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Autore: Easily Forgotten Love    25/05/2008    1 recensioni
Brian e Stefan si sono appena lasciati. Sebbene sia stata una scelta consapevole, Stefan non sa ancora quanto possa fare male. E Brian, che quella scelta l’ha subita, non riesce ad accettare di arrendersi senza provare a riprendersi ciò che ama.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Molko, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-A cosa devo questa telefonata, Vin?

-…che tipo è questo Brian, Alex?

-…il tipo che non s’incontra tanto spesso…

***

-Steve!- chiama la donna a voce alta.- È Brian!

-Non vi ho disturbati, vero Rita?- chiede il bruno mentre sfila il cappotto di dosso.

-Ma no, figurati!- gli sorride lei, aiutandolo ed appendendo l’indumento accanto alla porta.- Vai pure di là, io recupero Emily e la accompagno a danza.

-Grazie.- mormora lui, avviandosi da solo nel corridoio in penombra.

Dal fondo della casa gli arriva il rumore dello stereo acceso a tutto volume, una porta tra le ultime si apre di botto ed il suono si riversa fuori con prepotenza, un rock distorto e potente che fa vibrare la casa ed annuncia l’apparire dell’espressione incuriosita di Steve.

-Ah.- realizza puntando gli occhi sulla figuretta bassa che avanza.- Sei tu.- aggiunge poi ributtandosi dentro la stanza.

Mentre Brian entra ridendo nello studio dell’altro, lui abbassa il volume da un telecomando che getta sul ripiano dello scrittoio.

-Buonasera.- saluta Brian appropriandosi con arrogante disinvoltura di una delle poltrone.

-Ciao.- ricambia il batterista con un sorriso storto, fissandolo da sotto le ciocche ribelli che si sono sciolte dalla coda in cui ha raccolto i capelli.- A cosa devo l’onore?- ironizza.

Brian storce il naso in una smorfia risentita.

-Tu e Stefan mi odiate in questo periodo!- nota stizzoso, scalciando via un cuscino che si ritrova accanto al piede, posato sulla moquette che ricopre il pavimento.

Il cuscino rimbalza su un tavolino basso sistemato tra i divani e Steve lo afferra al volo e lo lascia cadere sulla seduta di quello che ha dietro di sè.

-Ahah, Brian.- annuisce senza farsi trarre in inganno da quei capricci- E immagino che tu sia stupito del fatto che Stefan “ti odi” in questo periodo.- aggiunge in tono piano.

Brian si lascia scivolare più a fondo nella poltrona, stendendo le gambe davanti a sé e risultando comunque così piccolo, perfino sbracato nel sedile, da essere perfettamente a proprio agio nello spazio angusto tra i divani. Si mordicchia nervosamente un dito, sfuggendo lo sguardo e la domanda di Steve, che sospira e si muove, avvicinandosi ad una vetrina che ospita un paio di bottiglie di liquore e qualche bicchiere abbandonato tra file di dischi in vinile.

-…ad essere onesti, sì.- risponde alla fine Brian in un borbottio che Steve coglie di sfuggita. Si volta a gettargli uno sguardo da sopra la spalla, mentre versa da bere ad entrambi.- E’ stato lui a lasciarmi, non ha senso che continui a rimproverarmi di questo!- esplicita il concetto il bruno.

Steve sospira ancora. Di serate come quella nell’ultimo periodo ne ha vissute parecchie e, se deve essere sincero, uno dei pochi motivi per cui ancora non ha buttato fuori Brian con il calcio nel sedere che si meriterebbe è sua moglie ed il suo continuo ripetergli che “Brian ha bisogno di lui in un momento in cui ha perso l’unica persona che riuscisse a farlo ragionare davvero”.

In realtà Steve sa bene che non esiste nessuno in grado di fare ragionare davvero Brian, ma questo a Rita non lo ha detto. Non se l’è proprio sentita di dirle, davanti al suo sguardo sereno di “mamma”, che il motivo vero per cui Stefan ha mollato è stato proprio la tragica comprensione che non sarebbe mai riuscito a recuperare Brian dal fondo in cui si dibatteva da anni. O magari, se pure ci fosse riuscito, il prezzo sarebbe stato davvero troppo alto. A Rita, come a tutte le mamme, piace credere che non esistano problemi che un po’ di buona volontà e tanto affetto non possano aiutare a sistemare.

Per questo lei gli ha chiesto di essere paziente. E per lei – oltre che per Alex, Stefan…ed in fondo anche per Brian stesso – lui sopporta ancora l’inutile ripetersi di questa pagliacciata patetica che il brunetto inscena per tutti loro ogni volta che può.

Gli allunga il bicchiere pieno, aspettando che Brian lo prenda con un ringraziamento a fior di labbra che sta tanto bene a quel suo nuovo atteggiamento da “ragazzina” affranta. Reprime uno sbuffo infastidito e si cerca un posto tra i cuscini del divano di fronte all’altro.

-Credo che il problema non sia che vi siete lasciati, Brian, quanto più che lui ti abbia pregato in tutti i modi di accettarlo e tu continui ad insistere per torturarlo.- spiega Steve pazientemente.

Brian beve un sorso ed alza il viso ad incrociare i suoi occhi.

-Non ha senso, Steve.- protesta ancora.- Io lo amo. Lui mi ama. Ma non vuole stare con me.

-Non è sempre il fatto di non amarsi più a far naufragare una storia.- afferma ragionevole il batterista.

***

-E per quale motivo è finita tra voi, Stefan?

Si obbliga a ripensarci. Si prende il tempo che gli serve, ruota lo sguardo per non incrociare gli occhi chiari ed attenti che lo studiano. Di Vincent Cavendish ha scoperto che gli piace la discrezione. Non avrebbe mai pensato esistessero degli psicologi in grado di essere “discreti”, è un controsenso in termini: scavare nella vita e nei pensieri di un paziente implica l’essere indiscreti, curiosi, anche un po’ morbosi…In Vincent non c’è niente di tutto questo. Le loro sedute sono chiacchierate piacevoli, dalle quali Stefan esce con l’impressione di aver solo bevuto un thè con un conoscente; parlano di un po’ di tutto, parlano di cose che con la psicoanalisi non c’entrano nulla – il lavoro, Alex, i ricordi di scuola di entrambi… - e poi alla fine parlano anche di Brian.

E Stefan pian piano raccoglie intorno al nome l’impressione che i ricordi lasciano, i sentimenti che rimangono attaccati alle ossa nonostante tutto e gli odori che s’imprimono con la presenza, quando non si può farne a meno.

La prima cosa a cui pensa quando deve pensare a Brian sono i litigi. Quelli che avevano di rado, perché lui – Stefan – li evitava ad ogni costo. I litigi con Brian non danno nessuna soddisfazione, fanno un male fottuto perché Brian è bravo a fare male, e non portano da nessuna parte, perché lui si ostina nelle proprie convinzioni anche quando sbaglia. Soprattutto quando sbaglia. Il punto è che non puoi davvero ragionare con qualcuno che è disposto a distruggere se stesso pur di dimostrarti la propria teoria, tutto ciò che ottieni è che sia tu che lui sarete entrambi doloranti, dopo, e tu dovrai trovare il modo per rimettere insieme dei pezzi sempre più piccoli ogni volta.

I litigi tra lui e Brian, comunque, sono la prima cosa a cui pensa. Poi vengono i motivi per cui litigare.

All’inizio erano i modi di Brian, le difficoltà enormi che avevano a trovare un equilibrio nella band, un equilibrio con la produzione, un equilibrio con i fan.

Superato questo, diventarono i tradimenti. Avere una storia con qualcuno e non avercela davvero, perché quel qualcuno si impegna strenuamente per farti capire a fondo – bene a fondo – che la vostra relazione ha delle regole che non sei tu a dettare ed alle quali ti conviene adeguarti in fretta.

Ma questo è superabile. Lo è di meno vederlo darsi via per non si sa bene quale presunto guadagno.

Poi, però, subentrò altro. L’altro al quale Stefan non era stato disposto ad adeguarsi. L’altro che glielo portava via, Brian, in un modo molto più pericoloso e doloroso di quanto non fosse vederlo strusciarsi addosso a qualcuno che non era lui e sentirsi sulla pelle quelle moine da puttana che lo ferivano a morte.

Quell’altro era un gioco a cui Stefan aveva anche provato, stupidamente, a partecipare. Non era un santo, non lo era mai stato, e Brian aveva la capacità orribile di risucchiare via le energie in poco tempo, prosciugarti in fretta e lasciarti senza fiato. Farsi trascinare da lui, adeguarsi ai suoi ritmi ed alle sue regole rendeva tutto molto più semplice. E quindi, per un po’, Stefan aveva anche provato a stare dietro a Brian, all’alcool, alla droga ed al gioco idiota di bruciarsi la vita in fretta. Sembrava un cliché comodo da adottare, in fondo, era anche quello che un po’ tutti si aspettavano da loro e nessuno sembrava intenzionato a giudicarli per questo.

-Il motivo è stato proprio Brian…credo.- risponde incerto Stefan, e lo sguardo azzurro non muta nell’attesa paziente con cui accoglie le sue parole- Non è così semplice mandare avanti una storia con una persona tesa solo a dimostrare per forza che ogni cosa al mondo finisce per giustificare così la propria mancanza di volontà nell’impegnarsi a farla funzionare. - prosegue spiegando i propri pensieri e riassumendoli in quel concetto- Io mi ci sono impegnato finché ci sono riuscito.

E si era impegnato anche dopo. Quando all’improvviso si era reso conto che il modo “comodo” di vivere, il bruciarsi tutto nello spazio di un attimo, non era davvero ciò che voleva. E non lo voleva per Brian tanto quanto non lo voleva per sé, e non riusciva proprio ad accettare di doverlo recuperare nei backstage dei concerti che abbandonava in fretta – troppo ubriaco o troppo fatto per poter portare avanti lo spettacolo – a vomitare in un angolo, chiuso nel suo mutismo rabbioso, che traspariva intatto dagli occhi chiari anche quando si ricoprivano di quella strafottenza irritante che Stefan avrebbe voluto levargli di dosso a schiaffi tanto quanto i modi da gatta in calore.

Quando si era reso conto che tutto questo non gli andava più, aveva dato un ultimatum. Era servita una volta di troppo, una serata peggiore delle altre, i rimproveri feroci di Alex e Steve che si moltiplicavano e facevano eco ai suoi e la sensazione sempre più viva per Brian di qualcosa che rapidamente gli stesse sfuggendo di mano e che non era più così divertente come all’inizio. Quella depressione strisciante che si tirava addosso già da troppo e che le droghe e la vita sregolata avevano solo peggiorato era finita per sfociare in una presa di coscienza, Stefan aveva dato una spinta decisa in questo senso e Brian si era arreso. Alla fine.

-Sì, ma perché lasciarlo proprio ora.- chiede Vincent. E la sua domanda ricalca esattamente quella che Stefan si è posto anche troppo spesso negli ultimi giorni, ogni singola volta che ha avuto Brian davanti ed il suo profumo, la sua bellezza, il suo sorriso lo hanno trafitto come se non se ne fosse mai andato.- Hai detto tu che dalla droga stava uscendo, che le cose tra voi sembravano essersi sistemate e che Brian sta cambiando…Non trovi che sia illogico averlo lasciato proprio quando poteva cominciare ad andare tutto per il verso giusto?

Come spiegare che è proprio “la fine” a rendere il senso alle cose?

Che è solo quando ci si ferma stremati a riprendere fiato che si tirano davvero le somme.

Brian si è arreso, ma anche Stefan in qualche modo si è arreso all’idea che non può essere lui a salvarlo davvero. Ha letto troppe volte negli occhi di Brian l’immensità distorta di quello che prova, l’assurdità palese dei suoi pensieri, dei loro percorsi contorti lungo sentieri che nessuno di loro può percorrere insieme a lui.

Forse l’unico modo per dirlo è quello vero e sincero delle cose…

-Sì, ma io non ce la faccio più.- ammette quindi, in tono incolore come il cielo plumbeo che la finestra non rende meno grigio, né lo può la luce artificiale della stanza.- Penso anche…che la decisione di lasciarlo l’avessi maturata già da prima che Brian iniziasse a cambiare, ma non potevo farlo allora.- spiega allo stesso modo, senza giustificarsi anche se a lui per primo suona meschino quello che dice- Avrebbe voluto dire lasciarlo morire.- confessa- Alex e Steve vogliono a Brian lo stesso affetto che gli voglio io, ma nessuno dei due ha con lui un qualche dialogo…Nessuno a parte me…e forse suo fratello Barry, ha con Brian un vero dialogo. Spettava a me farmi carico di questa cosa finché non fossi stato sicuro che lui sarebbe stato bene comunque.

-Ed ora ne sei sicuro? Che lui starà bene, comunque.

Stefan ci riflette. Quel giorno, quando gli ha estorto la promessa di piantarla con la droga, ha promesso a Brian che lui ci sarebbe sempre stato. Brian gli ha creduto e Stefan è deciso a mantenere la promessa, anche se non può farlo nel modo in cui l’altro vorrebbe.

-Sì.- sospira infine, stendendo il petto nel farlo e prendendo un respiro profondo per dare aria allo stomaco, che tira e brucia in modo fastidioso.- Io credo di sì.

***

-Dio, Brian!

Lui alza impudente uno sguardo divertito e giocoso, solleva le gambe sulla sedia girevole, le incrocia sotto il sedere e si sistema soddisfatto in attesa del resto.

Alex ruota gli occhi esasperata, allontanandosi da lui con un mezzo grugnito di protesta.

-E’ il secondo solo questo mese!- ruggisce infine agitando le mani.- E dobbiamo iniziare la registrazione del nuovo album tra tre giorni!- gli ricorda puntando un dito contro di lui.

Brian ride, lei ci rinuncia e sbottona rapida la giacchetta di velluto che le costringe il seno ed aumenta il senso di soffocamento che si sente addosso in quel momento.

-Ti odio.- confessa esausta.

-Può essere.- concede lui annuendo.- Andiamo, Alex!- cambia tattica subito dopo- Ma non ti viene il dubbio che non mi serva un dannatissimo psichiatra?! Sto bene!

-Psicologo, Brian.- ritorce lei tornandogli incontro per girare attorno alla scrivania e lasciarsi cadere di schianto sulla poltrona- E non stai affatto bene.- continua impietosa.- Salti gli appuntamenti di lavoro, bevi ancora troppo, sei sempre depresso, isterico, di cattivo umore, assente e…

-E’ il quadro di uno psicopatico.- ammette Brian interrompendola per sporgersi a rubare una caramella dal porta bon bon sulla scrivania.- Aggiungici che mangio anche un sacco di schifezze.- piagnucola scartando il dolce.

-Ci aggiungerò “morto” se non la smetti di angosciare tutti noi, Brian.- gli promette lei in tono minaccioso. Ma poi sospira e si tira dritta avvicinando il viso a quello dell’altro attraverso la superficie chiara del legno di ciliegio.- Ascoltami. Facciamo un patto. Tu ti comporti bene con il prossimo psicologo che ti trovo…

-Se ne troverai un altro.- obietta lui ridacchiando in modo affatto rassicurante.

Alex gli allunga uno schiaffo leggero sulla guancia e, quando Brian torna a guardarla un po’ stupito, lei riprende con calma.

-Ed io in cambio vedo di vendere quel dannato appartamento, trovartene uno nuovo tutto tuo e farti avere una vacanza da passare a Parigi da solo per almeno un mese ed a spese della produzione appena finiamo di incidere.

-…Parigi.- ripete lui interessato.

-Parigi, Brian.- conferma Alex annuendo.

Brian ci pensa su. Poi torna a fissare la ragazza bionda che lo scruta speranzosa e vagamente terrorizzata. Dovrebbe dirle che di Parigi gliene frega meno di niente allo stato dei fatti, ma si oppongono due cose: la prima riguarda il fatto che un mese intero di vacanza da solo è allettante, visto che si sente scoppiare all’idea di tutto il tempo che lui e Stefan dovranno passare insieme per registrare il nuovo album. La seconda è che, anche se sa che sta per mentirle, vuole bene davvero ad Alex e non desidera farle venire un esaurimento nervoso in anticipo quando può posticiparlo quel tanto che basta a salvaguardarla un altro po’.

-Uhm.- mugugna quindi servendosi di un’altra caramella.

Alex sa che quello non è affatto un “sì” e sa di non avere alcun motivo per sentirsi sollevata, ma vuole fingere che lo sia e concede a Brian un sorriso sofferto, mentre lui si alza dalla sedia ed agita la mano uscendo dall’ufficio ed annunciandole che non sarà reperibile fino a sera.

Lei sospira pesantemente, osserva per un momento la porta e poi sposta lo sguardo sulla cornetta del telefono, allunga una mano di scatto – quasi avesse paura di ripensarci – e compone a memoria il numero, aspettando che dall’altro lato squilli libero.

La voce che le risponde è divertita.

-Non ti fai sentire per tre anni e poi ricompari e sembra che non riesca a stare un giorno senza di me.

-Vai al diavolo, Vin.- ribatte la donna in tono colloquiale. L’altro ride ma non dice nulla.- Ho ancora bisogno di te.- ammette Alex sospirando di nuovo.

-Anche questo sta diventando un vizio.- annuisce lui calmo.- E di cosa hai bisogno stavolta?- s’informa.

-Brian.- risponde lei borbottando. Vincent non aggiunge nulla ed Alex prende fiato e continua.- Immagino di non dirti niente che tu non sappia già: teoricamente è in terapia per disintossicarsi, ma nella pratica dei fatti continua a fare scappare i medici che lo hanno in cura.

-Ed a farsi?- domanda lui atono.

-No, quello no.- sussurra Alex e poi ride nervosamente.- Dio, mi taglierei le vene in caso contrario! Già così è assolutamente ingestibile!

-Immagino.- le concede Vincent piano.- Vorresti che me ne occupassi io?- chiede.

-Non so più a che santo votarmi.- confessa lei sfinita.- Direi che sei l’ultima risorsa che mi rimane e, credimi, non avrei mai voluto farti questo.

Vincent ride ancora, sereno come sempre.

-Mi lusinga molto la tua fiducia, Alex, ma temo di dover ammettere che non sarei la persona più indicata per gestire uno come il tuo Brian, se è davvero il tipo di persona che tu e Stefan descrivete.- risponde alla fine.

Alex scuote la testa anche se lui non può vederla.

-Bene, allora dovrò arrendermi all’idea che questo album non vedrà mai la luce!- sbotta irritata.- Brian continua a saltare con metodo ogni singolo appuntamento di lavoro ed io non dubito che per le sessioni di registrazione succederà esattamente lo stesso!- si lamenta a ruota libera.- Giuro che se non fosse per Steve e Stefan mi licenzierei oggi stesso! Non lo sopporto più e…

-Si vede che gli volete tutti un gran bene.- la interrompe pacato Vincent.

Lei quasi si soffoca con le parole che le rimangono in gola, strozzandola. E quella finzione di risentimento va a farsi benedire, come il pensiero di poter ribattere qualcosa di velenoso per liberarsi della sensazione di essere stata scoperta. Invece respira a fondo e Vincent dall’altro lato borbotta un “va bene” affaccendato ed armeggia con cassetti e fogli di carta – almeno dai rumori che Alex distingue in sottofondo. Ma poi torna a parlarle e lei aguzza istintivamente le orecchie, pendendo dalle sue labbra in cerca di una qualche soluzione magica che le permetta di aggiustare la vita di Brian con un colpo di bacchetta.

-Ti do il nome di una persona.- ricomincia a parlare Vincent.- Prendi un appuntamento e portale Brian. Se non ne viene a capo lei non ci riuscirà nessuno.

-…lei?- mormora Alex.

-Sì. Si chiama Dunja Bennet.- dice lui, aggiungendo poi un numero di telefono ed un indirizzo che Alex segna al volo sul risvolto dell’agenda aperta davanti a sé.

-È anche lei un’allieva del professor Chapman?- s’informa mentre tiene in bilico la cornetta tra la spalla e l’orecchio per poter scrivere.

-Lo è stata.- risponde Vincent.- È più vecchia di me.

Alex biascica un ringraziamento che la stanchezza rende stentato e butta la penna sul tavolo, abbandonandosi all’indietro contro lo schienale della sedia.

-Come va?-le chiede Vincent premuroso.

-A te come va?- ritorce lei sorridendo amaramente.

-Beh, se vuoi dire con Stefan…è una persona davvero speciale.- ammette il ragazzo.- Ed è forte.

-…uhm.- mugugna Alex.- Lo spero. O qui non ne usciremo più.

 
  
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