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Autore: Astoria Castoldi    26/12/2013    3 recensioni
Sono passati sei mesi e non so come andare avanti. Tutti i giovedì mi siedo sulla stessa maledetta panchina, aspettando di vederlo sbucare dal sentiero che porta a casa sua, sperando che tutto torni come prima.
Ma quante possibilità ci sono? Nessuna, ormai. Me le sono giocate tutte quando ho scelto di permettergli di andarsene, quando ho deciso di dipingergli un paio di ali e lasciarlo libero.

[...] Giro pagina, ed inizio a gettare parole sul foglio.
È ora di fare un salto nel passato, di cominciare dall'inizio e parlare di questa storia.
Genere: Demenziale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo secondo.
Fix You.


Lights will guide you home
and ignite your bones.
And I will try
to fix you.


Arrivai al mio appartamento verso le otto di sera e, come ogni giorno, la mia coinquilina Delia mi stava aspettando. Quando entrai in casa, venne a salutarmi con uno dei suoi soliti abbracci, un toccasana per ogni giornata storta. Ma quella volta fu diverso: non mi sentivo pesante, anzi. Era come se avvertissi nell'aria l'odore di qualcosa di positivo.
«Tesoro! Com'è andata oggi?» mi chiese sorridente e, per qualche momento, in quel sorriso mi ci perdetti. Mi ero sempre chiesta come diavolo facesse ad essere così forte, a sorridere sempre, nonostante tutto. Eppure ci conoscevamo da tempo remoto, avevamo imparato tutto l'una dell'altra, fino ad incastrarci alla perfezione come piccoli pezzi di un puzzle. Eravamo così legate da sembrare marito e moglie qualche volta. Ovviamente io ero il marito.
«Bene, dai. Meno calma piatta del solito. Tu?» le risposi, andando in giro per casa con i miei rollerblade e posando in un ordine davvero ben poco definito le mie cose. Quando mi voltai per guardarla, preoccupata dal fatto che non avesse risposto alla mia domanda, rimasi agghiacciata: Delia se ne stava sulla porta del salotto, con le mani sui fianchi e lo sguardo minaccioso.
«Devi mettere a posto.» disse, severa «Osserva per un attimo questo appartamento: è uno schifo! C'è roba tua dappertutto!»
Sbuffai. «Minchia, neanche mia madre rompeva tanto il cazzo.» risposi ridendo e, sfrecciandole affianco, le diedi un bacio sulla guancia per poi andare in cucina. Aprii il frigorifero e tirai fuori una  bottiglia di birra. Niente di meglio di una Stella Artois per concludere una giornata di lavoro. 
Cercai in tasca il mio apribottiglie da viaggio e insieme trovai il tovagliolo con il numero di Alex. Lo appoggiai distrattamente sul tavolo, pensando che forse gli avrei mandato un messaggio a fine serata.
«Come diavolo fai a vivere in mezzo al disordine più completo?» chiese Delia scettica, mentre mi raggiungeva in cucina.
Sorseggiai un goccio di birra.
«Sono un'artista. In ogni cosa che faccio rifletto la mia psiche e le mie emozioni. Il disordine è parte di me, è creatività.» risposi in tono solenne.
Bevvi un altro sorso mentre lei mi guardò in silenzio per qualche istante, sbigottita dalla mia frase. Poi scosse la testa e sorrise, quasi rassegnata dalla mia idiozia.
«Ma vaffanculo!» esclamò, tirandomi uno schiaffo sulla nuca. Inutile da dire, sputai quel poco di birra che stavo cercando di bere, sporcando tutto il pavimento.
«Che razza di danno che sei. Lascia stare, qui pulisco io.» disse Delia, afferrando distrattamente il tovagliolo che avevo lasciato sul tavolo.
Me ne accorsi in tempo e le andai incontro imprecando, riuscendo a toglierglielo dalle mani prima che lo usasse per asciugare il bagnato.
«Ma che diavolo ti è preso?» mi chiese, spaventata e curiosa allo stesso tempo.
Alzai le spalle, visibilmente imbarazzata.
«Nulla, assolutamente nulla.» le risposi, sperando di farla franca. Mi squadrò da capo a piedi per poi fissarmi negli occhi con un'espressione piuttosto severa.
Deglutii, cercando di sostenere il suo sguardo, ma invano. 
Sorrise maliziosamente. Era impossibile non notare la curiosità che fuoriusciva da tutti i pori della sua pelle.
«Cosa c'è lì sopra?» chiese, allungando una mano verso il tovagliolo.
«Niente di che» balbettai e sgusciai in fretta dalla cucina per dirigermi in camera, ma Delia mi inseguì urlando, continuando a ripetere che dovevo raccontarle tutto, che alle migliori amiche non si possono negare certi pettegolezzi, e altre cose simili. 
Alla fine cedetti. Dopotutto non era niente di così straordinario, almeno non per me.
Le raccontai di Zack e Alex, della band e tutte le novità. Delia non riusciva a togliere lo sguardo dal pezzetto di carta che stringevo tra le mani.
«Così ti ha dato il suo numero di sua spontanea volontà? Senza che tu glielo chiedessi? Chissà, magari finalmente...» disse, ma la bloccai a metà frase.
«Non dirlo nemmeno per scherzo.» borbottai, fissando distrattamente la città fuori dalla finestra. Il cielo era diventato un deposito di nuvole. Stava per mettersi a piovere, proprio come me.
Delia mi prese per mano, sorridendo amaramente.
«Sayu, ti prego. È orribile vederti in questo stato. Ormai è un anno che ti trascini in questa maniera. Non ti sembra il caso di voltare pagina?» mi chiese, con quel suo fare premuroso che avrebbe sciolto qualsiasi cosa, anche il cuore della persona più burbera del mondo.
Non sapevo cosa risponderle; dentro di me avrei dato qualsiasi cosa per andare avanti, eppure ero ferma lì, con i piedi incollati all'asfalto.
Bofonchiai qualcosa di incomprensibile persino a me e mandai giù un altro sorso di birra per ripulire la gola.
«Non lo so.» le risposi dopo qualche istante di silenzio.
Evidentemente le fu chiaro che non fosse il caso di andare avanti a parlarne. Sospirò, decisa dunque a deviare di poco il discorso.
«Dimmi una cosa, almeno» disse, avvicinandosi a me e stuzzicandomi il braccio con il gomito «Sono fighi?»
Scoppiai a riderle in faccia.
«Secondo i tuoi gusti, direi che potrei definirli "decisamente scopabili".» risposi ghignando.
«Certo, perché se ci affidiamo ai tuoi gusti, siamo fottuti!» esclamò Delia, mettendosi un dito in gola e facendo finta di vomitare. Le tirai un pugno sul braccio e di rimando lei mi abbracciò. 
No, di certo non si poteva descrivere un rapporto speciale ed importante come il nostro. Nessuno aveva ancora inventato parole adatte per farlo.

Cenammo con qualche schifezza come al solito, sedute sul divanetto del salotto di fronte alla televisione; una serata come tutte le altre, passata davanti a qualche film romantico per accontentare Delia o qualcosa di ridicolo per far felice me.
Stavamo guardando "Il Diario di Bridget Jones" quando all'improvviso lei prese il telecomando e mise in pausa il dvd. Mi fissò, come se si aspettasse qualcosa da me.
Ricambiai con uno sguardo perplesso.
«Beh? Non gli scrivi?» mi chiese finalmente, dopo quel gioco silenzioso di occhiate ridicole.
Tirai fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e fissai lo schermo nero. Qualcosa mi bloccava, ma non sapevo cosa: di fatto però, non avevo nemmeno salvato il numero in rubrica.
«Non lo so, Didi. Dovrei?» sospirai annoiata.
Alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Sapevo a cosa stavamo andando incontro: una ramanzina sulle paranoie. L'ennesima. 
Stavolta però non avevo molta voglia di sorbirmi un discorso di un quarto d'ora su quanto non avessi nulla da perdere e tutte le altre cose corrette che ogni volta diceva, ma che non seguivo a causa della mia maledetta testardaggine. Così presi in mano il foglietto stropicciato che tenevo in tasca e cominciai a digitare il numero.
«Non dire niente.» dissi a Delia, cercando di assumere un'espressione infastidita.
Lei non si lasciò ingannare e mi diede un bacio sulla guancia.
«Così ti voglio!» rispose sorridente.

 
Ed ecco il secondo capitolo!
Che dire? Ve lo lascio come regalo di Natale, spero vi piaccia. XD
Ultimamente non ho molto tempo per scrivere a causa di tutte le illustrazioni che mi sono state commissionate prima delle feste, ma mi auguro di recuperare in fretta mantenendo la qualità della storia.
Aspetto con ansia i vostri pareri.
Buon qualsiasicosafesteggiate.

Un bacio,
la vostra Astoria.

(:

*credit zone*
Canzone: "Fix You" dei Coldplay
  
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