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Autore: JulieFF    27/12/2013    2 recensioni
ATTENZIONE: LA STORIA NON È MIA, MA È UNA TRADUZIONE DELL'ORIGINALE
Luke Hemmings ha tutto ciò che desidera, soprattutto le ragazze. Il suo modo di vedere la vita era semplice: tutto ciò che è bello, è il meglio che si possa desiderare.
Ma quando Hadley Miller entra a far parte della sua vita, Luke è semplicemente impreparato.
Così, dopo una scommessa fatta a notte fonda con la sorellastra, Luke è determinato ad impegnarsi al massimo per conquistare Hadley e rubare la sua innocenza. Cosa che non esiterà a fare.
Una storia di bugie, scommesse e il trovare qualcosa che non ti saresti mai aspettato di volere.
Finirà con un nuovo amore o... con un cuore spezzato?
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 2
 
"I think I found help,
I think I found something.
I think I found something in my TV screen.
I think i found out that I have nothing,
That I have nothing in this place for me."
The Neighbourhood - Female Robbery
 
Luke non esitò a bussare alla porta dell’aula della signora Abernathy. L’insegnata si bloccò, sollevando la penna dal foglio sul quale stava scrivendo il piano di studio per quei pochi studenti che avrebbero dovuto frequentare i corsi estivi, per migliorare i loro voti. Nessuno era autorizzato a fallire alla Winchester Prep.
- Uh-Umm – Luke si schiarì la voce, cercando di attirare, in questo modo, l’attenzione dell’insegnante.
La signora Abernathy cercò di nascondere la sua espressione solenne, ma era evidente che non era felice di ritrovarsi davanti lo studente che meno preferiva, impettito e decisamente non invitato. Aveva sempre preferito Margaret al ragazzo e non riusciva a capire come potesse sopportare l’atteggiamento arrogante del ragazzo per tutta la giornata.
- Posso aiutarla in qualche modo, signor Hemmings? – chiese la signora Abernathy, posando la penna nera sulla scrivania e congiungendo ordinatamente le mani in grembo.
Aveva i capelli ispidi e sempre legati in un rigido chignon. Le rughe sul volto erano state abilmente nascoste, ma quelle sulle mani svelavano irrimediabilmente la vera età della donna.
- Sono passato solo per porgerle le mie più umili scuse. Non avrei mai dovuto offrirle tutti quei soldi in cambio di un voto migliore in questo ultimo semestre. – disse Luke, camminando per la stanza, fino a fermarsi esattamente di fronte a lei e appoggiarsi in modo casuale alla scrivania dell’insegnante.
Luke era magro ed in forma, i muscoli sulle braccia e sulle gambe lo dimostravano. Anche il petto e gli addominali erano decisamente allenati e lui non perdeva mai l’occasione per far notare quella sua caratteristica. Luke sapeva di essere bello e usava questa cosa a suo vantaggio, anche se ciò significava cercare di affascinare un’insegnante cinquantenne.
- Sul serio, signor Hemmings? Devo dire che ne sono sorpresa. Il suo comportamento a causa del voto ricevuto è stato a dir poco atroce ed inaccettabile. Sto solo cercando di prepararla al mondo reale al di fuori di questa scuola. – disse, per poi fare una pausa e sorridere, convinta della sincerità delle parole di Luke. – Sono così orgogliosa di te per aver ammesso i tuoi errori. Questo dimostra che stai maturando. –
Luke sorrise, facendo scivolare la mano, lentamente, verso la tasca interna della sua costosa giacca. Sfiorò con le dita il tessuto dell’indumento che aveva messo in tasca la sera prima, mentre la ragazza che aveva portato a casa non lo stava guardando.
- È tutto, signor Hemmings? – domandò la signora Abernathy con quella voce nasale che faceva impazzire Luke.
Il ragazzo poteva avvertire la soddisfazione che provava la donna in quel momento, nonostante fosse tutta una messa inscena ideata dal biondino.
Luke annuì con un sorriso, per poi dirigersi verso la porta. Appena prima di raggiungere la maniglia, però, il ragazzo si girò e ritornò di fronte all’insegnate, con un’espressione fredda in volto. La signora Abernathy lo osservò con confusione.
- Quasi dimenticavo! – esclamò drammaticamente Luke, con un ghigno malvagio sulle labbra. Estrasse la mano dalla tasca, per poi lasciar cadere gli slip in pizzo rosa sulla scrivania. – Credo che sua figlia abbia lasciato queste a casa mia, la scorsa notte. Potrebbe ridargliele da parte mia? –
Un misto di orrore e rabbia si dipinse sulla faccia della donna che non pensò prima di allungare la mano verso la guancia di Luke con un movimento rapido. Luke avrebbe potuto fermare il colpo con facilità, ma era convinto che più una cosa era drammatica, meglio era. Così si trattenne, considerando lo schiaffo appena ricevuto come un’iniezione di adrenalina. Era ciò che voleva. Un pensiero fisso che non poteva andare via, quello di completare le sue conquiste con una certa soddisfazione.
- Tu… figlio di puttana! -  urlò l’insegnate, con il viso colorato da diverse sfumature di rosso.
Tutto il suo corpo tremava mentre il suo sguardo serpeggiava tra il ragazzo di fronte a lei e le succinte mutandine sulla scrivania, facendo due più due.
Con un occhiolino ed un sorriso stampato in faccia, Luke uscì dalla stanza. L’unico suono che udiva era il rumore dei tasti del telefono che venivano pigiati dalle dita magre della signora Abernathy, cercando disperatamente di contattare la figlia che, con ogni probabilità, stava ancora piangendo per essere stata trattata così maleducatamente da Luke.
- Elizabeth Rose! – la sentì strillare non appena mise piede nell’atrio.
Luke si tolse la giacca, incastrandola sotto al braccio mentre camminava verso l’uscita della scuola, mentre le urla della signora Abernathy diventavano meno udibili passo dopo passo. Il suo sorriso non vacillò nemmeno per un istante.
* * *
- Hadley, dobbiamo andare! – urlò sua madre dall’angusto appartamento situato nella periferia di Londra.
Sembrava diventare sempre più piccolo, soprattutto do quando la madre aveva chiesto al suo malfamato fidanzato, Chuck, di trasferirsi con loro, cosa che Hadley non aveva preso affatto bene.
Ovviamente lei era tutta sorrisi di fronte alla coppia, cercando di rendere la vita di sua madre un po’ più semplice; ma appena si trovava dietro alla porta chiusa della sua stanza, lei sfogava tutta la sua rabbia sul diario di pelle che conteneva tutte le sue confessioni più profonde.
Per lo più ero pieno di infiniti sproloqui interiori su come Chuck  sembrava lasciare un numero infinito di bottiglie di birra in giro per il salotto, facendo in modo che il loro appartamento puzzasse di alcol e sudore. Cosa a dir poco disgustosa.
Chuck dormiva tutto il giorno, aspettandosi poi che la madre di Hadley lo servisse e riverisse, rifornendolo anche di soldi ogni qualvolta lui rimaneva senza. Questa aveva solo fatto sì che la rabbia di Hadley crescesse sempre di più.
Ma la goccia che faceva traboccare il vaso di odio che Hadley provava verso il fidanzato della madre, era la violenza fisica che le scagliava contro ogni volta che era troppo ubriaco per capire cosa stesse facendo. Non aveva mai toccato Hadley, ma a volte lei si trovava a sperare che lo facesse, così sua mamma non avrebbe più dovuto sopportare quella pena e quel dolore.
- Perché non lo cacci via, mamma? – aveva chiesto Hadley dopo un paio di episodi che avevano lasciato sua madre coperta di lividi blu e viola. – È uno spreco di spazio e si merita di vivere per strada! –
- Had, sai che non posso farlo. – la voce di sua mamma era dispiaciuta e leggermente tremante. Hadley sapeva cosa stava per dire. Lo aveva detto un sacco di volte prima di allora e Hadley era stanca di sentire sempre la stessa scusa. - Era ubriaco, non ragionava. -
Hadley si sentiva come se la testa stesse per esplodere dalla frustrazione. Non importava quante volte assicurasse alla madre che meritava di molto meglio, lei avrebbe sempre liquidato le sue parole come se non valessero nulla.
- Tu sai che è una bugia. – fu tutto ciò che Hadley riuscì a dire.
Non approvava le azione della madre ed era infastidita dal modo in cui la costringeva ad andare d’accordo con lei e Chuck. Era ingiusto e la ragazza odiava quella situazione.
- Lui mi ama, Hadley. – disse sua madre, cercando più che altro di rassicurare se stessa.
Le sue parole assunsero la forma di bugie non appena lasciarono la sua bocca, ma lei decise di continuare ad aggrapparsi a quel fragile filo di speranza che la portava a credere che Chuck l’amasse sul serio.
- No, mamma. Papà ti amava. – disse Hadley con voce sconfitta. Sapeva che sua mamma non si sarebbe mai accorta di quanto corrotte stessero diventando le loro vite mentre ospitavano un tossico sotto il loro tetto. – Nessuno fa male alle persone che ama. –
Gli occhi di sua madre erano lucidi, ma quella volta Hadley non l’avrebbe consolata. Non quella volta.
Ed ora, eccole là. Sopravvivendo a malapena a causa del denaro speso in alcol e altre cose delle quali Chuck aveva bisogno. Sua mamma era stata fortunata a trovare lavoro come cameriera, molto fortunata. Non solo la paga era buona, ma le era anche permesso di farsi aiutare da Hadley, così da finire il lavoro più velocemente e permettere alla ragazza di starsene un po’ lontana da Chuck.
- Hadley, ORA! – la voce di sua madre aumentò di volume.
Hadley si mise di fronte allo specchio incrinato della sua camera da letto, aggiustandosi i capelli castani ramati, per poi legarli in una treccia intricata. Si mise un po’ di mascara sulle ciglia già lunghe, poi si passò un filo di burro cacao sulle labbra leggermente carnose. Una volta finito, afferrò l’anello della purezza regalatogli dal padre.
- Sto arrivando! – gridò, mentre correva attraverso il corridoio per raggiungere sua madre di fronte alla porta.
Mentre la madre sfoggiava la divisa richiesta per il suo lavoro, una gonna nera e una camicia bianca, Hadley indossava il suo miglior paio di skinny jeans, una maglietta bianca e una giacca nera che era fortunatamente riuscita ad accaparrarsi in un mercatino delle pulci.
Madre e figlia scesero le scale del condominio, per poi raggiungere il garage, che era proprio accanto all’edificio. Dopo essersi guardate in giro un paio di minuti, individuarono la Volkswagen, che sembrava anche più vecchia della bisnonna di Hadley.
La vecchia macchina quel giorno, però, semplicemente si rifiutava di collaborare, visto che la madre di Hadley aveva già provato parecchie volte a farla partire, senza successo. La macchina faceva appena un ronzio, per poi produrre fumo nero dal tubo di scappamento.
- Forza piccola, non oggi! – disse sua madre alla macchina, come se questo l’avrebbe magicamente riportata in vita. – Dai! –
Le loro preghiere sembrarono essere state ascoltate quando improvvisamente la macchina ripartì. Il motore era troppo rumoroso, la radio offriva sempre e solo un sibilo statico e l’aria condizionata era rotta da molto tempo, ma era il meglio che avessero a disposizione. E loro preferivano avere quel mucchio di rottami piuttosto che nulla.
- Grazie a Dio! – disse sua madre, tirando un sospiro di sollievo, felice di avere un qualcosa per raggiungere il loro posto di lavoro nel centro di Londra.
Il viaggio fu silenzioso, visto che Hadley indossò le sue cuffiette, cercando di evitare qualsiasi tipo di conversazione con sua madre. La notte prima avevano nuovamente litigato a causa di Chuck.
Non è che Hadley odiasse sua madre, erano le decisione che prendeva ad odiare. In un universo parallelo Hadley sarebbe cresciuta con sua madre e sua padre senza essere a conoscenza degli effetti collaterali dell’alcool e del tempo impiegato alle contusioni per guarire. Ma lei non viveva quella vita ed era bloccata nel dura realtà. Sapeva di stare dando il meglio di se, ma le era sempre più difficile mantenere il sorriso.
Quando finalmente la vettura si fermò di fronte alla casa più grande che Hadley avesse mai visto, raccolse tutti i prodotti per la pulizia che la madre aveva posato sui sedili posteriori, per poi dirigersi verso la porta. Un uomo in uniforme aprì la porta e subito Hadley e sua madre aggiustarono la propria postura, imbarazzate.
La casa era immacolata e Hadley si chiese cosa avrebbero dovuto pulire, visto che tutto era già perfettamente ordinato. Lei continuava a giocare con i suoi abiti, mentre la sua sicurezza, verso se stessa e i vestiti che indossava, spariva di fronte alla ragazza che si trovava davanti: aveva all’incirca la sua età, indossava un abito da cocktail e probabilmente le scarpe Louis Vuitton che portava ai piedi erano più costose di tutte le cose che Hadley avesse mai posseduto.
- Voi dovete i Miller? -  chiese la ragazza con la sua voce sofisticata.
Hadley si sentiva fin troppo piccola di fronte a quella ragazze che, più che altro, sembrava una dea. Non era solamente a causa di ciò che indossava, ma anche della sua sicurezza. Il modo in cui teneva la testa alta la faceva apparire al di sopra di tutti, soprattutto di Hadley e sua madre.
- Si, siamo noi. – rispose la madre di Hadley fin troppo entusiasta, guadagnandosi un’occhiataccia dalla ragazza.
- Beh, non statevene li impalate. Andate a lavorare. – scattò la ragazza, facendo indietreggiare madre e figlia.
La ragazza era spietata e molto, molto, intimidatoria.
Sembrava che stessero pulendo da ore, quando invece ne era passata solo una da quando Hadley e sua madre avevano iniziato. Avevano cominciato dallo studio, spolverando tutti gli scaffali e riorganizzando i libri per autore. Poi passarono al bagno patronale dove sfregarono la vasca di porcellana talmente a lungo che le dita dolevano.
- Dai, fai una pausa. – la mamma di Hadley la incoraggiò. Non voleva far faticare così tanto la figlia quando aveva già fatto fin troppo. – Me la caverò. –
Hadley avrebbe voluto protestare e continuare ad aiutare, ma la voglia di esplorare la case e prendersi una pausa ebbero la meglio. Così si limitò ad annuire e a riporre la spugna nel secchio, per poi iniziare a girovagare per l’enorme dimora.
Non ci volle molto tempo per terminare l’esplorazione del piano inferiore, visto che ne aveva giù pulito la maggior parte.
Così si avventurò su per le scale che l’avrebbero portata al secondo piano. C’era un’altra biblioteca, della quale s’innamorò, visto che alla prima occhiata individuò subito i suoi romanzi preferiti, tra gli scaffali. Tre bagni, una sala cinema, una palestra e tantissime camere degli ospiti che sembravano essere inutilizzate da anni.
Mentre si apprestava a salire le scale verso il terzo piano, l’aria sembrava intrisa di mistero. Era tutto meno luminoso e sembrava decisamente più vuoto rispetto al resto della casa. Era come se lei fosse consapevole del fatto che non sarebbe dovuta trovasi lì, ma l’avesse fatto comunque.
- Chi sei? – chiese una voce roca alle sue spalle, facendola trasalire.
- I-io – balbettò Hadley.
Di solito aveva sempre un sacco di cose da dire, ma in quel momento si sentiva a corto di parole.
- Sai che non è educato spaventare gli inservienti, Luke. – disse la stessa ragazza del piano di sotto, mentre si osservava le unghie con aria disinteressata. Rimase ad un paio di metri da loro, ai piedi delle scale.
Il ragazzo che Hadley aveva capito si chiamava Luke alzò gli occhi al cielo al commento della ragazza e urtò volontariamente Hadley mentre risaliva le scale, per poi farsi strada verso una camera chiusa. Aprì la doppia porta, per poi tornare a rivolgersi alle due ragazze.
- Questa camera è off limits. – disse un po’ troppo duramente, indicando la stanza da letto alle sue spalle. – Sono stato chiaro? –
Hadley annuì velocemente per poi osservare l’altra ragazza che se ne stava con una mano sul fianco e un sorriso sulle labbra mentre guardava il ragazzo biondo con gli occhi azzurri dal quale Hadley faticava a distogliere lo sguardo. Era bellissimo e lei si sentì terribilmente insicura di fronte a lui.
- Smettila di fissare, Margaret. È maleducazione. – disse Luke per poi chiudere la porta dietro di lui, lasciando Hadley sola con la ragazza, nel corridoio vuoto.
- Cosa ci fai qua su? – domandò bruscamente Margaret.
- Stavo solo dando un’occhiata in giro. – iniziò a spiegare Hadley.
Margaret iniziò a voltarsi, decisa a dimenticarsi della fastidiosa ragazza, quando qualcosa catturò il suo sguardo. Non sapeva nemmeno perché si notasse così tanto, una volta sotto la luce. Margaret sorrise maliziosamente.
- Come ti chiami? – chiese Margaret, sorprendendo Hadley.
- Hadley. – rispose timidamente e fin troppo cautamente.
Margaret ebbe bisogno di concentrarsi per capire cosa stesse dicendo.
- Parla più forte, non ti sento. – disse Margaret, socchiudendo gli occhi mentre si avvicinava alla ragazza.
- Sono Hadley.  – ripeté più forte Hadley.
Margaret concentrò la sua attenzione sulla fascia d’argento che avvolgeva il dito di Hadley, prima di indicarlo.
- Cos’hai al dito, Hadley? – chiese, nonostante sapesse già la risposta.
- Uhm… - disse, iniziando a rigirarsi l’anello tra le dita, consapevole del fatto che l’agitazione stava avendo la meglio su di te. – È il mio anello della purezza. Me lo ha dato mio padre. –
- Quindi sei vergine? – chiese Margaret, non preoccupandosi di aver appena superato un tacito confine.
Nella sua mente non c’erano domande off limits.
Hadley non poté contenere il piccolo sussulto che le uscì dalle labbra, ne il rossore sulle guance.
- Si. –
Se prima Hadley si sentiva a disagio, ora era anche peggio. Si sentiva come un essere minuscolo studiato al microscopio, per maggiori informazioni.
- Interessante. – disse Margaret, pronunciando solo ed esclusivamente quella parola, mentre le ruote nella sua testa cominciavano a lavorare.



Hey there!
Non mi dilungo molto visto che è tardi e sono esausta ahah 
In questo capitolo conosciamo Hadley e iniziamo a renderci conto del carattere di Luke e Margaret!(:
Mi piacerebbe leggere qualche recensione, che ovviamente comunicherò all'autrice!
Grazie mille a tutti i lettori!
Bye x

- Julie(:
  
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