggior parte dei racconti sono ambientati nella contea di Fallcreek, nello stato di New York, oscura locazione di collina in cui due anni addietro, al vicino liceo Leafmore High alcuni studenti rimasero intrappolati all'interno della scuola, quando tre amici, Shannon, Josh ed Ashley decidono di cercare il loro amico scomparso Kenny, nonché fratello di Shannon.
Quello che scoprirono andò al di là di ogni immaginabile aspettativa, liberando un orrore che non avrebbero dimenticato mai.
Genere: Dark, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Connections





"Ehi, Sven! Attento!"

Il bambino dai capelli dello stesso colore del sole si ridestò dai suoi mille pensieri, che di tanto in tanto travolgevano la sua florida mente con la stessa violenza del più maestoso dei mari in tempesta, trasportandolo con soave e delicata voce lontano dagli sconfinati campi verdi che decoravano la sua terra natia, la sua amata Norvegia.
Doveva aver fatto qualcosa di grave, perché la bambina accanto a lui lo guardava con un ciglio non molto incoraggiante.

"Guarda che hai fatto, hai rovinato la casa di Mr. Ölev!"

Sven guardò oltre la spalla destra, abbassando lo sguardo verso la piccola area di terriccio subito dietro di lui. Aveva la mano sopra quello che rimaneva del maestoso maniero di Mr. Ölev.
Sven ritrasse subito la mano dal luogo della strage, socchiudendo le labbra e sobbalzando leggermente.
Questa volta l'aveva fatta grossa, ora non avrebbe potuto fare proprio nulla per evitare la sua ira.

Tutta colpa sua e della sua stramaledetta immaginazione.
Quando apriva le porte di quella che ormai era casa sua, la sua vera casa, non si rendeva più conto di nulla.
Prima i contorni della realtà sbiadivano, tutto assumeva una tetra tonalità di grigio e poi d'un tratto la percezione del piano fisico scompariva. 
Buio totale.
Un interruttore appariva da quell'oscurità, una volta da una parte, una volta dall'altra. Una volta premuto, una debole luce illuminava una piccola porta.
Sven, anche se non si ricorda più nulla di ciò che lo riguarda, la apre, ritrovandosi a bordo di un enorme mongolfiera, o un vasto vascello, o ancora sulla cima della sua giostra preferita, e da li riesce ad ammirare l'infinito, vede prendere forma concreta i suoi sogni.
Eccolo lì, infatti, sul campo di hockey, libero di colpire con la mazza il simbolo della catena, la prigionia, il silenzio...
quel dischetto è per lui la liberazione dallo stesso, distruggere la costrizione dell'anima attraverso l'urlo dell'eroe. l'umile servitore che decide di ergersi e gridare come una spada. Un giorno ci riuscirà...
Ma stai divagando ancora, piccolo Sven...

"Si... hai ragione... scusami."
"Che hai detto?"

Sven alzò lo sguardo. La bambina dalla pelle diafana era in piedi davanti a lui, che lo fissava con occhio adirato, ma al tempo stesso confuso.
"Cosa?", chiese Sven.
"Hai detto qualcosa... ma non ho capito, perché l'hai sussurrato! Magari erano delle scuse!", sbottò la bambina, mettendo le braccia conserte.

"Non saprei... non ricordo.", rispose lui.

La bambina si girò di scatto ed iniziò a correre giù per la collina.
Sven la guardò per qualche secondo, ammirando la grazia con la quale si muoveva. Gli era parso che mentre si voltava stesse sorridendo, ma sicuramente era stato un miraggio, perché non poteva essere... per colpa sua lei aveva perso Mr. Ölev. Prese infine a correrle dietro.

"Aspetta! Mi dispiace!", urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.
Dannazione, quella bambina correva davvero veloce!
Non se lo sarebbe mai aspettato, era una ragazza davvero piena di risorse.
A Sven venne da sorridere.

Ormai però l'aveva quasi raggiunta, quando all'improvviso tutto intorno a loro si fermò...
l'atmosfera divenne densa, il cielo si tramutò. Delle nuvole che c'erano in precedenza, più nessuna traccia. Il cielo si era rapidamente tinto di un colore giallastro;
Gli uccelli avevano smesso di cantare ed il vento di soffiare.
Ma Sven era troppo impegnato a raggiungere la bambina per rendersene conto appieno.
Ormai erano nella vallata, pericolosamente vicini alla costa a strapiombo che dava su di un mare spesso agitato, ma oggi stranamente calmo.

"Ma che fa?", pensa preoccupato Sven, "Ho capito: vuole farmela pagare fino in fondo spaventandomi a morte! Beh, ci è riuscita!".
"Ehi, guarda che ho capito a che gioco stai giocando! E sappi che ce l'hai fatta! Ti chiedo scusa! Ma ora fermati, ti prego!", urla alla bambina Sven.
Ma lei pareva impassibile e sorda a qualsiasi cosa Sven pronunciasse. Stava tirando troppo la corda.
E lui ora stava pagando un prezzo troppo alto.

"Ti prego!"

Ormai lei era presso la cima dello strapiombo.
Un altro passo e sarebbe caduta.
Stavolta Sven lo vide. Questa volta non si trattava di un miraggio. 
Lei rideva.
E cadde.

Cadde però solo per pochi istanti, ma poi si librò in aria.
Sven si bloccò completamente, e guardò meravigliato la sua amica che ora galleggiava in cielo, proprio davanti al sole.
Sembrava un angelo.
Sven non capì più nulla.
La bambina elargì un enorme sorriso, e disse: "Sven, ma non hai ancora capito? Il sogno non è ancora..."

"Finito...", concluse Sven, estasiato.

Un grosso sorriso dipinse il suo volto.
Iniziò a correre a tutta velocità verso la sua amica.
Cadde.
E continuò a cadere.

"Ma che succede? Perché non la raggiungo?", pensò lui.
Il mare si avvicinò sempre di più.

Buio.
Luce.

"Ehi, Sven, ma dove vai a volte? Vedessi che faccia buffa ti viene..."
"Non lo so, so solo che è bellissimo..."
I due erano distesi sull'erba.

"Mi ci porti?"
"Non lo so, ma potrei provarci... basta chiudere gli occhi e pensare intensamente l'uno all'altro."

Li chiusero.
Sven iniziò a pensare alla sua amica. Dovevano incontrarsi nel suo mondo.
Non fu difficile per Sven dileguarsi, ma c'era qualcosa di strano.
La sua amica non comparve, ma vedeva, o meglio sentiva, qualcos'altro...
Provò poi una strana sensazione. Diversa.
Una stretta al cuore, e farfalle nello stomaco.
Ma anche un'enorme tristezza.
Nero di china.
Charlotte, North Carolina, USA

"Mamma!", urlò una bambina.
Sua madre entrò camera sua frettolosamente.
"Che c'è, Amy?!"
"Ho fatto un brutto sogno!"
La madre si sedette al centro del letto.

"Tesoro, i sogni sono appunto tali... non potranno mai farti del male..."
"Sono tanto triste, ora..."
"Ma no, non ne hai motivo! Tra poche ore verrà la tua tanto cara nonna da New York!"
"Mi porterà gioia?"

Sua madre sorrise. "Ma certo!"
"E anche allo zoo?"

"Assolutamente."
Sua madre si alzò dal letto.

"Ora dormi, che la notte non è ancora finita... senza brutti sogni, stavolta, fidati di me...".

Amy posò la testa sul cuscino.
Che strana e nuova sensazione...

Buio.
  
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