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Autore: bradlifer    20/12/2013    2 recensioni
Dopo la battaglia alla Sword & Cross, per Luce viene scelta una destinazione diversa dalla Shoreline: passerà, infatti, i diciotto giorni della tregua a New York, dove come unico punto di riferimento avrà Cam.
Il loro rapporto si evolverà, così come quello tra lei e Daniel, e questi cambiamenti potrebbero portarla ad agire e a scegliere come lei stessa non avrebbe mai immaginato.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cameron Briel, Daniel Grigori, Gabrielle Givens, Luce Price
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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    Capitolo 2 – Un arrivederci

Mancava una decina di minuti al suo arrivo a Tybee. Daniel stava volando da poco più di un'ora, ma l'impazienza di raggiungere Luce era più forte di minuto in minuto.
Effettivamente era grandioso quanto potesse essere veloce spostarsi con le sue ali, senza bisogno di check-in e biglietti. Un volo che gli umani facevano in sei ore, lui lo faceva in ottanta minuti. Gratis.
Il pensiero di Luce sola a Manhattan lo tormentava. In che diamine di scuola l'avrebbe iscritta Cam?
Poi, a Daniel venne un lampo di genio. La St. Thomas High School, nel Greenwich Village. Cam era stato un assiduo frequentatore di quel quartiere negli anni passati, e la St. Thomas era una scuola dello stesso genere della Shoreline. Una scuola per Nephilim.
Daniel non poteva immaginare che effetto avrebbero avuto i mezzi angeli su Luce, ma sperava che, essendo loro in parte umani, la facessero sentire sentire a suo agio. In fondo, erano molto più normali di Daniel, Arriane e gli altri. E anche molto più normali di Luce.
Probabilmente lei sarebbe stata seccata dalle chiacchiere che l'avrebbero accolta al suo arrivo a scuola, ma quelle ci sarebbero state in qualunque scuola per “non umani”.
E chi l'avrebbe accolta nell'atrio principale per farle fare un giro dell'istituto? Daniel non conosceva personalmente Francesca, ma sapere che era una persona fidata di un angelo della sua parte lo tranquillizzava.
Daniel spostò lo sguardo verso destra, e la vide. La capanna dove si trovava Luce. Finalmente.
Detestava scendere in picchiata (voleva godersi ogni momento di un volo), ma questa era una situazione straordinaria: meno tempo passava in aria, più tempo passava con Luce.
Ad una cinquantina di metri da terra, Daniel rallentò, planando con calma, facendo rimpicciolire le ali ad ogni metro in meno che lo separava dal terreno, in modo tale che fossero del tutto scomparse quando i suoi piedi toccarono terra.
All'interno della capanna, solo due stanze avevano la luce accesa. Il soggiorno, al piano terra, e la camera di Luce, l'ultima a destra al piano rialzato.
Daniel andò alla porta, e bussò piano un paio di volte. Sentì i passi scattanti di Mr. Cole che veniva ad aprire.
"Finalmente." Disse il professore.
"Non dirlo a me." Rispose Daniel, entrando. Lanciò una rapida occhiata alle scale, le scale che lo separavano da Luce, ma si fermò un attimo per parlare con Mr. Cole.
"Allora? Siamo in tregua? Sei venuto a prenderla per portarla in California?" Quell'uomo faceva sempre troppe domande.
Daniel scosse la testa. "No." Deglutì, guardando Mr. Cole negli occhi.
"No? Ma la Shoreline School è perfetta."
"Lo so, lo so. Però pensaci: New York è più vicina alla Georgia, alla famiglia di Luce."
"È stata un'idea di Cameron, vero?" Mr. Cole conosceva abbastanza bene Cam da sapere che voleva avere ogni cosa sotto controllo, che le cose andassero come lui voleva che andassero.
"La proteggerà. E anche a Manhattan c'è una scuola per Nephilim."
"Sì sì, la St. Thomas, la conosco. È un'ottima scuola. Ma sei sicuro di lasciarla sola... con lui?"
"Non sarà sola. Andrò da lei ogni sera."
"Ma lei non lo saprà." Disse serio Mr. Cole.
"Ma lei non lo saprà." Annuì Daniel.
Mr. Cole fece cenno alle scale. "È sveglia. Ti sta aspettando, anche se non sa del tuo arrivo." Daniel sorrise, chiedendosi cosa stesse facendo Luce per ingannare l'attesa.
Mr. Cole tese la mano, in segno di congedo, pronto a ritornarsene a casa e a lasciare Luce e Daniel un po' da soli in quella minuscola capanna. Daniel gli strinse la mano, grato a quell'uomo di mezz'età che li aveva sempre aiutati, senza mai chiedere nulla in cambio. E tutto perché padre di un Nephilim orfano di madre angelica. "Buona fortuna, Daniel. A te, a tutti quanti. Sarà una grande guerra, e una grande sfida per il vostro amore."
"Grazie, Mr. Cole. Arrivederci." Daniel era serio, così come Mr. Cole che, voltandogli le spalle in procinto di uscire, mormorò:
"In questa vita o nell'altra."

♦♦♦

Daniel salì le scale di soppiatto, per non farsi sentire da Luce, ma alla velocità della luce.
Davanti alla porta della sua stanza, prese un respiro profondo e bussò.
"Entri pure, Mr. Cole." Disse lei, tranquilla.
Daniel obbedì.
Luce era seduta per terra a gambe incrociate, china sul libro I Veglianti che aveva letto e riletto negli ultimi due giorni, senza però trovarvi altri appunti o schizzi fatti da Daniel. Indossava un paio di jeans e una maglietta nera, pronta per ogni eventuale fuga, e teneva la finestra aperta, per far entrare aria fresca, certo, ma anche per scorgere eventuali scintille di ali angeliche.
Fino ad ora, niente.
Fino ad ora.
Quando lo vide sulla porta, il suo cuore accelerò per l'improvvisa felicità e sul suo viso arrivò un sorriso, ricambiato dall'angelo biondo che stava entrando nella sua stanza. Luce si alzò veloce, e lo abbracciò, sentendosi finalmente a casa.
Non dissero niente, erano entrambi stremati e sconvolti dagli avvenimenti degli ultimi giorni, sentivano terribilmente la mancanza l'uno dell'altra e tutto ciò che volevano era che quel momento non finisse mai, che non dovessero mai separarsi.
Daniel carezzava dolcemente i corti capelli neri di Luce, e lei aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. Quando Luce iniziò a piangere, Daniel la condusse dolcemente verso il letto, dove si sedettero, e dove lui prese le mani di lei tra le sue. Le lacrime di Luce erano tante, calde e le rigavano il viso. Doveva averle trattenute a lungo. Tra un singhiozzo e l'altro, Luce cercò di parlare.
"Penn è... Penn è morta, Daniel, senza un motivo. L'ha uccisa senza un motivo. Poteva salvarsi Daniel, lei poteva... Penn sarebbe... Lei sarebbe ancora viva." Luce disse quelle parole con voce piatta, lo sguardo perso nel vuoto, le mani fredde e le lacrime che cadevano dalla punta del mento sul lenzuolo bianco su cui erano seduti.
Daniel le asciugò il viso, le appoggiò le mani sulle guance e le baciò la fronte.
"Lo so, Luce. Mi dispiace. Vorrei poterti dare un motivo per cui l'ha fatto, ma..."
"Non ha giustificazioni. Non può averne e tu non puoi pensare di cercarne. Quella donna è un'assassina, Daniel. È un mostro, che prova gusto nell'uccidere gli esseri umani, così come Cam. Cam! Come ho potuto fidarmi di lui? E Roland? È dalla parte di Lucifero, ed è tuo amico! Come puoi anche solo tollerare la loro presenza, Daniel? Sono tutti complici di Sophia, tutti! E non m'importa se lei fa parte di un gruppo minore, è dalla parte sbagliata comunque. Lo sono tutti." Si era alzata in piedi, e aveva alzato la voce e ricominciato a singhiozzare, accecata dalla rabbia per la perdita della sua amica.
Daniel la fissò per un lungo istante, mentre lei stava in piedi, tremante, al centro della stanza, mangiandosi le unghie.
"Ne sei sicura?" Le chiese infine. "Cosa ti fa pensare che la parte di Cam e Roland sia più sbagliata della mia e di Gabbe?" Luce sgranò gli occhi, incredula.
"Mi prendi in giro?" Daniel non disse nulla, tenendo gli occhi grigi fermi su di lei. Luce rise, isterica. "Hanno scelto Lucifero, il Male. Credo che sia abbastanza come motivazione per credere che siano dalla parte sbagliata." Voltò le spalle a Daniel, guardando fuori dalla finestra. Prese un respiro profondo, odiandosi per la domanda che stava per fargli. "L'hai seppellita dove... Accanto al padre?" Aveva le lacrime agli occhi. Era una situazione assurda, impensabile fino a pochi giorni prima.
"Sì. Avrei voluto non doverlo fare." Luce lo osservò. Aveva uno sguardo triste. Lei si sedette accanto a lui, prendendogli la mano.
"Lo so. Grazie." Daniel le cinse le spalle con il braccio sinistro, e Luce si appoggiò a lui. "Scusami per questo sfogo psicotico. Ma sei l'unico con cui posso parlare, l'unico che mi può capire. Mi sei mancato."
Lui sorrise, accarezzandole il braccio. "Mi sei mancata anche tu."
Luce alzò lo sguardo, spostandosi un po', e lo baciò delicatamente, improvvisamente timida.
Lui le strinse la testa con le mani, e ricambiò il bacio, con dolcezza.
Luce accennò un sorriso, poi, a bassa voce e senza staccare gli occhi dalla bocca di lui, mormorò: "E ora?"
Daniel sapeva che la parte difficile era quella che stava per affrontare. Prese un respiro profondo, cercando qualcosa di simpatico da dire. Non che fosse un asso, nel fare battute di spirito.
"Ma come," iniziò, con tono da finto offeso, "non ti piace questa nobile dimora?"
Luce rise per cortesia, pensò Daniel, e scosse la testa. "Spiacente."
Lui le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, guardandola negli occhi. Poteva leggere così tante emozioni nello sguardo di Luce. Ansia, tristezza, preoccupazione, dolore, stanchezza, amore.
Prese un respiro profondo, l'ennesimo di quella serata, e parlò.
"Cè una scuola, a cui pensiamo di iscriverti, completamente diversa dalla Sword & Cross, se questo ti può rincuorare..." Non era male come partenza, pensò tra sé Daniel, ma Luce lo interruppe.
"Aspetta, pensiamo? Chi pensa insieme a te?"
"Gli altri angeli, ovviamente." Daniel vide Luce trarre un sospiro di sollievo, ma doveva dirle tutta la verità, così concluse la frase rapidamente: "E Cam." Luce sgranò gli occhi.
"Chi?"
"Luce..."
"Lo stesso Cam che ha scatenato una battaglia due sere fa, battaglia in cui è rimasta uccisa l'unica amica che avevo in quell'orribile scuola? Lo stesso Cam che mi ha costretta in uno squallido bar di ubriaconi a indossare una stupida, viscida collana d'oro? Lo stesso Cam che hai preso a pugni in biblioteca? Lo stesso Cam che mi ha baciata davanti a te, semplicemente per provocarti?"
"Hai ricambiato, Luce. La responsabilità in quel caso sta cinquanta a cinquanta." Luce alzò gli occhi al cielo.
"Non voglio avere nulla a che fare con lui." Disse seria lei.
"Lo so. Posso capirti. Ma credimi, conosco Cam molto meglio di te, e possiamo fidarci di lui. Vuole aiutarci."
"E come?"
"Uccidendo qualsiasi nemico osi avvicinarsi a te quando sarai a..."
"E non te ne puoi occupare tu?" Lo interruppe di nuovo lei. Daniel voleva sganciare la bomba di New York, l'unica cosa che probabilmente avrebbe sollevato il morale a Luce.
"Io mi occuperò di un'altra zona."
Luce deglutì. Contò fino a dieci, sperando di essere giunta alla conclusione sbagliata. Un'altra zona? Cosa voleva significare? Daniel non si sarebbe iscritto con lei? L'avrebbe lasciata sola chissà dove? Perché?
"E come potrai occuparti di un'altra zona se sarai a scuola con me?" Lo trafisse con lo sguardo, in attesa che Daniel dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Così gli lanciò un appiglio: "Perché tu sarai a scuola con me, vero, Daniel?"
Lui la guardò sofferente, sapendo che l'avrebbe ferita.
"Non posso, Luce. Abbiamo poco tempo. Non sarò mai troppo lontano da te, ma non potremo nemmeno stare insieme. Almeno fino a quando non ci saremo occupati di..."
"Di chi mi vuole uccidere." Concluse lei. Luce si alzò, e bevve un sorso d'acqua dalla bottiglietta che teneva sulla scrivania accanto al letto. Raccolse da terra il libro di Daniel riponendolo sullo scaffale e fece schioccare le nocche, nonostante sapesse che a lui dava fastidio. "Così mi lasci da sola, in una scuola nuova, senza dirmi nemmeno per quanto tempo o quando ti rivedrò o come la mettiamo con i miei genitori?"
"Loro non sono obbligati a saperlo."
"Daniel! Ma ti senti? Non posso fare loro questo. Già pensano di avere una figlia pazza, se di punto in bianco sparissi dall'istituto correzionale di massima sicurezza dove mi hanno iscritta appena un mese fa, sarebbe terribile per loro. Hanno già pensato di perdermi troppe volte."
Daniel annuì, e Luce avrebbe pagato per sapere cosa gli stesse frullando in testa in quel momento.
I suoi ricordi, i suoi segreti, i suoi pensieri e i suoi tormenti sembravano così inaccessibili, così oscuri e segreti. Luce avrebbe tanto voluto che si raccontasse, che si aprisse e si sfogasse con lei come lei aveva fatto poco prima con lui. Che non fosse perennemente preoccupato di ucciderla parlando troppo, raccontando troppo. Era tutto così estenuante.
"Hai ragione. Allora farai una telefonata da un numero della Georgia ogni mercoledì pomeriggio, come eri abituata alla Sword & Cross. Tutto come prima, solo..."
"Tutto come prima? Sarò in un'altra scuola, con nuovi compagni, con nuovi professori, lontana da te e da tutto ciò che mi può aiutare a ricordare, e tu mi dici tutto come prima? No, Daniel. Niente è come prima. Non lo è più dal primo momento in cui ho messo piede alla Sword & Cross."
"Luce, vuoi farmi finire? C'è un lato positivo. Vuoi sapere dove sarà questa scuola? Vuoi sapere che tipo di scuola sarà? Tu devi sempre far valere la tua opinione, il tuo malessere. Ma siamo in due qui, Luce. Senza contare tutti gli angeli e demoni che da secoli rischiano la vita per noi. Taci, per un attimo solo, ti prego. Ascoltami. Fammi parlare, fammi spiegare, accetta quello che ti dico e fidati di me. Credo di meritarmela, la tua fiducia." Si era alzato in piedi, ma non si era avvicinato a lei. Aveva alzato la voce, segno che si stava arrabbiando, spazientito di essere sempre interrotto. Ma era più forte di lei. Daniel si maledisse per aver usato quelle parole, per ritorcerle contro i millenni di attesa che aveva sopportato per rivederla, a volte anche soltanto per pochi secondi.
Luce lo guardò, domandandosi quale altra sorpresa non gradita potesse riservarle Daniel quella sera, ma dopo che lei ebbe annuito e che lui ebbe parlato, pensò che forse aveva ragione. Un lato positivo c'era. In realtà, i lati positivi erano otto milioni.
"Frequenterai, nei prossimi giorni, la St. Thomas High School nel Greenwich Village a Manhattan, New York. Vivrai in un attico su Park Avenue e potrai guardare il tramonto illuminare lo skyline di downtown da Brooklyn. Sarai gentilmente ospitata e spesata da -e qui non voglio smorfie né lamentele- Cam. Si occuperà lui di te. Durante le ore di lezione, volerà sulla costa est insieme ai suoi per controllare se ci sono pericoli, ma in qualsiasi momento, nel caso avessi bisogno, lui ci sarà. E ci sarò anch'io. Solo che potrei metterci più tempo ad arrivare."
A Luce girò la testa. Stava davvero capitando a lei? Si sedette sul letto, stringendo il lenzuolo con le mani, in preda a gioia, sconsolatezza, rabbia e dispiacere al tempo stesso.
Gioia, perché aveva la possibilità di vivere dove aveva sempre voluto.
Sconsolatezza, perché Daniel non avrebbe condiviso quell'esperienza con lei.
Rabbia, perché tutto ciò che avrebbe avuto a New York sarebbe stato Cam.
E dispiacere, perché lei era viva e stava per iniziare qualcosa di grandioso e nuovo, mentre Penn era sotto terra da due giorni.
Luce decise di non dare troppa mostra dei suoi sentimenti (anche se era sicura che Daniel avesse già decifrato il suo stato d'animo) e fece una domanda distaccata, ma che le premeva molto.
"Cosa intendi con nei prossimi giorni?"
Lui la stava guardando, ovviamente senza capire cosa le circolasse nella testa. Si era seduta, e aveva tenuto lo sguardo perso nel vuoto per qualche secondo. Era sorpresa, certo, ma Daniel si sentì uno stupido ad aver pensato che sarebbe stata felice.
"Circa tre settimane." Disse infine. Lei annuì, spostando di nuovo lo sguardo su un punto imprecisato davanti a lei.
"E ogni mercoledì dovrò andare in Georgia per telefonare ai miei genitori?" Domandò scettica.
"Potresti mandare loro delle e-mail. È più facile mentire, su internet." Si sorprese a darle quella risposta, suonava quasi come una presa in giro. Ma era la verità, e lui sapeva che Luce lo sapeva. Nei giorni seguenti, l'avrebbe ringraziato.
"Hai ragione." Disse invece lei. "E poi, tu devi essere un esperto." Lo fulminò con gli occhi.
Daniel era stanco dell'impertinenza che Luce mostrava da tutta la sera. Sbuffò.
"Sì, Luce. Sono bravo. Mento bene. Tutti noi lo facciamo. Io, Arriane, Molly, Roland, Cam, Gabbe, Sophia... mentiamo da millenni. E tu fai lo stesso. Dire a Callie che eri interessata a Cam e non a me, il terzo giorno alla Sword & Cross? Ridicolo e improbabile. Ripetere ai tuoi genitori da quanto tempo non vedessi più le ombre? Stupido, visto che saranno sempre con te. Rassicurare Penn dicendole che sarebbe andato tutto bene, quando avevi visto benissimo com'era ridotta la sua spalla?"
"Come fai a...?"
"Diabolico." Per Luce fu troppo. Si alzò in piedi, in due passi raggiunse Daniel e, con le lacrime agli occhi, gli diede uno schiaffo sulla guancia sinistra. Lui sapeva di meritarselo. Ma odiava che Luce lo trattasse come l'ultimo dei bugiardi, e più di tutto, odiava odiare qualcosa di Luce. Odiava che lui, un angelo, potesse provare un sentimento come l'odio. Quello era per Cam e per la sua parte, ma effettivamente, i demoni tutto sembravano provare tranne che odio. Solo, semplice e pura malvagità.
"Non nominare Penn. Mai più." Sibilò lei. I loro sguardi bruciavano di rabbia e dolore, e Luce voleva andarsene. Gli occhi (nel frattempo diventati viola) di Daniel non erano mai stati così crudeli, le parole mai così taglienti, il corpo mai così rigido. Luce non riusciva proprio a capirlo. Si allontanò a piccoli passi all'indietro, senza staccare lo sguardo dal suo, e poi disse: "Allora, devo prenotare un volo, mi porta Mr. Cole, viene a prendermi Cam o...?" Si stupì di quanto naturale e disinteressata la sua voce suonò.
Daniel scosse la testa. "No." Poi, dopo aver afferrato Luce per un braccio e averla stretta a sé, concluse in un soffio: "Tu voli con me."

♦♦♦

Non avevano parlato per tutto il tempo.
Lei era rimasta aggrappata al collo di lui, immobile, con gli occhi chiusi e le spalle rivolte al suolo, cercando di trattenere le lacrime e di mantenere il respiro regolare.
Daniel volava a velocità costante, a circa quattromila metri da terra, e percorreva una linea retta.
Quando vide in lontananza le luci di Manhattan, rallentò, planando.
Poi, diede un colpetto sulle spalle di Luce, rigida contro di lui, cercando di sembrare il più dolce possibile.
"Ehi." Mormorò. "Guarda."
L'aiutò a girarsi, e quando Luce fu in grado di osservare ciò che l'aspettava, rimase senza fiato.
Le luci erano infinite. I palazzi si alzavano dal suolo e sembrava volessero letteralmente toccare il cielo, superare Daniel e Luce e lasciare a bocca aperta chiunque fosse abbastanza coraggioso da alzare lo sguardo e sfidare le vertigini per vederne la fine.
Daniel stava sorvolando Ellis Island, e Luce, con un ritrovato sorriso sul volto, sfiorò con le dita la fiaccola illuminata di Lady Liberty.
Con downtown sempre più vicina, Luce si chiese se Daniel non stesse volando troppo basso, se non stessero correndo il rischio di essere visiti. Ma non disse nulla.
Spostò lo sguardo verso destra, appena in tempo per vedere il Brooklyn Bridge perennemente trafficato, e poi fu invasa dalla City.
Le strade di Manhattan, in tutta la loro magnificenza, in tutti i loro colori, i loro suoni, i loro profumi, erano pronte ad accogliere Luce, ad ospitarla, ad ammagliarla.
Sfrecciarono su Wall Street così velocemente che Luce non riuscì quasi a rendersi conto che stavano già circondando l'Empire State Building, a midtown, quella sera illuminato in bianco, blu e rosso.
Daniel si avvicinò alla punta, qualche metro più in su all'osservatorio del centoduesimo piano, che probabilmente ospitava ancora turisti, incantati quanto lei dalla magia della notte newyorchese. Luce realizzò che non aveva idea di che ora fosse. Ma aveva importanza?
Daniel le aveva appoggiato la schiena alla punta del grattacielo, con lo sguardo dritto di fronte al Chrysler Building, il palazzo che più di tutti Luce amava, con le sue guglie, i falchi che spuntavano dagli angoli e la punta sottile come un ago.
"È questo il tetto del mondo, vero?" Chiese Luce in un sospiro estasiato, sorridendo al suo angelo. In quel momento voleva gettare la rabbia provata poco prima alla capanna letteralmente giù da quei trecento metri d'altezza. Daniel la proteggeva, la salvava, l'aiutava, l'amava, l'aspettava e la sopportava da sempre. E lei quella sera era stata meschina con lui, portandolo a fare lo stesso. Si sentiva tremendamente in colpa.
"Sì, direi di sì." Disse lui con dolcezza.
"È magnifico. Grazie. Non te lo dirò mai abbastanza."
"Non devi ringraziare me, ma Cam. È grazie a lui se potrai davvero stare qui in questi giorni."
"Ti prego, Daniel. Sai a cosa mi riferisco." Tagliò corto lei, di nuovo leggermente seccata.
Daniel gettò gli occhi al cielo (sperando di non essere visto né da lei né da Lui) sorridendo. Era davvero insopportabile. Ma pur sempre la sua Lucinda. In ogni vita aveva un carattere diverso, e lui aveva sempre imparato ad amarla. Solo che poi moriva, e Daniel non poteva dire di averla conosciuta fino in fondo. Questa volta, però, sì. Nel bene e nel male, pregi e difetti. Il pacchetto completo.
"Sì, lo so." mormorò infine. "Grazie a te, sempre." Dopo averle baciato la testa, la strinse di nuovo a sé e si lanciò nel vuoto, diretto al 640 Park Avenue, che raggiunsero due minuti dopo.
Atterrarono sul terrazzo all'interno del cortile, dove Daniel ripiegò in fretta le ali, per evitare che la sua luce potesse entrare nelle finestre dei vicini di Cam e incuriosirli.
Luce era esausta. Poi, con il cuore in gola, si ricordò di non aver preso la borsa con dentro i suoi abiti.
"Daniel, oddio, la borsa!" Bisbigliò, in preda al panico.
"Shh." Fece lui, accovacciandosi su sé stesso. Poi, con la mano destra rivolta al suolo che si chiudeva a pugno man mano che eseguiva questo “trucchetto”, la borsa ricomparve.
"Ma che cavolo...?" Cominciò Luce, esterrefatta. "Non mi hai mai detto di avere dei poteri!"
"Questo perché non ho mai avuto necessità di usarli. E non avrei voluto usarli neanche ora, ma non avevo scelta, direi." Luce inarcò un sopracciglio, confusa. "Lasciano tracce." Spiegò Daniel. "Ci rendono reperibili più facilmente."
"Quindi ora sanno che sono qui?" Anche se Luce non aveva idea di chi stessero parlando, si comportò come se lo sapesse.
"Sanno che io sono qui. Ma se sparisco abbastanza in fretta, la ignoreranno." Daniel abbassò lo sguardo su di lei, che annuì seria.
"Allora va'." Lo intimò, triste. "Non vorrai mandare all'aria il mio soggiorno a New York!" Voleva suonare come una battuta, ma fu più un lamento disperato. Daniel le si avvicinò, le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e sorrise.
"No, certo che no." Le loro mani erano intrecciate. "Fai la brava, Lucinda Price. E non innamorarti di Cam." Sussurrò ironico.
Daniel si chinò e le diede un rapido, dolce e leggero bacio sulla bocca, poi salì sulla ringhiera del balcone e saltò verso l'alto. Quando fu ad una settantina di metri da dove aveva preso lo slancio, liberò le enormi e splendide ali nel cielo e partì, diretto a ovest, senza mai voltarsi indietro.

  
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