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Autore: Carmen Black    15/12/2013    16 recensioni
Bella è una ragazza di quindici anni che si ritrova a dover traslocare in un altro paese a causa del lavoro del padre. L'ultimo saluto e le ultime lacrime le riserva al suo ragazzo Edward e a malincuore va via, lasciandolo alla sua vita.
Ma il destino non sempre è crudele e anche a distanza di tanti anni, quando sono diventati ormai un uomo e una donna adulti, li farà ritrovare...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Jasper Hale | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Lilla

 
Lilla è come una meraviglia.
La stessa che vedo nei tuoi occhi e che mi scompiglia.
Quello che mi sostiene quando tutto crolla.
 
 
 
 
 
 
Edward guidava in silenzio con le sopracciglia appena corrucciate. Lo sguardo imperscrutabile era rivolto alla strada e da quando eravamo entrati in auto non aveva aperto bocca.
Nel frattempo il mio telefono squillava senza sosta e il nome di Riley lampeggiava sul display. Non avevo nessuna intenzione di rispondere e non per lo schiaffo che avevo ricevuto. Se proprio devo dirla tutta, anche se ero rimasta quasi scioccata da quel gesto, mi sentivo talmente in colpa che gliel’avevo già perdonato, pensando di meritare molto di peggio. Lo so, alla mia stupidità non c’è limite.
Rifiutai per l’ennesima volta la chiamata e poi mandai un sms sbrigativo a Riley dicendogli che non avevo voglia di litigare e che ci saremmo sentiti quanto prima e poi spensi il cellulare, lasciandolo ricadere sul fondo della borsa.
Aprii il parasole, guardandomi nel piccolo specchietto rettangolare. Il labbro era un po’ gonfio e il trucco si era sciolto sotto le mie lacrime, facendo risaltare le occhiaie già vistose.
La città era addormentata, i semafori lampeggiavano spenti e i camion dell’immondizia con la sirena arancione lampeggiante, svuotavano i cassonetti ricolmi.
Edward allungò una mano verso la mia e me l’afferrò portandosela sulla gamba e stringendola forte fra le dita.
Ricambiai la sua stretta osservando il suo profilo netto, la mascella larga, la bocca appena schiusa.
«Mi dispiace, Bella. Sul serio, non riesco a fare a meno di pensare che se fossi stato…».
«Per favore, Edward, non ti accollare responsabilità che non ti appartengono. Tu non c’entri niente, la colpa è solo mia», espirai, stringendo il lembo di un cappotto con la mano libera. «Quando… quando ti ho rivisto, il mio cervello è andato in blackout. È stato come se la mia vita ripartisse da allora e quello che c’era fino a un istante prima è scomparso nel nulla. Avrei dovuto starmene al mio posto, smettere di pensarti come ti pensavo a quindici anni, come se avessi occhi, cuore e cervello pieni di te, tanto da offuscare ogni cosa che mi circondava. Ho tradito Riley e me ne pento, e anche se è una cosa orribile, non me ne pento abbastanza perché se avessi la possibilità di tornare indietro, io… io rifarei le stesse identiche cose».
Edward sfregò il palmo della mano sul mio. «Ho dato per scontato che fossi single, Bella. Ho insistito e insistito, quando invece avrei dovuto cercare di vagliare ogni possibilità, avrei dovuto darti tempo».
«Edward non dire scemenze!», mi arrabbiai. «Avrei dovuto dirti io della mia relazione! Ma avevo troppa paura che ti allontanassi di nuovo da me…».
Esausto appoggiò la nuca contro il poggiatesta del sedile e prese un lungo respiro. «Non riesco a digerire il fatto che Riley ti abbia colpito».
«Basta pensarci, è passato ormai», dissi sporgendomi verso di lui e baciandolo su una guancia.
Lui annuì e scalò di marcia svoltando in un sottopassaggio che dava accesso a un parcheggio privato. Non mi ero resa conto che eravamo già arrivati a casa sua, evidentemente aveva imboccato una strada differente.
Scendemmo dall’auto e Edward mi avvolse le spalle con un braccio guidandomi verso l’uscita, tra le basse colonne di cemento e le file di auto parcheggiate.
Poggiai la testa sul suo petto, avvolgendogli la vita in uno stretto abbraccio.
Il suo odore così familiare mi fece quasi venire le vertigini. Era così sbagliato pensare a quanto lo amassi, mentre Riley stava soffrendo le pene dell’inferno dopo la mia dura confessione. Eppure non ce la facevo a riscuotermi e a liberarmi da quegli argini in cui ero felicemente costretta. Quelle sensazioni ed emozioni vive ed elettrizzanti che mi avevano svegliato da un lungo torpore di cui non ero nemmeno a conoscenza. Come Biancaneve che si sveglia dal sonno dopo il bacio del principe, solo che il mio sonno prolungato era stato ad occhi aperti e non rinchiusa in una teca di vetro.
«Ci sono dei vestiti di Rosalie in casa, potrai prendere i più comodi per la notte».
Annuii mentre lui pigiava il pulsante dell’ascensore e ci dirigevamo verso l’ultimo piano.
«Spero che Bella non si ingelosisca se ti lascio dormire nel mio letto», ridacchiò, lasciando sciogliere un poco la tensione che gli induriva i lineamenti.
Sorrisi anche io al ricordo della sua gattina nera.   «Come mai le hai dato il mio nome?».
Edward assottigliò le labbra, il suo viso si avvicinò al mio e mi accarezzò il naso col suo. «Perché è come te. Bellissima, silenziosa, diffidente da morire».
«Hmm», mormorai non del tutto convinta, sollevandomi sulle punte e dandogli un piccolo bacio. Edward premette le labbra sulle mie, umide e calde schiudendole appena. Di riflesso lo feci anche io, ma il taglio al lato della bocca pulsò e sussultai. Per fortuna il trillo dell’ascensore impedì che Edward capisse il motivo reale del mio allontanamento. Non volevo rincarare la dose.
Dalla tasca dei pantaloni sfilò un mazzo di chiavi e sbuffò quando capì che la porta era già aperta. «Mi ero quasi dimenticato di mia sorella», mugugnò infastidito.
Spalancò la porta e fece un primo passo prima di bloccarsi come una statua e sgranare gli occhi. Visto il motivo della sua immobilità mi sbattei una mano sulla fronte. Adesso sarebbe successo davvero il putiferio ed io avevo anche la mia dose di colpe.
«Ma che cosa ci fate voi due qui?», sbottò Rosalie con voce stridula cercando di sistemarsi i vestiti.
«Che diavolo ci fai qui?», sbottò Emmett verso di me per poi rivolgersi a Rosalie di nuovo. «E lui? Perché è qui? Non sarà mica il suo appartamento, vero?».
Nella sala piombò il silenzio. Attraverso le vetrate, il panorama di New York era incantevole, mozzafiato. Le luci in casa erano spente tranne una lampada posta in un angolo distante. A ogni modo ciò che stava accadendo tra mio fratello e Rosalie… bè, era palese.
La sorella di Edward si strinse nelle spalle. «Sì, questa è casa di Edward», disse con noncuranza.
«Bella, allora?», mio fratello si alzò dal divano e mi venne in contro con la camicia mezza sbottonata, i riccioli arruffati e l’espressione adirata e sconfitta allo stesso tempo, poi lanciò uno sguardo di traverso a Edward che era ancora di stucco con la bocca semi spalancata .
«Emmett, tu che cosa ci fai qui?», gli chiesi di rimando.
«Sono cose da uomini!».
«Non sono più una bambina, sai? Quindi piantala!», sbuffai facendo roteare gli occhi.
«E perché con lui?».
Emmett odiava Edward sin da quando era ragazzino. Pur non vedendolo da svariati anni quell’intolleranza non si era attutita nemmeno un po’. Non che mi importasse, ovviamente.
Edward si svegliò dal suo torpore all’improvviso e fronteggiò Emmett. «Tu stavi mettendo le mani addosso a mia sorella!».
«E tu è da quando sei uno schifoso moccioso che metti addosso le mani alla mia di sorella!», rimbeccò Emmett furioso.
Io e Rosalie ci scambiammo uno sguardo perplesso e poi scuotemmo all’unisono la testa. Quei due stavano facendo una scenata di gelosia, per caso? Alla nostra età poi?
«Bene», iniziai determinata come poche volte ero stata nella mia vita, rivolgendomi a Emmett. «Ora io prendo Edward», dissi prendendolo da un braccio. «E lo porto con me, perché abbiamo delle cose di cui discutere», continuai attraversando il salone e dirigendomi verso la sua camera da letto. «Voi fate pure quello che vi pare e tu», minacciai mio fratello puntandogli un dito contro. «Se osi pronunciare un’altra sola parola, ti strozzo!».
«Lo dirò a mamma e papà! E anche a quel rincoglion…».
Sbattei la porta e l’ultima parola di Emmett venne inghiottita dal rumore sordo del legno e dalla risata a squarciagola di Rosalie.
«Non posso lasciarli di nuovo da soli», sibilò Edward.
«Dici sul serio? Perché se torni di là, sarò costretta ad andare via con Emmett. Se tu reclami tua sorella, lui reclamerà la sua», dissi indicandomi il petto.
«Questa Rose me la paga! Ha superato il limite! Persino in casa mia, sul mio divano e con quel…».
«Quel?», inarcai un sopracciglio.
Edward gettò gli occhi al soffitto e si accasciò sul letto esausto. «Ci mancava solo questa, stasera».
Sorrisi appena avvicinandomi a lui. Mi infilai tra le sue gambe intrecciando le dita nei suoi capelli e baciandogli la fronte. «Mi piaci quando fai il geloso».
«A me no».
Mi strinse a sé in un abbraccio. Il suo volto era poggiato sul mio petto, gli occhi fissi sulla parete.
Aspettai che si calmasse continuando ad accarezzargli la nuca. Sotto di lui le lenzuola blu scuro del letto si erano stropicciate e inaspettatamente un’immagine maliziosa apparve nella mia mente: quelle lenzuola avvolte intorno ai nostri corpi nudi e…
«Bella, che ne dici se ci mettiamo a letto?».
«Emh… sì».
Edward mi guardò con quella solita luce rassegnata, dovuta alla mia risposta titubante e poi si chinò a guardare sotto il letto. «Bella vieni qui, non essere timida. Abbiamo un’ospite».
Nell’aria si sollevò un miagolio annoiato e poi un batuffolo nero sbucò strusciandosi alle gambe del suo padrone. I suoi occhi gialli mi scrutarono a lungo, prima di trotterellare verso una poltrona e acciambellarsi lì.
«Non le sto simpatica».
«No, è solo diffidente, te l’avevo detto. Col tempo si abituerà a te e ti verrà vicino a farsi accarezzare».
Col tempo. Quella parola mi fece tremare il cuore. Presupponeva una frequentazione fissa, uno stare insieme continuo. Ed io non volevo altro che trascorrere tutto il mio tempo con lui, non importava che cosa facessimo. E se i nostri impegni a volte ci avessero tenuto lontano, mi sarebbe bastato anche solo guardarlo a lavoro mentre discuteva al telefono, o vederlo di sfuggita quando si recava al mio piano.
Edward aprì l’armadio cercando qualcosa all’interno, mentre io toglievo il cappotto e le scarpe.
«Dovevo darti dei vestiti di Rosalie, ma non mi azzardo a mettere piedi di là, qualora tuo fratello non fosse ancora andato via», mi passò una t-shirt nera che mi avrebbe fatto da vestito. «Se non basta, posso cercare un pantaloncino, o una tuta», disse con un po’ di incertezza, senza guardarmi.
«No, va bene così, grazie».
Andai in bagno per cambiarmi e quando tornai in camera trovai Edward già sdraiato con un braccio dietro la testa a guardare la tv. Non indossava il pigiama, ma t-shirt e pantaloncini. Mi sorrise appena, un sorriso teso, forse riflesso del mio.
Senza indugiare oltre mi infilai sotto le lenzuola girandomi verso di lui. I suoi occhi chiari incontrarono subito i miei.
Senza guardare pigiò il tasto del telecomando chiudendo la televisione e si voltò verso di me giungendo le mani sotto al viso.
Quel silenzio pesava. Era di aspettativa e non so… di verità forse.
«Che c’è?», gli chiesi in un sussurro.
«È che… non mi sembra vero che tu sia qui con me».
Il mio stomaco iniziò ad agitarsi. «Nemmeno a me».
Allungò una mano e le sue dita calde scorsero sulla mia guancia. «Non voglio più lasciarti andare via». I suoi occhi erano così sinceri da disarmarmi, da farmi venire voglia di piangere dalla felicità. «Non voglio più perdere un solo istante con te».
Si avvicinò stringendomi forte a lui. I nostri corpi si incastrarono alla perfezione, i nostri cuori battevano all’unisono.
«E voglio svegliarmi ogni mattina con te», mi sussurrò all’orecchio.
Mi vennero i brividi. Ma erano caldi, come la sua voce, come i suoi desideri.
«E voglio assaggiarti ogni qual volta ne ho bisogno», continuò scorrendo le sue labbra sulle mie.
Stavo per svenire dall’emozione. Avevo il fiato corto, il corpo in tumulto.
È quello che ci rende vivi. L’amore.
«E voglio sentire i tuoi ti amo», la voce gli tremò.
«E io i tuoi».
Edward mormorò sollevando l’angolo della bocca. La sua mano scorreva lenta sul mio fianco, i suoi capelli mi solleticavano la fronte e il suo respiro si fondeva al mio.
«Domani…».
«Domani cosa?», gli chiesi arricciando le labbra.
«Sarò completamente tuo e tu sarai completamente mia. Ogni singolo istante sarà nostro».
«Adesso non lo è?».
Scosse appena la testa. «Solo un po’. Ci siamo incontrati davvero solo ore poche fa, Bella. E questa non è stata la migliore delle serate. Ma da domani ti prometto che niente e nessuno si frapporrà più fra me e te. Se lo vorrai».
Deglutii. «E se dovesse succedere indipendentemente dal nostro volere?».
«Sarà tutto meno grave. Perché tu ti sarai svegliata al mio fianco. Mi avrai baciato. Mi avrai detto ti amo».
«Edward ti conosco sin troppo bene», bisbigliai piano dandogli un bacio. «Mi stai solo dando tempo. Ti stai solo dando tempo, precisamente».
Fece uno sguardo infastidito ed io ridacchiai. Il mio piccolo amore aveva paura che non fossi sicura della mia scelta. Come se io avessi altra scelta. E per timore di soffrire, prima di lasciarsi completamente andare ai sentimenti, voleva che ci dormissi su.
«Buonanotte, Bella».
«Buona prima notte, Edward. Perché ne sono già sicura da adesso… ce ne saranno tante, tante, altre».
Chiuse la luce e mi accoccolai sul suo petto. Il battito del suo cuore mi fece da ninna nanna accompagnandomi verso il sonno.
Quante vite può avere una persona?
La risposta non è per niente ovvia come sembra. Non si tratta solo di vivere e morire.
La mia prima vita era iniziata con lui e si era conclusa anni addietro. A fatica ne avevo iniziato una seconda. Ed ecco che adesso mi preparavo ad affrontare la terza.
Ero tornata finalmente dove ero nata. Ero tornata al mio posto giusto nel mondo. Ero ritornata alle origini.
Cenere alla cenere. Polvere alla polvere.
Non si dice forse così?
 
 
Fine 
Prima Parte
 

Angolino Autrice

Chiedo perdono!! Sono imperdonabile per aver fatto trascorrere tutto questo tempo prima di postare l'ultima parte di questa storia! Giuro che mi dispiace da morire, ma l'università mi ha rubato tutto il tempo. (Se pensavo che fosse stata così dura, non mi sarei iscritta con un certo entusiasmo -.-)
In queste vacanze di Natale risponderò a tutte le recensioni, prometto!
Vi ringrazione come sempre per la presenza e i complimenti che mi fate, tutti voi che mi scrivete su facebook e anche nelle mail in privato <3
Questa storia non è ancora terminata, è la fine solo della prima parte. Nella seconda che scriverò dalla prossima settimana in poi, avrà un'altra gamma di colori :)
Ringrazio chi mi ha seguito in questo altro piccolo percorso, Sara per le sue scalette e Veronica per l'entusiasmo e Martina per la saggezza!
A presto, un bacione <3

 
 
 
 
 
 
  
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