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Autore: Cyanide_Camelia    28/05/2008    5 recensioni
2° CLASSIFICATA AL CONTEST AU INDETTO DA TALPINA PENSIEROSA E KURENAI88
[AU storica in 2 capitoli]Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.
Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.
Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...
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Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Generale, Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara , Altri, Ino Yamanaka, Neji Hyuuga
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Note dell’autrice: ho inserito l’avvertimento “non per stomaci delicati” non perché vi siano presenti scene particolarmente cr

Note dell’autrice: ho inserito l’avvertimento “non per stomaci delicati” non perché vi siano presenti scene particolarmente cruente o cosa, ma perché nei duelli trattati nel secondo capitolo viene descritto il modo di uccisione di due personaggi. Diciamo che ho messo le mani avanti!

Alcuni personaggi, come Kiba, Shino, Choji, Sakura, Shikamaru e Temari giocano un ruolo secondario. Altri vengono solo citati, come nel caso di Sasuke, Kakashi, Orochimaru e Kankuro nell’epilogo.

 

Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

 Londra, 1649. Grande Rivoluzione, i Roundheads di Oliver Cromwell sono vincitori ed il re Carlo I viene processato e condannato alla pena capitale.

Alla Rivoluzione prendono parte anche dei diciassettenni, tra i quali spiccano Naruto e Gaara. L'ultimo in questo clima incontra l'amore, l'altro lo vive ormai da tempo con la combattente Sakura, nonché sua amica di infanzia.

Sul fronte dei Royalists, si distingue Lord Neji, giovane parlamentare nonché amante di Lady Ino, che decide di attentare alla vita dello stesso Cromwell, ma...

 

 

 

 

1.Le conseguenze della Rivoluzione.

 

 

Nel salottino degli appartamenti familiari, Lady Ino si stava acconciando a dovere per ricevere il suo amante, il parlamentare monarchico Lord Neji.

Aveva inspirato a fondo il suo stesso profumo, assicurandosi che non fosse troppo forte: quell’uomo era tanto bello quanto insofferente, e si indisponeva per ogni minima imprecisione.

Ma lei…Lei era assolutamente perfetta, una bambola di porcellana tanto delicata quanto aggressiva.

Con uno sguardo poteva avere ai suoi piedi qualunque uomo, scoprendo un centimetro delle caviglie nel sollevare l’abito sapeva far sussultare anche il più morigerato dei puritani e, quanto peggio, era assolutamente consapevole del fascino dato dalla sua deliziosa aria innocente.

 

Dopo poco, lui era entrato nella stanza e, senza nemmeno salutarla, si era adagiato con fare severo sul divanetto di broccato, proveniente dal ducato di Milano, per poi alzare il braccio sinistro, schioccando le dita per richiamare l’attenzione della fanciulla, che era accorsa al suo cospetto inchinandosi profondamente.

 

“Milord?” aveva chiesto con tono accomodante.

 

“Lady Ino, sareste così cortese da porgermi un bicchiere di vino ed aiutarmi a togliere gli stivali?” aveva detto lui, seccato dalle formalità del suo rango: avrebbe di gran lunga preferito darle degli ordini bruscamente come con una serva, ma il fatto che Lady Ino fosse tanto ricca, bella e benvoluta dall’alta società gli impediva di contrariare la natura permalosa e capricciosa della giovane donna.

 

Era tornata dopo qualche minuto con un bicchiere di Rosso di Borgogna su un vassoio d’argento, che lui si era limitato ad agguantare, e poi si era chinata ai suoi piedi per poter tirare via gli stivali sporchi di polvere e sangue, macchiandosi così le mani candide.

Le sue guance si erano improvvisamente tinte di rosso per l’impeto.

Neji si era allungato verso di lei dopo aver posato il vassoio con il bicchiere vuoto sul tappeto provenzale, le aveva sollevato il viso afferrandole il mento e l’aveva cominciata ad osservare, compiaciuto del suo fascino stupefacente.

Ino lo scrutava nel modo in cui sapeva che lui amava essere guardato: con occhi colmi di ammirazione, riserbo, naturale riverenza.

 

“Avete avuto una buona giornata, Milord?” Si era accoccolata in terra, incrociando le braccia sulle gambe di lui, in posizione d’ascolto.

 

“Affatto. Sembra che Cromwell abbia intenzione di epurare ulteriormente il Parlamento. Che ne sarà di noi, per l’amor di Dio? Quell’uomo è un folle, un invasato! Mira alla totale destabilizzazione della nobiltà, alcuni mormorano addirittura dell’istituzione di una Repubblica! Dove andremo a finire, mi chiedo.”

 

Infervorato dalla rabbia per i rivoltosi vincitori, si era lasciato sfuggire un pugno nel vuoto, scagliato con un vigore tale da far vibrare l’aria. Ino aveva fatto uno scatto inconsulto, spaventata da quel gesto, portandosi una mano alla bocca per nascondere lo scandalo: ciò voleva dire che sarebbe dovuta scappare al più presto, altrimenti la sua ricchezza sarebbe andata perduta, saccheggiata da quei luridi borghesi, dai mercanti, addirittura dalla plebaglia volgare.

Ma se per lei il pericolo consisteva semplicemente nella perdita dei suoi beni, per Neji ciò significava l’arresto e, probabilmente, la morte.

 

Si era dunque tornata ad accoccolare sulle sue ginocchia e lui aveva preso ad accarezzarle i lunghi capelli biondo grano, colto da un momento di dolcezza.

 

“Milady?” aveva sussurrato.

 

“Sì?”

 

“Vorreste degnarmi delle vostre attenzioni impareggiabili? Ho bisogno di voi…”

 

A volte non la sopportava, doveva ammetterlo.

Ma altrettante volta era sopraffatto dalla tenerezza di Ino, e non sapeva resistere a quel desiderio di prenderla e fare di lei la sua sovrana, l’unica cui fosse concesso dominare la sua persona.

E si sentiva triste e preoccupato quella sera, nonché terribilmente addolorato: sapeva che lo avrebbero cercato e che, prima o poi lo avrebbero trovato.

Non gli sarebbe rimasto molto tempo, e quello che gli restava avrebbe voluto usarlo nel migliore dei modi: stare con lei era uno di quelli.

 

La dama, intuendone lo stato d’animo, lo aveva baciato amorevolmente, sulle labbra, e sempre più incalzante aveva continuato ad avanzare, maliziosa, lungo la mascella, sul mento…ed oltre.

 

 

***

 

 

Ore 23:34, Taverna “Ye Black Knight”

 

“Avanti, compagni! Brindiamo alla Rivoluzione! A noi, al grande Oliver Cromwell e a Dio!”aveva urlato un giovane baldanzoso ed esuberante a gran voce, sollevando una pinta di birra scura, in piedi al centro di una tavolata nella bettola “Ye Black Knight”, seguito da un’eco di urla ed esclamazioni di approvazione.

 

Quando era tornato a sedersi, una ragazza dai grandi occhi verdi lo aveva abbracciato, affettuosa, ed aveva reclinato la testa sulla sua spalla.

Lui la aveva guardata, perdutamente innamorato, e le aveva mormorato in un orecchio: “E a te.”

Lei aveva sorriso, arrossendo leggermente e intrecciando le sue dita con quelle del ragazzo.

 

“Hey, Kiba! Allungaci un po’ di brodo, abbiamo fame! Qua si è appena finito di combattere, se te lo fossi scordato.” Aveva gridato quello ad un altro rivoltoso dai capelli castani, l’aspetto selvatico ed il fisico muscoloso che rimandava facilmente alle sue origini campagnole.

 

“Toh, Naruto, vedi di rifocillarti, che domani si torna a lottare!” Il moro gli aveva allungato due scodelle di brodo di patate, cavoli e verza con intinte dentro  delle croste di pane secco.

L’altro si era allungato, spostandosi prima delle ciocche di capelli biondi dalla fronte madida di sudore, ed le aveva afferrate.

Poi aveva porto quella più abbondante alla ragazza seduta accanto a lui.

 

“Buon appetito, Sakura.”

 

“Buon appetito a te, amore.” Aveva replicato lei, sorridendo allegra.

 

Dall’altro capo del tavolo, stavano seduti Kiba con degli altri uomini: Shikamaru, valoroso condottiero, seppure la sua indole pigra e riflessiva lo rendesse molto più valido come stratega che come vero e proprio soldato; a seguire vi era Shino, un silenzioso naturalista che si era aggregato al fronte dei dissidenti come unità di pronto soccorso; più in fondo sedeva, lontano da tutti, Gaara, rampollo di una famiglia ricca e rinomata in tutta Londra, dalla quale era stato bandito e diseredato per via della sue scorrerie personali intrattenute con diversi nobili d’alto rango che ci avevano rimesso la vita. Quel tipo era un eccezionale maestro di spada: prima che gli avversari se ne fossero potuti rendere conto, lui gli aveva già reciso la giugulare.

 

Tutti avevano mangiato con voracità esemplare e dopo erano usciti dalla locanda, barcollanti in uno stato di leggera e piacevole ebbrezza, si erano infine separati per andare a casa.

 

Shikamaru aveva imboccato una stradina secondaria, dalla quale si levava un forte lezzo di birra rancida, carogna e sudore.

Con una spallata svogliata aveva aperto il portone di legno consumato dai tarli e umido, aveva salito le scale ed era entrato per l’uscio di casa.

Sua madre si era alzata dallo sgabello presso il focolare e gli era corsa incontro, abbracciandolo forte, per poi schiaffeggiarlo sonoramente.

 

“Ahia…” aveva mugolato il ragazzo, massaggiandosi la guancia con espressione seccata.

 

“Questo è per avermi fatta preoccupare! E questo è perché sono molto fiera di quello che stai facendo.” Detto ciò, gli aveva schioccato un bacio sul viso.

 

Suo padre era ancora in giro con gli altri combattenti, probabilmente in attesa di ordini dal quartier generale dei Roundheads e Shikamaru, aspettando il suo ritorno, si era sdraiato sul suo letto duro, stanco, ed aveva controllato quella ferita contratta nella mattinata: fortunatamente era solo una cosa superficiale, all’altezza della quinta costola.

Aveva strappato un lembo di stoffa dalla camicia e ce l’aveva messa come tampone, poi si era addormentato come un sasso.

 

 

***

 

 

 

 Il giorno dopo, centro di Londra

 

Gaara aveva peregrinato, solitario, tutta la notte.

Aveva le occhiaie scavate e scure, la vista gli si appannava continuamente.

Non poteva dormire. I suoi delitti, i suoi fantasmi lo avrebbero seguito anche lì.

Lo avrebbero ossessionato senza alcuna pietà, violenti ed imprevedibili.

Finché avesse potuto, si sarebbe evitato quella sofferenza.

 

Una fitta improvvisa lo aveva riportato alla realtà: quel fendente che gli aveva squarciato la pelle lattea e delicata, lungo il fianco armonico, il giorno prima…Il dolore gli si ripresentava nei momenti più disparati, ma come fare? Non poteva di certo spogliarsi nel mezzo della strada, né trovare rifugio in alcun luogo.

Nonostante si fosse unito al fronte della media borghesia, egli rimaneva pur sempre un nobile, e la sua educazione gli imponeva la sopportazione e l’impassibilità.

Non doveva in alcun modo mostrare la ferita a nessuno, quella gente doveva solo sapere il suo nome, niente di più.

Il resto era affar suo.

Un improvviso brulicare lungo i margini della lesione però lo aveva costretto ad accasciarsi a terra, lungo la strada: aveva la netta idea che si stesse infettando, quel bruciore doveva essere sicuramente il principio di suppurazione.

Si era a forza rialzato, andando alla ricerca di un ospitale dove farsi medicare in incognito, sotto falso nome.

Nonostante la sua volontà di ferro, dopo pochi metri il suo organismo aveva smesso di sorreggerlo, ed era crollato, aggrappandosi ad una carrozza di passaggio.

 

 

***

 

 

Hinata era la giovane, adorabile moglie del pastore anglicano Hidan.

Quel mattino, quando erano usciti in carrozza per sbrigare delle faccende, il suo umore era a terra.

Era passata dalle mani di un rigido padre-padrone ad un marito molto più grande di lei, infinitamente devoto ed osservante, seppure nascondesse una natura subdola e perversa.

Pensava che, con il tempo, avrebbe imparato ad amarlo.

Ma non era stato così.

C’era, tra i due, una sterile relazione in cui lei ubbidiva docilmente ai desideri del consorte, e in cui lui, invece, desiderava quella ragazza in maniera maniacale.

Con il suo corpo fantastico, formoso, provocante, quasi sfacciato, e quel visetto da madonnina, quell’espressione virginale, casta, schiva lo aveva soggiogato a sua insaputa.

 

Ad un tratto uno strattone aveva bloccato l’andare della carrozza.

Hinata si era affacciata al finestrino, spaventata, ed aveva scorto un giovane dai capelli rossi, sporco di polvere, dalle vesti lise, appeso allo sportello della vettura.

 

“Fermatevi, c’è un giovane!” aveva urlato, impressionata e, suo malgrado, preoccupata.

 

Hidan la aveva scrutata intensamente con i suoi occhi purpurei, poi aveva rivolto lo sguardo verso il cocchiere, che era sceso per soccorrere il malcapitato .

E di nuovo lo sguardo era tornato verso la moglie, che aveva assunto un’irresistibile aria supplichevole.

Comprendendo al volo il desiderio di Hinata, si era rivolto verso l’uomo e gli aveva ordinato, con fare autoritario: “Accomodatelo qui e portatemi avanti al mio appuntamento, quindi accompagnate la signora a casa. Dopodiché andrete a chiamare un medico e lo condurrete nella mia dimora.”

 

Il ragazzo era dunque stato adagiato a fianco della donna, che  lo aveva cominciato a scrutare con una sensazione mista tra ribrezzo e pietà di quell’anima.

Aveva la pelle abrasa dalla caduta, sporca, seppure fosse evidentemente curata.

Strano.

Curiosa combinazione: un dissidente tanto preciso e con alcuni elementi propri della nobiltà di spada. Primo tra tutti il moschetto legato in vita con una fusciacca rossa.

 

Una volta che il reverendo fu sceso, Hinata attese pazientemente, in religioso silenzio, di arrivare a casa per poter offrire soccorso a quel singolare elemento che giaceva accanto a lei, nella speranza che non fosse troppo tardi.

 

 

***

 

Gaara si risvegliò pieno di dolori soffusi.

Non riconosceva l’ambiente in cui si trovava.

Era disteso in un letto a baldacchino, con tende in pesante damasco bianco ed azzurro, e arazzi dallo spiccato tratto delle fiandre erano affissi alle mura della piccola stanza.

Aveva spalancato gli occhi, perdendosi nella luce abbacinante, poi aveva notato una figura seduta accanto a lui: aveva tutto l’aspetto di una nobildonna, eterea ed evanescente, con una lunga chioma corvina e degli impressionanti occhi perlacei.

 

“Ben svegliato. Come vi sentite?” aveva domandato cortesemente, a bassa voce, la donna.

 

“Indolenzito.” Era crollato il silenzio fra i due.

“Vi ringrazio per l’ospitalità. A chi devo tanta gentilezza?” aveva detto questi.

 

“Al misericordioso pastore Hidan, e alla compassione della sua consorte, Hinata Hyuuga.”

 

Gaara aveva allungato la mano per stringere quella piccola e gelida di lei.

 

“Saprò sdebitarmi, siete stata molto buona. Mi presento: sono Gaara, il maestro di spada.”

 

Hinata era rimasta a bocca aperta, arrossendo violentemente a quel tocco improvviso ed intenso.

Non riusciva a credere di trovarsi davanti a quel famoso Gaara, la pietra dello scandalo della famiglia Sabaku, del quale si era parlato tanto a lungo, e che quello stesso personaggio le si trovasse davanti, tenendole la mano con riconoscenza.

 

“Non temete: siete al sicuro. Mi onorerò di ospitarvi per tutto il tempo necessario alla vostra guarigione.” Gli aveva detto, tranquillizzandolo.

 

Infine, quegli si era di nuovo addormentato.

  
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