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Autore: fragolottina    27/12/2013    7 recensioni
"Ogni sei mesi tutti i ragazzi di tutte le scuole dello stato, di età compresa tra i diciassette ed i venti anni, venivano sottoposti ad un test.
Tutti i test erano spediti direttamente alla sede centrale dell’ADP a Vernon, dove erano analizzati, smistati e valutati.
C’erano tre responsi possibili: il primo, ragazzo normale, potevi continuare la tua vita come se niente fosse successo; il secondo, potenziale Veggente, non eri arrestato – od ucciso, come ebbi modo di scoprire in seguito – come un Veggente attivo, ma ad ogni modo eri obbligato a sottoporti a test clinici per valutare la tua resistenza al Mitronio, per calibrare una cura su misura; il terzo, potenziale Vegliante, un soldato, una risorsa del governo, da quel giorno la tua missione era quella di dare la caccia ai Veggenti attivi.
A quanto pareva, io ero una potenziale Vegliante."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Synt'
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MS capitolo 16
fragolottina's time
buongiorno lettrucciole, so che pensavate che ero morta, ma non è così... diciamo che io e Romeo abbiamo dovuto discutere dei dettagli... comunque, problema risolto.
questo capitolo - che avrei potuto benissimo chiamare il dubbio visto che è pieno di dubbi - è spolverato di Josh come un pandoro con lo zucchero a velo - la similitudine natalizia non poteva mancare. ma c'è anche dell'altro, molto altro... attenzione a quello che si dice e attenzione soprattutto a quello che dicono i Veggenti... ci sono anche loro, perchè pensavate di no?
e oh, c'è anche una mezza spiegazione - chiamarla spiegazione è un parolone, diciamo il prologo di una spiegazione - per il suicidio di Josh...
direi che vi ho detto tutto, andate a leggere, sono orgogliosa di questo capitolo, spero che lo meriti!

16.

Ricostruire

Matt fischiò guardando la distruzione nella stanza di Nate. «Cavolissimi.» esclamò.
    Nate ciondolò sul posto, imbarazzato. Non era da lui distruggere, dare furi di testa… erano più comportamenti tipici di Zach, ma quando Lynn aveva gridato… non voleva pensarci. E poi come gli era venuto in mente di proporsi a Jean come Caposquadra? Non si sentiva capo di un bel niente, non aveva la stoffa del leader; ma fare peggio di Zach sarebbe stato difficile, prendere in mano la situazione era l’unico modo per tenerli al sicuro
    «Mi dispiace.» lo guardò avvicinarsi allo schermo che aveva distrutto con il pc, nemmeno quello vicino stava molto bene. «È stato stupido.» commentò. Si sentiva in colpa, Matt aveva costruito praticamente tutta la sua stanza a mano, ogni filo elettrico era stato accuratamente studiato, fissato e collegato da lui. Gli aveva messo in mano un sistema di sicurezza perfetto, l’identica copia di quello che aveva immaginato e progettato; distruggere parte del suo lavoro, non era stato affatto rispettoso nei suoi confronti. E lui Matt lo rispettava davvero.
    «Molto stupido.» afferrò con due mani lo schermo rotto e lo tirò fino a staccarlo, poi lo lasciò cadere a terra con un tonfo. «Ci vorrà un po’ prima che tu sia di nuovo operativo, ti conviene chiedere a Romeo un armistizio.» suggerì.
    «Non credo ce lo concederà, Becky ha ucciso un Veggente.»
    «Un pagherò?» propose allora, lanciandogli un’occhiata ironica.
    Stavolta Nate lo ignorò, stava facendo una lista mentale: punto primo, tenere al sicuro Becky e, al contempo, sfruttare le sue capacità. Tenerla al sicuro dopo che aveva ucciso il sottoposto di Romeo non sarebbe stato uno scherzo. «Hai già trovato un nuovo fornitore?»
    «Tu hai parlato con Zach?»
    Il ragazzo si sistemò gli occhiali sul naso e scosse la testa. «No.» punto secondo: trovare il coraggio di affrontare Zach. E nemmeno quella sarebbe stata una passeggiata.
    «Appunto.» concluse Matt, smontò uno sportelletto dietro il televisore e studiò i cavi all’interno. «Il mio verdetto è: riparabile.» concluse. «Ma con calma, se volevi fare dei restauri questo è il momento di dirlo.»
    Punto terzo: scoprire come e quanto un Veggente ed un Vegliante sono diversi. Aveva una bella lista di cose probabilmente impossibili da rendere a tutti gli effetti praticabili ed era solo il suo primo giorno: non male davvero.
    «Voglio un laboratorio.» quello era un inizio.
    Matt si voltò a guardarlo stupito. «Un laboratorio? Per farci che?»
    «Sono stufo di farmi domande e non avere risposte. E non mi piace nemmeno che i campioni da analizzare vengano spediti in ospedale e poi riconsegnati: voglio farlo io.»
    «Per richiedere attrezzature fuori dall’ordinario ti servirà la firma di Jean.» gli ricordò. «E poi sai davvero come funziona un laboratorio? Tutta quella roba chimica.»
    Nate ci penso su. «Mi basta imparare: studierò chimica.»
    Matt si spostò per osservare lo schermo vicino e controllare che fosse sano. «Stai già studiando quei mattoni di neurologia.» gli ricordò. «Non puoi fare tutto tu, delega.»
    Gli lanciò un’occhiata scettica. «Vuoi studiare neurologia?» gli propose.
    Lui rise, un’ombra delle sue solite risate. «Anche no, ma scommetto che Courtney sarebbe perfetta. In fondo ne sa già molto di medicina.»
    Nate intrecciò le dita dietro la testa riflettendoci su: era un’idea molto sensata, sua madre aveva già fatto di Court un ottimo medico; lui avrebbe dovuto iniziare dal niente, per lei sarebbe stato solo un incremento delle sue capacità. «Le chiederò se ne ha voglia.»
    «Dille che è per Zach.»
    «Sta con Jared.»
    Matt si fermò, per alcuni secondi rimase con lo sguardo basso, dispiaciuto, poi lo spostò su di lui. «Quello non è la sola forma d’amore. Se servisse a Lynn, studierei tutti i libri che siano mai stati scritti.»
    Nate fece un sorriso, piccolo e malinconico, ma a tutti gli effetti un sorriso. «Sta bene, tornerà a raccontarti le sue storie.»
    «Non vedo l’ora, una noia a stare qui senza di lei.» sdrammatizzò con un’alzata di spalle, ma il suo conforto era arrivato.
    Nate sospirò pensandola lontana, forse già in volo per il Giappone. Si avvicinò alla porta. «Vado a parlare con Courtney.» annunciò.

Jean entrò nella camera di Zach senza bussare, lo trovò rannicchiato in un angolo della stanza con gli occhi fissi davanti a sé. Era dietro la brandina che aveva montato per Becky, ci si sedette sopra e lo guardò.
    «Non l’ho fatto per punirti.» gli disse.
    Zach non rispose, continuò a fissare lo stesso punto di prima, ma la sua mascella si indurì.
    «So che non è quello che volevi, ma, credimi, è quello di cui avevi bisogno.» sapeva di non doversi giustificare con lui. Essere una Responsabile la metteva su uno scalino più alto: nessuna delle sue decisioni era messa in dubbio, mai, nemmeno la più discutibile: Wood era stato un ottimo esempio da quel punto di vista. Forse sarebbe diventata identica a lui, se Josh non le avesse chiesto che tipo di Responsabile volesse essere.
    «Perché non mi hai detto di Courtney e Jared?» le chiese spostando gli occhi nei suoi. «Tu lo sapevi, vero?»
    Jean sospirò. «Io ti voglio bene, Zach. Ma voglio bene a tutti voi.» si voltò completamente verso di lui. «Ed anche se così non fosse, è mio dovere di Responsabile prendermi cura di lei: dovevo accompagnarla dal medico, fornirle la possibilità di proteggersi ed altre mille cose che dovevano rimanere tra me, lei e Jared.»
    Pensò a quando Wood l’aveva fatto per lei, era stata talmente terrorizzata all’idea di doverlo dire al suo Responsabile. Però, con sua immensa sorpresa, non era stato spaventoso: Wood non aveva commentato, non l’aveva rimproverata; si era solo raccomandato che la novità non influisse sul suo lavoro e le aveva chiesto se stesse bene. “Puoi lasciarlo stare sopra, nel letto” le aveva detto prima di permetterle di tornare alle sue faccende. “Ma sei tu la Caposquadra. Lanter mi piace, ma se ti rammollisce lo considererò un elemento di fastidio”.
    Zach non rispose.
    «L’ho fatto per Lynn e lo farò per Becky se ne avrà bisogno.»
    «Per me non l’hai fatto.» commentò.
    «L’ha fatto Josh.»
    Zach le lanciò un’occhiata.
    «Oh, non dirmi che non l’ha fatto!» Jean alzò gli occhi al cielo. «Lanter, quando verrò su ti prenderò a calci.»
    Lui rise, ma poi tornò serio, anche se meno cupo di prima. «Ho sempre pensato che avrebbe fatto l’amore con me.»
    Jean lo guardò paziente. «Sono cambiate molte cose, Zach, sei cambiato anche tu.» gli disse piano. «Non devi sentirti in colpa per questo.»
    «La prima volta che l’ho vista…» iniziò.
    La donna rise. «Zach, sei poco più grande di un ragazzino! Ogni ragazza bella che vedi diventa il tuo grande amore.» lo guardò conciliante. «Anche la prima volta che avevi visto Lindsey eri rimasto folgorato.»
    Finalmente Zach si decise a spostare gli occhi sui suoi. «Non sono arrabbiato, sono solo un po’ triste.»
    «Lo so.» annuì tranquilla.
    «E Lynn mi manca già.» spiegò.
    «Manca anche a Nate.» scosse la testa. «Non è un buon momento per essere arrabbiati tra di voi.»    

Courtney non fu sorpresa di trovarsi Nate davanti, quando aprì la porta della sua stanza. Dopo aver parlato tanto di Josh e di quello che nascondeva la cartella della sua autopsia, sapeva che sarebbe venuto da lei per ogni novità. Era come se avessero stipulato un patto di condivisione.
    «Ehi!»
    «Ciao.» lo salutò lei. «Ho saputo della tua promozione, congratulazioni.» si scostò dalla porta per lasciarlo entrare.
    «Non mi odi per aver rubato il posto a Zach?» le domandò senza pensarci.
    Lei lo fissò senza sapere cosa dire. Quando quello che c’era tra lei e Jared era nascosto, tutti davano per scontato che sostenesse Zach sempre e comunque; ora non sapeva bene come comportarsi, Jared si sarebbe arrabbiato se avesse continuato a stare dalla sua parte? Avrebbe dubitato dei suoi sentimenti? Di certo non poteva aspettarsi che rimanesse fuori da ogni decisione solo per non contrariarlo.
    «Avrei bisogno che tu faccia una cosa.»
    Courtney riportò l’attenzione su di lui.
    «Sempre se ne sei d’accordo.»
    «Ti ascolto.» garantì.
    «Vuoi studiare neurologia al mio posto?» le chiese. «Per te non sarà difficile, hai già tutte le nozioni di base nella tua testa. Io impiegherei il doppio del tempo per capire la metà.»
    Lei lo studiò scettica. «Nate, tu sei un genio.»
    «E tu un medico.» ribatté. «Ad ognuno il suo: io faccio chimica, tu neurologia.»
    La ragazza sospirò e si tirò indietro i capelli sedendosi sul proprio letto. «Non saprei…» lo guardò. «A che ti serve?»
    «Voglio sapere come funziona il cervello di Zach.»
    Rise. «Beh, non è sempre brillante, ma mi pare che le sue funzioni celebrali siano apposto.»
    Nate ciondolava al centro della stanza, lo conosceva abbastanza da sapere quanto fosse piena la sua testa quando lo faceva; lasciò vagare il suo sguardo in giro, prima di tornare a lei. «Okay, voglio sapere quanto funziona.» la raggiunse risoluto e le si sedette accanto. «Sei l’unica di cui mi posso fidare, tu non lo tradiresti.»
    Courtney lo fissò ad occhi sgranati, improvvisamente guardinga. «Nate?»
    «Ti prego, i libri li ho già presi io!»
    Per alcuni secondi lo fissò, mentre il suo cervello correva da solo alla conseguenza di un suo rifiuto: consegnare un segreto pericoloso per Zach a qualcuno di cui non si fidavano. Scrollò le spalle, rassegnata. «Okay.»

Come sempre quando le cose non andavano bene, Zach era sul tapis roulant. Una follia visto che zoppicava ancora, ma era tipico di lui. Nate rimase a guardarlo: c’era il fuoco dentro Zach, c’era sempre stato, lo si vedeva illuminargli gli occhi.
    La prima volta che lo aveva incontrato, appena dopo la sua Asta, Nate aveva pensato che fosse uno sbruffone. Uno di quelli che lo avrebbe preso in giro, che gli avrebbe rotto l’i-pod per dispetto. Ma Zach era tranquillo, votato al disastro, ma affatto dispettoso. Non aveva mai considerato un difetto la sua costituzione gracilina, per quel che ne sapeva Nate, non l’aveva mai vista.
    Prese fiato, lo raggiunse e premette il pulsante per fermare il macchinario.
    Zach si appoggiò pesantemente ai due maniglioni, con il sudore che gli scivolava sulla pelle delle braccia, inzuppando la benda che Courtney gli aveva messo.
    «Cosa volevano?» era il momento della verità, l’attimo in cui avrebbe scoperto se Zach aveva intenzione di riconoscerlo come suo Caposquadra, o se stava pensando a come ucciderlo.
    Zach lo guardò con il fiato corto, prese l’asciugamano e se lo premette sul viso. «Due fiale di sangue.» rispose senza minaccia alcuna.
    «Altro?» continuò a chiedere, incoraggiato dall’assenza di ostilità.
    Scosse la testa. «Mi dispiace per Lynn.» si scusò.
    «Lo so.» disse Nate fissandolo negli occhi, non l’avrebbe mai potuto mettere in dubbio: sapeva che Zach le voleva bene, come tutti. Erano una squadra. «Non è per vendicarla che sono Caposquadra.»
    Zach ci pensò. «Non penso che tu non ne sia capace.» spiegò. «Sei sempre stato più sveglio di me, ma Romeo ha uno strano ascendente su di te ed a volte ho paura che tu ti fidi troppo di lui.» continuò tutto d’un fiato.
    «Non è che io mi fidi ciecamente di lui, cerco solo di prendere in considerazione quello che dice.» cercò di giustificarsi. «Non è intelligente cestinare tutte le sue informazioni solo perché è il nemico…» incrociò le braccia sul petto. «Anche perché, ammettiamolo, Romeo è un nemico sopra le righe.»
    «Oh, sì di certo.» assentì con enfasi Zach. «Ma non voglio che la tua follia ti contagi come Josh.»
    Nate lo guardò e si strinse nelle spalle. «Tu me lo dirai.» disse sicuro. «Se inizierò a dare segni di squilibrio, tu mi aiuterai.»
    «Certo, che lo farò.»
    Non gli aveva fatto una domanda, ma fu contento della sua risposta affermativa.
    «Ho un problema.» disse dopo un po’.
    «Ti ascolto.»
    «Sto rallentando.» non l’aveva mai detto ad alta voce, se lo sussurravano tra di loro come se fosse un segreto. «Sharon Sullivan dice che è colpa delle mele.»
    «Smetti di mangiarle.» rispose di getto.
    «Ci fidiamo di lei?» domandò scettico
    Nate si strinse nelle spalle. «Proviamo, che può succederti di tanto tragico? Una carenza di fibre?»
    Zach si strinse nelle spalle. «Okay, proviamo. Ti serve che faccia qualcos’altro?»
    Lui lo osservò con aria supplichevole. «Addestrala.»
    «Chi?»
    «Becky.»
    Zach scoppiò a ridere. «Non c’è riuscita Lynn, che speranze ho io?!»
    Nate alzò gli occhi al cielo, sconsolato. «Non voglio che sappia combattere, non le serve, ma deve sapersi difendere nel caso si trovi nei guai.»
    «Ma è piccolissima.» commentò.
    «Non è vero, ha diciassette anni, come li abbiamo avuti tutti noi. È grande abbastanza, è forte ed è in gamba.» Nate rise. «Ti ha salvato la vita, caro il mio eroe. Non credi di doverle qualcosa?»
    Sospirò. «Ci proverò.»
    «Fantastico.» fece per allontanarsi, ma ci ripensò. «Ah, Zach?»
    «Nh?»
    «Posso avere due fiale del tuo sangue?»

Ero in tv.
    I telegiornali nazionali parlavano di una coraggiosa Vegliante di Synt – la sua Responsabile non ha acconsentito a divulgare il suo nome – che era riuscita a sconfiggere un Veggente che minacciava il suo Caposquadra. Veniva celebrato il mio coraggio, osannata la mia immensa fedeltà alla causa ed alla mia squadra; la classe dirigente dell’ADP prometteva di ricordarmi come un’eroina.
    A me rimase in testa solo una parola: sconfiggere, non uccidere.
    Nessuna notizia sull’identità del ragazzo a cui avevo sparato. Mi chiesi se Jean lo sapesse, mi chiesi se io volessi saperlo.
    Sapevo che c’era qualcuno in città che lo sapeva, qualcuno che, se lo avessi chiesto, mi avrebbe risposto. Mrs. Dandley avrebbe potuto rispondere a tutte quante le mie domande. Però non avevo più Lynn disposta ad accompagnarmi e per niente al mondo avrei voluto che uno degli altri Veggenti passasse anche soltanto cinque minuti con lei. Sarei dovuta uscire da sola.
    Aprii le ante dell’armadio studiandone il contenuto, alla ricerca di vestiti discreti. Non era una buona idea, non poteva esserlo: era una delle regole di Jean “Non uscire mai da sola” ed era un suggerimento decisamente valido, visto e considerato quello che era successo. Ma… c’era altro che volevo chiedere a Mrs. Dandley, molto altro. Troppo da ignorare.
    Mi infilai dei pantaloni da tuta neri ed una felpa con cappuccio sempre nera, speravo di poterci nascondere sotto tutti i miei capelli.
    Passare dall’entrata principale era impossibile, ma forse, se avessi fatto attenzione sarei riuscita a filarmela dal garage.
    Il corridoio delle camere era deserto, scivolai via di lì tenendo gli scarponi in mano, per non fare rumore.
    Una volta dentro l’ascensore premetti il pulsante -1 in tutta fretta, cercando di schiacciarmi il più possibile contro le pareti della cabina perché nessuno mi vedesse. Tirai un sospiro di sollievo quando le porte si richiusero e mi appoggiai con la schiena alle pareti per infilarmi gli scarponi. Il mio piano avrebbe avuto un buon esito, se, quando le porte dell’ascensore si riaprirono, non mi fossi trovata davanti Jean con le braccia incrociate sul petto e l’aria sospettosa.
    «E tu dove pensi di andare?»
     Deglutii. «Io… ecco…»
    Jean salì sull’ascensore e spinse il pulsante per ripartire, guardai le porte richiudersi, affranta.
    «Sto conducendo un’indagine, devo interrogare una persona.» dissi decisa, quella era una cosa che poteva andare, molto da Vegliante. «Se tu sei d’accordo vorrei fare alcune domande alla signora Dandley.»
    Lei non si scompose, mi lanciò appena un’occhiata. «Non sono d’accordo.»
    Mugugnai frustrata e lei mi osservò. «Becky, Dawn Dandley è in combutta con Romeo da sempre, lo sappiamo tutti.» mi spiegò paziente. «Ora come ora, non è saggio per te farle visita.»
    Sospirai. «Se lo sapete tutti, perché nessuno fa niente?»
    Jean iniziò a fissare i numeri in alto accendersi e spegnersi in sequenza. «L’aiuto che ha dato al governo e all’ADP le ha garantito l’immunità. Nessuna forza dell’ordine, né speciale come noi né civile come i poliziotti, può infastidirla.» scosse la testa. «Questo significa che se tu vai a casa sua e lei non vuole parlarti perché sta facendo la maionese, ha il diritto di cacciarti. Semplicemente. È al di sopra delle legge.»
    Ci pensai, questo significava che quando mi ero fatta accompagnare da Lynn avrebbe potuto mandarmi via, se avesse voluto: voleva parlarmi, voleva quell’incontro.
    «Cosa ha fatto per avere tanti privilegi?»
    Le porte scorrevoli si aprirono di nuovo ed uscimmo entrambe. «Era, o forse è ancora, una genetista. Ha finito di mappare il DNA umano e quello Veggente. Tutto quello che sappiamo, lo sappiamo grazie a lei. Abbiamo il Mitronio grazie a lei. Possiamo combattere questa guerra grazie a lei.»
    Mi fermai in mezzo al corridoio e la guardai pensierosa. Improvvisamente credevo di aver capito come mai fosse impazzita, aveva una bella dose di responsabilità sulle spalle. Ma c’era un domanda che mi premeva di più. «E il DNA dei Veglianti?»
    Jean scosse la testa. «Non le hanno permesso di finire, l’hanno mandata via prima.»
    La fissai negli occhi. «Stava scoprendo troppo.» mormorai a me stessa, ma Jean mi sentì.
    Si strinse nelle spalle. «Probabile. Altre domande?»
    Ce n’era sempre stata soltanto una. «Perché Josh è morto?»
    Lei mi osservò e sembrò decidere sul momento se meritassi o no una risposta vera. «Perché, Becky, la differenza tra essere un eroe e un assassino è questione di punti di vista.»
    «Ma era un Caposquadra, sapeva come funzionavano le cose.» replicai. «Deve aver fatto qualcosa di davvero molto brutto.»
    «Abbiamo fatto.» mi corresse. «Abbiamo fatto qualcosa di molto brutto.»
    «Non me lo dirai, vero?»
    Lei sorrise. «Non vuoi saperlo, credimi.»
    Sospirai. «Dovunque mi giri c’è un mistero…»
    Per alcuni secondi Jean tacque. «Ricordi i Veglianti di Wood, all’Asta?»
    Annuii.
    «Farti domande è quello che ti rende diversa da loro. È un grande privilegio, devi esserne sempre grata.» mi spiegò saggia.
    Io continuai a guardarla, non mi ero mai fermata a pensare che Jean sarebbe potuta essere molto diversa. Più fredda, meno paziente, meno esaustiva nelle sue risposte. Avrebbe semplicemente potuto non dare risposte.
    «Devo scrivere il rapporto, vieni ad aiutarmi.» lo disse come se fosse un ordine, ma sospettavo fosse solo un modo per tenermi occupata e non farmi più venire idee come quelle di andarmene da sola da Mrs. Dandley.
    «Okay.» risposi tranquilla seguendola nella sua stanza.
    Jean mi mise davanti alla tastiera di un computer e mi tenne con sé tutto il pomeriggio dettandomi il rapporto. Nonostante non si permise mai di fare osservazioni, sospettai che ci stessimo mettendo più di quanto avrebbe impiegato facendo da sola. Raccontò tutto quello che era successo la notte prima con chiarezza estrema, tanto che fui io a fermarmi per chiederle delucidazioni e non viceversa. Alle sei circa si allontanò qualche minuto e tornò con i nostri due vassoi per la cena.
    Una volta che mi ebbe dettato tutto quanto, mi chiese di rileggerlo, come una storia. E mi resi conto che quella storia era la mia, così tanto mia, da lasciarmi completamente senza parole alla fine, come se la mia parte fosse conclusa e non avessi più battute da recitare. Però ero stata brava, davvero.
    Jean mi guardò, io non vedevo niente. «Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, io sono qui.» promise. «Hai fatto un buon lavoro, ma è un lavoro terribile.»
    Spostai lo sguardo su di lei, senza annuire.
    «Va’ a letto, gli altri dormono già.»
    
Mi fermai in corridoio sentendomi svuotata e mi resi conto che potevo scegliere mille cose da non fare, non uccidere più Veggenti, non premere il grilletto, ma sarebbe stato tutto completamente inutile finché non avessi deciso cosa fare. Ero una Vegliante, avevo una super mira: cosa avrei fatto di quello che ero?
    Avevo sempre pensato alla mia vita come una scelta di strade, un bivio per volta, fino ad arrivare al mio destino; non mi ero mai fermata a riflettere che la mia strada potesse non essere stata costruita, che avrei dovuto scavarla nella roccia, passare tante volte per un campo fino a creare il mio sentiero.
    Bussai alla porta di Zach e dischiusi piano l’uscio.
    «Dormi?» chiesi all’oscurità.
    Le coperte frusciarono. «No.» sussurrò piano.
    «Posso dormire qui?»
    Sentii il suono soffocato di quella che sembrava una mezza risata.
    «Non posso?» domandai piccata.
    «Sì, certo che puoi.» mi assicurò. «Non ho smontato la brandina apposta.»
    Scivolai dentro chiudendomi la porta alla spalle, mi stesi e mi raggomitolai nella brandina.
    «Dove sei stata oggi?» mi chiese dopo un po’.
    Mi morsi il labbro. «Ho aiutato Jean a scrivere il rapporto.» ero indecisa se dirgli o no la verità. «Sarei voluta andare da Dawn Dandley, ma me lo ha impedito.» borbottai.
    «Non puoi andarci da sola, è pericoloso.» mi rimproverò.
    «Lei però ha le risposte!» mi lamentai.
    Per alcuni secondi rimase in silenzio. «Pensi davvero di conoscere le domande giuste da porle? Io non saprei cosa dirle.» confessò.
    La domanda che volevo porle mi rimbalzò nella mente prima che potessi contestualizzarla. Sono una Veggente? Sono pazza? Sono un’assassina? Che devo fare?
    «Una volta Josh mi ha raccontato che avevano fatto un patto: gli concedeva una domanda, una sola, lei giurava di rispondere sinceramente.»
    Le ha messo la merenda nello zainetto?
    «So cosa le ha chiesto.» rivelai.
    «Non dirmelo.» disse. «Se avesse voluto che lo sapessi, me lo avrebbe raccontato.»
    Chiusi gli occhi, presi fiato. «Zach, cambiamo argomento, ti prego.» ero così stanca di arrovellarmi su problemi, che nascondevano altri problemi, che ne nascondevano altri ancora… infinitamente stanca.
    «Andiamo a correre domani mattina?»
    Sgranai gli occhi nell’oscurità. «A correre?»
    «Nate mi ha chiesto di irrobustirti un po’.»
    «Avete fatto pace.» sussurrai contenta.
    Sospirò. «In famiglia è complicato tenere il muso troppo a lungo.» considerò. «Allora? Sai correre?»
    Sbadigliai. «Se è per questo so fare anche le capriole all’indietro.» scherzai.
    Zach rise. «Brava, cheerleader!»

«Dawn, se non te ne sei accorta siamo vagamente sulle spine.» la rimproverò Romeo.
    Mrs. Dandely era ai fornelli, indossava un grembiulino con disegni di margheritine e papaveri e mescolava un pentolone colmo di un intruglio poco invitante. «Vuoi che controlli ogni dato accuratamente, sì o no?» gli lanciò un’occhiata carica di sottintesi.
    «Sorellina, fallo bene e fallo in fretta.» sbottò Jamie. «Non so se hai realizzato quanto velocemente stanno precipitando le cose. È difficile impedire loro di farsi male, ora che Miss Pallottola, qui, si è fatta scoprire.» disse con un cenno del capo diretto a Ryan.
    «Se mi aveste ascoltata al momento giusto, non sarebbe successo.» sbottò indispettita.
    «Shh!» li rimproverò Romeo.
    Ryan si richiuse in sé stessa borbottando.
    «Il ragazzo non è ancora irrecuperabile.» annunciò Dawn Dandley.
    Tutti e tre tirarono un sospiro di sollievo.
    «Ma lo sarà presto.» fissò Romeo. «Le sue cellule, i suoi tessuti, sono stanchi. Lo stanno bombardando di robaccia da quando è un bambino. Se vuoi che funzioni, non puoi più aspettare.»
    «Qualcuno deve avere una copia di quelle analisi, prima.» concluse con un sospiro.
    Dawn tornò ai suoi inquietanti manicaretti. «Fai in modo che li veda Courtney.»
    «Courtney sta con Jared.» ricordò loro Ryan.
    «Non per molto.» insinuò Jamie.
    Ryan lo guardò, stupita e curiosa. «Che vuol dire?»
    «A-ah.» Jamie alzò le mani. «Se non l’hai visto da te, niente spoiler.» rise. «Non voglio rovinarti la sorpresa.»
    «Piantala.» Romeo gli lanciò un’occhiata di fuoco. «Non andrà in quel modo, non lo permetterò.» promise.
    Jamie scosse la testa, annoiato. «Come se tu potessi davvero farci qualcosa.»
    Lo ignorò. «Chi consegna il pacco?» chiese alludendo ai fogli che Dawn porse loro.
    «Vado io.» Jamie alzò la mano. «Li becco domani al parco, quando andranno a correre.»

Zach sgranò gli occhi nell’oscurità, l’incubo appena fatto ancora intrappolato tra le ciglia, vicino ma troppo confuso da poterlo ricordare; anzi, lo ricordava eccome: c’era suo padre con una pistola puntata alla tempia di Jean e lui era lontano, lontanissimo e non poteva aiutarla.
    Si tirò su a sedere, l’aria fresca sulla schiena sudata era vagamente confortante. Chiuse gli occhi e fece come gli aveva sempre suggerito suo fratello, iniziò a ragionare sui propri incubi, in modo da capire quanto impossibili fossero: suo padre non aveva alcun motivo per voler uccidere Jean. Lei era un’ottima Responsabile ed era stata una straordinaria Caposquadra, tutte cose che lui rispettava. Magari lo avrebbe preferito nella squadra di Wood, ma questo non significava che era del tutto scontento della sua sistemazione attuale.
    Becky si rigirò nel letto, avvolta nelle lenzuola, gemette e gridò.
    Zach si sorprese di quanto velocemente raggiunse la sua brandina. Si sedette a un lato, la prese delicatamente per le spalle e la scrollò piano. La ragazza spalancò gli occhi di colpo e lui sussultò, le sue pupille erano immense, enormi, quasi completamente nere anche alla fievole luce della lampada sul suo comodino.
    «Zach.» mormorò agitata. Sollevò una mano e gliela posò sul viso. «Zach, stai bene?» continuò più decisa.
    Lui annuì senza scostare la sua mano, sicuro che, una volta superata la confusione del risveglio brusco, avrebbe fatto da sola. Ma Becky non si scostò, anzi con l’altra mano cercò il bordo della sua maglietta e ci si infilò sotto. Le sue dita salirono, sfiorandolo appena, fino a fermarsi in un punto preciso sotto le costole, che premettero con delicatezza. «Credevo ti avesse colpito.»
    Zach le sorrise. «È stato solo un sogno, non preoccuparti.»
    Lei lo fissò, lesse la paura nel suo sguardo quando ritirò le dita, inconfondibilmente macchiate di scuro; sangue o Mitronio, alla penombra sembravano identici. «Zach, no!» gridò di nuovo.
    «Becky, io sto bene.» le assicurò scuotendo la testa. Non c’era dolore, nessuno lo aveva colpito; guardò ancora le sue dita sporche: stava sognando, non si era mai risvegliato e quella che aveva tra le mani era soltanto una proiezione del suo inconscio.
    La lasciò avvicinarsi, posare la fronte contro la sua e chiudere gli occhi. «Starai bene, te lo prometto.» gli assicurò. «Chiamerò Courtney e lei saprà cosa fare.» stava piangendo. Gli prese il viso con entrambi le mani e Zach sentì il proprio sangue sulla guancia; Becky lo baciò piano e lui avrebbe voluto partecipare con maggior presenza, ma si sentiva scivolare via, ogni secondo più debole. Chiuse gli occhi e quando li riaprì erano in un vicolo di Synt esterna.
    «Tic, tac, Becky.» era Romeo alle sue spalle. Zach lo guardò, lo fece anche la Becky del sogno.
    Lo baciò ancora. «Starai bene.» si alzò e prese la mano che lui gli porgeva, gli lanciò un’ultima occhiata, dilaniata all’idea di doverlo lasciare lì. «Tornerò.» promise prima di sparire con Romeo.
    Avrebbe voluto raggiungerla, fermarla, ma non poteva. Non poteva fare altro se non guardarla andarsene.

Stavo scrollando la spalla di Zach, seduta sul suo letto dietro di lui, da un’eternità quando infine si riscosse. Sussultò e mi guardò mettendomi a fuoco lentamente, poi si rigirò sulla schiena e sospirò.
    «Ho fatto casino.» realizzò osservando la mia faccia turbata.
    Allontanai le mani da lui e me le posai in grembo. «Un po’, non sembrava stessi facendo un bel sogno, così ho pensato di svegliarti.» raccontai con una smorfia.
    Lui sorrise e con una mano mi strinse per la vita, piano, solo una carezza per ringraziarmi, anche se l’intimità di quel gesto mi fece arrossire. «Ho fatto un sogno strano.» confessò, si stiracchiò e qualcosa dalle parti della sua spalle fece un schiocco secco poco rassicurante. Si puntellò sulle braccia e si tirò su, mi passò le dita tra i capelli. «Dalla piega imbarazzante dei tuoi capelli direi che hai dormito abbastanza profondamente.»
    Feci un mezzo sorriso cercando di abbassarli con entrambi le mani, conoscevo abbastanza i miei ricci da sapere che sarebbe stato inutile, avrei dovuto legarli. «Abbastanza.» confermai, lo guardai, lui sembrava non aver mai smesso di farlo.
    «C’era qualcosa di bello nel tuo sogno?» gli domandai.
    Scrollò le spalle, il suo sguardo era indecifrabile. «C’eri tu.»


rieccomi
se avrete notato ci sono davvero molte sbirciate nel futuro, ma molte, molte...
non devo dirvi io quanto importante sia lo scoprire come funziona il cervello di Zach. nei capitoli a venire i Veggenti saranno meno amichevoli, ma tra poco vi assicuro che tutto sarà molto, molto chiaro!
informazione random: anche se probabilmente non lo avrete notato sto, con tutta la calma del caso, ricorreggendo i capitoli addietro, perchè c'erano molte cose che non mi piacevano e che volevo aggiustare.
nessun cambiamento sulla trama, è solo una questione stilistica!
spero che il capitolo vi sia piaciuto!
baci

ps. Buon Natale, anche se in ritardo.
pps. Lamponella
   
 
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