Combattendo per un Lieto Fine…
Naruto si era svegliato energico e galvanizzato come suo
solito.
Il suo temperamento era sempre stato caratterizzato da una
peculiare allegria e ottimismo, ma quel giorno era diverso: avevano vinto, per
l’amor di Dio! Ci erano riusciti!
Nulla come la soddisfazione data dall’uscire vittorioso da
uno scontro lo appagava tanto.
Tra l’altro, era sicuro che ora, finalmente, sarebbe
riuscito a conseguire la sua rivalsa su tutti coloro che lo avevano giudicato
prima del tempo, non sapendo quanto in realtà fosse in grado di dare pur di
raggiungere gli obiettivi prefissosi.
Dalla repubblica istituita non si aspettava un
arricchimento improvviso, né lo desiderava.
Quello che gli importava era di poter essere finalmente
riconosciuto per il suo valore, cosa per la quale si era impegnato tutta la
vita.
Da piccolo aveva imparato a tirare di spada con il maestro
Kakashi, dividendo le lezioni con Sasuke Uchiha, figlio del duca di Wessex, con
il quale inizialmente aveva instaurato una relazione di antagonismo che si era
trasformata in un profondo affiatamento, tanto che Naruto aveva sofferto molto
quando il giovane era passato sotto l’ala protettiva del subdolo precettore
Orochimaru.
Naruto aveva saputo farsene una ragione, anche se aveva continuato
a desiderare di rincontrarlo per poter riprendere la loro amicizia interrotta
tanto bruscamente.
Sfidarlo ancora una volta, magari.
Parlargli, guardarlo con la stessa intensità che aveva
caratterizzato i loro discorsi, per spogli che fossero.
Durante il periodo degli studi sotto Kakashi, Naruto aveva
anche conosciuto Sakura, una graziosa bambina, anche lei di umili origini, che
lavorava con sua madre in casa come ricamatrice.
Quando Sasuke s’era allontanato, loro due, che avevano
avuto l’opportunità di condividere con lui degli splendidi ricordi, si erano
fatti forza e, sostenendosi a vicenda, avevano saputo andare avanti.
Poi, nei periodi precedenti la rivoluzione, avevano
cominciato a frequentare sempre più spesso anche gli altri ragazzi dei bassifondi,
con i quali si era creata una fitta rete di comunicazioni, progetti, strategie
per partecipare al colpo di stato che i Roundheads stavano organizzando.
La svolta era sopraggiunta quando, per caso, avevano
incontrato Shikamaru, che stava subendo una scenata dalla sua “dama”, la
primogenita Sabaku, Temari, nel bel mezzo della strada.
L’accanimento della ragazza era tale da essere anche
riuscito a strappare dalla bocca di lui un biascicato, seccato: “Hai ragione”.
Un loro compagno, Choji, lo conosceva e lo aveva chiamato
provvidenzialmente, proprio quando la faccenda si andava complicando.
In quel modo era cominciata la frequentazione con
Shikamaru, rivelatosi ben presto un genio nella progettazione nei minimi
dettagli di strategie sempre vincenti e nella capacità di sfruttare al massimo
le qualità di ciascuno dei suoi amici.
Da quel momento il gruppo composto da Naruto, Kiba, Shino,
Sakura, Choji e Shikamaru aveva cominciato a farsi una certa nomea, finché il
padre dello “stratega” non era riuscito a trovare il modo di farli partecipare
alla rivoluzione come squadra minore, da far intervenire negli scontri frontali
che non richiedessero impiego di soldati veri e propri, per poter così
risparmiare gli Ironsiders per le battaglie più impegnative.
E loro, tronfi, avevano mietuto successi a destra e a manca
grazie all’energia delle loro motivazioni personali per lottare.
Kiba desiderava arricchirsi per poter risollevare la sua
famiglia dalla miseria in cui era caduta a causa dell’imposizione di tasse
sempre più gravose.
Shino voleva, invece, racimolare abbastanza fondi per poter
completare gli studi, conseguire la laurea in medicina e riuscire ad esercitare
il mestiere.
Sakura era, probabilmente, quella mossa dalla motivazione
più nobile: combattere per assicurare un futuro migliore ai suoi figli, in un
mondo più equo e corretto.
Choji desiderava migliorare la sua condizione e riscattarsi
dal dolore dell’emarginazione, che aveva provato durante l’infanzia, a causa
della sua forma fisica non atletica dovuta all’iposurrenalismo, la malattia
genetica con cui era nato.
Shikamaru non avrebbe mai abbandonato Choji, perciò aveva
deciso di affiancarlo senza indugiare, provando inoltre un grande risentimento
verso la classe dirigente che stava lentamente scarnificando il popolo, ridotto
sul lastrico.
Gaara…nessuno sapeva per cosa stesse combattendo, ma data
la storia che tutti conoscevano per sommi capi, si pensava che trattasse di
vendetta, una rivincita verso la sua famiglia, che lo aveva abbandonato
brutalmente nel momento del bisogno.
Naruto aveva adottato un po’ tutte le cause dei compagni ed
era sicuramente il più motivato, dal momento che aveva preso sulle sue spalle
la responsabilità di far realizzare i desideri e le ambizioni di ognuno.
In particolare, quelli della sua Sakura.
Aveva raggiunto gli altri nel loro luogo d’incontro, un
antro umido e freddo, con i muri imputriditi e il pavimento scivoloso, quasi
vischioso.
Aveva trovato dentro tutti, tranne Gaara.
Quando era entrato, i presenti avevano sussultato, poi
Shikamaru, riconosciuto oramai come leader, aveva preso la parola.
“Dov’è Gaara?”
“Spero non gli sia successo nulla…” aveva mormorato Sakura,
a viso basso.
“Non ti preoccupare, se la caverà benissimo!” aveva
soggiunto Kiba, spavaldo.
“Già, stai tranquilla piccola!” aveva rincarato Naruto,
facendo sorridere la ragazza.
“Io non ne sarei così sicuro-aveva detto Shino- non lo
avete visto? E’ stato ferito ieri, ed il suo organismo è debole, soprattutto
per il bisogno di sonno.”
Tutti lo avevano guardato, non comprendendo appieno cosa
questi intendesse.
“Non ditemi che non avete notato che Gaara non dorme
praticamente mai…”
Il silenzio era crollato tra i giovani come una pesante
cappa di piombo.
Era possibile che nessuno di loro si fosse mai accorto di nulla
di ciò che gli accadeva?
Non aveva mai dato accenni di sofferenza, non un lamento,
non un mugolio, niente.
Che fosse taciturno e di poche parole lo si sapeva, ma si
sentivano tutti bestialmente in colpa in quel momento: non si erano mai
preoccupati per lui, non gli avevano dimostrato l’affetto e la riconoscenza che
gli avrebbero dovuto.
Quante volte aveva salvato loro la vita? Immemori. Ma non
avevano mai ringraziato.
Una lacrima silenziosa aveva rigato la guancia di Sakura.
“Non temere, ti giuro che lo ritroveremo.” Aveva assicurato
Naruto, seguito da cenni di assenso di tutti gli altri.
***
Tre
mesi dopo…
Neji si era svegliato accanto alla bella Ino,
accarezzandole dolcemente la guancia, mentre lei stava ancora dormendo.
Dopo essersi rivestito, si era affacciato alla finestra.
Via libera.
Doveva assolutamente recarsi in Parlamento e fare quello
che sapeva: prendere Cromwell da solo e sgozzarlo, così da ottenere il potere e
riconsegnarlo nelle mani della nobiltà.
Era perfettamente a conoscenza dei rischi che questo piano
avrebbe comportato e, se c’era una persona che voleva tenere fuori, questa era
Ino.
Le aveva lasciato una lettera sul comodino nella quale si
raccomandava di scappare nell’ignoto il prima possibile, allegando un biglietto
per una nave diretta in America settentrionale, e promettendole di raggiungerla
quanto prima, o comunque di richiamarla quando la situazione si fosse fatta più
sicura.
Una volta uscito, era andato a grandi passi verso il
Parlamento, ma qualcosa (o meglio, qualcuno) lo aveva frenato.
Si era voltato e si era trovato davanti un uomo alto, dalla
corta e disordinata chioma fulva, occhi di ghiaccio, volto solcato da profonde
occhiaie, pelle marmorea, abbigliato come un cavaliere ma con un portamento
principesco, che brandiva un moschetto puntandoglielo alla gola.
“La festa è finita.” Aveva sentenziato minaccioso.
“Ma come? Non ho ancora dato il mio regalo al festeggiato.”
Aveva risposto il Lord, sfoderando la spada a sua volta e lanciando a terra il
mantello.
“Quanta scena.” Aveva esclamato seccato Gaara,
squarciandogli la pettorina di velluto in diagonale e portandosi così via anche
la gorgiera di tulle parigino.
Avevano cominciato a combattere, muovendosi entrambi con
un’agilità impressionante, e se il moro era superiore nel vigore con cui
sferrava i suoi attacchi, il rosso riusciva a sottrarsi ad essi o ad
anticiparli. Poi, ad un tratto, l’attenzione dei duellanti era stata distolta
dal grido di una donna, che era corsa giù da una diligenza ed era caduta in
terra a qualche metro da loro due.
“Gaara fermatevi, per pietà! E’ mio cugino!”
Questi si era voltato ed aveva riconosciuto la bella
Hinata. Le si era avvicinato e la aveva aiutata a rialzarsi. “Vi prometto,
Milady, che gli riserverò un trattamento indolore e, laddove dovessi
sopravvivere al duello, sfiderò immediatamente vostro marito, poiché vi amo e
desidero sposarvi, se vi convertirete con sincerità alla mia religione di
appartenenza.”
Lei era arrossita ed aveva abbassato il viso, mal celando
la preoccupazione e l’emozione che l’avevano invasa in quel momento.
“Ve lo p-prometto, m-mio s-si-gnore…”
Dopodiché, l’uomo era tornato dal suo avversario.
“Pregate il vostro Dio, messere, perché lo state per
raggiungere…con i vostri precedenti ne avrete bisogno.”Neji lo guardava,
compiaciuto di aver colto nel segno.
Ma Gaara era scoppiato in una grassa risata.
“Il mio Dio è la rivalsa, il vostro è il denaro. Io ho
lottato tutta la vita per raggiungerlo, voi ne siete talmente assuefatto da
disprezzarlo!” aveva urlato, per poi andare a colpire sulla giugulare.
Lord Neji era rimasto di sasso, esterrefatto. Non lo aveva
nemmeno visto alzare il braccio che quello stava già ripulendo il moschetto sul
mantello.
Gli si era avvicinato pericolosamente e gli aveva
sussurrato in un orecchio: “Amen.”, poi si era allontanato, facendosi strada
tra la folla che nel mentre si era accalcata, e si era diretto verso la sua
signora, devastata dalla vista della morte del parente, nonostante non
riuscisse a provare rancore verso l’amato.
Questo l’aveva stretta al petto, implorando il suo perdono.
A questa vista, il pastore, che aveva assistito dal
principio allo scontro, discese dalla carrozza e corse incontro a Gaara.
“Che cosa volete da mia moglie?” aveva urlato con furia.
“La voglio sposare, ma temo che per farlo dovrò eliminare
voi.” Aveva ribattuto lui, nervoso.
Il religioso, che non si sarebbe mai e poi mai aspettato
una simile insolenza dal giovane, in preda alla rabbia aveva stretto la moglie
e le aveva premuto uno stilo alla gola, deformando il suo viso in
un’espressione di sfida venata di follia.
“Avanti, la vostra baldanza vi fa onore…ma non dimenticate
che, se uccidete me, io le taglio la gola senza esitare un attimo.”
Gaara aveva iniziato a sudare freddo, rivolgendo il suo sguardo
prima dritto negli occhi del reverendo, poi al viso della ragazza, che aveva
iniziato a singhiozzare terrorizzata, ed infine al leggero rigonfiamento che si
andava ingrossando sul suo dolce ventre.
Quell’adorato frutto del loro desiderio clandestino…non
avrebbe permesso che quell’uomo spietato gli portasse via in un attimo quanto
c’era di meraviglioso nella sua vita.
Ma come reagire?
I pensieri gli si affollavano nella mente, confondendolo e
impedendogli di elaborare un piano efficace.
Poi, improvvisamente, erano saltati fuori dalla folla da ogni direzione cinque ragazzi e due
ragazze.
Gaara li aveva riconosciuti: Naruto e Kiba decisi come al
solito, Shino impassibile, Sakura minacciosa che marciava proprio come un uomo,
Shikamaru e Choji gomito a gomito che apparivano improvvisamente temibili ed
infine…non era possibile.
Una ragazza alta, bionda, formosa, con due grandi occhi
color smeraldo, che gli sorrideva complice.
“Salve, fratello.” Incredibile…quella voce…sua sorella.
“Temari?” aveva detto, stupito.
“Già, mi ha convinta a venire il pigrone…Era ora che ci
ritrovassimo, non credi? Ma ora non è il caso di parlare. Abbiamo una faccenda
da sbrigare.”
E così, scambiandosi un sorriso complice, avevano iniziato
a sferrare il loro attacco con la solita formazione a cerchio.
Avevano cominciato a girare intorno a Hidan, che aveva
preso a voltare la testa, non sapendo dove guardare.
Il primo ad attaccare era stato Choji, conficcandogli un
pugnale nei lombi. Poi erano andati a seguire Kiba, Naruto, Sakura, Temari,
Shikamaru e Gaara: ognuno aveva sferrato un colpo a destra o a sinistra della
spina dorsale, salendo, fino alle vertebre cervicali.
L’uomo si era lentamente afflosciato, lanciando urla
disumane, ed aveva allentato la presa intorno alla moglie.
Hinata si era scostata velocemente ed era corsa tra le
braccia di Gaara, che la aveva accolta, mentre lei aveva nascosto il viso
bagnato di pianto nel suo petto.
Dopo, ad uno ad uno, tutti avevano abbracciato i due
innamorati, ai quali, grazie all’affetto del gruppo, era stato consentito di
vivere il sogno che gli sarebbe stato altrimenti negato.