Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: H o p i e    31/12/2013    6 recensioni
Chloe è una ragazza nata in America, ma di origini americane/coreane.
Un giorno, costretta a seguire i genitori, dovette partire in Corea del Sud, terra natia della madre.
Era un po' annoiata all'idea di trasferirsi, ma un incontro le cambiò la vita: un giovane cantante di cui lei si infatuò solo ascoltando la sua voce in radio. Cosa succederà tra l'umile ragazza e il giovane idol coreano?
"Cantavano una lingua a lei completamente sconosciuta, ma questo non le importava. Ci fu anche una parte rap che l’ammaliò. Quando la canzone finì quasi si sentì triste; pensò al fatto che non conosceva né il nome della band né il titolo della canzone. I pensieri però le si bloccarono a metà quando sentì pronunciare “Bangtan Boys”."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 « Ti prego, vieni! Jeongguk è di là. Sta male, non so cosa fare! »
Namjoon guardò Chloe in modo perplesso, poi improvvisamente si rese conto di ciò che la ragazza gli disse e spalancò gli occhi.
Lei lo guidò da Jeongguk che nel frattempo  aveva iniziato a vomitare mentre, incapace di alzarsi, si contorceva sulla sedia dal dolore. Le sue urla raggrupparono nella stanza una serie di persone a cui Namjoon ordinò di chiamare subito un’ambulanza.
Chloe afferrò immediatamente il suo cellulare e digitò velocemente il numero di suo padre.
Era un medico e, non sapendo come comportarsi nel frattempo che aspettavano l’arrivo dell’ambulanza, decise di chiedere il suo aiuto.
« Pront--- »
« Papà! » Chloe era così preoccupata che non pensò minimamente al rispetto che doveva portare ai suoi genitori. Si allontanò un po’ da Namjoon e Jeongguk « C’è un mio amico che sta male. Continua a vomitare e ad urlare e gli fa male la zona tra il fianco destro e l’ombelico. Cos’ha? »
Ci fu qualche secondo di silenzio.
« Ma tu non eri uscita con Hyun Woo? »
« Papà, mi chiederai tutto più tardi. Per favore, dimmi cos’ha! »
Suo padre sospirò e ricominciò a parlare.
« Hai chiamato un’ambulanza? »
« Sì. »
« Da quanto tempo sta così male? »
« Prima aveva solo dolori e ha trattenuto per un po’, ma da poco ha iniziato anche a vomitare. »
La figlia ricevette le indicazioni dal padre, poi chiuse subito la chiamata e si avvicinò nuovamente ai due. Probabilmente si trattava di un caso di appendicite.
Fece stendere Jeongguk a terra, su un fianco, in modo che non si soffocasse vomitando.
Notò che Namjoon la guardava stranito.
« Mio padre è un medico. » gli disse « Mi ha detto cosa fare. »
In dieci minuti Jeongguk vomitò 7 volte e ogni volta che succedeva Chloe si preoccupava sempre di più. Suo padre l’aveva tranquillizzata dicendole che da quanto gli aveva raccontato non avrebbe dovuto essere nulla di grave, ma è pur sempre vero che non l’ha visitato personalmente e un giudizio del genere non valeva molto.
In quei dieci minuti il ragazzo chiese molte volte di bere. Forse era per togliersi quell’orrendo sapore dalla bocca o forse perché tutto quell’urlare gli faceva venire una gran sete. Molto probabilmente però era per un motivo che Chloe proprio non riusciva a capire.
Quando arrivò l’ambulanza la ragazza, insieme a tutti i Bangtan Boys e ai rispettivi manager, si sentì tremendamente sollevata.
Jimin la incitò ad entrare nell’ambulanza mentre gli altri la seguivano con il furgone.
« Ha vomitato sette volte in soli dieci minuti. » riferì Chloe al medico che si trovava nell’ambulanza insieme a lei. Suo padre le aveva raccomandato di farlo.
Con stupore vide come il medico distese Jeongguk su un fianco, proprio come suo padre le aveva detto di fare, poi prese un secchio che mise vicino al ragazzo in caso dovesse vomitare.
Cominciò a toccargli delicatamente la pancia, notando così che c’era un gonfiore addominale. Poi gli misurò la febbre: 38.9°.
« Aveva febbre prima? »
Aveva un’espressione seria e rigida, da lì Chloe capì come fare il medico fosse un mestiere davvero impegnativo.
« 37.7 » rispose lei mentre il suo guardo si faceva sempre più preoccupato.
Da piccola aveva sempre desiderato di fare il medico seguendo così le orme di suo padre.
Pensava che curare le persone sarebbe stato divertente, che loro poi l’avrebbero ringraziata e che l’avrebbero ricordata per sempre. Ora aveva capito che non era così.
Fare il medico era un lavoro serio e, se non si riusciva a salvare una persona, c’era il rischio di portarla per sempre sulla coscienza.
Ecco.
Jeongguk aveva di nuovo vomitato e l’espressione del medico si fece man mano sempre più seria, poi gli diede un calmante.
Era davvero così grave? Era davvero una semplice appendicite come le aveva detto suo padre?
Dopo una decina di minuti arrivarono di fronte ad una clinica privata.
Tutti i membri dei Bangtan Boys – ad eccezione di Jeongguk ovviamente –, seguiti dai manager, scesero dal furgone precipitandosi velocemente intorno all’ambulanza per evitare che alcune fan che li avevano seguiti scattassero foto.
Chloe  entrò facilmente nella clinica sebbene in un primo momento uno dei manager la scambiò per una fan e volesse cacciarla via. A fermarlo però ci fu Yoongi che, dopo essersi ricordato che era la ragazza che avevano invitato sul palco e dopo aver focalizzato bene il suo viso rendendosi conto che era colei che stava con loro nel backstage, lo fermò affermando che era lì con loro e che tutti e sette volevano che ci fosse.
Seokjin a suo malgrado fu bloccato fuori dalle fans e, sebbene non fosse nel suo stile, non si degnò di far loro un sorriso, anzi… le rimproverò dicendo che quello non era il momento adatto di fare foto e autografi mentre uno dei membri si trovava in ospedale. Poi, lasciandole lì, entrò nella clinica e, insieme agli altri, seguì i medici che portavano la barella su cui era disteso Jeongguk.
Il medico che poco prima si trovava nell’ambulanza insieme a Chloe affiancò il medico che guidava la barella informandolo su ciò che si era reso conto visitandolo.
« Credo si tratti di peritonite. » gli aveva detto e Taehyung riuscì a sentire dato che si trovava proprio dietro di lui.
Namjoon intanto smise di seguirli e chiamò i genitori di Jeongguk, avvisandoli dello stato di salute di loro figlio.
I medici portarono il ragazzo in una stanza e chiusero immediatamente la porta, non facendo entrare nessuno.
« Accidenti! » sbraitò Jimin che poco prima era intenzionato ad entrare.
« Peritonite. » disse Taehyung. Tutti si voltarono nella sua direzione « Ho sentito uno dei medici dire che probabilmente si tratta di peritonite. »
Chloe spalancò gli occhi. Suo padre aveva curato un bel po’ di persone in quelle condizioni e molte di esse rischiavano di morire.
Intanto i medici, nella stanza, stavano visitando il ragazzo il quale, di tanto in tanto, lanciava degli urli di dolore.
Restarono lì per un bel po’ di minuti, parlando tra loro. Non erano sicuri di cosa si trattasse anche perché Jeongguk non aveva fatto nessun tipo di esame ematologico. Così uscirono dalla stanza e, con il ragazzo ancora sulla barella, si diressero verso la sala TAC.
Chloe mise il silenzioso al cellulare per evitare che il cellulare squillasse nel caso qualcuno l’avesse chiamata e dopo un po’ vide in lontananza Namjoon, un altro ragazzo, una donna e un uomo avvicinarsi.
Il ragazzo, notò Chloe, era molto simile a Jeongguk, specialmente per la forma degli occhi e della bocca.
« Dov’è mio figlio? » chiese la donna in tono a dir poco preoccupato mentre l’uomo le posava una mano sulla spalla dicendole di calmarsi. Da lì Chloe capì che quella avrebbe dovuto essere la famiglia di Jeongguk.
« È dentro quella stanza a fare una TAC. »  rispose Hoseok indicando la rispettiva sala.
« Per caso sapete cos’ha? » chiese poi l’uomo con tono calmo.
« Ho sentito uno dei medici dire che probabilmente si trattava di un caso di peritonite. »
La donna sbarrò gli occhi e diventò immediatamente bianca come un cencio.
In quello stesso istante uno dei medici  uscì dalla stanza e si voltò nella direzione del gruppo.
« Ci sono i genitori del ragazzo qui? »
Senza aggiungere una singola parola, il padre e la madre di Jeongguk si avvicinarono al medico. Iniziarono poi a parlare in disparte.
« Abbiamo fatto una TAC e dai risultati abbiamo capito che c’è stata un’infezione dell’appendice trascurata per un bel po’ di tempo. Da una semplice infezione che si poteva  curare con una semplicissima operazione è così diventata una peritonite con ascesso pelvico, ovvero un’appendicite acuta. » si fermò, poi notando l’espressione preoccupata della donna decise di tranquillizzarla fornendole altre informazioni pur sempre veritiere « Non è nulla di particolarmente grave, però se l’avrebbe trascurata ulteriormente avrebbe causato o una batteriemia, ovvero un’infezione del sangue, o, peggio ancora, una sepsi, ovvero un’infezione in tutto il corpo. Con la sepsi si sarebbe poi verificato uno shock che avrebbe causato l’insufficienza degli organi. In quel caso avrebbe rischiato seriamente la vita, però fortunatamente possiamo procedere con una normale operazione di rimozione dell’appendice, se date il vostro consenso. »
Entrambi annuirono.
Il medico senza dire niente tornò nella sala e poco dopo uscì insieme all’altro medico e Jeongguk. Gli avevano fatto una puntura di preanestesia. Un’ora dopo gli avrebbero iniettato l’anestetico vero e proprio e avrebbero iniziato con l’operazione.
Nel frattempo lo portarono in una camera d’ospedale singola, lasciandolo insieme ai suoi amici e ai suoi parenti. È lì che Jeongguk sarebbe stato ricoverato dopo l’operazione. Lui si distese sul letto. Sebbene fosse più calmo e sereno grazie alla puntura di preanestesia, aveva comunque dei leggeri dolori.
Prima di qualsiasi altro fu sua madre, Go Eun, che gli si avvicinò.
« Perché non ci hai detto niente, eh? » lo rimproverò dandogli un leggero colpo sul braccio « Il medico ci ha detto che hai trascurato l’appendicite, se ce l’avessi detto subito adesso tutto questo non sarebbe successo! »
« Non credevo fosse nulla di grave! » ribatté « Credevo fossero solo strappi dovuti al fatto che provavo le coreografie del gruppo. » mentì spudoratamente. Inizialmente credeva davvero fosse quello il motivo, ma con il passare dei giorni e con l’aumentare del dolore iniziò a pensare che ci fosse davvero qualcosa che non andava, ma sia perché aveva molti concerti da fare in quei giorni sia perché non voleva far preoccupare nessuno, decise di non dire nulla.
Seokjin si avvicinò alla finestra e ci guardò fuori.
« Sono ancora qui… » sospirò.
« Chi? » chiese Jeongguk.
« Le fans. Ci hanno seguito. Mi avevano fermato fuori prima. » poi si zittì e, voltandosi verso il maknae con fare divertito, continuò a parlare « Sembra che a loro interessi più il mio autografo che la tua salute. »
Lui scrollò le spalle con finto disinteresse.
Chloe era poggiata al termosifone della stanza, in un angolino un po’ in disparte, mentre, evidentemente a disagio, teneva lo sguardo perennemente posato sulle sue converse nere.
« Chloe… » la chiamò Jeongguk.
Lei alzò di scatto la testa, incrociando lo sguardo del ragazzo.
Tutti si voltarono verso di lei e uno di loro, Hoseok, la invitò ad avvicinarsi e lei lo fece, arrossendo.
« Grazie per prima… nel backstage. »
Dopo le parole dette dal ragazzo divenne ancora più rossa e lui, nel vederla, fece una leggera risatina, ma dovette fermarsi subito, perché i dolori al lato destro della pancia si fecero più forti.
Tra foto da parte dei BTS pubblicate poi sul loro account di twitter, scherzi da parte loro, rimproveri da parte dei genitori di Jeongguk, silenzi da parte di suo fratello e di Chloe e improvvisi conati di vomito da parte di lui, l’ora passò in fretta e arrivò il momento in cui tutti dovettero uscire dalla camera in modo da lasciare Jeongguk solo dato che doveva spogliarsi e infilare il camice per entrare in sala operatoria.
Impiegò un bel po’ di minuti nel farlo perché ormai l’effetto della puntura di preanestesia era quasi del tutto svanito e i dolori cominciavano a farsi nuovamente sentire.
Una volta finito uscì dalla stanza dove c’era un medico che caricò Jeongguk su una lettiga, lo portò all’interno della zona operatoria e lo sistemò in una stanza adiacente a quella dove si sarebbe poi svolto l’intervento. L’anestetista si avvicinò a Jeongguk. Lo guardo per un po’ e questo gli bastò per sapere il suo nome, d’altronde negli ultimi tempi in Corea non si faceva altro che parlare dei Bangtan Boys, ma giusto per fare il suo lavoro, gli chiese come si chiamasse e poi prese la sua cartella clinica esaminando molto attentamente la scheda anestesiologica.
Subito dopo aver terminato l’esame da parte dell’anestetista, uno dei medici guidò la lettiga su cui era disteso Jeongguk in sala operatoria e fece stendere quest’ultimo sul lettino operatorio. Sopra di lui c’era l’impianto di illuminazione: una specie di lampadario largo e piatto con molte luci rotonde. In un angolo c’era un tavolo coperto da un lenzuolo verde, sul quale ne era disteso uno del medesimo colore. Sotto di esso erano disposti i ferri chirurgici. Di fianco al tavolo c’era l’infermiera di sala che indossava un camice verde, una mascherina, dei guanti di lattice e una cuffietta.
L’anestetista di poco prima era anch’egli in sala operatoria affiancato da un’altra infermiera.
Poco dopo a Jeongguk venne chiesto di allargare un braccio, nel quale venne infilata una flebo, attraverso cui cominciò ad essere iniettato l’anestetico e intanto sul suo corpo vennero attaccati alcuni cerotti dotati di elettrodi, collegati con diversi dispostivi per il controllo dei valori del paziente. Poi gli venne infilato nella trachea, attraverso la bocca, un tubo collegato ad una macchina respiratoria, facendolo respirare passivamente.
L’operazione fu semplice e, per fortuna, non ci fu nessuna complicazione. Implicò solo un’incisione attraverso la pelle per rimuovere l’appendice, incisione che in seguito venne chiusa con dei punti di sutura.
Una volta resosi conto che l’effetto dell’anestesia stava quasi del tutto svanendo e che Jeongguk riusciva a respirare anche senza la macchina respiratoria, i medici tolsero il tubo dalla trachea del loro paziente e lo portarono nella sala del risveglio dove alcuni medici e anche l’anestetista rimasero insieme al ragazzo aspettando che buona parte dell’effetto dell’anestesia svanisse.
Nel frattempo Chloe ricevette non poche telefonate da parte dei genitori, sebbene non se ne rese conto a causa del silenzioso che aveva impostato. Inoltre aveva completamente perso la concezione del tempo.
Solo quando prese il cellulare dalla tasca si rese che era quasi l’1:00 e che aveva ricevuto 21 chiamate da sua madre, 13 da suo padre e 8 da Hyun Woo.
Proprio quando si era decisa a chiamare sua madre per avvisarla che era in ospedale e stava bene, ma soprattutto per convincerla del fatto che ci sarebbe rimasta, Hyun Woo la chiamò.
« Pronto? » rispose subito.
« “Pronto?” » rispose lui infastidito « Dove sei? »
« Non vedo come possa importarti. »
« Oh, sì che mi importa. Sbaglio o sei stata tu a mentire dicendo che dovevi uscire con me? »
Chloe fece un lungo sospiro. Preferiva molto di più quando Hyun Woo la trattava così bene da infastidirla. Quando si comportava così le dava altamente sui nervi.
« Avvisa i miei che tornerò a casa tardi, sono in ospedale da un amico che è appena stato operato, ci resterò ancora per un po’. » disse velocemente in un tono che non ammetteva repliche « La mattina mi troverete a casa. » poi chiuse subito la chiamata e spense il cellulare.
Sapeva già che questo le sarebbe costato parecchio. Avrebbe avuto una brutta impressione sui suoi zii, Hyun Woo l’avrebbe ignorata ulteriormente, sua madre si sarebbe arrabbiata, anche se dopo un po’ si sarebbe calmata, e suo padre le avrebbe fatto il terzo grado. Eppure non le importava, non in quel momento, non dopo che aveva visto Jeongguk stare così male.
« Dovete aspettare ancora un’ora prima di rivederlo » disse un medico uscito dalla sala operatoria poco dopo che uscì Jeongguk insieme agli altri medici.
Chloe si permise di chiudere per un breve lasso di tempo gli occhi dato che era ormai, anche se non aveva alcuna intenzione di ammetterlo, parecchio stanca.
Prima che si addormentasse sentì qualcuno sedersi accanto a lei.
Sentiva un buon odore.
Aprì lentamente gli occhi ritrovandosi davanti un Jimin sorridente con in mano due bicchieri da caffè con, appunto, del caffè dentro.
Con lui non aveva parlato molto eppure era con lui che aveva preso più confidenza ed era sempre lui che, oltre a Jeongguk, ricordava bene il suo nome.
« Ne vuoi? » disse porgendole un bicchiere.
Lei si tirò su e, dopo aver sbadigliato, afferrò il bicchiere e ne bevve un sorso.
« Grazie. » disse timidamente sorridendo.
Jimin ricambiò e poi ricominciò a parlare.
« Non torni a casa? »
Lei scosse la testa e iniziò a raccontare.
Raccontò del fatto che era uscita di nascosto fingendo di uscire con suo cugino, del fatto che aveva ricevuto migliaia di chiamate e anche della discussione avuta al telefono con suo cugino.
« Perché non dici semplicemente la verità? » chiese con tono perplesso.
Detto da lui sembrava una cosa talmente semplice e normale, eppure a Chloe riusciva difficile anche solo immaginare il discorso.
Cos’avrebbe dovuto dire?
 “Mamma, sono innamorata di un idol coreano, ho il suo numero e di tanto in tanto ci vediamo”?
« Secondo me è meglio non dire niente a nessuno per il momento. » terminò lei bevendo il caffè in un unico sorso.
Passò un’ora e l’effetto dell’anestesia era quasi del tutto svanito così i medici, anche se Jeongguk era capace di camminare sulle proprie gambe, misero il ragazzo su una lettiga e uscirono dalla stanza del riposo, per poi dirigersi nella camera del loro paziente.
Tutti quanti si trovavano in una stanza a parte, lontana sia dalla sala risveglio sia dalla camera di Jeongguk, motivo per il quale fu uno dei medici ad avvisarli che ora potevano vedere il ragazzo. Tutti si alzarono di scatto – tranne Chloe che, dato che stava dormendo, era stata risvegliata da Seokjin – e si precipitarono nella camera del ragazzo.
Appena Jeongguk li vide tutti lì spalancò gli occhi.
« Cosa ci fate tutti qui? »
In realtà non era molto sorpreso del fatto che ci fosse la sua famiglia al completo – dopotutto era anche una cosa ovvia che ci sarebbe stata – né che ci fossero i suoi compagni – da loro se lo aspettava -. Quello che lo colpiva veramente era la presenza di Chloe.
Era più che certo che se ne fosse andata fosse andata già da un bel pezzo, in fondo il loro rapporto d’amicizia non era ancora poi così profondo.
« Non torni a casa? » le chiese una volta che tutti si avvicinarono al suo letto.
Lei scosse la testa. « Rimango ancora un po’. »
Il ragazzo poi si voltò verso i suoi compagni. « E voi? »
« Anche noi rimaniamo ancora per un po’. » rispose Namjoon parlando per l’intero gruppo.
Jeongguk sospirò. Quasi si sentiva in colpa per aver rovinato la serata a tutti quanti.
Il fratello di lui, Jung Hyun, disse qualcosa in coreano ai suoi genitori, motivo per il quale Chloe non capì.
Aveva detto che domani doveva andare a scuola e che quindi sarebbe tornato a casa per primo. Prese le chiavi dell’auto – tanto era già maggiorenne e aveva la patente – e, dopo aver salutato suo fratello, fece come per uscire dalla porta quando venne interrotto dal padre, Jung Hwa, che, anche lui, era intenzionato a tornare a casa perché tra qualche ora – alle 4:00 – doveva trovarsi al lavoro. Salutò tutti, suo figlio in particolare, e uscì dalla stanza. Il figlio più grande stava per seguirlo, ma venne improvvisamente fermato dalla voce di Jeongguk.
“Hyung!”
Si voltò nella direzione del più piccolo che gli chiese, sempre in coreano, di accompagnare Chloe a casa.
Il ragazzo volse lo sguardo verso la ragazza.
« Gaja. » le disse, poi, notando il suo sguardo smarrito, tradusse parlando in inglese « Andiamo. »
« Dove? » chiese lei stranita.
« Gli ho chiesto di accompagnarti a casa. » le rispose Jeongguk.
Chloe si voltò nella direzione del ragazzo che le aveva appena parlato.
« Ti da fastidio la mia presenza qui? »
« No! » si affrettò a rispondere lui.
« Allora perché vuoi tanto che me ne vada? » sbottò lei, poi, incrociando le braccia al petto e accigliandosi, continuò « Se voglio rimanere ci sarà pur un motivo. »
Jung Hyun, ormai stanco di quella scenetta, scrollò le spalle e, come se niente, fosse uscì dalla stanza seguendo così il padre.
Una mezz’oretta dopo la madre di lui crollò dal sonno, seduta su una sedia e con la testa penzolante.
Subito dopo Jeongguk si scusò dicendo che aveva sonno anche lui e che, dato che aveva anche una lieve nausea, brividi di freddo e un po’ di mal di gola, preferiva dormire. I suoi compagni decisero così di salutarlo e se ne andarono. Chiesero a Chloe se voleva che l’accompagnassero, ma lei rifiutò dicendo che avrebbe preso un taxi più tardi, dimenticando che non aveva con sé i soldi per pagarlo.
Rimase l’intera nottata ad osservare il profilo di Jeongguk mentre dormiva ogni tanto anche accarezzandogli la mano rischiando così che si svegliasse.
Solo quando Go Eun se ne andò con un taxi – alle 7:00 - dicendole in un inglese improbabile che stava tornando a casa solo per mangiare qualcosa e portare il cambio della biancheria intima a suo figlio, Chloe si permise di reclinare la testa sulle braccia appena posate sul letto e chiudere per qualche secondo gli occhi. Secondo che le costò caro perché subito dopo si addormentò.
Un’oretta dopo Jeongguk si svegliò a causa del chiasso provocato dalle infermiere e vide Chloe lì, con la testa poggiata sul letto mentre dormiva, spalancò immediatamente gli occhi con l’intenzione di svegliarla. Però, appena la scosse un pochino con la mano e una ciocca di capelli che le copriva il viso si spostò mettendo così in mostra il suo viso, smise subito.  Non si era mai reso conto che fosse così carina.
Posò un gomito sul materasso e la testa sulla mano sinistra, osservandola. La mano destra invece, che poco prima si trovava sulla spalla della ragazza, salì sopra la sua testa, accarezzandole i capelli. Gli occhi di Jeongguk erano invece rimasti immobili ad osservare l’espressione calma e rilassata che Chloe assumeva mentre dormiva e così il ragazzo si accorse di particolari a cui non aveva dato peso giorni prima: le ciglia lunghe, le labbra a forma di cuore, il neo sulla guancia sinistra, la leggerissima fossetta al mento e una piccola cicatrice sulla fronte che Chloe si era procurata a 3 anni mentre correndo sopra il triciclo cadde a terra battendo con la fronte su un marciapiede.
La ragazza, avendo il sonno abbastanza leggero, sentendo tutte quelle carezze dopo qualche minuto si svegliò e trovandosi Jeongguk di fronte che la osservava la fece arrossire come mai prima d’ora.
Lui non era per niente imbarazzato invece. Con molta calma tolse la mano dai capelli di Chloe e si mise seduto, con le gambe sotto le coperte e la schiena poggiata alla spalliera del letto. 
Lei, ancora rossa in viso, guardò l’orologio appeso alla parete e, dato che segnava le 8:15, si alzò subito dalla sedia.
« Io devo andare adesso. » farfugliò timidamente « È tardi. »
Jeongguk la salutò e subito dopo lei prese il suo giubbotto di pelle ed uscì velocemente dalla stanza.
Solo una volta fuori dalla clinica si rese conto che non aveva i soldi per prendere un taxi quindi, riluttante, accese il cellulare. Il numero delle chiamate perse era impressionante.
Un po’ agitata perché non sapeva come spiegarle l’accaduto, Chloe digitò il numero di sua madre e avviò la chiamata.
« Chloe! » esclamò la donna dall’altra parte del telefono « Stai bene? »
« Sì mamma. Non preoccuparti. »
« “Non preoccuparti”? Mi spieghi come faccio? È tutta la notte che stai fuori casa! » la sgridò alzando il tono della voce « Non dici dove ti trovi, non chiami nessuno per avvisare che stai bene e spegni addirittura il cellulare! Puoi solo immaginare di quanto sia stata in pena? »
Chloe davvero non capiva. Lei aveva detto chiaro e tondo a Hyun Woo di avvisare i suoi genitori che era in ospedale da un suo amico e che stava bene.
« Hyun Woo non vi ha avvisati? » chiese.
« Non far ricadere la colpa su quel ragazzo, ce l’ha detto che non siete usciti insieme! E ora torna subito a casa. Tuo padre ha qualcosa da dirti. »
Stava per chiudere la chiamata, quando la figlia la interruppe.
« È proprio di questo che volevo parlarti. Puoi venire a prendermi tu? »
Le spiegò che non aveva i soldi necessari per pagare il taxi, poi le riferì il nome della strada e anche il nome della clinica e, sebbene Katia fosse davvero arrabbiata, accettò subito la richiesta della figlia.
Una volta che Chloe salì in macchina fu sommersa dalle domande della madre.
« Perché ti trovavi in una clinica? »
« Un mio amico stava male e… »
« Un tuo amico? Qui a Seoul? E che tipo di amico hai che si può addirittura permettere una clinica privata? »
Ci pensò su un bel po’ di secondi prima di rivelarglielo.
« È un cantante. » borbottò.
Katia spalancò immediatamente gli occhi e accostò accanto ad un marciapiede, poi guardò la figlia negli occhi.
« Mi prendi in giro? »
« Perché dovrei inventarmi una cosa simile? » chiese accigliata.
La madre sospirò.
« E chi sarebbe? G-Dragon? Taemin? » chiese in tono sarcastico.
Chloe non aveva la minima idea di chi fossero e si limitò a scuotere la testa.
« Jeongguk dei Bangtan Boys. » rispose, poi, vedendo la madre poco convinta, continuò « Sono andata ad un loro concerto con Hyun Woo, ricordi? Poi sono andata anche al loro fanmeeting e lì mi ha dato il suo numero. »
Katia alzò un sopracciglio.
« Se non mi credi ti mostro il suo numero e a casa ti mostro anche il foglietto su cui me l’ha scritto. » sbottò a braccia conserte.
Vedendo lo sguardo di sua madre ancora insicuro, continuò.
« Pensa quello che ti pare. » disse infine infastidita.
Al rientro a casa Chloe si beccò una bella ramanzina da suo padre.
Stando a quello che diceva Chloe aveva il divieto di uscire per un’intera settimana e questo significava non poter visitare Jeongguk mentre era in ospedale.
I suoi zii, sebbene facessero finta di nulla continuando a parlarle tranquillamente, avevano iniziato a pensare che fosse stata educata piuttosto male e che molto probabilmente la sua voglia di libertà era dovuta al fatto che fosse nata e cresciuta in America. Da sempre infatti avevano avuto la convinzione che in America fossero tutti abbastanza maleducati, non considerando il fatto che invece la loro cultura era decisamente diversa da quella degli americani.
Hyun Woo invece per tutto il tempo non la degnò nemmeno di uno sguardo e questo rese Chloe un po’ triste perché, a suo parere, quello che aveva fatto non era nulla di male, non particolarmente almeno.
Nonostante ciò decise di non pensarci e passò tutta la giornata in camera sua a cercare di imparare qualcosa in coreano dalle lezioni online che c’erano su internet. Molto probabilmente avrebbe iniziato ad andare a scuola prima di dicembre e ancora non sapeva nemmeno dire bene “ciao” in coreano.
Certo, poteva pur sempre chiedere aiuto ai suoi zii – sebbene capissero pochissimo l’inglese -, a sua madre – la quale non aveva la pazienza di insegnare a sua figlia una lingua con un alfabeto del tutto diverso da quello americano – oppure a Hyun Woo.
Lui probabilmente era quello più adatto: erano coetanei, lui sapeva parlare perfettamente sia l’inglese sia il coreano e se solo non fosse per quello accaduto quel giorno andrebbero anche d’accordo, più o meno. Eppure Chloe sapeva che se solo avrebbe osato chiedergli di insegnarle la sua lingua madre lui le avrebbe lanciato un’occhiata talmente fulminante che probabilmente qualche scossa l’avrebbe presa sul serio.
Dopo aver passato un bel po’ di ore a studiare coreano – anche se alla fine non ricordava più un bel niente – decise di connettersi su Skype in caso qualcuno dei suoi amici americani fosse connesso.
La fortuna decise di mettersi dalla sua parte infatti la sua migliore amica, Carmen, con cui voleva tanto parlare, era in linea.
Le scrisse un “ciao” e subito dopo aver visualizzato il messaggio le inviò la richiesta di videochiamata.
« Chloe! » aveva esclamato non appena l’immagine della ragazza apparve sullo schermo del suo computer.
In quei giorni non avevano avuto l’occasione di tenersi molto in contatto. Spesso da Chloe la connessione internet saltava senza motivo e, quando poteva connettersi su Skype, Carmen non era mai connessa.
La prima cosa che l’amica le chiese fu come si trovava in Corea e, soprattutto, com’era.
Chloe non riuscì a fare una descrizione dettagliata anche perché aveva visitato ancora pochi posti. Si limitò così a descrivere un po’ il quartiere dove abitava poi, dopo averci pensato un po’ su, gli parlò anche dei Bangtan Boys - sperando che almeno lei le credesse - e anche della sua cotta per Jeongguk.
Con suo stupore non ebbe nemmeno un momento di incredulità.
« Ma è fantastico! » le aveva detto « Quindi ora sei loro amica? »
« Proprio amica non direi… » rispose cercando di scacciare dalla sua mente l’immagine di Jeongguk che le accarezzava i capelli « Diciamo conoscente. »
« Oh, ma andiamo!!! » esclamò sbuffando « Ti hanno portata in ospedale con loro mentre uno dei membri stava male, è chiaro che per loro se più di una semplice conoscente. E poi io non farei tanto l’insoddisfatta fossi in te. Non capita mica tutti i giorni di avere una conversazione amichevole con dei cantanti!»
In quel preciso istante, alle 18.45, il cellulare di Chloe squillò. Lei guardo lo schermo leggendo il nome di colui che la stava chiamando.
« Carmen, è Jeongguk. » disse a bassa voce quasi non volesse che qualcuno la sentisse.
« Metti il vivavoce! » le ordinò lei.
La ragazza ci pensò un po’ su, poi accettò la chiamata mettendo il vivavoce come richiesto dalla sua amica.
« Chloe, non vieni più? » chiese immediatamente il ragazzo senza lasciarle il tempo di dire “Pronto?”.
Lei guardò verso lo schermo del suo computer, notando l’amica che la stava incitando con strani gesti e messaggi imbarazzanti in chat come “Digli che ti è mancato”.
« Non potrò venire per una settimana. Sono in punizione per non essere tornata ieri. » posò nuovamente lo sguardo sulla chat “No, no! Così non va bene” c’era scritto “Non parlare di cose negative. Digli almeno che non vedi l’ora che la settimana passi!”. Nonostante ciò decise comunque di ignorare i suggerimenti dell’amica « Inoltre ho raccontato la verità a mia madre perché non sapevo come spiegarle la mia presenza in una clinica privata e beh… non mi ha creduta. »
Nel frattempo Katia, che stava portando degli asciugamani puliti nella camera di Chloe, si era fermata fuori dalla stanza ascoltando la conversazione della figlia al telefono.
« Oh… » fu tutto quello che le rispose. L’aveva detto in un tono deluso e questo in parte fece piacere a Chloe, anche se ritornò subito con i piedi per terra ricordandosi della chiacchierata che ebbero al telefono nella quale Jeongguk le disse chiaro e tondo che non provava nulla per lei. « Comunque il medico mi ha detto che dovrò rimanere in ospedale altri tre giorni, poi mi dimetteranno anche se dovrò stare a riposo per sei giorni. » disse poi di punto in bianco cercando di trovare un argomento di cui parlare.
« Capisco… Quindi questo vuol dire che…»  stava per dire “Quindi questo vuol dire che non ci vedremo più” ma fu improvvisamente interrotta dal parlare di lui.
« Vuol dire che potrai venire a trovarci durante le prove alla Big Hit, tanto nei miei giorni di riposo io starò comunque con loro. »
“Cosa?” pensò incredula Chloe “Potrò continuare ad avere contatti con loro?”
« Poi magari ti chiamo io. » disse, poi continuò « Ora però devo chiudere. Magari ti chiamo più tardi oppure domani. »
Subito dopo che si salutarono e appena chiusero la chiamata, prima che Carmen potesse dire qualsiasi cosa, Katia entrò sorridendo nella stanza.
« Tesoro... » la chiamò mentre poggiava gli asciugamani sul letto « Mi sono permessa di ascoltare e mi dispiace non averti creduta. » poi si avvicinò ulteriormente a lei « Se proprio vuoi domani con la scusa di andare a fare la spesa insieme ti lascio un po’ all’ospedale con quel tuo amico mentre io vado a fare un po’ di compere. »
Gli occhi di Chloe si alluminarono improvvisamente e poi si volsero verso la webcam, ricambiano il sorriso dell’amica.
Quella sera, prima di andare a dormire, la ragazza era intenzionata a scrivere un messaggio a Jeongguk in cui diceva che il giorno dopo sarebbe andata a trovarlo perché sua madre l’aveva finalmente creduta, ma alla fine decise di non farlo perché preferiva fargli una sorpresa.
Quel giorno si addormentò con il sorriso sulle labbra.
 
***
La mattina seguente alle 7:55 era già sveglia. Sua madre le aveva detto che sarebbero uscite intorno alle 10:00 quindi, da lenta com’era, decise di iniziare a prepararsi già da allora.
Andò in bagno restando 10 minuti sotto il getto d’acqua calda della doccia e già che c’era si lavò anche i capelli. Per i vestiti optò invece per una maglietta attillata nera con qualche schizzo di rosso, una gonna tartan rossa, dei pantacollant neri e degli anfibi del medesimo colore. Poi, sebbene facesse caldo, indossò un giubbotto di pelle anche perché la maglietta era piuttosto leggera. Poi si truccò con un po’ di matita e con dell’eyeliner.
Rimase particolarmente soddisfatta quando si rese conto che aveva fatto i calcoli giusti, infatti aveva finito di prepararsi proprio alle 10:00.
Chloe sgattaiolò subito fuori di casa prima che suo padre si insospettisse e poi entrò in auto. Ci misero circa un quarto d’ora per arrivare alla clinica, poi, dopo essere stata avvisata dalla madre che non appena fosse ritornata le avrebbe fatto uno squillo, la ragazza uscì dall’auto ed entrò nella clinica. Dato che le scale da fare erano piuttosto numerose, decise di prendere l’ascensore nel quale incontrò una bellissima ragazza giapponese. Aveva i capelli biondi tinti, degli occhi bellissimi con le lenti a contatto che li facevano sembrare del colore del ghiaccio e delle sensuali labbra carnose.
Era vestita molto elegantemente. Calze ricamate nere, vestitino di pelle nero, stretto e corto, stivali neri con tacchi alti 10 cm e uno sgargiante foulard fucsia.
La ragazza squadrò Chloe come se fosse un’aliena per tutto il tempo che passarono in ascensore, poi, non appena quest’ultimo si fermò, la misteriosa ragazza iniziò ad essere inseguita da una serie di fotografi.
“È normale che entrino in una clinica privata?” pensò Chloe tra sé e sé mentre camminando guardava i fotografi che seguivano la ragazza. Poi, come se si fosse stancata di seguirli, li superò e si avviò verso la stanza di Jeongguk che, appena la vide, rimase sorpreso e sorrise.
Con lui c’erano Seokjin, Jimin e Hoseok. Anche loro sorrisero quando la videro.
Stava per avvicinarsi al letto del ragazzo, quando la ragazza di prima spuntò nuovamente.
I fotografi iniziarono a scattare migliaia di foto e una volta che lei si avvicinò a Jeongguk e gli posò un bacio sulle labbra, gli scatti aumentarono.
« Ti conviene non spingermi via. » gli disse a bassa voce con le labbra ad un millimetro di distanza a quelle di lui in modo che non potesse sentirla nessuno oltre al diretto interessato.
Non appena si allontanò dal suo viso fece un sorriso tanto smagliante quanto falso mentre gli accarezzava dolcemente il volto.
Lui e gli altri suoi tre amici avevano l’espressione del viso totalmente scioccata, poi Jeongguk guardò di sfuggita nella direzione di Chloe. Lei aveva gli occhi sgranati e la faccia completamente rossa a causa della rabbia e della gelosia.
Ma in fondo aveva il diritto di essere arrabbiata e gelosa?
« Potete lasciarci un attimo soli, per favore? » disse guardando i fotografi, poi voltandosi verso Chloe e gli altri tre ragazzi continuò « Anche voi. »
 
 
Il mio angolino
 
Ehilà! Ebbene sì, incredibile ma vero. Sono riuscita ad aggiornare senza un ritardo stratosferico (o.o”)
Magari vi starete chiedendo “Chi è e da dove cavolo è uscita la megera spuntata all’ultima parte del capitolo?” – o forse non ci starete pensando nemmeno -, ebbene dovete aspettare il 2014 per saperlo d(u.u)
Spero comunque che abbiate gradito questo capitolo ♥
Sappiate che adoro tutti voi pazzi che avete il coraggio di leggere la mia fanfiction.
Vi lovvo icdì ♥
 
Ji Yong
 
PS: Sì, che poi io tra l’altro ho avuto la geniale idea di invertire i ruoli. Quello ad essere in ospedale a causa dell’appendicite, in caso non lo sapeste, è Suga oppa. Spero si riprenda presto ♥
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: H o p i e