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Autore: MystOfTheStars    15/05/2008    4 recensioni
Che cosa hanno fatto Kurogane e Fay per sei mesi nel regno degli Yasha, combattendo ogni notte una battaglia che non era la loro, e aspettando con pazienza (?) il momento in cui avrebbero rivisto Shaoran, Sakura e Mokona?
E soprattutto, che viaggi mentali si sarà fatto Fay in tutto questo tempo visto che, a quanto pare, non conoscendo la lingua non parla con nessuno?!
"Non sapere la lingua è un’ottima ragione per non dover parlare. E non parlare è un sollievo, significa: niente più bugie, nessuna stupida frase di scusa da dover inventare sul momento..."
Genere: Malinconico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro Personaggio, Fay D. Flourite, Kurogane
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Eccomi di nuovo con il terzo capitolo ^^ In teoria, la storia qui finalmente acquista un qualche senso.
Buona lettura!



All'ombra del castello nel cielo


Capitolo III



La pianura era buia e silenziosa, nonostante la presenza dei soldati. I cavalli* sbuffavano, strusciavano gli zoccoli sollevando il terriccio. Il profilo delle colline circostanti, coperte di boschi, sembrò improvvisamente ardere di un fuoco freddo, preannunciando il sorgere della luna piena.
Una volta che questa fosse stata alta nel cielo, l’aria davanti ai soldati si sarebbe rarefatta, sbrindellata, rivelando a tratti un panorama di rocce brulle. Qualche secondo dopo, si sarebbero ritrovati sul castello della luna, di fronte agli Ashura.

Mentre questa trasformazione avveniva in silenzio attorno a loro, Kurogane si voltò impercettibilmente a guardare il mago, poco distante da lui. Il volto, pallido alla luce fioca degli astri notturni, ostentava un sorriso rilassato, ma dalla sua postura sul cavallo al ninja parve di scorgere segni di stanchezza.

La battaglia cominciò, le lame si incrociarono e volarono le prime frecce. La terra sterile del castello della luna venne presto bagnata del sangue dei guerrieri.
Alle spalle di Kurogane e Fay, Yasha, eretto sul suo destriero, impartiva ordini ai suoi subalterni con energici cenni delle braccia.
Il ninja e il mago erano, al solito, tra le prime file. Se anche Fay mostrava segni di stanchezza, la sua tecnica di combattimento non sembrava risentirne in alcun modo, le sue frecce venivano scoccate con regolarità e precisione.
Erano mesi che combattevano fianco a fianco, ed i sensi del ninja erano abbastanza acuti da percepire ciascuno dei movimenti dell’altro – i dardi sfilati dalla faretra e incoccati, il sibilo delle punte acuminate che fendevano l’aria.
Forse, Kurogane si era sbagliato.
Ma non ebbe il tempo per pensarci. Improvvisamente, furono circondati dai guerrieri nemici. La katana mulinò nell’aria, precisa e forte.

Dietro Kurogane, Fay continuò a scagliare le sue frecce, ma si accorse che i nemici stavano cercando di separarlo dal ninja, di tagliarlo fuori dal resto degli alleati.
Gettò uno sguardo al guerriero, che combatteva tenacemente, senza mostrare nemmeno il minimo segno di cedimento. Al suo fianco c’erano molti altri valenti guerrieri Yasha… il ninja non rischiava di essere sopraffatto.

Fay rallentò il ritmo dei suoi colpi. Era esausto. Tirò le briglie del cavallo, che si impennò, rischiando di colpire due soldati impegnati in un duello. Kurogane continuava ad avanzare implacabile sul campo di battaglia.
Ecco. Nella mischia, bastava un solo momento di distrazione, per essere colpiti, e tutto sarebbe finito.
Kurogane sarebbe andato avanti affrontando e sconfiggendo i nemici… come gli si addiceva. Ma lui no. Lui era davvero troppo esausto.
L’arco inerte in mano, Fay diede le spalle al ninja e fece voltare il cavallo verso dove infuriava la battaglia.
Il clangore delle lame e le grida dei guerrieri lo assordavano, ma non aveva affatto paura. Sicuramente, sarebbe stato doloroso, ma non gli importava più nulla di nulla, era solo stanco… stanco di portare quella maschera e di recitare la sua parte. Stanco di far del male alle persone che gli stavano accanto e a cui lui voleva bene.
Quei soldati non lo conoscevano, e lui non conosceva loro. Non gli volevano male, nè lui ne voleva loro. Erano in battaglia, uccidere e morire era lecito, pulito, in un certo senso.
Capitava.
Diretto nel mezzo delle file nemiche, continuò a spronare il cavallo.

Poi, all’improvviso, si voltò.
Non sapeva bene perché l’avesse fatto. Si disse che doveva avere sentito un nemico alle spalle… ma se non desiderava altro che essere colpito, perché mai girarsi?
In ogni caso, i suoi occhi caddero automaticamente nel punto dove aveva visto allontanarsi Kurogane, e lì incontrarono le sue pupille scarlatte.
Attraverso la confusione e il movimento dei soldati, il ninja sparì. Ma Fay si accorse che c’erano due cavalieri alle sue spalle. Due degli Ashura. La prima freccia venne incoccata e partì ancora prima che il mago se ne rendesse conto. Uno dei due cavalieri cadde, la spalla trafitta da un colpo totalmente inaspettato.
Ma di nuovo, la foresta di corpi ed armi coprì la visuale di Fay.
Improvvisamente nel panico, il giovane affondò gli speroni nei fianchi del cavallo, facendolo tornare indietro in tutta fretta.
Il destriero nitrì e si impennò, facendo scansare due soldati, mentre gli occhi del mago cercavano ovunque la sagoma famigliare del ninja. Quando finalmente la trovarono, Fay saltò con slancio giù dalla sella, incurante della battaglia intorno, e in un attimo gli fu accanto.
Il cavaliere nemico era sparito, ma il cavallo di Kurogane era stato abbattuto, la gola squarciata da un taglio netto, il sangue che ancora sgorgava a fiotti, allagando il terreno. Il ninja era steso sotto il cavallo, gli occhi chiusi, immobile.
Terrorizzato, Fay si inginocchiò accanto a lui, e sentì i vestiti intridersi del sangue caldo dell’animale. Kurogane sembrava svenuto, ma era impossibile capire se fosse ferito. Maledizione alla sua incapacità di imparare incantesimi curativi…
Ristette immobile per qualche attimo. Tutt’intorno, era un vortice assordante di lame e uomini che si battevano.
La mani tremanti, liberò l’elsa della katana dalla presa di Kurogane. Non aveva mai maneggiato un’arma simile, ma si alzò e si parò davanti al compagno caduto, sollevando la lama di fronte a sé. Nessuno si sarebbe avvicinato abbastanza da toccarlo. Chiunque ci avesse provato…

Ma i soldati non sembravano curarsi di loro, per ora.
Poi, eccolo arrivare. Avanzava regale sul suo destriero bianco, i lunghissimi capelli corvini sparsi sulle spalle e fluttuanti sulla schiena; i monili che portava attorno al collo tintinnavano sull’armatura che lasciava scoperte le spalle apparentemente gracili.
Ma Fay sapeva bene che Ashura era tutto fuorché debole, oltre ad essere bravo con la spada, possedeva poteri magici… la katana di Kurogane, nelle sue mani inesperte, non sarebbe certo stata sufficiente.
Certo, il mago sapeva che sarebbe stato più forte di lui, se avesse usato la magia. ...se.
Lanciò una rapida occhiata al cielo. Non mancava molto al momento in cui la luna sarebbe calata oltre l’orizzonte. Forse, poteva riuscire a distrarre il nemico quel tanto che bastava…

Ashura avanzava, mentre Fay stringeva i denti e l’elsa dell’arma. Ma quando il sovrano nemico giunse a qualche passo da lui, arrestò il cavallo ed alzò le mani, mentre un sorriso tranquillizzante gli affiorava sulle labbra. Un segno di pace? Non intendeva combattere?
Il mago abbassò – un poco – la lama della Sohi. Tutt’intorno i combattenti, alleati o nemici, sembravano lontani e dimentichi di loro.
Fay poteva avvertire una potente aura magica provenire da Ashura… un’aura che divenne improvvisamente più potente quando egli parlò. Le sue labbra delicate si mossero impercettibilmente, come se stesse sussurrando parole al vento, ma la sua voce risuonò chiara alle orecchie di Fay, le parole – magicamente trasmesse – comprensibilissime.

“Non temere, giovane mago, non voglio fargli del male. E non ho alcuna intenzione di nuocere nemmeno a te.”
Fay fu lì lì per rispondergli, ma l’idea di rivolgersi a lui chiamandolo “sovrano Ashura” gli fece morire le parole in gola.
“Non manca molto al momento in cui i vostri compagni vi raggiungeranno… sono stato io a chiedere alla strega delle dimensioni di farvi arrivare qui… perché anch’io ho un desiderio da esaudire." continuò Ashura. Il suo sorriso era gentile, comprensivo. Come se quell’ “anch’io” lasciasse intendere che il sovrano era a conoscenza del suo desiderio.
“Ci sono persone convinte che la loro esistenza sia solo un peso per gli altri. Che la loro vita sia solo fonte di sofferenze per chi gli sta vicino.
Invece, ci sono anche persone che sanno quanto è importante la propria vita per chi gli sta intorno… e per questo fanno fatica ad andarsene da questo mondo… - Ashura aveva un sorriso triste e gli occhi colmi di dolcezza - … perché sanno quanto sarebbe duro, per la persona amata, rimanere qui da sola.”
Il sovrano spostò lo sguardo dal mago alla mischia alle sue spalle… gli occhi del giovane lo seguirono e videro che si posava su Yasha; la sua sagoma si stagliava contro il cielo, su un’altura non distante. Sembrava che anche l’altro generale stesse guardando da quella parte.
Fay comprese. Aveva capito già da diverso tempo, a dire il vero, lo aveva intuito fin da quando, per la prima volta, il nobile Koseki aveva raccontato loro la faccenda delle statue.

Tornò a voltarsi per carpire l’espressione del volto di Ashura, ma lui aveva chinato il capo, e i capelli neri, spettinati dal vento, gli coprivano il viso.
L’aria cominciò a rarefarsi, e la sagoma di Ashura si fece sfocata ai suoi occhi.
Improvvisamente, erano di nuovo nella pianura. Il cielo era scuro, punteggiato dalle ultime stelle, fioche nel buio; un leggero chiarore sottolineava il profilo delle alture là dove era appena tramontata la luna.

Il mago rimase un attimo in silenzio a fissare il punto dov’era sparito Ashura. Dunque, il mistero era risolto. Era stato lui a forzare il trasferimento dimensionale… e se glielo aveva detto, significava non solo che Ashura sapeva chi erano loro, ma anche che voleva che loro avessero una parte in tutto questo, forse...

“Che ci fai con la mia katana in mano, idiota!? Ridammela!”

“Kurotan!!!” esclamò Fay, e gli si precipitò accanto “come stai... ?!?”
Il ninja fece una smorfia, poi, senza particolare sforzo, si liberò dal cadavere del cavallo e si rimise in piedi, massaggiandosi la testa nel punto in cui l’aveva sbattuta. Era ricoperto di sangue e polvere, ma non sembrava ferito.
Con un’occhiataccia, si avvicinò al mago e gli strappò la Sohi dalle mani, dopodiché cominciò a ripulirla per bene prima di rimetterla nel fodero, senza degnarlo di uno sguardo.
Fay chinò la testa, e si allontanò a riprendere il suo cavallo.

>>> <<<

Tornarono a casa in silenzio.
Fay lasciò il destriero nella stalla, dopo avergli fatto una carezza sul muso. Gli dispiaceva per l’animale di Kurogane… sentiva il tessuto dei vestiti indurito dal sangue rappreso dell’animale. Anche quella notte, una strage.

Chiuse piano la porta, una volta entrato in casa. Fuori stava ormai albeggiando, ma l’atrio era ancora buio.
“Kurosama?”
Sentì un grugnito provenire da dietro la tenda che fungeva da parete per la stanza del ninja. Frugò un momento in una credenza e poi raggiunse l’altro. Spostò lentamente la stoffa, quasi timidamente. Si sentiva improvvisamente un estraneo in quella casa, e si sentiva tremendamente colpevole. Non era una novità, per lui, sentirsi in colpa… ma in quel preciso istante, nel momento in cui vide Kurogane seduto sul letto, l’armatura gettata in un angolo, in mano il lavabo colmo d’acqua ed i capelli fradici, il senso di colpa lo immobilizzò.
L’altro lo degnò appena di un’occhiataccia storta, dopodiché posò il lavabo sul piccolo tavolo che aveva accanto al letto.
Fay si riscosse, e gli si avvicinò sorridente, tenendo in bella mostra una piccola boccetta di terracotta. Gliela indicò con l’altra mano, facendo il gesto di prendere un po’ dell’unguento che conteneva con un dito. Per caso Kurowanko voleva che glielo spalmasse sul livido?
Il ninja gli prese l’unguento di mano con il suo solito fare brusco.
Fay rimase lì con il sorriso stampato sulla faccia – no, Kurowanko non voleva, evidentemente – fino a che l’altro non cominciò a massaggiarsi la botta con l’unguento. A quel punto, girò i tacchi e sollevò di nuovo la tenda che fungeva da divisorio, per andarsene.
“Non provare mai più a fare una cosa del genere. La nostra strategia di combattimento prevede che tu mi copra le spalle; se lasci il tuo posto, la strategia va a farsi benedire e i nemici possono sopraffarci. E io detesto perdere… soprattutto se la sconfitta è determinata dalla tua idiozia.”
Fay chinò la testa. Nella voce di Kurogane si sentiva la rabbia, a stento trattenuta. Ma certo, anche se non aveva capito tutte le parole, aveva inteso perfettamente il senso. Ma certo. Kurogane non voleva essere sconfitto.
“Scusa” disse, prima di uscire.

Kurogane osservò la stoffa della tenda ricadere morbidamente sul pavimento, mentre Fay se ne andava.
No, non poteva permettersi di essere sconfitto... non a causa sua. Non da lui.



--- to be continued ---


*: ehm.. lo so che quegli animali sono tutto fuorché cavalli… ma d’altronde non hanno un nome nel manga e… io sinceramente non saprei proprio come chiamarli (non volete che mi inventi di sana pianta un nome, vero..?) quindi visto che svolgono il ruolo solitamente svolto dai cavalli, si chiameranno cavalli…
  
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