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Autore: Ilarya Kiki    16/12/2013    3 recensioni
Esilarante, no?
E pensare, che questo è esattamente lo scopo per cui sono stata fatta venire al mondo, tanti anni fa. E pensare che lo sono diventata nell’esatto momento in cui avevo scelto di ribellarmi al destino che mi era stato imposto, e nei brevissimi istanti in cui ho avuto il pieno controllo, o almeno, credevo di averlo avuto, ho fatto l’impossibile per evitare che ciò accadesse. Comico, davvero, spudorato oserei dire. (...) Non posso essere viva per caso.
Mi rifiuto di crederlo.
Che dire, sarà divertente. (...)
A presto, Chrona è tornata.

Abbozzo per un seguito di "Just a simple story about a little crazy girl", o forse no, insomma, più o meno. In ogni caso, ambientata dopo la fine del manga. O della storia precedente a questa, che si supponeva dovesse finire in modo diverso da quella ufficiale, ma a quanto pare ne è molto più simile del previsto...
Dedicata a tutti gli amanti di quella folle creatura che è Chrona!
Genere: Dark, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Crona, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Kurona, the Dark One.'
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Un rumore improvviso di tacco d’acciaio risuonò nell’immenso vuoto della stanza.
Veloce, deciso, era cominciato piano ma man mano si stava avvicinando, insieme all’avanzare della persona misteriosa al di sotto del lungo corridoio d’ingresso, brillante del letale metallo delle ghigliottine.
Il giovane Sommo Shinigami stava fissando nello specchio, assorto, e fu alquanto infastidito dal suono di un nuovo ospite che non aveva nemmeno avuto il buon gusto di preavvisare la sua visita o quanto meno di annunciarsi, quindi per ripicca nemmeno si voltò, quando ebbe la consapevolezza che l’intruso stava probabilmente raggiungendo la base delle scale. Infatti, dopo qualche secondo, i tacchi si fermarono.
L’enorme cielo azzurro, la distesa sconfinata del camposanto echeggiarono di silenzio, e fu quasi fastidioso, come se il metronomo della Sala di Shinigami si fosse spezzato.
Il Sommo Shinigami avvertì una strana elettricità nell’aria, e finalmente si voltò.

“Ciao, Kid. Ho saputo che tuo padre è morto.”
“Tu!?”
“Già…io e la Morte non andiamo molto d’accordo, a quanto pare.”

Death the Kid, ormai legittimamente “Death”, ossia nuovo “Sommo Shinigami”, restò a bocca aperta nonostante la leggera nota provocatoria nella risposta. Per qualche breve attimo si sentì spaurito, disorientato, quasi vulnerabile come un coniglio spaventato davanti alla mannaia, nel vedere lo sguardo del suo nuovo ospite. Ma poi si ricompose subito, e nell’attesa di decidere come comportarsi in una situazione talmente particolare, decise di dare sfogo alla sua curiosità.

“Come hai fatto?”
“Non lo so nemmeno io, in realtà, e non mi aspetto che me lo spieghi tu, in ogni caso. È così e basta.”
“Tutti ti credevamo morta, lo sai.”
“Sì…lo so. Probabilmente è per questo che nessuno si è accorto di me, mentre venivo qui.”
“Ma tu, ora sei…”
“…già.”
“…e sei venuta fin qui.”
“Già.”

Shinigami si sentì correre un filo di sudore freddo giù dal colletto della camicia. Non aveva dubbi che, in caso di scontro, sarebbe in qualche modo riuscito a tenerle testa, dato che ora era un dio maturo, ma si sentiva preoccupato comunque. Anche lei era cambiata, e molto, dall’ultima volta che l’aveva vista, e non solo come impatto visivo.
Si fermò un secondo a notare il suo corpo, che non aveva mai visto così bene, prima: quei tacchi di metallo altissimi la slanciavano verso il cielo dando alle sue gambe snelle un tocco di sensualità inaspettato e nuovo, su di lei, ma prepotente, e poi…quella tuta nera, che le avvolgeva tutte le membra attillata come una seconda pelle fino all’ultimo centimetro del collo prima della nuca, ecco, quella la faceva sembrare una pantera, una guerriera della notte. Sembrava modellata sulle sue spalle erette, così diverse da quelle cadenti e difensive di un tempo, che mai avrebbero sopportato un tale ruggito di femminilità.
Ma il cambiamento più importante, più pericoloso…l’anima. Quell’anima, terrificante, che con noncuranza si era infiltrata nella tana del suo più acerrimo e fatale nemico.

“Tu sai cosa dovrò fare, ora.” Disse Death, “ Sai quali sono le accuse che pendono sulla tua testa, anche dopo gli eventi sulla Luna. Per non contare il fatto che…”
“...già, la mia anima. E la tua, pure. Esilarante, non trovi? Che io sia venuta fin qui. Una cosa da pazzi.”
“Sei condannata a morte.”
“Ahahahahahahahahahahahah!”

Quella voce, acuta, da pazzi, appunto…Death se la ricordava, era quella dei suoi momenti peggiori, quella che quando risuonava, allora significava che qualcuno poi moriva. L’instabile e folle risata dell’Inferno.

“…facciamo così mio piccolo dio della Morte, visto che io non sono venuta fino a qui da così lontano per sentire ramanzine da un piccolo marmocchio perfettino come te, e visto che se mi arrabbio combino un gran casino, allora le cose le facciamo a modo mio.”

Death strofinò i denti l’uno contro l’altro e rimpianse di non avere Soul Eater, la sua Falce della Morte, lì al suo fianco. Quello che stava succedendo era terribile, e lui non doveva perdere il controllo, non doveva cedere alla paura. Non l’aveva mai fatto, in tutta la sua vita, ma ricordava poche volte in cui vi era stato così vicino come in quel momento, soprattutto perché ora aveva la responsabilità di Death City tutta sulle sue spalle.
“Certo che, alla fine, il desiderio di Medusa si è avverato.” Commentò amaramente.

Le labbra pallide della spadaccina di incresparono in un sorrisetto.
“…hai ragione. Ma, a parte questo, non è così male, sai? Spero solo che quella troia non sia troppo soddisfatta, fra le fiamme dell’Inferno.”
Detto questo, dal braccio teso fasciato di nero fuoriuscì un voluminoso fiotto di sangue, che si solidificò in men che non si dica nella lama di acciaio temprato di una spada a due palmi.
Death indietreggiò, preparandosi al combattimento.
“Cosa vuoi!? Cosa sei venuta a fare qui, mostro?”
In risposta ottenne solo un’altra risatina, mentre la giovane donna impugnava la sua arma tagliente e iniziava ad avanzare a grandi falcate.
Death si preparò ad affrontarla stringendo le mani a pugno e concentrando l’onda della sua anima, lei si avvicinava sempre di più, aveva occhi da pazza, la spada che volteggiava come fosse una piuma tra le sue mani…
E poi si fermò, proprio davanti a lui.
La sua lama fendette l’aria lentamente, fino a posizionarsi orizzontalmente fra le mani della sua maestra, che la resse come se stesse porgendo un’offerta. Il suo sguardo era serio, la voce lieve ma dura.

“Io, Chrona Gorgon, Maestra di Spada Demoniaca, e nuovo Kishin, ti offro la mia lama, mio signore. Nella mia vita precedente ho peccato, e cerco redenzione. Ti prego, accetta questa offerta.
La mia spada è al tuo servizio.”



Ciao, vi sono mancata ?

Dio, ma con chi sto parlando? Da sola, come al solito, non sono proprio cambiata in nulla, alla fine.

È stato come svegliarsi da un sogno.
Ho riaperto gli occhi, una mattina, o una sera, difficile da definire, ed ero ancora qui. Ero a terra, ferita, ma assolutamente ed indiscutibilmente viva. Non so come sia potuto succedere, e tutt’ora me lo sto chiedendo: che sia stato il caso? Il destino? Dio? Chiunque abbia deciso di non essersi stancato che la mia anima abiti ancora il mio corpo, chi ancora mi trascina via dalla morte, beh, chiunque sia stato si sta prendendo gioco di me. Ricordo benissimo perché avevo scelto di morire -una delle ultime cose che ricordo, la più forte e vivida-, ed il mio caso pare deridermi, come se un architetto misterioso e potentissimo abbia deciso di giocare con una delle sue pedine più misere.
Sì, perché io avevo scelto di morire distruggendo il Kishin con me.
Ed ora, il Kishin sono io.

Esilarante, no?
E pensare, che questo è esattamente lo scopo per cui sono stata fatta venire al mondo, tanti anni fa. E pensare che lo sono diventata nell’esatto momento in cui avevo scelto di ribellarmi al destino che mi era stato imposto, e nei brevissimi istanti in cui ho avuto il pieno controllo, o almeno, credevo di averlo avuto, ho fatto l’impossibile per evitare che ciò accadesse. Comico, davvero, spudorato oserei dire.
Avevo deciso di sacrificarmi dopo essere salvata da un mondo di dannazione, che mi aveva portato giù nel baratro della follia insieme ad una smania senza senso di distruzione, insomma, sentivo il terribile peso di tutti i miei peccati sulle spalle, erano terribilmente pesanti.
Mi trascinavano giù, e, ho pensato, la morte mi avrebbe portato redenzione.
Che altro potevo offrire?
Cosa, di più?
Ma, evidentemente, non era abbastanza.
Mi ha fatto pensare, questa cosa, sono confusa. Ed eccomi qui. Facile, no?
Continuo a non capirci nulla, e la mia coscienza mi tritura il cuore ogni ora che passa.

Grazie, Dio, o chiunque altro! Grazie mille davvero!

A quanto pare, c’è ancora qualcosa che devo fare, quaggiù, anche se mi sono trasformata nel nemico peggiore che l’umanità abbia mai incontrato. Non posso essere viva per caso.
Mi rifiuto di crederlo.
Che dire, sarà divertente.

Una sola cosa, standoci a pensare, mi resta. Ora, nessuno mi dirà più cosa devo fare, e finalmente riesco a decidere della mia vita facendomi tirare dalle redini impetuose della mia coscienza e del mio cuore, non più della follia.
A presto, Chrona è tornata.

  
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