Anime & Manga > Higurashi no naku koro ni
Segui la storia  |       
Autore: TheNaiker    01/01/2014    1 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 60: Vincoli da rispettare



Hinamizawa, 21 Giugno 1984

Anche il Watanagashi di quell'anno si era concluso, e andandosene via esso si era portato con sè anche la Sindrome di Hinamizawa.

Due o tre settimane prima del festival, il dottor Irie era riuscito finalmente a mettere insieme la versione definitiva del vaccino e lo aveva somministrato all'intera comunità, supportato dalle Tre Grandi Famiglie che avevano svolto un ruolo fondamentale nel rassicurare la popolazione, dichiarando che fosse un farmaco precauzionale contro la prossima influenza invernale. Certo, a dire il vero Kiichiro Kimiyoshi non sapeva quale fosse il vero scopo di quella vaccinazione di massa, e non poteva intuire quanto fosse cruciale il siero che veniva iniettato; però aveva notato quanto Mion Sonozaki e Rika Furude si preoccupavano che tutti la ricevessero. Se quelle due davano tanta importanza all'operazione, allora non c'era ragione per non fare come loro, aveva pensato Kimiyoshi, e poi lui si considerava ancora in debito con Mion.

Tutto era andato per il verso giusto, apparentemente. La reale efficacia del vaccino non poteva essere testata per il momento, tecnicamente avrebbero dovuto aspettare che passasse un po' di tempo e che qualcuno lasciasse il villaggio per un po', però il dottore era fiero e fiducioso nelle capacità del suo prodotto, e quindi nessuno nutriva dubbi sulla validità della sua ricerca. Irie tra l'altro era riuscito a completare il tutto giusto in tempo in quanto gli era stato comunicato, non più di una settimana dopo aver vaccinato tutti, che sarebbe stato rimosso dalla carica di direttore della Clinica che dirigeva. A partire da luglio quel posto sarebbe passato ad un altro... I nuovi proprietari della struttura non avevano apprezzato il fatto che lui avesse contravvenuto al regolamento della struttura dando alloggio a dei pazienti gratuitamente, sebbene fossero suoi cari amici e li avesse ospitati nel seminterrato dell'edificio senza togliere spazio ai visitatori paganti. Tutti nel villaggio pensarono che i padroni dell'Istituto fossero gente senz'anima, ma il medico non diede l'idea di esserne particolarmente dispiaciuto. La Clinica aveva esaurito il compito per cui era stata edificata anni prima, alla fine.

Quella era la ragione per cui si trovavano lì Satoshi e Shion, in quella Clinica. Stavano assistendo Irie nel raccogliere e riordinare la sua roba, prima di portarla via da quello che un tempo era il suo ufficio. Il dottore avrebbe desiderato portare tutte le proprie cose a casa sua, ma il suo appartamento non era abbastanza ampio da accogliere tutta quella documentazione e quei libri di testi, così si dovevano organizzare, passando ogni cosa al setaccio per decidere cosa conservare e cosa buttare via. I due innamorati erano da soli, il resto del club doveva ancora aiutare il villaggio a smontare tutte le impalcature ed i paramenti che avevano decorato Hinamizawa in occasione del Watanagashi. Quest'ultimo era un lavoro lungo, il festival era terminato già quattro giorni prima, in una nottata limpida e piuttosto fredda, però i giorni successivi erano stati molto piovosi ed il villaggio aveva preferito attendere il bel tempo, prima di completare la disinstallazione di chioschi e bandieroni che andavano riposti con cura.

Pertanto, i due giovani erano da soli, Irie era stato sostanzialmente licenziato in tronco però giuridicamente doveva lavorare per i proprietari della Clinica fino alla fine di giugno, così Shion e Satoshi potevano dialogare tra loro senza aver timore di essere disturbati, e stavano parlando di cose che non avrebbero mai rivelato se fossero stati in un gruppo più largo. Specialmente Satoshi si stava concedendo certe confidenze che usualmente teneva per sé, Shion aveva assunto un atteggiamento più silenzioso in quell'istante. Quello che il suo fidanzato le stava dicendo non le importava molto, ma non perché il suo compagno la stesse stufando: semplicemente la giovane era turbata da un turbine di cattivi pensieri che le affollavano il capo da ormai diverso tempo. Infatti, lei non aveva quasi notato il fatto che lui avesse appoggiato sul tavolo adiacente una pesante scatola piena di rapporti, confessando all'improvviso: “E' un po' assurdo, ma mi manca la mia vecchia vita...”

“E' davvero così?” rispose lei distrattamente.

“E' così che mi sento... Qualche tempo fa, io dovevo preoccuparmi di Satoko, di proteggerla dovunque andasse. Continuare a sorvegliarla ininterrottamente era stressante, spossante... ma era anche gratificante. Mi permetteva di considerarmi utile, avevo qualcosa di concreto da svolgere e questo mi impediva di naufragare nella noia e nell'apatia...”

“Non ti ho mai sentito parlare con toni così melodrammatici, Satoshi-kun.”

“Eh eh, queste parole sono farina del sacco di Rena-chan, non del mio... Me le aveva confidate qualche giorno fa durante il Watanagashi, mentre eravamo nei pressi della piattaforma dove Rika-chan stava presenziando la cerimonia.”

“Hmmm... Non mi ricordo di averla sentita mentre pronunciava questa storia... Quindi Rena-chan e tu eravate da soli...” insinuò Shion, i cui occhi tradivano una tinta di gelosia.

Ma Satoshi carpì dove stava andando a parare lei, e si mise a ridere. “Mi dispiace, Rena-chan è una ragazza meravigliosa ma non è il mio tipo. Insomma, sarebbe strano se ora non potessimo neanche discutere con i propri amici, di tanto in tanto.”

“Sono... Desolata... Non intendevo dire che... Il punto è che negli ultimi giorni non sono di buon umore, visto che... Beh, non ho voglia di dirtelo adesso.”

“Va tutto bene.” Con un sorriso confortante, il ragazzo pose il palmo della mano sulla chioma di lei, facendola scivolare lungo i suoi lunghi capelli lisci. A Shion venne in mente che lui forse sapeva già di quelli che erano stati gli sviluppi più recenti che riguardavano la sorella, per quanto questo non poteva essere possibile, però lei non trovò il coraggio di finire il proprio discorso, così lei lo lasciò proseguire: “Sai, io trovo che quello che Rena-chan mi ha detto corrisponde a verità. Ora che Satoko è cresciuta in modo così indipendenti, mi sento come se mi mancasse qualcosa... Negli ultimi anni, non ho fatto altro che tutelare la sua salute e la sua felicità, controllando che non stesse mai troppo male. Ma ora, che mansione è rimasta per me? Sono come disoccupato, la mia sorellina non ha bisogno del mio aiuto, ed ovviamente neanche tu ne hai, al massimo è vero l'opposto. Quindi, io dovrei cercare qualche altro scopo, qualcosa che mi consenta di ritenermi di nuovo utile, e recentemente avevo pensato alla prospettiva di unirmi ad una squadra di baseball. Però nessuna società seria mi ingaggerebbe, ho iniziato ad allenarmi troppo tardi nella mia vita per diventare un giocatore di valore.”

“Allora?”

“Allora ho concluso che avrei fatto meglio a fare quello che so fare meglio.”

“E questo cosa sarebbe, un gioco di parole?”

“Ma no, Shion... Intendo dire prendermi cura di qualcuno, dare un momento di tregua e di conforto ai bisognosi. Ho una certa esperienza in merito, non sarei un novellino, penso che me la caverei meglio di tanti dottori che hanno studiato in qualche università e che però non hanno mai avuto esperienza pratica sul campo. E c'è un posto dove posso realizzare tutto questo, vicino ad Hinamizawa.”

Shion ci rimuginò sopra per un secondo, e poi rispose: “Il Centro per la Tutela dei Minori di Okinomiya...”

“Esatto. Una volta che avrò compiuto l'età minima avanzerò formalmente la richiesta per ottenere un lavoro in quella struttura. Spero che mi accettino, mi accontenterei anche di una collaborazione part-time all'inizio...”

Satoshi avrebbe lavorato per quelli che negli altri monti non volevano salvare Satoko da Teppei, in altre parole... C'era qualcosa di paradossale in quell'idea, e Shion si rese conto della sua bizzarria, anche se vagamente, così si trovò ad obiettare: “Ma dal loro punto di vista tu non hai nessun curriculum vitae! Per loro tu sei un ragazzino senza nessuna competenza, uno che deve ancora crescere!”

“Ci proverò una, due, tre volta. Ancora, e poi ancora. Posso diventare parecchio ostinato, se voglio.”

E lui troncò ogni dialogo, prendendo energicamente in mano una nuova pila di libri e fogli di carta, da portare fuori. Shion lo ammirò per un po' mentre lui superava lo stipite della porta, e poi bisbigliò: “Perciò, tu stai desiderando di prenderti cura di qualcun altro, Satoshi-kun. A te piacciono le responsabilità, non c'è che dire...”

~-~-~-~-~

Quella sera, un'altra coppietta giovane si trovò nella situazione di essere da sola. Daijiro stava accompagnando Rena a casa, spingendo gentilmente la sua sedia a rotelle mentre lui camminava. Avevano tempo per chiacchierare, scambiarsi le proprie impressioni, che erano così diverse l'uno dall'altro. I sentimenti della ragazza che veniva spinta, infatti, erano calmi e sereni, riflettendo la felicità che Rena provava nel vivere l'esistenza placida che lei aveva sempre sognato per sé; Daijiro, invece, era consumato da tarli che gli erano stati piantati in testa qualche giorno prima. Non ci volle molto tempo prima che Rena se ne accorgesse, e questa chiese a lui quale ne fosse la ragione, girando il capo verso il giovane e sorridendogli.

“Daijiro-kun? Che cosa succede, che cosa succede? Hai un muso, stasera, hai un muso...”

“Oh...” il ragazzo avrebbe preferito non rispondere, ma nonostante la conoscesse da relativamente poco tempo lui sapeva già che nascondere le cose a Rena non avrebbe portato a niente.

“Io sono... preoccupato.”

“Per cosa?”

“Per mio padre. Speravo che per lui ci fosse qualche chance di mondarsi dai peccati che si porta sul groppone, invece... Non sembra essere intenzionato a redimersi in qualche modo. Se si capacitasse dell'oltraggio che stava per commettere verso tutti voi, il suo soggiorno in prigione sarebbe più sereno, potrei rendergli visita con maggiore frequenza, ed il suo reinserimento in una vita normale ed onesta sarebbe meno difficoltoso. Al contrario, lui... Lui non critica se stesso ed il suo operato, ed a stento mi sopporta quando vado a trovarlo. Non vuole neppure che voi veniate con me a vederlo, lo sapete purtroppo.”

Con il suo solito stile un po' sgangherato e strampalato, Daijiro aveva espresso il proprio dispiacere. La ragazza che era con lui allora gli chiese di fermarsi, e poi gli rispose: “Rena ti capisce, pure lei teme che tuo padre cominci ad odiare anche te prima o poi, perché tu hai un buon rapporto con quelli che lo hanno umiliato in prefettura e mandato in carcere...”

“E' ciò che spaventa anche me... Riassumendo, lui resterà rinchiuso per un grande ammontare di tempo, quindi l'eventualità di una vendetta da parte sua non mi inquieta, tuttavia... Come dovrei comportarmi con lui? Io dovrò prendere il suo posto all'interno della mia famiglia, chiedendo scusa al prossimo per quello che lui ha compiuto. Però, comportandomi così, penso di fare qualcosa che non è completamente giusto: la sua volontà sarebbe quella di non cercare il perdono altrui, il suo orgoglio non lo consentirebbe mai, ed io invece eseguirei l'azione opposta... Prendendo le veci del capofamiglia, per così dire, mi piacerebbe dire che siamo tutti dispiaciuti per quello che è stato, che mio padre è pentito dei suoi crimini, ma non sarebbe vero. Dovrei raccontare delle menzogne secondo te, Rena?”

La ragazza sulla sedia a rotelle lo guardò, assorta. Poi, rispose con dolcezza: “Daijiro, quando qualcuno cade e non riesce a rialzarsi con le proprie forze, diventa dovere degli altri tirarlo su e ridargli fiducia, anche se lui non chiede esplicitamente assistenza. Ma dopo che chi ne ha bisogno è stato soccorso a sufficienza, tocca a lui trovare la forza per controllare le proprie gambe e non cadere un'altra volta. Questo è lo stesso caso. Tu l'hai aiutato ad avere una seconda opportunità, sistemando tutte le grane che aveva in sospeso e facendo pace con noi, i suoi nemici passati; però, il passo decisivo per la sua redenzione deve essere compiuto da tuo padre, non da te. Se lui non vuole essere perdonato e accolto, lo mostrerà immediatamente con il suo comportamento, e non c'è molto che tu possa inventarti per cambiare le carte in tavola se lui non vuole. Certo, ha ancora tempo per cambiare la sua indole e sistemarsi, l'occasione che tu hai concesso a lui è ancora lì pronta per essere sfruttata. Spero si ravveda, se ha a cuore il futuro tuo e di tua madre... A proposito, come sta lei ora? Non la vedo dal Watanagashi.”

Il tepore che proveniva da quelle dolci parole riscaldò Daijiro. Lui era così contento di averla conosciuta, il suo modo di comportarsi gli dava non poca fiducia nei suoi mezzi. Il ragazzo allora sorrise e provò a rispondere, ma l'altra gli chiese di rimanere in silenzio per un secondo.

“Perchè?” le chiese lui.

“Ascoltale.” Rena si mise una mano dietro l'orecchio “Le cicale. Stanno cantando, è la prima volta che si sentono in giro quest'anno.”

“Hai ragione. Finora l'estate non è stata per nulla calda e questo giorno di sole è venuto dopo fin troppe settimane di pioggia e maltempo. Quegli insetti non avevano ancora avuto la possibilità di emettere il loro verso caratteristico.”

“Anche Rena lo crede. Nel periodo precedente non era stato loro concesso di cantare, ma ora possono. Non pensi anche tu che questa sia una metafora della nostra situazione, non lo pensi anche tu? Loro hanno sofferto nei giorni scorsi ed ora stanno gridando di gioia; allo stesso modo, noi abbiamo sofferto nei mesi scorsi, ed ora viviamo con gioia.”

“Come immagine è davvero suggestiva... Ma è davvero così? Per me c'è anche un altro aspetto da considerare.”

“Daijiro-kun, che cosa vuoi dire?”

“E' molto semplice... Noi possiamo udire il rumore prodotto dalle cicale, ma non possiamo capire quale sentimento stiano provando esattamente. Se fossero anche solo cani, o gatti, allora potremmo avere degli indizi sulle loro emozioni, basterebbe vedere come muovono la coda e cose del genere; ma per gli insetti ciò non vale proprio. Non ho mai visto nessuno in grado di riconoscere lo stato d'animo delle cicale solo udendo il loro lamento.”

“Rena comprende... Rena pensava che fossero cicale felici perché Rena è felice, e quindi lei stava instillando le proprie emozioni all'esterno riflettendole anche nel mondo circostante. Rena è felice, dal tuo punto di vista, quindi le cicale devono essere felici... Il che non è necessariamente vero. Eh eh, Daijiro-kun sta rapidamente apprendendo da Rena, rimanere vicino a lei deve portare a questo tipo di conseguenze. Chi sta con lo zoppo impara a zoppicare... Però devo dire che non hai ancora imparato bene. Rena deve confessare che non è del tutto felice, infatti.”

“Come mai? Sei ammalata?”

“No... Vedrai presto quello che intendo dire. Piuttosto, come mai tu stavi supponendo che le cicale fossero tristi, Daijiro-kun? C'è una ragione?”

Il giovane non diede subito risposta, stava fissando la rossa porzione di cielo in cui il Sole era appena tramontato, sparendo dall'orizzonte.

“Non ce ne dovrebbero essere, in realtà. A quanto ne so non c'è nulla di male che dovrebbe accadere. Però, forse... Chi lo sa...”

“Non sei l'unico ad avere queste sensazioni, Daijiro-kun. Anche Rena le ha, ma io ho anche il presentimento che sapremo presto di cosa si tratta.”

~-~-~-~-~

“Keiichi-san, riuscirai mai a sconfiggermi un giorno?”

La mattina dopo, alla fine delle lezioni, Satoko stava punzecchiando il suo nemico favorito, come suo solito. Quel giorno però non era come la maggior parte degli altri, questa volta lei e Keiichi erano gli unici membri del club impegnati nel combattimento. Mion era assente da scuola, tanto che quando avevano chiesto a Shion perché non fosse venuta lei aveva solo agitato la mano, come a dire Ve lo dico dopo: non pareva comunque che si trattasse di nulla di serio, la ragazza avrebbe risposto in maniera differente altrimenti, così i suoi compagni non si erano preoccupati più di tanto. Shion era infatti sembrata pensierosa e non sembrava aver voglia di giocare con gli altri, ma non era la prima volta che la vedevano così, ogni tanto sembrava avere la luna storta e se ne stava sulle sue, così tutti avevano immaginato che quel magone fosse dovuto al fatto che lei era spesso oltremodo apprensiva. E perciò, visto che di per sé Rika, Satoshi, Hanyuu e Rena non erano compagne bellicose ed aggressive, erano rimasti solo Satoko e Keiichi, i quali stavano scrivendo un nuovo capitolo della loro personale rivalità.

“Ci sarà da spassarsela. Che cosa hai in serbo per me?”

“Un ritorno lungamente atteso, amico mio.” Satoko mise una mano in tasca e ne trasse fuori un guanto, indossandolo con una mossa lesta. “Lo riconosci?”

“Veramente credo di non averlo mai visto prima.”

“Ah, sicuro, è vero... E' il guanto che ho dato a Nii-Nii per combattere contro la guardia del corpo, quando abbiamo salvato Mion-san. Di recente ho affinato le sue caratteristiche e ne ho realizzato uno adatto alle mie manine vellutate, ma dovevo testarlo. Ed allora, sarai tu in grado di battere quest'arma terrificante, od almeno di sopravvivere per più tempo di quanto fosse riuscito il tirapiedi di Goemon-san, a suo tempo?”

“Un gioco rischioso... Mi piace assai... Proviamoci!”

Satoko strinse il pugno e si preparò per il suo primo colpo, al settimo cielo per l'eccitazione. Lei amava come Keiichi era sempre pronto ad approfittare di ogni occasione per sfidarla, loro due erano in sintonia, ragionavano sulla stessa lunghezza d'onda... Avrebbe davvero voluto averlo sempre accanto a lei, come amico e compagno, per tanto e tanto tempo. Era un peccato che ci fosse quella differenza d'età tra di loro... Ma ora Satoko doveva pensare alla sfida di quella mattina. Grazie al suo artefatto avrebbe buttato giù quel villano dal suo piedistallo, gli avrebbe fatto abbassare la cresta, e...

“Che COOOOOOOOSAAAA?”

Il loro duello fu interrotto per cause di forza maggiore. L'esclamazione repentina e stupefatta di Rika li aveva fermati sul più bello, facendo quasi cadere Satoko per terra per colpa della forza d'inerzia. Perché la loro amichetta aveva gridato così a squarciagola? I due corsero subito dal cortile fino in classe per saperlo, seguendo i loro amici che a loro volta si erano radunati lì.

Il tragitto fu breve e tutti si ritrovarono insieme nell'aula nel giro di una manciata di secondi. Là, trovarono la loro piccola amica che stava fissando stralunata Giancarlo. Da lui, lei aveva udito una notizia che Rika non si sarebbe mai aspettata, una notizia che lei non avrebbe mai voluto ascoltare.

“E' così, Rika-chan. Mi rincresce. Oggi è stato il mio ultimo giorno di scuola qui. Dopodomani raggiungerò l'aeroporto di Haneda, e da lì prenderò l'aereo che mi riporterà a casa in Italia. Ho già prenotato il volo, ormai è tutto confermato.”

“Ma... Ma...”

“Rika-chan, ve lo avevo detto sin dal primo giorno in cui io e mia sorella siamo venuti qui. Tu lo sapevi che non mi ero trasferito per rimanere qui per sempre. Quando ci siamo trasferiti qui, la nostra tabella di marcia prevedeva un soggiorno ad Hinamizawa della durata di un anno, e poi avremmo fatto ritorno al nostro Paese. Sto solo compiendo quello che avevamo deciso mesi fa, dopo tutto non posso rimanere lontano dalla mia cittadina natale, ho dei doveri da rispettare laggiù e non posso venire meno ai miei impegni.”

“Ma io credevo che la situazione fosse mutata...” Rika si girò verso il banco vuoto di Mion “Ora è chiaro perché lei è assente, oggi. Posso solo immaginare quello che sta facendo a casa, adesso...”

“Non volevo coinvolgerla. È già abbastanza arduo così, in questa maniera. Se avete domande da formulare lasciate stare lei, intuite anche voi che non sarà dell'umore giusto, chiedete a me.”

“Tu sai che sarà una pugnalata alle spalle, per lei. Hai intenzione di piantarla così in asso, da un giorno all'altro?”

“Non è un bel modo per raccontare la situazione, Rika-chan, ma non avevo scelta. Io e Mion-chan abbiamo entrambi un ruolo da ricoprire. Lei deve stare ad Hinamizawa, per essere la leader dei Sonozaki. Io devo tornare al mio villaggio, per continuare quello che avevo iniziato anni fa. Devo occuparmi degli affari di famiglia, e della loro vita... Cerca di comprendermi, ti prego. Sai, fosse stato per me io sarei partito subito dopo aver sistemato tutti i nostri problemi, in modo da evitare che si verificasse questa situazione logorante: sono stati mio padre e mio madre a convincermi a restare qui ancora due o tre mesi, avevano insistito affinché rimanessi ad Hinamizawa almeno fino al Watanagashi, come desiderava mia sorella, anche se dopo quello... quello che è capitato ad Alice... Personalmente non avrei rinviato la partenza, volevo portare la sua urna cineraria ai nostri genitori prima possibile, a Marzo, e comunque questo è un compito che devo assolutamente assolvere, ne sento il dovere morale. Sono stato meravigliosamente bene qui, serberò sempre questi dolci ricordi nel mio cuore, ma non posso nemmeno dimenticare i miei doveri verso Nee-chan.”

“Si, me lo ricordo, quando tu avevi chiamato tuo padre, ed anche il fidanzato di Ali-chan, non era stato uno scherzo. Però... i due mesi che erano venuti dopo erano stati bellissimi, per te e Mii-chan, sembravate così felici, eravate usciti con le vostre biciclette, avete avuto un paio di appuntamenti, avevate visto i vostri album delle fotografie. E dunque... Quando avete deciso... Di dividervi in questa maniera?”

“Rika, lo avevamo sempre saputo, non avevamo neppure avuto necessità di dircelo a voce alta. Ci eravamo dichiarati durante la guerra contro Megumi-san e Goemon-san – perché quella era una guerra, con tutti i crismi del caso – ma se lo avevamo fatto era per darci della fiducia l'un l'altro e soprattutto perché negarlo sarebbe stato ancora più assurdo, oramai. Entrambi ci giudichiamo come persone deboli che hanno bisogno l'uno dell'altro, e poi... Io mi sento come se... Mion fosse la mia anima gemella...” Giancarlo stava assumendo visibilmente un certo imbarazzo, non gli piaceva parlare dei propri sentimenti più intimi, ma si stava ora mettendo in mostra per attirare su di sé l'attenzione e distoglierla dalla sua ragazza. Si stava offrendo come bersaglio, come capro espiatorio, era un espediente per proteggere lei, in maniera che gli altri non andassero da Mion per porle domande scomode.

“Comunque” andò avanti lui “Noi non potevamo vivere insieme fino alla fine, ne eravamo consapevoli sin dall'inizio. Ecco perché io volevo andarmene via da qui subito, e non ora a giugno, io speravo che così il dolore della separazione potesse essere più lieve. Ma mia madre non aveva apprezzato l'idea, ed insieme a Flavia ed a suo marito mi avevano persuaso, portandomi a cambiare opinione. Insistevano a dire che Alice avrebbe apprezzato che io fossi rimasto fino all'estate, come concordato l'anno scorso...”

“Mi spiace.” commentò Rika “Ma c'è una cosa che non mi è chiara. Perché ci date questa notizia solo adesso? I vostri amici sono rimasti all'oscuro di tutto fino ad ora... E' abbastanza nel tuo stile, lo ammetto, ma non è da Mii-chan agire così nell'ombra, affatto. Perché avete scelto questo modo di agire? Perché un preavviso così breve? In questa maniera sembra quasi una fuga, la tua, come se tu tagliassi la corda e scappassi da qui, dalla tua seconda casa, dai tuoi compagni di avventura, dalla tua fidanzata...”

“Per dirla bruscamente, volevamo tagliare la testa al toro. Non volevamo che voi vi immischiaste. Avevamo ben presente quello che avreste fatto, se ve ne avessimo concesso la possibilità. Non ci avreste dato un attimo di respiro, cercando di convincere me a restare, o a trovare un'alternativa alla separazione... Sarebbero stati sforzi vani, noi abbiamo già preso la nostra decisione.”

“E questa è la ragione per cui Shii-chan era così taciturna e scorbutica, di recente... Di sicuro era al corrente delle vostre macchinazioni... L'avrete pregata di non rivelare alcunché, dovete aver discusso molto con lei per spingerla ad arrendersi di fronte al fatto compiuto, ed alla fine ha acconsentito anche se certamente era riluttante. Avremmo dovuto cogliere quell'indizio.”

“In un certo senso. Però ora è troppo tardi. Per favore...”

“Per favore un cavolo a merenda!” ringhiò Keiichi “E chissenefrega, se ho due ore o due anni per mettere a posto le cose! Compare, non ci avevi detto una volta che la tua famiglia non era come i Sonozaki? Che a voi non serviva un leader forte ed autoritario, che non lo volevate? Ed allora perché non ci rinunciate del tutto? Sarebbe semplice, e tu non dovresti sloggiare da qui.”

“Keiichi...” Giancarlo sussurrò triste “Mi spiace, ma non posso. Pensa solo alle nostre peculiarità. Per ricoprire un ruolo del genere ci vuole una certa preparazione, saper gestire i beni familiari, conoscere la psicologia ed i bisogni di tutti gli zii ed i cugini, e tanto altro... Non voglio fare la figura del pallone gonfiato, ma nessun altro oltre a me ha i requisiti necessari per occupare quel posto. I miei parenti si sono appassionati tutti ad altri ambiti, pensavano che quella carica fosse ormai destinata a me, ed abbandonarli dal giorno alla notte sarebbe un tradimento gravissimo. Ci vorrebbe troppo tempo per trovare ed istruire un sostituto, non posso tirarmi indietro.”

“Non ce bisogno che tu lo faccia. Puoi dirigere tutta la baracca anche da qui. Potresti stabilire comunque la tua dimora ad Hinamizawa, occupandoti delle situazioni ordinarie dei tuoi tramite telefonate o lettere, ed ogni tanto viaggeresti in Italia con tua moglie per dare un'occhiata più da vicino a quello che avviene là, ed andare a trovare i tuoi genitori. Perchè no?”

“Perchè no, dice questo... Ci dovresti arrivare da solo. È assurdo pretendere di essere in grado di governare due famiglie contemporaneamente. Dovremmo volare da un villaggio all'altro ogni volta che c'è una matassa seria da sbrogliare, ed andare da un capo all'altro del pianeta non è un viaggio da niente. Passerei più tempo in aeroporto che a casa... E che succederebbe se ci fossero due problemi simultanei, uno qua e uno là?”

“Tu e Mion potreste separarvi temporaneamente, in quel caso.”

“Kei-chan, non ti arrendi... Ma la tua proposta non si regge in piedi. Che leader potrebbe mai riuscire a conservare il suo potere, nel momento in cui rimane sempre lontano da quelli che guida? Forse un capo che basa la sua forza sulla paura e sulla crudeltà potrebbe, però non voglio diventare una persona di quel genere... E quindi, se per qualche pretesto ci fosse una disputa, sarebbe facile per anche solo uno dei litiganti rifiutare l'autorità mia o di Mion. Io non voglio scegliere questa impostazione, rimanere così lontano mi impedirebbe di scoprire quali sono le vere magagne di un certo problema. Insomma, non me la sento di rimanere così lontano da loro... A meno che tu non voglia che tutta la mia famiglia si trasferisca in massa per vivere qui, il che sarebbe la più fenomenale assurdità che ho mai sentito in vita mia.”

“Ma i tuoi cari ti verrebbero incontro, ne sono convinto! E poi...” Keiichi abbassò lo sguardo.

“Stai pensando di telefonare a casa mia in Italia, vero?”

L'altro ragazzo non rispose, il che equivaleva ad una confessione.

“Piuttosto prevedibile...” commentò Giancarlo “Posso immaginarmelo, ti piacerebbe cercare di persuaderli, con la tua parlantina veloce ed accattivante, cercheresti di dare loro la forza di andare avanti senza di me in modo che siano loro a dirmi di restare qui per sempre. E probabilmente i miei genitori accetterebbero, perfino.”

“Davvero? E dunque perché tu non ha-”

“Aspetta, non ho ancora finito. Loro ti darebbero ascolto, ma non solo perché sei tu che vai a parlare loro, non è solo una questione di doti oratorie. Se tu telefonassi, loro concluderebbero che questa tua iniziativa riflette un profondo desiderio di rimanere da parte mia, qualcosa che io vorrei ardentemente ma che mi vergogno di chiedere loro. E quindi si troverebbero nella posizione di dover per forza accettare questo sogno del loro figlio, non credo sarebbero così sfacciati da rifiutarsi, li conosco. Ma per loro sarebbe un sacrificio immane. Ho già visto in passato come si comportano in questi frangenti, si sentirebbero persi, non riuscirebbero a capire che pesci pigliare, sarebbero incerti sul chi prenderebbe il mio posto, come dopo l'abdicazione di mio padre... Perché, in un angolo della loro testolina, se ne avrebbero a male perché ai loro occhi avrei gettato la spugna. Voglio dire, non lo penserebbero con cattiveria, non intendo questo, ma il nocciolo della cosa è che io sono il successore due capofamiglia che hanno dovuto compiere un passo indietro perché non riuscivano a tollerare lo stress e la pena che questa carica comportava. E quindi riterrebbero che io ho fatto lo stesso e che io sto nascondendo la mia ritirata dietro una supposta volontà di mettere radici in Giappone. Non posso giocare loro questo tiro mancino, passerebbe il messaggio che nessuno ha la forza di sopportare questo peso, che le ferite aperte dal mio bisnonno non possono essere sanate, che sono condannati ad essere maledetti dal loro passato. Causerei un enorme dolore a troppe persone, genitori, zii, cugini, solo per il mio tornaconto personale. Non sarei mai felice sapendo di aver commesso un simile peccato, la mia coscienza non me lo permetterebbe mai. È questa la verità, nessuno nella famiglia Serco è nato col cuor di leone, noi non siamo mai stati guerrieri o persone sanguigne come i Sonozaki. Il fatto che da piccolo mi sia dovuto proporre io la dovrebbe dire lunga...”

“Neanche Ali-chan lo era?”

“Neanche Alice. Lei era estroversa, assolutamente, ma lei non ha mai avuto quel tipo di coraggio di cui stiamo parlando, se ci pensi bene. Siamo sempre stati mossi dal nostro senso del dovere, che però è una cosa diversa dall'avere intraprendenza e forza d'animo. Alla lunga la differenza si nota, una persona senza entusiasmo non riuscirebbe a sostenere a lungo lo stress dovuto ad una tale responsabilità... Ed infatti anche io sono stato tante volte lì lì per cedere... Per piacere, non rendetemi le cose più difficili di quanto già non siano.”

“Allora... Non c'è nulla che possiamo fare, per te e per Mion?”

Giancarlo andò da Keiichi, da Rika, e da tutti gli altri che lo avevano raggiunto durante la discussione: “No, non questa volta. Il succo è che io e lei abbiamo pensato ad ogni possibile via di uscita, prima di giungere a questa conclusione, io avevo già pensato a delle ipotesi simili a quelle che voi avete formulato, ecco perché sapevo come ribattere ad esse, sapevo già che non sarebbero andate bene... Abbiamo pensato ad ogni scappatoia che poteva essere immaginata, ma niente... Noi siamo incatenati ai nostri posti, il che da una parte ci ha permesso di essere un riferimento per le persone attorno a noi, ma dall'altra questi vincoli ci stanno comandando su cosa possiamo o non possiamo fare. Questa è solo una conseguenza delle decisioni che abbiamo preso responsabilmente in passato, dunque ci siamo arresi alla fine. Sarei così terribilmente triste se tradissi tutti i miei cari, se commettessi quest'azione così somigliante ad un peccato, e lo stesso vale per Mion... Per cui, vi supplico... non rendetemi le cose più difficili di quanto già non siano.”

“Non serve ripetere, capisco cosa vuoi dire.” commentò Keiichi, amareggiato.

Ed anche Rena, enormemente dispiaciuta per quello che stava udendo, gli chiese: “Però tu verrai a farci visita, ogni anno, ogni estate, o perlomeno ogni volta che puoi? Lo farai? Lo farai?”

“Non ho ancora deciso... Avevo parlato anche di questo con Mion. Non vedersi più sarebbe crudele, ma anche tornare qui per lasciarsi dopo pochi giorni sarebbe triste... Quindi, la risposta più assennata che posso darvi è «Probabilmente sì, ma non adesso». Vorrei che passasse qualche tempo prima di un'eventuale seconda permanenza qui, come minimo. Lasciare che si calmino le acque ci aiuterà a maturare un po' e ad affrontare tutto questo con più coscienza e serenità...”

Nessuno osò rivolgergli ulteriori domande. Era lampante che anche solo dare quelle spiegazioni era straziante, per lui, e loro volevano risparmiargli almeno quelle sofferenze. Così, lui li salutò con un cenno del capo, e poi lasciò l'aula.

Rena osservò Daijiro, e successivamente la finestra. Da lì, lei poteva ascoltare il verso delle cicale. E come il suo ragazzo le aveva detto il giorno prima, il loro rumore suonava diametralmente opposto a quello che lei aveva immaginato allora.

Le cicale non stavano cantando di gioia. Stavano piangendo lacrime amare, tormentate da un'immensità di rassegnazione.

~-~-~-~-~

“Non è difficile mettersi nei panni di Shii-chan, hauu.” commentò Hanyuu al termine “Non ci ha detto nulla e li ha lasciati agire come meglio credevano, quando forse era meglio bloccarli subito, ma non è mia intenzione farle delle prediche per questo. Invece, ce l'ho con me stessa. Come diamine si fa a non accorgersi che qualcosa non andava? In casa Sonozaki non sono brave a mentire e tenere nascosti i segreti, era evidente che nella loro testa ci fossero dei brutti nuvoloni.” Quindi la bambina si voltò verso gli altri “Nessuno di voi aveva mai avuto il sospetto che ci sarebbe stato un tale casino?”

“No.”

“No.”

“Io no.”

“Neppure io.”

“Io invece devo ammettere che avevo qualche dubbio...” confessò Rena, alzando timidamente il braccio “Mi ricordavo bene che Gi-chan non poteva stare ad Hinamizawa per sempre e credevo che prima o poi i nodi dovessero venire al pettine. E poi lo avevo visto comportarsi in maniera insolita di recente. Non erano tranquilli, in tutti i sensi.”

“Quindi tu avevi una mezza idea di quello che li stava assillando?”

“Sì... Ma Rena ha preferito rispettare il loro silenzio, strimpellare ai quattro venti quello che loro volevano tenere segreto sarebbe stato orribile. Avevano sicuramente una buona ragione per comportarsi così, Rena si fidava di loro e si fida anche adesso.”

“Io non mi ci raccapezzo più.” protestò Keiichi “Perché di punto in bianco state tutti ricominciando a non confidarvi più con i vostri amici?”

“Perché questa è stata la loro scelta, ed anche se Rena è in disaccordo con loro lei non dare loro questo dispiacere! Riflettici sopra, Keiichi-kun... Qualunque, qualunque soluzione che riusciremmo eventualmente a trovare comporterebbe di base la separazione di uno di loro dalla sua rispettiva famiglia, dal suo mondo. Noi sappiamo già che Mii-chan non può abbandonare il clan Sonozaki, se solo ci provasse susciterebbe un caos di proporzioni mai viste, e potrebbe generare una seconda faida tra di loro, violenta e infausta come e più di quella che abbiamo appena scongiurato, e non saprei dire cosa potrebbe accadere allora. La presenza di Mion è un requisito imprescindibile per il benessere dell'intera Hinamizawa. E quindi perché pensare che per Gi-chan e la sua famiglia sia diverso? Noi non sappiamo come funziona esattamente il tutto dalle sue parti, non ce l'hanno mai descritto, però una divisione traumatica non sarebbe un evento senza conseguenze, presumo, altrimenti non credo che lui si farebbe tutti questi problemi ad insediarsi qui per tutta la vita ed a lasciare che i suoi parenti si gestiscano da soli. Evidentemente, c'è ancora molto da sistemare dalle loro parti, prima che la famiglia Serco possa trovare finalmente la sua pace, ma noi non conosciamo davvero la loro situazione, conosciamo solo quello che Gi-chan ed Ali-chan ci avevano accennato, quindi... Insomma, quello che vorrei spiegarvi è che non possiamo neppure proporre un vero rimedio, in quanto non siamo a conoscenza di tutti gli aspetti del problema.”

“Come quadro della situazione non è piacevole, ma temo che sia assolutamente corretta... Shion, potresti dirci come sta Mion, come morale intendo?”

Shion era rimasta zitta tutto il tempo, non li guardava neppure, come se fosse con la testa tra le nuvole. Ma ora era stata chiamata in causa e doveva rispondere. “E come caspita credi che stia? E' devastata, ridotta ad uno straccio. Non è uscita dal Maniero per giorni, ieri non credo abbia mangiato, ed ultimamente non vuole parlare con nessuno, neanche con la mamma o con me... Non ho la più pallida idea di come trattarla, per farla stare meno male... Ma suppongo che il tempo è l'unica cosa che possa lenire le sue ferite affettive, in casi come questi.”

“Ci conto” rispose Rika “Anche se talvolta la situazione peggiora invece di migliorare, e queste ferite non guariscono mai...”

“E' vero. Francamente neanche io ho fiducia in quello che ho appena detto...”

“Shion, che cosa significano queste parole?”

La ragazza dagli occhi verdi non replicò. Stava tenendo il capo chino.

“Shion?”

“Sai, il fatto di essere stata informata in anticipo di questa partenza ha i suoi vantaggi... Sto rivangando su questa separazione da quando me ne hanno accennato per la prima volta... Dopo il dialogo con Satoshi-kun, dopo averli visti... Qui stiamo parlando della felicità di quei due, a conti fatti, e noi dobbiamo mettere in atto quanto è in nostro potere per garantirgliela. Non dobbiamo lasciare nessuna strada intentata, e per nessuna intendo nessuna... Prima di passare all'azione ho aspettato che voi foste informati nella maniera che loro avevano programmato, non volevo disobbedire loro, e poi desideravo avere il vostro supporto...”

“Ci puoi spiegare che cavolo hai in mente, dannazione? Ci manca solo che tu ti diverta a recitare la parte della misteriosa, adesso.”

“E' presto detto, Kei-chan. Voi non potete più fare nulla per loro, ma io sì.

“Che...”

“Sta muto, tu. E voi, seguitemi.”

I ragazzi andarono tutti nella stanza del preside, e lì Shion prese il ricevitore del telefono senza neppure chiedere l'autorizzazione al suo legittimo proprietario. Il modo di agire vigoroso e perentorio della ragazza era comunque eloquente e l'uomo protestò solo per un momento, dopo di che ascoltò con gli altri quello che lei diceva attraverso la cornetta. Era ovvio che avesse chiamato qualcuno al Maniero, in quanto dalle sue parole traspariva che lei stesse organizzando un incontro ufficiale con sua sorella e sua madre.

Dopo un breve ma vivace scambio di battute, la giovane riagganciò e con un gesto convulso invitò tutto il gruppo ad uscire con lei dalla scuola, verso il cortile dove Kasai arrivò con il suo mezzo dopo alcuni minuti.

“Shion, non ci capisco nulla...” disse Keiichi, una volta sul furgone.

“Shh. Mi devo concentrare per bene. Non sarà una passeggiata di salute, e in parte mi terrorizza l'idea di essere quella che terrorizza, per una volta.”

“Ma che...”

“Shhh.”

L'atmosfera dentro la vettura si stava facendo pesante, e neanche una mosca avrebbe avuto il permesso di ronzare in quel momento, sarebbe stata zittita anche lei. Shion stava attirando su di sé gli sguardi di tutti i suoi compagni, lei lo sapeva bene, ma non sembrava tenerne conto, era come se non ci fossero. Stava seduta con le dita delle mani incrociate appoggiate davanti alla bocca, come in preghiera. I suoi occhi erano vispi e fermi al tempo stesso, la sua testa colma di ogni sorta di dubbi, paure e dilemmi sul passo cruciale che lei stava per compiere.

Era meglio mettere le cose in chiaro il prima possibile, e pertanto, non appena furono in prossimità dell'ingresso della villa dei Sonozaki, Shion saltò giù dal furgone quasi senza aspettare che esso si fermasse. Rischiando di slogarsi una caviglia, corse poi rapida fino al cortile interno, seguita dagli altri, finché non raggiunse la saletta dove Mion e sua madre li stavano attendendo, aprendo di botto la porta scorrevole, spalancandola e facendola addirittura uscire dai binari lungo cui solitamente scivolava. La sua sorellina dalla coda di cavallo apparve quindi al cospetto di tutti, vestita solo di un semplice kimono bianco indossato forse in tutta fretta, e ognuno vide come lei cercasse di mantenere un aspetto serioso e dignitoso, anche se era un poco disturbata e resa inquieta da quella convocazione improvvisa, oltre che da quel modo di arrivare da parte di Shion. Ormai lei sapeva tutto del modo di regolarsi di sua sorella, era lampante come essa stesse escogitando qualcosa di grosso.

Ed infatti quest'ultima si sedette in ginocchio, lievemente affannata per la corsa, prima che la madre Akane le chiese conto della ragione di quell'udienza tanto urgente. Shion fissò le due donne di fronte a lei, fece un respiro profondo per prendere coraggio, e poi disse con calma glaciale queste parole:

“E' molto semplice. Sonozaki Mion, io vi prego di restituirmi il posto che ti ho prestato qualche anno fa. Ovvero, io ti ordino di rendermi il ruolo di leader che tu mi hai rubato quando eravamo bambine. Non appartiene a te, quello. Esso spetta a me. Il trono dei Sonozaki è mio, non tuo.”

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Higurashi no naku koro ni / Vai alla pagina dell'autore: TheNaiker