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Autore: Wave__    26/12/2013    1 recensioni
Janelle Ravenwood, 17 anni, popolare e con una migliore amica che per lei è tutto. Janelle ha sempre avuto tutto nella vita, non s'è mai lamentata. L'unico suo difetto? Nascondere la reale sè stessa.
La sua vita improvvisamente cambia, quando entra a contatto con Ryan Brexton, un ragazzo al quanto misterioso che lavora nella scuola come sostituto dell'allenatore della squadra di football.
Janelle ne resta incantata, eppure qualcosa di ancora più grave sta per abbattersi su di lei.
Tutto inizia con un incubo, che ogni notte non le lascia scampo.
Un incubo con un orrore ben più profondo, con una realtà ancora più spaventosa.
..E' questo quello che accade quando si diventa l'ossessione di qualcosa con un'anima più oscura della notte stessa.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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COSA SI PUO’ FARE PER RIMEDIARE? - CAPITOLO 7
 
Non mi stava semplicemente guardando, mi stava proprio squadrando. Dalla testa ai piedi. Come se avesse visto un fantasma.
Che non volesse vedermi, era il minimo.
Restai immobile, sperando che lui facesse o dicesse qualcosa, qualsiasi andava bene. L’importante era che si rompesse quella tensione che era andata a crearsi.
Niente. Semplicemente.. Immobile. I suoi occhi sulla mia figura.
A malapena riuscivo ad emettere un respiro. Profondamente ne feci uno, muovendomi d’un passo. Dovevo pur cercare un modo di relazionarmi con lui. Diamine, era il mio migliore amico! Avevo mandato si tutto a farsi fottere, ma diamine! Dovevo avere un approccio. Subito.
Non sapevo come cominciare, cosa dire, così la prima frase che mi passò per l’anticamera del cervello, la gettai fuori, seppur sconnessa.
«Alex, io.. Volevo dirti che..»
Persi l’uso della parola. Tutto quello che avrei voluto dirgli, mi morì in gola. Non sapevo più formare frasi  Non sapevo più formare frasi di senso compiuto, il mio cervello aveva fatto semplicemente ko.
Mi guardò di sottecchi. Era a disagio, un disagio forse mai provato prima d’allora nel nostro rapporto. Cosa avrei potuto fare? Ero stata io a creare quel baratro atroce tra noi due.
«Lascia perdere, Ever. Non voglio le tue scuse.»
«Ma tu.. Io devo farlo, devo scusarmi con te.»
«Non devi dire niente, Ever. Davvero.»
No! Io avevo un’infinità di cose da dire, invece! Riprese la valigia, dandomi le spalle.
Quello per me era troppo, non potevo permettere che tutto finisse così, non potevo sopportarlo. Avevo bisogno di spiegarle, avevo bisogno che lui capisse, che mi stesse ad ascoltare anche solamente un minuto.
Lo raggiunsi, poco dopo, andando a pararmi di fronte a lui.
«Adesso mi ascolti.»
Lo vidi schiudere le labbra, come se volesse dire qualcosa, ma fui più veloce e lo interruppi.
«Ti ho detto di ascoltarmi. Per cui, stai zitto una benedetta volta!»
Maledizione, perché tutte quando avevo da dire qualcosa di serio e importante, doveva sempre interrompermi? Non mi rispose e, proprio per questo, mi feci coraggio, parlando.
«Ho fatto un errore quest’estate, un errore madornale. Non avrei mai dovuto stare con te. Ti ho illuso, ti ho spezzato il cuore, calpestandotelo come se valesse nulla. Ho scavalcato i tuoi sentimenti e.. Mi dispiace. Sono stata un’idiota, ho pensato solamente a me stessa, come sempre. Non mi sono soffermata a pensare a ciò che realmente provi. Sono solamente una stupida egoista. E’ questa la verità.»
Scossi la testa, facendo una breve pausa. Dovevo continuare, dovevo fare in modo di sistemare le cose, per quanto possibile mi fosse.
«Ti ho lasciato. Distruggendoti e facendo crollare quello che siamo. Tu te ne sei andato, sei sparito per tutta l’estate, senza darmi tue notizie. Non sapevo dove fossi, se stessi bene, se ti fosse successo qualcosa.. Ho cercato in tutti i modi di contattarti, ma tu non mi hai mai calcolata. Non mi hai mai richiamata.»
Non se n’era andato. Avrebbe potuto farla e invece.. Invece era restato. Deglutii, lasciando i miei occhi incontrare i suoi.
«So che eri letteralmente devastato, ma io avevo bisogno di parlarti. Avevo bisogno di te. Ho bisogno di te. Ho bisogno del mio migliore amico. Sono qui, di fronte a te, con tutte le difese basse, nulle. Solamente per chiederti perdono. Ed io.. Io sai che non mi scuso mai. Eppure a te lo devo. Non avrei mai dovuto comportarmi così. Sono stata stupida e io.. Io.. Non ho scusanti. Perdonami, Alex.»
Avevo detto tutto ciò che mi premeva dentro. Abbassai il capo, senza sapere che cos’altro aggiungere. Anche se, sinceramente, non c’era niente più d’affermare. Sentivo le lacrime graffiarmi gli occhi. Sarei potuta scoppiare a piangere proprio lì, al centro della piazza. Avevo la sensazione d’essere osservata, forse lui mi stava osservando, cercando di capire che cosa mi passasse per la mente.
Era sempre stato così.
Alle mie orecchio giunse un rumore sordo, secco. Alzai di poco gli occhi, osservando la valigia a terra, Alex con le braccia incrociate al petto, i suoi occhi che mi stavano trapassando da parte a parte.
Ero pronta a subire la sua ira, la sua furia, in fin dei conti me la meritavo.
Ero pessima. Decisamente pessima.
La sua risposta fu totalmente diversa da quella che il mio cervello aveva elaborato precedentemente.
Avevo immaginato che mi avrebbe urlato addosso, il suo dito contro di me, dicendomi di quanto fossi vigliacca, viziata, egoista.
Cosa che non fece. Restai stupita, alle sue parole, che erano tutto il contrario di quello che pensai mi avesse sputato addosso.
«E’ vero. Mi hai distrutto il cuore, me l’hai calpestato, mi hai disintegrato. Completamente. Ma, come vedi, sono ancora qui. Hai voluto parlare? Sono rimasto qua, ad ascoltarti. Cioè vuol dire che non è tutto perduto, sai? Nonostante il male che mi hai causato, in quei due mesi, me ne sono fatto una ragione, se così vogliamo chiamarla. Sono ancora qui perché ti voglio bene.»
Quelle parole furono qualcosa che mai, mai e poi mai avrei pensato che mi potesse dire. Entrarono dentro di me, nel profondo del cuore. Le rinchiusi, a chiave, in quel posto, qualsiasi esso fosse.
Sorrisi dolcemente, eppure in quel momento troppe emozioni s’impadronirono di me, sbilanciandomi. Una lacrima mi tradì.
Le avevo trattenute per così tanto tempo che non mi ero neanche accorta che stesse scorrendo sul mio viso. Lo capii solamente quando sentii il mio labbro superiore bagnarsi. Portai rapidamente una mano sotto l’occhio, levandola.
Era la prima volta che piangevo davanti a qualcuno.
Alex restò immobile, senza sapere cosa dire. Prima che potessi fare qualcosa, le sue braccia mi circondarono, in un abbraccio vero, sentito, stringendomi a lui. 
Posai la testa al suo petto, respirando profondamente. Tutto inutile.
Altre lacrime caddero sul mio viso, rigandomi le guancie. Se prima avevo pensato che sarei potuta riuscire a ricacciarle indietro, avevo sbagliato proprio ad intendere.
Mi era mancato così tanto..
«Ehi su, basta piangere. Sono ancora qui.»
La sua mano si posò sulla mia testa, lasciandomi un delicato bacio tra i capelli, prima di andare a posarle entrambe sulle mie guance, facendomi alzare il viso verso di lui, asciugandomi con il pollice quelle lacrime che ancora cadevano.
«Non c’è motivo di piangere. Hai sbagliato e, fortunatamente, hai capito il tuo errore. Stai cercando di rimediare e questo mi rende felice. Qualcosa allora ti ho lasciato.»
Il suo sguardo nel mio, pieno di dolcezza. Come facevo a non ricambiarlo?
Per tutti ero una ragazzina superficiale, ma non ero realmente così.
Mio fratello aveva ragione. Non ero più me stessa. Mi ero allontanata davvero troppo, ma ciò che ero veramente.
«Nonostante tutto.. Cammineremo ancora insieme in quel percorso chiamato vita?»
«Certamente. Adesso però smetti di piangere, non mi piace quando lo fai.»
Andai a sedermi su una panchina lì vicino, nella piazza, restando in quella posizione cinque minuti buoni, riprendendomi. Alex, in quell’arco di tempo, mi restò accanto, senza però fare nulla. Mi conosceva meglio di chiunque altro e voleva lasciarmi il mio spazio.
«Possiamo andare, forza.»
Strinse la maniglia della valigia, riprendendo a trascinarla. Camminammo l’uno affianco all’altro, senza inizialmente parlare.
C’era ancora tensione tra noi, ma come negarla? Come spezzarla?
Avevo così tanti pensieri nella testa, che davvero, non riuscivo a venirci a capo.
«Alex.. Sarai sempre il mio migliore amico, lo sai?»
Lo colsi alla sprovvista.
I suoi occhi risplendevano al sole, facendo risaltare il suo verde splendente ancora di più. Ci lessi tutto.
Anche quell’amore che io gli avevo negato, che io non ricambiavo. Purtroppo.
«Si, lo so. Per te, ci sarò sempre.»
Si avvicinò, passando il suo braccio attorno alle mie spalle ed io, a mia volta, gli cinsi la vita, prima d’andare a posare la mia testa sulla sua spalla.
Insieme, come quando eravamo piccoli, ci dirigemmo verso la sua abitazione.
Casa Vonnegut.
  
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