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Autore: Frayx9    27/12/2013    1 recensioni
“Allora, vieni?”
Chiusi gli occhi. Dovevo decidere. Me o Stefan? Andarci o no? Sì o no?
Al diavolo.
“Sì” sussurrai con voce flebile. Annuii, per convincere me stessa a stare bene per un po’ di tempo. Chissà- magari questa uscita mi avrebbe schiarito le idee.
Damon mi baciò l’altro zigomo, e potevo essere sicura di aver percepito un suo sorriso sulla mia pelle. Cercai di non svenire al tocco delle sue labbra e istintivamente chiusi le mie, come se ciò potesse proteggermi.
“Ti vengo a prendere tra poco. Tu preparati. Ah ed Elena…grazie.”
Genere: Generale, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 2.


Deglutii più e più volte, ripetendomi di restare calma.

Di mantenere la calma.

Elena, mantieni la calma.

Credevo di star per impazzire. Il mio cuore si divertiva a fare l’acrobata, con tutte quelle piroette e i salti che faceva, facendomi venire quasi un infarto. Si innalzava in volo come un trapezista che girando su stesso perdeva la cognizione del tempo e del luogo in cui si trovava, dimenticandosi di trovarsi in aria, e si aggrappa con veemenza e con grazia al suo obbiettivo, quello per cui aveva rischiato la vita buttandosi.
Ma i trapezisti non avevano delle corde di sicurezza, per dire?
Scossi la testa riportandomi alla realtà e ancora immersa nella mia metafora, iniziai a dirigermi con calma verso la finestra, cercando di ricordarmi come si camminasse.
Un piede avanti, appoggia il tallone, posa il resto della pianta –rimani in equilibrio, fai un respiro- ripeti l’operazione con l'altro piede. Ringraziai anche Dio in quel momento per averci creato solo due piedi. Uno in più e sarei sicuramente inciampata. Davanti a lui.
Davanti a Damon.
Sbuffando cercai di accelerare l’andamento. Erano solo cinque passi, ed ero anche convinta di averli fatti in pochi secondi, eppure a me pareva di averci impiegato secoli. Arrivata alla finestra capii il perché: avevo trattenuto il respiro per tutto il tempo. Oddio, avevo dimenticato anche a respirare?
Un respiro, due, tre.
“Mantieni la calma.” Era diventato il mio mantra in quei pochi minuti.
Cercando di evitare di guardare l’uccello in cui Damon era solito trasformarsi, occupai la mente a ricordare come far scattare il meccanismo per aprire la finestra. Giusto sì..dunque, schiaccia il pulsante..con più forza Elena suvvia.. no così troppa… dannazione, spaccare il vetro no?!
Damon mi guardava con il capo inclinato.
Cioè il corvo.
Cioè Damon.
Oddio, basta. Il solo ricordo del volto di Damon mi fece rabbrividire, non di disprezzo, ma di puro piacere. Era così bello. Non lui, cioè sì lui, insomma, i suoi occhi. I suoi occhi. Chiudendo un attimo i miei, potevo ancora percepire le sue iridi dal colore di un cielo d’estate, senza una nuvola, rischiarato dai raggi del sole. Quel cielo che a seconda dei sentimenti poteva diventare ancora più intenso, quasi quanto un colore in tempera liquida. Mi sarebbe piaciuto poterli dipingere. Magari una volta, chissà.
Elena: devi aprire la finestra.
Ah sì, giusto.
Con qualche strano movimento non controllato della mia mano riuscii ad aprire finalmente quella dannata ala di vetro e, complimentandomi con me stessa allo stesso tempo, feci entrare il volatile. Cioè Damon. Okay basta. Dovevo ufficialmente smettere di pensare.
  Mi voltai immediatamente chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. Dovevo solo usare la solita maschera di ghiaccio che indossavo solo in sua presenza. Cercare di far finta che lui mi fosse totalmente indifferente mi provocava un immenso dolore, qui, proprio all’altezza del petto, nel cuore. Ma come poteva essermi entrato così tanto sotto la pelle da non poter più fare a meno del suo odore, delle sue carezze, della sua ironia e anche dei suoi modi di fare? Anche quelli impulsivi intendo. Quelli che fino a poco tempo prima detestavo con tutta me stessa, ora riuscivo anche a più che sopportarli. Avevo imparato ad accettare Damon così com’era e, ironia della sorte, avevo anche scoperto che mi piaceva più così rispetto a quello che avevo cercato di trasformare in assenza di Stefan.
Stefan. Improvvisamente il ciondolo che avevo al collo cominciò a pesare.
“Avevi qualche problema spastico alle mani stamattina?”
Sospirai. Quell’insolente, maledetto, vampiro… ‘Magari se la smettessi di starmi vicino e di influenzarmi riuscirei anche ad avere una vita normale. Sai, una di quelle in cui il protagonista riesce perfettamente a mangiare, bere, dormire, respirare senza dimenticare temporaneamente come si faccia!’ avrei voluto gridargli, ma quando mi voltai e trovai il suo petto rivestito dalla sua inseparabile giacca di pelle, mi dimenticai nuovamente come si espirasse. Il suo profumo mi investì come un treno in corsa. Uno strano miscuglio di acqua di colonia, di pulito.. di lui…di…Damon. “Respira Elena, non ti mangio mica!”
‘Ah sì, grazie per l’informazione, volevo sapere proprio questo!’ maledetta vocina nella mia testa. Non aveva proprio intenzione di zittirsi oggi. ‘Forse se tu gli dicessi tutto non avresti di che rimproverarti!’
“basta!” dissi ad alta voce a me stessa senza accorgermene. Oddio, avevo parlato davvero ad alta voce? Come ci ero riuscita?!
“Basta cosa,Elena?”pronunciando quella domanda aveva aggrottato la fronte in quel modo sexy che solo lui sapeva fare.
Oddio, ma perché faccio questi tipi di pensieri?
 Quanto mi sarebbe piaciuto… “Ehm, niente. Basta… bastava aspettare un attimo. Non sto molto bene, stamattina.” Mentre cercavo di salvarmi in qualche modo, trovai un’ottima domanda per spostare l’attenzione via da me. “Tu perché sei qui invece? Non potevi startene a casa a dormire?”
Acidona. 1 a 0 per Elena. Doh!
“..Elena mi stai preoccupando. Stai davvero male allora. Non è che…”
“Non è che cosa?”
“Non è che, sai… sei vicina al tuo periodo?”
Ahi.  Uno pari.
Inorridita da quella insolente domanda, cercai di mostrare disprezzo, anche se avrei voluto dimostrargli quanto fosse sbagliata la sua supposizione.
E suvvia Elena, datti un contegno!!
“Quanto sei simpatico stamattina Damon, davvero! E ovviamente sei sempre il solito gentiluomo!” cercando di metterci quanto odio possibile avessi in corpo, la mia battutina era uscita in voce vellutata, calda. Come se volessi dirgli tutte le cose più dolci del mondo, ma non quella constatazione.
Perché era una constatazione la mia. Un dato di fatto. Damon non era sempre gentile e attento a non ferire i sentimenti come suo fratello, era diretto. Se pensava una cosa la diceva, senza giri di parole. Era uno degli  aspetti che più apprezzavo di lui. “Comunque..”cercai di continuare, controllando i battiti del mio cuore e accertandomi di avere un ciclo di respirazione completa “Non hai risposto alla mia domanda: che cosa ci fai qui.”
“E’ sabato.” Disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Certo che sapevo che era sabato, ma che cosa importava?
“E allora?” cercai di assumere il tono più saccente che potessi usare per dissuaderlo ad intraprendere una vera e propria conversazione con me. Malgrado il mio impegno, ormai Damon ci aveva fatto l’abitudine.
“Beh, come ti ho detto è sabato! E tu non hai lezione –grazie al cielo- e io avevo intenzione di fare un giro in macchina. Sai, le solite cose che le persone normali fanno quando si annoiano.”
Lui? Normale lui? Avevo sentito bene? Oh no, era molto più che normale..
“Tu non sei una persona normale, Damon.” Avrei voluto che questa suonasse più come un insulto, o meglio un motivo per convincermi a non accettare il suo invito. Anche se lui non mi aveva invitato. Santo cielo, non ragionavo più.
“Che cosa hai detto? Io sono una persona normalissima che si è trasformata in un corvo per venire a chiedere a te un po’ della tua compagnia mentre ci facciamo un bel giro in macchina.” Dicendo ciò aveva allargato le braccia e aveva aggrottato ancora una volta la fronte, e aveva anche osato fare un passo verso di me. Adoravo la camminata di Damon. Era così sicura, come se lui fosse totalmente sicuro di dove stesse andando e che niente o nessuno era in grado di affrontarlo per impedirgli di fare quello che voleva. Gli si addiceva.
“Non lo so Damon… avrei molte cose da fare oggi… come studiare, andare a fare la spesa… sai… le cose normali che fanno le persone normali!”
Fu un attimo.
Senza accorgermene mi era venuto incontro, mi aveva sollevata e spinta contro il muro, con il solo intento di farmi il solletico. Risi di gusto per i primi minuti, mentre cercavo di allontanare invano le sue mani dai miei fianchi, ma in un momento di strana e audace baldanza le sue dita erano entrate a contatto con la mia pelle, sotto la maglietta. Era anche dicembre, ma in quel momento stavo morendo di caldo. La risata mi morì in gola nell’esatto momento in cui lui aveva smesso di darmi quelle amorevoli carezze e aveva iniziato ad accarezzarmi lentamente, sempre con amore, ma le sue mani erano cambiate. Ora si divertivano sui miei fianchi, a farli impazzire intendo, e dentro di me succedettero varie serie di emozioni. Dapprima i brividi accompagnati da delle guance rosse come il fuoco, poi il calore che dalle sue dita si irradiava verso ogni cellula del mio corpo, e infine le farfalle. Odiose, bellissime, farfalle nello stomaco. I miei occhi cercarono i suoi. Vi trovai due pozze di cielo fuso.
Il mio cielo fuso, pensai. Non mi rimproverai in quel momento, anzi, tirai via la mia maschera e la buttai in un angolo remoto della mia mente, e lasciai che anche le mie iridi esprimessero tutto il loro sentimento.
Era in momenti come questi, tra l’imbarazzo e le parole non dette, che mi ero innamorata impercettibilmente di lui. Quando mi era accanto e mi sfiorava, il resto non contava; le sue parole potevano essere incredibilmente dolci ed aiutarmi a superare i momenti più bui, ma quelle non dette…quelle che il suo cuore lasciava gridare ai suoi occhi, mi facevano sciogliere, ed amarlo sempre di più. A volte mi sembrava strano non chiedermi che cosa ci fosse tra me e lui. Amicizia? No, eravamo molto più che amici. Migliori amici? Forse. Il fatto era che con lui ero me stessa, ed ero in pace con il mondo, accanto a lui. E lui provava i miei stessi sentimenti? Li avrebbe accettati e corrisposti, se glieli avessi confessati? L’immagine di un volto più ovale del suo con una chioma castana mi fece piombare a terra. Stefan. Lui era il mio amore, lui era quello giusto, lui… io li amavo entrambi. In quel momento, mi venne in mente un consiglio datomi da Katherine: Va bene amarli entrambi; io l’ho fatto. Il mio unico problema? Io non ero Katherine. Non potevo minimamente assomigliarle –caratterialmente parlando, ovviamente-… O forse mi sbagliavo?
Damon mi baciò un angolo dello zigomo destro, soffiandomi sul viso. Come potevo pretendere di controllarmi quando lui si comportava in maniere del genere?!?
“Allora, vieni?”
Chiusi gli occhi. Dovevo decidere. Me o Stefan? Andarci o no? Sì o no?
Al diavolo.
“Sì” sussurrai con voce flebile. Annuii, per convincere me stessa a stare bene per un po’ di tempo. Chissà- magari questa uscita mi avrebbe schiarito le idee.
Damon mi baciò l’altro zigomo, e potevo essere sicura di aver percepito un suo sorriso sulla mia pelle. Cercai di non svenire al tocco delle sue labbra e istintivamente chiusi le mie, come se ciò potesse proteggermi.
“Ti vengo a prendere tra poco. Tu preparati. Ah ed Elena…grazie.”
Annuii ancora una volta abbandonandomi al suo mezzo abbraccio, cercando di imprimermi bene la sensazione del suo palmo contro la mia pelle, e poi mi lasciò lì, contro quella parete che avrebbe custodito segretamente quel piccolo incontro, e io mi lasciai scivolare giù, per terra. Dovevo resistere.
Con un sorriso enorme stampato in faccia mi alzai e cercai di non pensare alle conseguenze.
Cercai di reprimere le lacrime, ma anche stavolta non ci riuscii.
Ma questa volta erano diverse: queste erano lacrime di gioia.


 
  
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