-A cosa
devo questa
telefonata, Vin?
-…che
tipo è questo
Brian, Alex?
-…il
tipo che non
s’incontra tanto spesso…
***
-Steve!-
chiama la donna a voce alta.- È Brian!
-Non
vi ho disturbati, vero Rita?- chiede il bruno mentre sfila il cappotto
di
dosso.
-Ma
no, figurati!- gli sorride lei, aiutandolo ed appendendo
l’indumento accanto
alla porta.- Vai pure di là, io recupero Emily e la
accompagno a danza.
-Grazie.-
mormora lui, avviandosi da solo nel corridoio in penombra.
Dal
fondo della casa gli arriva il rumore dello stereo acceso a tutto
volume, una
porta tra le ultime si apre di botto ed il suono si riversa fuori con
prepotenza, un rock distorto e potente che fa vibrare la casa ed
annuncia
l’apparire dell’espressione incuriosita di Steve.
-Ah.-
realizza puntando gli occhi sulla figuretta bassa che avanza.- Sei tu.-
aggiunge poi ributtandosi dentro la stanza.
Mentre
Brian entra ridendo nello studio dell’altro, lui abbassa il
volume da un
telecomando che getta sul ripiano dello scrittoio.
-Buonasera.-
saluta Brian appropriandosi con arrogante disinvoltura di una delle
poltrone.
-Ciao.-
ricambia il batterista con un sorriso storto, fissandolo da sotto le
ciocche
ribelli che si sono sciolte dalla coda in cui ha raccolto i capelli.- A
cosa
devo l’onore?- ironizza.
Brian
storce il naso in una smorfia risentita.
-Tu
e Stefan mi odiate in questo periodo!- nota stizzoso, scalciando via un
cuscino
che si ritrova accanto al piede, posato sulla moquette che ricopre il
pavimento.
Il
cuscino rimbalza su un tavolino basso sistemato tra i divani e Steve lo
afferra
al volo e lo lascia cadere sulla seduta di quello che ha dietro di
sè.
-Ahah,
Brian.- annuisce senza farsi trarre in inganno da quei capricci- E
immagino che
tu sia stupito del fatto che Stefan “ti odi” in
questo periodo.- aggiunge in
tono piano.
Brian
si lascia scivolare più a fondo nella poltrona, stendendo le
gambe davanti a sé
e risultando comunque così piccolo, perfino sbracato nel
sedile, da essere
perfettamente a proprio agio nello spazio angusto tra i divani. Si
mordicchia
nervosamente un dito, sfuggendo lo sguardo e la domanda di Steve, che
sospira e
si muove, avvicinandosi ad una vetrina che ospita un paio di bottiglie
di
liquore e qualche bicchiere abbandonato tra file di dischi in vinile.
-…ad
essere onesti, sì.- risponde alla fine Brian in un borbottio
che Steve coglie
di sfuggita. Si volta a gettargli uno sguardo da sopra la spalla,
mentre versa
da bere ad entrambi.- E’ stato lui a lasciarmi, non ha senso
che continui a rimproverarmi di
questo!- esplicita il
concetto il bruno.
Steve
sospira ancora. Di serate come quella nell’ultimo periodo ne
ha vissute
parecchie e, se deve essere sincero, uno dei pochi motivi per cui
ancora non ha
buttato fuori Brian con il calcio nel sedere che si meriterebbe
è sua moglie ed
il suo continuo ripetergli che “Brian ha bisogno di lui in un
momento in cui ha
perso l’unica persona che riuscisse a farlo ragionare
davvero”.
In
realtà Steve sa bene che non esiste nessuno
in grado di fare ragionare davvero Brian, ma questo a Rita
non lo ha detto.
Non se l’è proprio sentita di dirle, davanti al
suo sguardo sereno di “mamma”,
che il motivo vero per cui Stefan ha mollato è stato proprio
la tragica
comprensione che non sarebbe mai riuscito a recuperare Brian dal fondo
in cui
si dibatteva da anni. O magari, se pure ci fosse riuscito, il prezzo
sarebbe
stato davvero troppo alto. A Rita, come a tutte le mamme, piace credere
che non
esistano problemi che un po’ di buona volontà e
tanto affetto non possano
aiutare a sistemare.
Per
questo lei gli ha chiesto di essere paziente. E per lei –
oltre che per Alex,
Stefan…ed in fondo anche per Brian stesso – lui
sopporta ancora l’inutile
ripetersi di questa pagliacciata patetica che il brunetto inscena per
tutti
loro ogni volta che può.
Gli
allunga il bicchiere pieno, aspettando che Brian lo prenda con un
ringraziamento a fior di labbra che sta tanto bene a quel suo nuovo
atteggiamento da “ragazzina” affranta. Reprime uno
sbuffo infastidito e si
cerca un posto tra i cuscini del divano di fronte all’altro.
-Credo
che il problema non sia che vi siete lasciati, Brian, quanto
più che lui ti
abbia pregato in tutti i modi di accettarlo e tu continui ad insistere
per
torturarlo.- spiega Steve pazientemente.
Brian
beve un sorso ed alza il viso ad incrociare i suoi occhi.
-Non
ha senso, Steve.- protesta ancora.- Io lo amo. Lui mi ama. Ma non vuole
stare
con me.
-Non
è sempre il fatto di non amarsi più a far
naufragare una storia.- afferma
ragionevole il batterista.
***
-E
per quale motivo è finita tra voi, Stefan?
Si
obbliga a ripensarci. Si prende il tempo che gli serve, ruota lo
sguardo per
non incrociare gli occhi chiari ed attenti che lo studiano. Di Vincent
Cavendish ha scoperto che gli piace la discrezione. Non avrebbe mai
pensato
esistessero degli psicologi in grado di essere
“discreti”, è un controsenso in
termini: scavare nella vita e nei pensieri di un paziente implica
l’essere
indiscreti, curiosi, anche un po’ morbosi…In
Vincent non c’è niente di tutto
questo. Le loro sedute sono chiacchierate piacevoli, dalle quali Stefan
esce
con l’impressione di aver solo bevuto un thè con
un conoscente; parlano di un
po’ di tutto, parlano di cose che con la psicoanalisi non
c’entrano nulla – il
lavoro, Alex, i ricordi di scuola di entrambi… - e poi alla
fine parlano anche
di Brian.
E
Stefan pian piano raccoglie intorno al nome l’impressione che
i ricordi
lasciano, i sentimenti che rimangono attaccati alle ossa nonostante
tutto e gli
odori che s’imprimono con la presenza, quando non si
può farne a meno.
La
prima cosa a cui pensa quando deve pensare a Brian sono i litigi.
Quelli che
avevano di rado, perché lui – Stefan –
li evitava ad ogni costo. I litigi con
Brian non danno nessuna soddisfazione, fanno un male fottuto
perché Brian è
bravo a fare male, e non portano da nessuna parte, perché
lui si ostina nelle
proprie convinzioni anche quando sbaglia. Soprattutto quando sbaglia.
Il punto
è che non puoi davvero ragionare con qualcuno che
è disposto a distruggere se
stesso pur di dimostrarti la propria teoria, tutto ciò che
ottieni è che sia tu
che lui sarete entrambi doloranti, dopo, e tu dovrai trovare il modo
per
rimettere insieme dei pezzi sempre più piccoli ogni volta.
I
litigi tra lui e Brian, comunque, sono la prima cosa a cui pensa. Poi
vengono i
motivi per cui litigare.
All’inizio
erano i modi di Brian, le difficoltà enormi che avevano a
trovare un equilibrio
nella band, un equilibrio con la produzione, un equilibrio con i fan.
Superato
questo, diventarono i tradimenti. Avere una storia con qualcuno e non
avercela
davvero, perché quel qualcuno si impegna strenuamente per
farti capire a fondo
– bene a fondo – che la vostra relazione ha delle
regole che non sei tu a
dettare ed alle quali ti conviene adeguarti in fretta.
Ma
questo è superabile. Lo è di meno vederlo darsi
via per non si sa bene quale
presunto guadagno.
Poi,
però, subentrò altro.
L’altro al
quale Stefan non era stato disposto ad adeguarsi. L’altro che
glielo portava
via, Brian, in un modo molto più pericoloso e doloroso di
quanto non fosse
vederlo strusciarsi addosso a qualcuno che non era lui e sentirsi sulla
pelle
quelle moine da puttana che lo ferivano a morte.
Quell’altro
era un gioco a cui Stefan aveva anche provato, stupidamente, a
partecipare. Non
era un santo, non lo era mai stato, e Brian aveva la
capacità orribile di
risucchiare via le energie in poco tempo, prosciugarti in fretta e
lasciarti
senza fiato. Farsi trascinare da lui, adeguarsi ai suoi ritmi ed alle
sue
regole rendeva tutto molto più semplice. E quindi, per un
po’, Stefan aveva
anche provato a stare dietro a Brian, all’alcool, alla droga
ed al gioco idiota
di bruciarsi la vita in fretta. Sembrava un cliché comodo da
adottare, in
fondo, era anche quello che un po’ tutti si aspettavano da
loro e nessuno
sembrava intenzionato a giudicarli per questo.
-Il
motivo è stato proprio Brian…credo.- risponde
incerto Stefan, e lo sguardo
azzurro non muta nell’attesa paziente con cui accoglie le sue
parole- Non è
così semplice mandare avanti una storia con una persona tesa
solo a dimostrare
per forza che ogni cosa al mondo finisce per giustificare
così la propria
mancanza di volontà nell’impegnarsi a farla
funzionare. - prosegue spiegando i
propri pensieri e riassumendoli in quel concetto- Io mi ci sono
impegnato
finché ci sono riuscito.
E
si era impegnato anche dopo. Quando all’improvviso si era
reso conto che il
modo “comodo” di vivere, il bruciarsi tutto nello
spazio di un attimo, non era
davvero ciò che voleva. E non lo voleva per Brian tanto
quanto non lo voleva
per sé, e non riusciva proprio ad accettare di doverlo
recuperare nei backstage
dei concerti che abbandonava in fretta – troppo ubriaco o
troppo fatto per poter portare
avanti lo
spettacolo – a vomitare in un angolo, chiuso nel suo mutismo
rabbioso, che
traspariva intatto dagli occhi chiari anche quando si ricoprivano di
quella
strafottenza irritante che Stefan avrebbe voluto levargli di dosso a
schiaffi
tanto quanto i modi da gatta in calore.
Quando
si era reso conto che tutto questo non gli andava più, aveva
dato un ultimatum.
Era servita una volta di troppo, una serata peggiore delle altre, i
rimproveri
feroci di Alex e Steve che si moltiplicavano e facevano eco ai suoi e
la
sensazione sempre più viva per Brian di qualcosa che
rapidamente gli stesse
sfuggendo di mano e che non era più così
divertente come all’inizio. Quella
depressione strisciante che si tirava addosso già da troppo
e che le droghe e
la vita sregolata avevano solo peggiorato era finita per sfociare in
una presa
di coscienza, Stefan aveva dato una spinta decisa in questo senso e
Brian si
era arreso. Alla fine.
-Sì,
ma perché lasciarlo proprio ora.- chiede Vincent. E la sua
domanda ricalca
esattamente quella che Stefan si è posto anche troppo spesso
negli ultimi
giorni, ogni singola volta che ha avuto Brian davanti ed il suo
profumo, la sua
bellezza, il suo sorriso lo hanno trafitto come se non se ne fosse mai
andato.-
Hai detto tu che dalla droga stava uscendo, che le cose tra voi
sembravano
essersi sistemate e che Brian sta cambiando…Non trovi che
sia illogico averlo
lasciato proprio quando poteva cominciare ad andare tutto per il verso
giusto?
Come
spiegare che è proprio “la fine” a
rendere il senso alle cose?
Che
è solo quando ci si ferma stremati a riprendere fiato che si
tirano davvero le
somme.
Brian
si è arreso, ma anche Stefan in qualche modo si è
arreso all’idea che non può
essere lui a salvarlo davvero. Ha letto troppe volte negli occhi di
Brian
l’immensità distorta di quello che prova,
l’assurdità palese dei suoi pensieri,
dei loro percorsi contorti lungo sentieri che nessuno di loro
può percorrere
insieme a lui.
Forse
l’unico modo per dirlo è quello vero e sincero
delle cose…
-Sì,
ma io non ce la faccio più.- ammette quindi, in tono
incolore come il cielo
plumbeo che la finestra non rende meno grigio, né lo
può la luce artificiale
della stanza.- Penso anche…che la decisione di lasciarlo
l’avessi maturata già
da prima che Brian iniziasse a cambiare, ma non potevo farlo allora.-
spiega
allo stesso modo, senza giustificarsi anche se a lui per primo suona
meschino
quello che dice- Avrebbe voluto dire lasciarlo morire.- confessa- Alex
e Steve
vogliono a Brian lo stesso affetto che gli voglio io, ma nessuno dei
due ha con
lui un qualche dialogo…Nessuno a parte me…e forse
suo fratello Barry, ha con
Brian un vero dialogo. Spettava a me farmi carico di questa cosa
finché non
fossi stato sicuro che lui sarebbe stato bene comunque.
-Ed
ora ne sei sicuro? Che lui starà bene, comunque.
Stefan
ci riflette. Quel giorno, quando gli ha estorto la promessa di
piantarla con la
droga, ha promesso a Brian che lui ci sarebbe sempre stato. Brian gli
ha
creduto e Stefan è deciso a mantenere la promessa, anche se
non può farlo nel
modo in cui l’altro vorrebbe.
-Sì.-
sospira infine, stendendo il petto nel farlo e prendendo un respiro
profondo
per dare aria allo stomaco, che tira e brucia in modo fastidioso.- Io
credo di
sì.
***
-Dio,
Brian!
Lui
alza impudente uno sguardo divertito e giocoso, solleva le gambe sulla
sedia
girevole, le incrocia sotto il sedere e si sistema soddisfatto in
attesa del resto.
Alex
ruota gli occhi esasperata, allontanandosi da lui con un mezzo grugnito
di
protesta.
-E’
il secondo solo questo mese!- ruggisce infine agitando le mani.- E
dobbiamo
iniziare la registrazione del nuovo album tra tre giorni!- gli ricorda
puntando
un dito contro di lui.
Brian
ride, lei ci rinuncia e sbottona rapida la giacchetta di velluto che le
costringe il seno ed aumenta il senso di soffocamento che si sente
addosso in
quel momento.
-Ti
odio.- confessa esausta.
-Può
essere.- concede lui annuendo.- Andiamo, Alex!- cambia tattica subito
dopo- Ma
non ti viene il dubbio che non mi serva
un dannatissimo psichiatra?! Sto bene!
-Psicologo,
Brian.- ritorce lei tornandogli incontro per girare attorno alla
scrivania e
lasciarsi cadere di schianto sulla poltrona- E non stai affatto bene.-
continua
impietosa.- Salti gli appuntamenti di lavoro, bevi ancora troppo, sei
sempre
depresso, isterico, di cattivo umore, assente e…
-E’
il quadro di uno psicopatico.- ammette Brian interrompendola per
sporgersi a
rubare una caramella dal porta bon bon sulla scrivania.- Aggiungici che
mangio
anche un sacco di schifezze.- piagnucola scartando il dolce.
-Ci
aggiungerò “morto” se non la smetti di
angosciare tutti noi, Brian.- gli
promette lei in tono minaccioso. Ma poi sospira e si tira dritta
avvicinando il
viso a quello dell’altro attraverso la superficie chiara del
legno di
ciliegio.- Ascoltami. Facciamo un patto. Tu ti comporti bene con il
prossimo
psicologo che ti trovo…
-Se
ne troverai un altro.- obietta lui ridacchiando in modo affatto
rassicurante.
Alex
gli allunga uno schiaffo leggero sulla guancia e, quando Brian torna a
guardarla un po’ stupito, lei riprende con calma.
-Ed
io in cambio vedo di vendere quel dannato appartamento, trovartene uno
nuovo
tutto tuo e farti avere una vacanza da passare a Parigi da solo per
almeno un
mese ed a spese della produzione appena finiamo di incidere.
-…Parigi.-
ripete lui interessato.
-Parigi,
Brian.- conferma Alex annuendo.
Brian
ci pensa su. Poi torna a fissare la ragazza bionda che lo scruta
speranzosa e
vagamente terrorizzata. Dovrebbe dirle che di Parigi gliene frega meno
di
niente allo stato dei fatti, ma si oppongono due cose: la prima
riguarda il
fatto che un mese intero di vacanza da
solo è allettante, visto che si sente scoppiare
all’idea di tutto il tempo
che lui e Stefan dovranno passare insieme per registrare il nuovo
album. La
seconda è che, anche se sa che sta per mentirle, vuole bene
davvero ad Alex e
non desidera farle venire un esaurimento nervoso in anticipo quando
può
posticiparlo quel tanto che basta a salvaguardarla un altro
po’.
-Uhm.-
mugugna quindi servendosi di un’altra caramella.
Alex
sa che quello non è affatto un
“sì” e sa di non avere alcun motivo per
sentirsi
sollevata, ma vuole fingere che lo sia e concede a Brian un sorriso
sofferto,
mentre lui si alza dalla sedia ed agita la mano uscendo
dall’ufficio ed
annunciandole che non sarà reperibile fino a sera.
Lei
sospira pesantemente, osserva per un momento la porta e poi sposta lo
sguardo
sulla cornetta del telefono, allunga una mano di scatto –
quasi avesse paura di
ripensarci – e compone a memoria il numero, aspettando che
dall’altro lato
squilli libero.
La
voce che le risponde è divertita.
-Non
ti fai sentire per tre anni e poi ricompari e sembra che non riesca a
stare un
giorno senza di me.
-Vai
al diavolo, Vin.- ribatte la donna in tono colloquiale.
L’altro ride ma non
dice nulla.- Ho ancora bisogno di te.- ammette Alex sospirando di nuovo.
-Anche
questo sta diventando un vizio.- annuisce lui calmo.- E di cosa hai
bisogno
stavolta?- s’informa.
-Brian.-
risponde lei borbottando. Vincent non aggiunge nulla ed Alex prende
fiato e
continua.- Immagino di non dirti niente che tu non sappia
già: teoricamente è
in terapia per disintossicarsi, ma nella pratica dei fatti continua a
fare
scappare i medici che lo hanno in cura.
-Ed
a farsi?- domanda lui atono.
-No,
quello no.- sussurra Alex e poi ride nervosamente.- Dio, mi taglierei
le vene
in caso contrario! Già così è
assolutamente ingestibile!
-Immagino.-
le concede Vincent piano.- Vorresti che me ne occupassi io?- chiede.
-Non
so più a che santo votarmi.- confessa lei sfinita.- Direi
che sei l’ultima
risorsa che mi rimane e, credimi, non avrei mai voluto farti questo.
Vincent
ride ancora, sereno come sempre.
-Mi
lusinga molto la tua fiducia, Alex, ma temo di dover ammettere che non
sarei la
persona più indicata per gestire uno come il tuo Brian, se
è davvero il tipo di
persona che tu e Stefan descrivete.- risponde alla fine.
Alex
scuote la testa anche se lui non può vederla.
-Bene,
allora dovrò arrendermi all’idea che questo album
non vedrà mai la luce!-
sbotta irritata.- Brian continua a saltare con metodo ogni singolo
appuntamento
di lavoro ed io non dubito che per le sessioni di registrazione
succederà
esattamente lo stesso!- si lamenta a ruota libera.- Giuro che se non
fosse per
Steve e Stefan mi licenzierei oggi stesso! Non lo sopporto
più e…
-Si
vede che gli volete tutti un gran bene.- la interrompe pacato Vincent.
Lei
quasi si soffoca con le parole che le rimangono in gola, strozzandola.
E quella
finzione di risentimento va a farsi benedire, come il pensiero di poter
ribattere qualcosa di velenoso per liberarsi della sensazione di essere
stata
scoperta. Invece respira a fondo e Vincent dall’altro lato
borbotta un “va
bene” affaccendato ed armeggia con cassetti e fogli di carta
– almeno dai
rumori che Alex distingue in sottofondo. Ma poi torna a parlarle e lei
aguzza
istintivamente le orecchie, pendendo dalle sue labbra in cerca di una
qualche
soluzione magica che le permetta di aggiustare la vita di Brian con un
colpo di
bacchetta.
-Ti
do il nome di una persona.- ricomincia a parlare Vincent.- Prendi un
appuntamento e portale Brian. Se non ne viene a capo lei non ci
riuscirà
nessuno.
-…lei?-
mormora Alex.
-Sì.
Si chiama Dunja Bennet.- dice lui, aggiungendo poi un numero di
telefono ed un
indirizzo che Alex segna al volo sul risvolto dell’agenda
aperta davanti a sé.
-È
anche lei un’allieva del professor Chapman?-
s’informa mentre tiene in bilico
la cornetta tra la spalla e l’orecchio per poter scrivere.
-Lo
è stata.- risponde Vincent.- È più
vecchia di me.
Alex
biascica un ringraziamento che la stanchezza rende stentato e butta la
penna
sul tavolo, abbandonandosi all’indietro contro lo schienale
della sedia.
-Come
va?-le chiede Vincent premuroso.
-A
te come va?- ritorce lei sorridendo amaramente.
-Beh,
se vuoi dire con Stefan…è una persona davvero
speciale.- ammette il ragazzo.-
Ed è forte.
-…uhm.-
mugugna Alex.- Lo spero. O qui non ne usciremo più.