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Autore: Irissel    05/01/2014    1 recensioni
Sua mamma glielo ripeteva sempre: mai giudicare un libro dalla copertina ed ora Jane Kaylie Moore dovrà cercare di fare quello che le ripeteva. Dopo la morte della madre e del fratello Jane e suo padre si sono dovuti trasferire a Los Angels, lontana da Miami, in una nuova scuola e con dei compagni di classe che sembrano dei teppisti dovrà sopravvivere per un anno. Ma solo perchè una copertina è un pò sgualcita non vuol dire che il libro non sia un buon libro e lo stesso vale con quei teppisti con cui dovrà farti i conti ogni giorno.
Ogni persona ha una storia da raccontare, basta solo fermarsi un attimo per ascoltare.
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Non mi resi conto di quanto tempo avevo passato nell'acqua finchè non mi accorsi che avevo la palle sulle mani tutta raggrinzita segno che era arrivato il momento di uscire dalla vasca e dedicarsi un pò allo studio individuale. L'unico modo per andarmene da quella classe di idioti era passare l'esame di metà trimestre che si sarebbe tenuto all'incirca verso dicembre, non erano esattamente tre mesi se contiamo il fatto che per me l'anno scolastico qui a Los Angeles era iniziato a metà settembre ma non era importante, la sola cosa da fare era mettersi sotto con lo studio e iniziare a prendere in mano i libri fin da subito.
Mi asciugai e andai in camera cercando in uno degli scatoloni i miei libri che usavo alla vecchia scuola, le materie erano simili e lo stesso erano gli argomenti di studio ma in caso di problemi avrei chiesto a qualche professore.  Iniziai a farmi uno schema settimanale in modo tale da studiare le stesse materie ogni giorno fino agli esami. Lunedi: Storia americana, martedi: letteratura e inglese, mercoledi: economia, giovedi: nulla perchè era il giorno libero per le attività extracurricolari ed infine venerdi con matematica e chimica, le materie più difficili era meglio metterle a fine settimana altrimenti me la sarei rovinata tutta. A Miami avevo mio fratello che, essendo un anno più grande, mi aiutava a studiare e a prendere dei buoni voti durante i test ma qui a Los Angeles mi sarei dovuta arrangiare.
Guardai il letto e poi il libri. Letto e libri. Letto e libri. Alla fine scelsi il letto, dovevo studiare ma ero anche tremendamente stanca e studiare con quella stanchezza sarebbe stato controproducente quindi, dato che erano solo le 17, decisi di fare un riposino per recuperare le forze.
Ero sola in mezzo a quel campo di  basket, tutto era nero attorno a me, non vedevo nulla se non la palla tra le mie mani e il tabellone dei secondi che scorreva inesorabile. La palla tra le mie mani iniziò a scottare sembrava fuoco vivo racchiuso in quella cosa tonda, la guardai e vivi la mia immagine, vidi me piccola che giocava con un bambino dai capelli biondi e gli occhi blu, ero io assieme a Kevin quando ancora eravamo una famiglia felice e serena. L'immagine sparì e al suo posto vidi mio padre distrutto in cucina, vidi poi me arrabbiata col mondo rientrare in casa e capii che nonostante ce ne fossimo andati da Miami il senso di colpa non mi aveva abbandonato.
Mi svegliai di colpo troppo terrorizzata per poter continuare a sognare, mi resi conto di avere il viso completamente sudato e i capelli nuovamente bagnati. Era da diversi mesi che non facevo incubi del genere, sperai si fosse attenuato il senso di colpa ma sembrava ogni giorno voler crescere implacabile. Stare a letto era totalmente inutile quindi, ancora un pò stordita, mi alzai ed andai in cucina dove trovai un biglietto di mio padre sul tavolo.
"Dato che stavi dormendo cosi bene ho preferito non svegliarti per la cena, ti ho lasciato qualcosa da sgranocchiare in frigo. P.s. se quando ti svegli non mi trovi è perchè sono per la scuola a fare il controllo serale."
«Cena? Controllo serale? Ma che ore sono?» guardai l'orologio alla parete: 22.30 
«ho dormito tantissimo cavoli, ho saltato sia la cena che lo studio. Da domani mi devo impegnare seriamente.»
Magiai solamente uno yogurt, alle 22.30 di sera avevo ben poca fame, guardai un documentario sui pinguini decisamente poco interessante dato che i pinguini non rientravano tra i miei animali preferiti e verso mezzanotte ritornai a letto scoprendomi stanca nonostante il riposino pomeridiano.
Mi svegliai alle 7 col suono delle campane, ieri mattina e durante la giornata, troppo presa a sopravvivere, non mi resi conto che poco lontano da noi c'era una chiesa con delle campane molto fastidiose e rumorose per giunta. Altra cosa che avrei odiato stando qui.
Cercando di non svegliare mio padre, che sicuramente ieri sera aveva fatto tardi mi preparai e feci colazione, un'abbondante colazione in modo da non dover andare in mensa per pranzo evitanto cosi altri incidenti.
A scuola cercai di essere il più invisibile possibile e fortunatamente nessuno o quanto meno pochi ragazzi si ricordarono del  piccolo incidente con la vernice del giorno prima cosi riuscii ad attraversare il grande corridoio e salire le scale senza problemi.
«Chick, non scappare.» quella voce e quelle risate mi fecero rabbrividire. Nessuno mi aveva notato, parlato o salutato perchè dovevano farlo proprio loro? Era cosi divertente prendermi in giro?
Mi voltai e li vidi tutti li accanto ai bagni, tutti quanti con la sigaretta accesa, chi in bocca chi, invece, la teneva tra le mani. Derick, Liam, Seth, Aaron, Ian mancava Bethany, forse era in ritardo ma, pensandoci bene, non mi pareva nella nostra classe il giorno prima.
«Ma Betha..» fui letteralmente travolta da un tornado dai capelli rossi. Come si dice? Parli del diavolo spuntano le corna, ed eccola li abbracciata a me e contenta di esserlo.
«Ammettilo, mi stavi cercando vero?» aveva sgranato gli occhi e mi ricordava tanto il gatto con gli stivali di Shrek, questa volta non riuscii a trattenermi dal ridere.
«Beh a dire il vero si, ieri eri sempre con loro, mi sembrava strano non vederti.» rimase sorpresa dalla mia risposta e notai gli occhi leggermente lucidi, mi augurai fosse per gioia.
«Sul serio?»
«Certo.»
«Sono contenta.» le sorrisi e lei mi strinse ancora più forte tanto che dovetti chiederle di lasciarmi altrimenti mi avrebbe soffocato.
«Ma tu non sei in classe con me vero?»
«Io sono più piccola di voi, ho 16 anni ma conosco i tuoi compagni da sempre dato che sono amici di mio fratello. Spero di poter diventare presto anche tua amica, mi farebbe piacere.» mi prese in contro piede, sia per la richiesta, sia perchè sembrava più giovane di noi ma non di due anni.
La campanella suonò l'inizio delle lezioni e Bethany si staccò da me per andare a salutare Liam e suo fratello.
«Ciao Jane, ci vediamo presto»
La salutai con la mano ed un sorriso prima di vederla scendere di corsa le scale diretta nella sua classe.
«Ehi Chick, oggi è giovedi, ci sono solo lezioni extracurricolari.»
Cavoli, non ricordavo fosse già giovedi e che per giunta non avevo nemmeno scelto quale lezione fare. Pittura decisamente no perchè ero negata in disegno, recitazione men che meno perchè l'idea di potermi trovare difronte a delle persone per recitare mi terrorizzava, danza era da escludere perchè avevo la grazie di un elefante marino, stesso discorso per il canto, non avevo una voce melodica e non ero per nulla intonata. Facendo una rapida cernita le materie artistiche erano da escludere, rimanevano solo quelle sportive.
«Che sport ci sono?» mi guardarono tutti quanti allibiti.
«C'è nuoto, pallavolo, basket, baseball e football ma è solo per i ragazzi.»
Vediamo pallavolo no perchè la odiavo, baseball non ci avevo mai giocato e non mi interessava farlo, le alternative erano nuoto o basket. La decisione era più che ovvia: nuoto. Dopo la morte di Kevin e di mamma ho giutato a me stessa che non avrei mai più giocato a basket, ne in una squadra ne in un campetto improvvisato in mezzo al paese, il basket per me era morto assieme a loro.
«Dov'è la piscina?»
«Se vuoi ti accompagno.» era meglio non stare troppo soli con quei pazzi, così, anche se Derick era stato molto gentile declinai l'invito.
«Grazie ma mi arrangerò.»
Scesi le scale e andai diretta dal Direttore, lui certamente avrebbe saputo darmi indicazioni corrette. Bussai e ad un suo avanti entrai.
«Signorina Moore, tutto bene?»
«Si si certo, volevo chiederle una cosa.»
«Mi dica.»
«La piscina dov'è?» mi guardò sorpreso, come se avessi detto una stupidaggine.
«Non abbiamo una piscina qui alla West Adams.»
«No? Ian e gli altri mi hanno detto che come lezioni extracurricolari c'era anche nuoto.»
«No, mi spiace, la scuola non ha cosi tanti fondi da potersi permettere una piscina, gli unici sport sono basket, di cui vantiamo un'ottima squadra, pallavolo e football che ovviamente è solo maschile, altrimenti per quanto riguarda le materie artistiche abbiamo canto, recitazione, danza o pittura.»
Ero negata in ogni cosa fuorchè il basket ma che non avrei mai fatto per nessuna ragione al mondo.
«La ringrazio.»
«Dato che sei nuova e magari un pò disorientata puoi fare un giro tra i vari club per cercare quello adatto a te.»
«La ringrazio, farò certamente cosi.»
 Entrare in un club senza conoscere o quanto meno senza farmi un' idea di chi lo frequentava mi agitava un pò, cosi seguii il consiglio del preside e andai a farmi un giro per la scuola.
Andai prima nell'aula di arte trovandovi una quindicina tra ragazzi e ragazze intenti a disegnare su una tela bianca il vadso di fiori utilizzato come modello, chiusi la porta cercando di non fare rumore e passai davanti all'aula di canto ma sentendo delle grida atroci piuttosto che il canto di un usignolo preferii lasciar perdere e andare nella sala da ballo dove vi trovai la ragazza con cui avevo avuto un incidente il giorno prima e quello, oltre alla mia poca grazia, era un ottimo motivo per andare avanti, recitazione la esclusi a priori dato che non l'avrei mai fatta. Andai in cortile e vidi alcuni ragazzi fare football americano, erano animali non esseri umani non era decisamente adatto a me, andai in una delle due palestre, non avevano una piscina ma certamente avevano due belle palestre nuove dove nella prima vidi diversi ragazzi giocare a basket e mi venne subito un nodo alla gola.
«Jane.» mi voltai e il mio cuore riconobbe subito la voce.
«Cris, ciao.» gli sorrisi sperando non si notassero le gambe molli come gelatina.
«Vuoi giocare a basket?»
«No no, sono negata, sono solo venuta a fare un giro.» balla, enorme balla dato che a Miami ero una delle migliori giocatrici di basket in tutte le scuole, avevo velocità, tecnica ed un buon occhio per calcolare giusti tempi e capire chi era adatto per giocare e chi no, ma queste cose non doveva necessariamente saperle.
«Capisco. Sei di Miami giusto? Sarai bravissima con il surf indubbiamente. Se vuoi resta pure qui a guardare se hai tempo, io devo tornare in campo.»
«Ok, grazie.» mi misi a sedere sulla panchina accanto al campo osservando i ragazzi giocare. Erano bravi, chi più chi meno ma in linea generale erano tutti in gamba, abbastanza veloci e agili, la mia vecchia squadra li avrebbe certamente stracciati ma noi eravamo di un livello superiore. Nonostante la bravura notai che gli occhi non brillavano in nessuno di loro, non come quando fai una cosa che ami, che ti appassiona, la facevano e si impagnavano ma non c'era amore in quei passaggi, i quei lanci e in quei tiri, il tutto ero frutto di ore di allentamento e di partite vinte e vedere il basket giocato in quella maniera mi rendeva solo triste cosi con la mano salutai Cris che ricambiò e andai nell'altra palestra dove sugli spalti incontri quel branco di imbecilli.
«Grazie per non avermi detto che non c'era la piscina, siete proprio degli stronzi.» si misero a ridere facendomi imbestialire ancora di più.
«Da su che scherzavamo, alla fine che hai scelto?»
«Non è affare vostro.»
Mi allontanai il più possibile da loro e guardai le ragazze giocare dove notai che tra loro c'era anche Bethany, non conoscevo nulla di pallavolo e non avevo mai visto nessuna partita ne in televisione ne dal vivo ma guardando il suo viso e l'agilità con cui si muoveva pensai immediatamente che fosse bravissima ed era cosi che si doveva fare sport, con passione, volontà e impegno. 
Quando si fermò per bere e riprendere le forze mi vide e con la mano mi salutò.
«TRA UN ORA HO FINITO ASPETTAMI.» urlò cosi forte che ebbi la sensazione che perfino all'esterno l'avessero sentita, annuii col capo per farle capire che l'avevo sentita e attesi in silenzio e ben lontana da quei matti la fine dell'allenamento.
Con la coda dell'occhio mi ritrovai ad osservarli e mi resi conto di guardare in modo particolare solo uno di quei teppisti.



Grazie mille a chi ha il coraggio di seguirmi e di commentare. Spero di non deludervi andando avanti.



  
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