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Autore: ranyare    15/12/2013    1 recensioni
Eccomi di nuovo, ancora una volta, su di lei.
Diana.
Questa raccolta vuole essere un dono, un elogio, un tributo alla più grande e magnifica delle mie creature, colei che mi ha DAVVERO dato la possibilità di scrivere, esprimermi, sognare... vivere.
Sono piccoli pezzetti di lei, questi; frammenti, stralci della sua vita, di ciò che pensava, sognava, vedeva, soffriva, amava. È Diana a tutto tondo, più di quanto abbiate mai visto.
Insomma... bentornati, a chi già la conosceva. Benvenuti, ai nuovi arrivati.
Benvenuti nel mondo di Diana.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Famiglia Black, I Malandrini, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Diana's Chronicles'
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Oh, io aggiorno ^^’’’ Va bene lo stesso, scrivo queste drabbles ma non mi aspetto delle recensioni, non troppe almeno

Sono ancora viva!

Incredibile ma vero, non ho dimenticato le drabbles su Diana e non le ho abbandonate; ho solo avuto tantissimi altri pensieri e cose da scrivere, un poco più urgenti, e non sono mai riuscita a tornare a questa parte delle mie storie che tanto amo e che tanto, tutt'oggi, mi dona.

Niente, eccoci qua: la maggior parte delle drabbles sono incentrate su Dan, il mio adorato, odiato Dan. La prima drabble credo sia l'unica che abbia bisogno di una spiegazione: si tratta di una scena che avviene durante i diciassette anni del matrimonio di Diana e Blaise, durante una non precisata missione di Dan che, come al solito, cerca di farsi ammazzare xD la seconda è uno Slice of Life della Regina, mentre la terza, la quarta e la quinta sono pezzi del passato di Diana. :)

Inoltre, QUI potete trovare la nuova versione di Luce e Buio, riveduta, riscritta e con molte aggiunte all'originale; se vi va, fateci un salto :)

Seven Gods è stata rimossa da EFP per via di alcune controversie relative al copyright, ma sto continuando a scriverla appassionatamente e potrete averne notizia nel gruppo FB "Uno sguardo su... Seven Gods"; potrete trovare tante curiosità e spoiler sulla pagina dedicata alla saga di Rebirth, Narnia's ~R~ e curiosità e pensieri sulla mia pagina personale, Ray; voglio ringraziare immensamente la mia beta DreamWanderer, che trovate sia su EFP che su Facebook, che mi sta aiutando con la correzione di tutte le mie storie e non è facile ^^' specialmente perché, nel frattempo, sopporta me U_U

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Alla prossima!!

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The Big Damn Table

The Chronicles of Diana

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041. Forme.

-Dan! DAN!-

Attorno a lui, attraverso la vista annebbiata dal dolore opprimente che gli riempie lo stomaco, vede soltanto forme sfocate ed evanescenti che si muovono ai limiti della sua sfuggente realtà.

-Non osare! Maledetto idiota, non osare morire un’altra volta!-

È tutto lontano, senza significato, in quel mondo a già cui non sente di appartenere più; ma sono quegli occhi d’argento, vividi, illuminati da una magia che nulla ha a che fare con il suo essere Regina, a farsi nitidi nella sua mente confusa.

Sono passati tanti anni, ormai: lei è sposata, ha una figlia, è felice… ma, ancora una volta, vede quelle iridi riempirsi di paura e di lacrime mentre sente il Fuoco lambire gli squarci sul suo petto e le sue mani – sempre fredde – premute sul viso.

-Non andartene di nuovo…-

Forse dovrebbe, Dan. Forse dovrebbe lasciarla andare, forse dovrebbe dirle addio, forse non sarebbe mai dovuto tornare… ma vale la pena vivere, si dice, pur di poter godere di qualche istante ancora con lei.

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042. Triangolo.

Stringe i denti, Diana, le mani che fremono per il desiderio di distruggere qualcosa.

Lei – l’altra sé, quella rossa maledetta – l’ha costretta a fare del male a Dan. L’ha costretta a desiderarlo, a volerlo, l’ha spinta fra le sue braccia come diciassette anni di continua vicinanza non sono riusciti a fare.

Ha preso il controllo della sua mente, e lei__ ma chi vuoi prendere in giro, Diana?

Serra le palpebre pur di non permettersi di piangere – perché quelle lacrime sarebbero la conferma di quanto ciò che è successo fra lei e Dan l’abbia toccata, risvegliando corde rimaste sopite troppo a lungo, sentimenti racchiusi con diligenza in un angolino della propria anima.

…l’ha davvero costretta?

È questo che Diana si chiede, è questo che le fa male, è questo che la tormenta.

Tutto ciò che ha sempre cercato di evitare con tutte le sue forze ora sta succedendo – e lei non vuole, vorrebbe scappare, codarda e vile com’è sempre stata davanti ai sentimenti.

In quasi vent’anni ha pregato perché quel doloroso triangolo non riuscisse mai a nascere fra lei e gli uomini che ha amato e che ama tuttora; adesso però, per la prima volta in vita sua, non è più sicura di niente.

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043. Diamante.

Dan dice sempre che, quando la magia prende il sopravvento, i miei occhi assumono un colore opalescente, cangiante, simile ai riflessi che si creano quando la luce attraversa i cristalli di diamante.

Forse è vero. Non ho mai avuto occasione di guardarmi allo specchio quando Ael prende il sopravvento su di me.

Sospiro, alzando gli occhi sul cielo irrealmente bello e azzurro del mio amato Texas: non c’è una nuvola e Diablo scalpita al mio fianco, già impaziente di librarsi nell’aria torrida che spira attorno a noi.

Il deserto, attorno a me, sussurra in un modo che adesso riesco a comprendere; il vento, invece, mi accarezza e m’invita a perdermi fra le mille correnti che possono portarmi via, lontano, immersa negli Elementi che sono diventati la mia stessa essenza.

Sorrido, rendendomi conto di quanto io sia stata cieca e sorda per tutta una vita e balzando in groppa a Diablo per poi lasciarmi annegare nell’immensità dell’universo che, ora, appartiene a me.

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044. Cerchio.

Gli indiani cantano, ballano attorno al fuoco, il martellio profondo e travolgente dei tamburi mi rimbomba nella cassa toracica mentre aspiro lentamente il fumo della sigaretta.

Guardo mio cugino assieme a Kelly, entrambi forse fin troppo ebbri dei fumi evanescenti delle erbe dei calumet; sorridono l’uno all’altra e non posso che non sorridere a mia volta, intenerita dallo sguardo pieno d’amore che riempie gli occhi di Scott.

Accanto a me, invece, c’è Dan.

Da qualche tempo, ormai, ho cominciato a guardarlo in un modo diverso: non riesco più a sostenere il suo sguardo quando mi stuzzica, quando mi fa arrabbiare – non riesco più a non arrossire sotto quelle iridi nere e calde come i tizzoni ardenti in un caminetto.

Vorrei sapere da dove cominciare, con lui: Dan è un’incognita, per me, e non so davvero come affrontare questa cosa che sta sbocciando lentamente dentro di me.

Gli lancio un’occhiata di sottecchi, approfittando della vaporosa nuvoletta argentea che vela il mio sguardo; lui però non sta guardando me, ma il cerchio che stanno componendo i ragazzi indiani attorno al falò.

È immobile, a gambe incrociate, e ha in volto quell’espressione dura e determinata che ho imparato ad associare alla sensazione di calma che mi pervade ogni volta che incrocio quello sguardo.

-Andiamo.-

Sobbalzo, colta di sorpresa, quando lui si alza di scatto e mi prende per mano, trascinandomi con sé.

-Dan! Cosa fai!?- strillo, avvampando e tentando di divincolarmi; lui però mi lancia un’occhiata e sorride – quel sorriso spigliato, da furfante, che mi manda in pappa il cervello e non mi fa capire più niente.

-Seguimi.- mi dice soltanto – e, davvero, mi manda in bestia quando fa l’enigmatico!

Lo seguo, anche perché è più grosso di me e mi sta praticamente trascinando, fino a che non raggiungiamo la piccola altura che protegge il luogo in cui i ragazzi indiani festeggiano il solstizio d’estate.

-Si può sapere che cosa stai facendo!?- brontolo, imbronciata, ma Dan si limita a scuotere la testa – io lo odio!

Mi arrendo alla sua stretta e mi lascio condurre fino al punto più alto, la sporgenza che sovrasta la festa indiana, fino a che non ci ritroviamo ad almeno cinque, sei metri d’altezza sopra gli altri ed un po’ più lontano rispetto a prima.

Alimentando in maniera esponenziale il mio imbarazzo, improvvisamente Dan mi tira contro di sé e mi stringe la mano, accennando verso il basso con un gesto elegante della testa arruffata.

-Ecco, da qui è meglio.- mi fa notare, spingendomi a spostare l’attenzione da lui verso il basso.

E, davvero, non posso dargli torto.

Il falò è immenso, visto da qua: sembra quasi un fiore scarlatto e lucente in procinto di sbocciare nel pieno del deserto, e le figurette scure che vi danzano attorno paiono tante minuscole lucciole che sfogano la propria gioia attorno alla loro più antica fonte di vita.

-In effetti hai ragione.- commento, sorridendo appena quando una sensazione intensa ma indefinita mi riempie e mi stringe dolcemente la gola in una morsa amorevole e dolcissima.

C’è qualcosa, in quest’aria che si sta riempiendo di musiche antiche e di ancor più antichi canti di gioia, che risuona nella mia anima e sfiora corde che non pensavo nemmeno esistere dentro di me: in un lampo di consapevolezza comprendo di aver già vissuto tutto questo, di aver già assaporato l’energia pura e vitale che sale dal falò verso il cielo.

Tutto questo è meraviglioso.

La magia del cerchio, però, è nulla in confronto a ciò che provo sentendo la mano di Dan stringere la mia.

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045. Luna.

Ho ucciso un uomo, stanotte.

Cerco di non ascoltare la voce di Scott e quella del colonnello Auror, cerco di sfuggire allo sguardo indagatore e tagliente dell’uomo che mio cugino ha chiamato Moore: non può essere vero, avanti. Ho soltanto dodici anni, che diritto ho avuto, io, di uccidere un uomo? Che diritto ho, io, di essere viva?

Eppure è stato così facile, così dannatamente semplice… ho imbracciato quel fucile senza nemmeno sapere dove ho imparato, ho mirato, ho fatto fuoco – e l’ho ucciso, senza nemmeno sbagliare di un millimetro.

Ho tolto la vita ad un uomo.

Stringo i palmi sulle tempie, cercando di impedire che la mia testa esploda nel nulla vuoto e totale che ha preso il posto dei miei pensieri: le voci degli uomini intorno a me mi stanno facendo diventare pazza.

Mi alzo, ignorando l’occhiata d’ammonimento che mi lancia Scott – il mio adorato Scott, che sta cercando in tutti i modi di trovare una soluzione al casino che ho combinato: l’uomo che ho ucciso era una persona importante per alcuni delinquenti e adesso, secondo lui, potrei trovarmi in pericolo.

È assurdo.

Mi infilo fra le tende bianche che velano la portafinestra, sospirando di sollievo quando la notte buia e limpida mi accoglie nel suo confortevole, oscuro abbraccio.

Appoggio le mani sulla ringhiera di metallo, prendendo fiato e lasciando che l’aria fresca penetri nei miei polmoni atrofizzati dal rimorso e dalla vuotezza che sento accompagnarmi sin da quando mi sono resa conto di ciò che ho fatto.

La Luna, immensa e tonda sopra di me, brilla di una luce meravigliosa, bianca, che dona a tutto ciò che mi circonda – me compresa – una luminescenza candida che riesce, più d’ogni altra cosa, a rischiarare i miei pensieri.

Respiro, adesso, per la prima volta da troppe ore.

-È bella, vero?-

Sobbalzo quando una voce dall’accento spiccatamente ispanico risuona sorprendentemente vicina a me; abbasso lo sguardo giusto in tempo per vedere Dan Galindez arrampicarsi agilmente sulla ringhiera di metallo scuro, i capelli neri bagnati d’argento nella luce della Luna.

Arrossisco, distogliendo gli occhi, quando mi rendo conto di essere davanti alla persona per cui ho ucciso senza esitare.

-Sì.- rispondo soltanto, riportando le iridi sul bianco satellite sopra di noi, cercando in tutti i modi di non guardarlo.

Mi fa male guardare Dan: ogni volta che capita faccio fatica a distogliere gli occhi da quanta bellezza emani quel ragazzo – fuori, certo, è uno schianto, ma… sono quelle iridi, scure e calde, che riescono a farmi dimenticare persino come mi chiamo.

Rimane in silenzio, appoggiandosi alla ringhiera accanto a me – troppo vicino a me: riesco quasi ad avvertire il calore del suo corpo trasmettersi al mio, sempre gelido.

-Non avresti dovuto farlo.- mormora ad un certo punto, senza spostare gli occhi dai crateri che si distinguono su quella Luna piena e tonda che osserva questi due ragazzi diventati, per sbaglio, due assassini.

-Avrei dovuto lasciarti morire?- inarco un sopracciglio, scettica.

Lui sbuffa, invece, lanciandomi una breve occhiata in grado d’inchiodarmi lì dove sono, improvvisamente conscia di quanto il ragazzo che ho davanti abbia vissuto più di me.

C’è l’universo negli occhi di Dan – un universo che non riesco a togliermi dalla testa, un universo che mi ricorda tanto quel baratro che mi porto dentro io.

-Uccidere non è bello, Diana.- mi dice, le labbra carnose che si piegano in un breve, malinconico sorriso. -Mi dispiace.- aggiunge, e sento la sua voce piena d’amarezza, di rimorso.

Scuoto la testa mentre il battito del mio cuore accelera e pulsa nelle mie orecchie. -Non me l’hai chiesto tu.- mormoro, prendendo il coraggio a due mani e posando una mano sul suo braccio muscoloso e abbronzato.

Ha la pelle calda, Dan, che si riempie di pelle d’oca al contatto con le mie dita gelide.

Mi fissa con uno sguardo enigmatico che non riesco a decifrare prima che la sua mano – grande, callosa, appartenente non più di un ragazzo ma già di un uomo – si chiuda sulla mia, trattenendola lì, sul suo braccio.

-Andiamo via.- sussurra, scrutandomi con quei carboni ardenti che improvvisamente mi trasmettono la bruciante sensazione di voler scoprire di più, di volermi appropriare di quel calore che io non ho mai provato, prima.

Sorrido lanciando un’occhiata al cavallo alato che riposa, tranquillo, pochi metri sotto di me.

Lancio un fischio, e Diablo mi sente immediatamente; alza la testa, nitrisce, e si leva subito in volo per raggiungerci.

Dan mi guarda; io sfilo a malincuore la mano dalla sua presa per salire in piedi sulla ringhiera, rimanendo per un istante in equilibrio sul vuoto prima di saltare in groppa al cavallo, e Dan sorride a sua volta – quel sorriso da furfante che tanto mi dava sui nervi fino a poco tempo fa – seguendomi con molta più destrezza di me e sistemandosi alle mie spalle.

Potrei morire, adesso, quando mi passa un braccio attorno alla vita e mi tira contro di sé, il torace caldo e muscoloso che aderisce alla mia schiena in tensione.

-Andiamo.-

E Diablo si alza nel cielo ad un colpo di talloni, mentre sento la calma e la dolcezza della Luna avvolgermi in un abbraccio che posso paragonare soltanto alla stretta di Dan.

   
 
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