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Autore: Heybi    14/01/2014    0 recensioni
La Nebule corporation, la più grande azienda farmaceutica del secolo scorso, cinquant’anni or sono entrò a far parte delle forze dell’ordine per supportare le truppe dello Stato durante la Guerra che coinvolse tutto il mondo noto e sconvolse la popolazione per oltre vent’anni. In seguito sostituì completamente le forze armate pubbliche, creando quello che ora è l’esercito del paese, composto per la maggioranza da veri e propri dipendenti dell’azienda stessa. Inoltre, Henrik Weber, il presidente della Nebule, durante il periodo di guerra, entrò a far parte del Senato intervenendo direttamente nella politica interna del paese, ottenendo quindi un potere praticamente assoluto sulla vita dei cittadini. Con un decreto legge previse poi la completa legalità nel mercato degli organi umani, da quel momento in poi controllato dalla Nebule corporation, al fine di aumentare gli introiti dello Stato e dell’azienda, rendendo così la Nebule corporation la maggior potenza politico-finanziario-scientifica e militare al mondo.
Jaden Hidehira, dall'altra parte della bilancia, muove le fila di una fantomatica banda terroristica, dagli scopi tutt'altro che chiari.
All'interno di questa cornice si intrecceranno i destini dei protagonisti che verranno legati indissolubilmente dal concatenarsi degli eventi.
Genere: Azione, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Violenza
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EDEN

 
Chapter two: HOPE

 

A centocinquanta miglia di distanza, oltre le campagne spoglie, verso il rumoroso centro di Chermak, al dodicesimo piano di un palazzo che si affacciava sul centro cittadino, anche qualcun altro osservava inerme le immagini messe in onda sui canali nazionali. 
Nella penombra del suo salotto, acciambellato sul piccolo divano, Axten fissava le immagini senza scomporsi, semplicemente guardava, attonito, la distruzione di cui in qualche modo era artefice. Le immagini scorrevano confuse e sbiadite davanti ai suoi occhi stanchi per la notte passata insonne e le parole dei giornalisti che commentavano i servizi erano solo un’eco lontana e confusa. Il mondo pareva girare al contrario e la sua testa girava, girava senza sosta insieme ad esso.
Si aggrappò al divano con le unghie, stringendo i pugni e i denti, cercando di mettere a fuoco quello che aveva davanti agli occhi, ma gli sforzi erano vani. Tutto continuava ad essere confuso e incomprensibile.
Lentamente scivolò a terra, lasciandosi trasportare dalla gravità che lo trascinava in basso, sempre più in basso, nei luoghi più reconditi della terra, verso gli inferi.
Aveva causato le fiamme e ora le fiamme in eterno lo avrebbero divorato.

Quarantotto ore prima, Axten era in sella alla sua moto, una 750cc bianca che l’Esercito gli aveva dato in dotazione per svolgere il suo lavoro, mal stipendiato, di postino.
Era un lavoro piuttosto semplice, ossia ritirare e consegnare pacchi ritenuti “speciali”: ogni pacco era chiuso ermeticamente all’interno di robuste cassette di sicurezza, la cui apertura era possibile solo utilizzando l’impronta palmare del destinatario del pacco. Nel caso un estraneo avesse voluto forzare la serratura, un dispositivo elettronico avrebbe innescato l’autodistruzione della cassetta. Ad Axten, quindi, non era dato sapere cosa i suoi pacchi contenessero, ma per quanto ne avesse capito, spesso si trattava di farmaci e marchingegni ideati dagli scienziati di biotecnologia farmaceutico-industriale della Nebule, diretti ai più potenti esponenti del paese.
A dire il vero lui si occupava soltanto delle spedizioni all’interno di Chermak, per questo il suo stipendio era misero, ma ovviamente la Nebule corporation spediva in tutto il mondo e la maggior parte dei pacchi erano diretti all’estero, trasportati per via aerea o navale, Axten tuttavia doveva accontentarsi della sua moto e delle viuzze cittadine.
La consegna che si accingeva a fare era diversa dal solito, si trattava di trasportare un insieme di casse, attentamente sigillate, sino ad un magazzino a Sud del centro cittadino, verso la periferia. Lì lo avrebbe atteso il signore a cui nome era stata avviata la consegna, che aveva richiesto specificatamente che il pacco venisse portato non alla sua abitazione, bensì in quel luogo isolato e poco raccomandabile.
L’aria del mattino era pungente e ululava infrangendosi contro il casco di Axten, il cielo bianco sopra di lui annunciava una nevicata imminente e le gomme stridevano sull’asfalto smangiato delle strade di periferia mentre la moto sfrecciava, incurante dei limiti di velocità, per raggiungere puntuale il luogo convenuto per la consegna.
Stando alle indicazioni ricevute, il magazzino doveva essere facile da trovare, ma a differenza di quello che gli era stato detto via e-mail dal responsabile cittadino delle poste, il luogo era raggiungibile solo attraverso una fitta rete di vicoli fatiscenti e maleodoranti attraverso i quali orientarsi era un’impresa immane.
Con tre minuti di ritardo, finalmente Axten raggiunse il magazzino e varcò il portone, socchiuso, dell’ingresso. Nell’ambiente, avvolto nel buio più totale, i suoi passi esitanti rimbombarono contro le pareti spoglie e Axten, incerto sul da farsi si fermò al centro della stanza. Un fragile silenzio lo abbracciò nel momento in cui l’eco dei suoi passi smise di farsi sentire e uno strano sentimento d’ansia si fece largo tra le sicurezze del ragazzo: qualcuno, nel buio di quell’immenso salone, lo stava osservando.
«C’è qualcuno? Sono Axten Barrett, postino dell’Esercito Bianco. Sono qui per consegnare un pacco al sig. Brandon O’Connon da parte della Nebule corporation».
La voce di Axten si infranse nel buio e suonò imponente nel silenzio. Le sicurezze parvero venirgli meno quando, dal fondo del magazzino, una voce senza volto gli rispose cominciando senza nessuna esitazione a parlare, dapprima in un grido possente e glaciale per poi frammentarsi in un sibilo, lento e spaventoso.
«Axten Barrett! Sei in ritardo di ben tre minuti! Questo non è bene, un postino dell’Esercito deve, prima di tutto, essere puntuale. Ora, immagino avrai capito che quest’incarico è speciale e devo ammettere che questo tuo ritardo mi fa dubitare sulle tue capacità e sulla giustezza della mia decisione, scegliendo te come mia pedina, ma posso ancora sperare che tu sia in grado di riscattarti, non avendo io altra scelta all’infuori di te. Probabilmente avrai fatto alcune ricerche su di me, o meglio, sul destinatario del pacco, il chimerico Brandon O’Connon, e suppongo che tu abbia scoperto che la sua residenza è al di fuori del perimetro cittadino, uscendo quindi dalla tua giurisdizione come postino. Bene, a questo punto i fatti dovrebbero essere quanto meno più chiari anche per una mente semplice come la tua, o sbaglio? »
Il respiro di Axten si fece irregolare e lentamente, mentre gli occhi iniziavano ad adattarsi all’oscurità, davanti a lui si iniziò a definire la figura di un uomo, poco più basso di lui, particolarmente magro e vestito in nero, che gesticolava come un forsennato nel buio del magazzino. Sfoggiava un sorriso arido e sprezzante, mentre i suoi occhi, neri come la pece, si conficcavano in quelli verdissimi di Axten, inchiodandolo sul posto.
Non fece in tempo a rispondere, che subito l’altro ricominciò svelto a parlare con quello stesso tono altero e scostante: «Ho scelto questo luogo per la consegna perché volevo che fosti proprio tu a portarmi quello stupido pacco, mio caro Axten. Vedi, tu non mi conosci e probabilmente non riuscirai mai a scoprire molto di me, ma io, al contrario, ti conosco molto bene e principalmente conosco la ragione per cui tu hai scelto di lavorare per l’esercito, cinque anni fa…»
Fu come una doccia fredda, pugnalate gelide che si conficcavano nella pelle di Axten, risvegliando tutti i suoi sensi. Era caduto in una trappola, l’uomo che gli stava davanti lo aveva trascinato lì con l’inganno per poi ricattarlo con chissà quale scopo. Una mano corse veloce alla semiautomatica 93R che l’Esercito gli aveva dato in dotazione, le mani sudate strinsero con sicurezza la doppia impugnatura atta a migliorare la gestibilità della piccola mitraglietta e puntarono dritto davanti a sé, mirando alla testa di Brandon O’Connon, sempre che quello fosse il suo vero nome.
Il silenzio si fece pesante e l’aria si caricò di una tensione quasi palpabile. Rivoli di sudore percorrevano la fronte di Axten bagnando i suoi capelli castani e discendevano la sua nuca, infiltrandosi sotto la divisa, raggelando la pelle della schiena. Axten era pur sempre un membro dell’Esercito ed era suo compito eliminare le possibili minacce alla quiete cittadina. Quell’uomo era sicuramente una minaccia, non c’erano dubbi.
«Mi hai sottovalutato Brandon…Consegnati di tua spontanea volontà e vedrò di non far partire nessun colpo»
Ma le sue mani tremavano e il sudore faceva vacillare la presa sull’arma, bastò un calcio per disarmarlo e lasciarlo di nuovo inerme davanti al suo persecutore. In un attimo la pistola fu nelle mani dell’uomo sadico che Axten aveva davanti e questa volta l’arma puntava alla sua di testa, pronta a fare fuoco.
«Axten, ascoltami attentamente ora e vedi di non fare altre stupidaggini oppure mi vedrò costretto ad ammazzarti. Quello che voglio proporti non è un ricatto, ma semplicemente la soluzione a tutti i tuoi problemi. Il motivo per cui lo faccio non deve interessarti, per ora preoccupati soltanto di restare calmo e vedrai che tutto andrà per il verso giusto. Innanzi tutto devo meritarmi la tua fiducia, vero? E per farlo devo presentarmi, visto che, come avrai capito, Brandon O’Connon non è altro che uno pseudonimo…»
Continuando a tenere alta la pistola puntata verso la testa del postino, il losco figuro stese una mano verso Axten, pronto a stringerla nel più affabile dei modi.
«Molto piacere, Jaden Hidehira, 24 anni, tuo salvatore! »
Un rapido e profondo inchino di Jaden suggellò le presentazioni e un sorriso tronfio illuminò i suoi neri occhi artici.
Con un gesto della mano che impugnava la pistola fece cenno ad Axten di seguirlo, per poi dirigersi verso il fondo del magazzino. Là stavano accatastate alcuni scatoloni sigillati con parecchio nastro adesivo ed altri, aperti in malo modo, lasciavano intravedere il loro contenuto: divise da Agenti Esecutivi.
Il viso di Axten perse colore, stingendosi lentamente e assumendo toni bluastri. Con gli enormi occhi verdi sbarrati fissò il suo interlocutore, sempre più certo del fatto che quell’uomo fosse una minaccia, una terribile minaccia che incombeva sulle vite di tutti quanti.
«Eccoci qui, come puoi vedere queste sono divise da Esecutivo e sono esattamente della tua misura. Dovevano arrivare ieri ad uno degli stabilimenti Nord, ma il carico è stato accidentalmente smarrito…Be’, non c’è bisogno che ti dica quanto sia bravo a ritrovare le cose perdute! »
Lentamente nella testa di Axten un’idea prendeva piede: Jaden, quell’uomo, era un terrorista e aveva scelto lui per mettere in atto uno dei suoi progetti contro la Nebule corporation. Avrebbe potuto chiamare rinforzi attraverso il ricetrasmettitore inserito nel casco, ma lo aveva lasciato fuori, appoggiato sulla sella della moto. Era solo e disarmato contro un terrorista che a quanto pareva aveva tutti i mezzi necessari per sabotare una spedizione di divise dell’Esercito Bianco.
Di scappare non se ne parlava, un colpo della sua semiautomatica lo avrebbe colpito alla schiena e il suo dipartimento credeva che lui fosse a consegnare un pacco a Brandon O’Connon: nessuno avrebbe mai saputo cos’era successo veramente, sarebbe morto inutilmente, come un vero idiota. Imprecò tra sé e sé mentre aspettava che il suo ambiguo compagno continuasse il suo sproloquio.
«Quello che ti chiedo di fare è molto semplice: dovrai indossare una di queste divise e alla guida di un furgone di cui io stesso ti doterò, recarti al Laboratorio 12ovest per consegnare alcune casse che lascerai in magazzino, esattamente all’ora stabilita, non un minuto più tardi. Ovviamente sarai dotato di un Codice da Esecutivo fasullo, e di splendide lenti a contatto colorate, per mascherare le tue iridi verdi. Nessuno sospetterà di te e ti lasceranno passare, identificandoti come un Agente Esecutivo del Laboratorio 6Est. Del modo in cui io mi sia procurato un Codice identificativo valido non devi preoccupartene, tantomeno deve interessarti quello che trasporterai con il tuo furgone. Quello che ti deve importare è la ricompensa…»
Tentennò, tenendo sulle spine Axten che ormai faticava a reggersi in piedi, assalito dall’ansia. Jaden con una piccola giravolta andò a sedersi su uno degli scatoloni e invitò Axten a fare lo stesso, continuando a fissarlo con quei suoi occhi bui e senza fondo.
«Esattamente cinque anni fa ti sei unito all’Esercito come postino con un unico scopo: ritrovare una persona scomparsa. Uno scopo un po’ misero rispetto agli ideali che dovrebbero muovere un uomo delle Truppe Bianche, ma dopo tutto chi sono io per giudicarti? Dovevi essere una persona davvero ottimista se speravi davvero di ritrovarla solo con le tue forze, in un mondo in cui chiunque scompaia è quasi sicuramente diventato nient’altro se non un ammasso di organi da rivendere…Ma la tua tenacia è stata ricompensata, mio ingenuo amico, perché vedi, io ho ritrovato quella persona per te, ed ora sono pronto a farla ritornare tra le tue braccia, se tu acconsentirai a fare quello che ti ho detto»
Axten scattò in piedi, tremante e sudato, gli occhi chiusi in una fessura a fissare Jaden che sornione continuava a sorridere arcigno. Con un balzo gli fu addosso, lo spinse al muro, afferrandolo per il bavero della giacca, pronto a colpirlo a pugni e calci, fregandosene dell’arma che l’altro aveva in pugno. Una rabbia cieca lo aveva stretto nella sua morsa e non lasciava spazio a tentennamenti. Le mani, nuovamente sicure, non accennavano a voler lasciare la presa e per la prima volta da quando era entrato in quel magazzino, vide spegnarsi il sorriso di Jaden, il cui viso ora si piegava in una smorfia di sgomento.
«Dimmi come sai di lei! Dimmelo ora! »
Non aveva fatto altro che cercala, in ogni incarico sperava di trovare tracce che lo riconducessero a lei, un qualche misero indizio, ma nulla. Era scomparsa e niente pareva dare segni che fosse ancora in vita, da qualche parte. Era rimasto solo, con la sola speranza a dargli forza ed ora, dopo cinque interminabili anni, uno sconosciuto arrivava a dirgli che lui sapeva dove trovarla e come farla tornare. Assurdo, completamente assurdo.

Un colpo di pistola sparato in aria e una scintilla malevola negli occhi di Jaden ricomposero per un attimo i pensieri di Axten, ormai furente.
«Ti ho già detto che nulla di tutto ciò deve interessarti. Potrai riaverla indietro, questo non ti basta? »
Nuovamente quel sorriso aspro tornava ad illuminare il volto di Jaden, che abilmente si divincolò dalla stretta di Axten.
Da un angolo della sala tornò a puntargli contro l’arma, gli fece cenno di mantenersi a distanza e con un gesto fugace lanciò verso Axten quella che si rivelò essere la fotografia di una giovane donna, i contorni erano sfocati e la fisionomia poco riconoscibile, ma ad Axten bastò per trasalire: era lei, non c’erano dubbi. Da qualche parte lei era viva e stava bene. Un sorriso dolce piegò le sue labbra e illuminò debolmente gli occhi del ragazzo: non aveva sperato invano.
«Ora, le opzioni sono due: accetti l’incarico e a lavoro terminato rivedrai la tua bella, oppure, non accetti l’incarico e molto probabilmente una volta che ti sarai allontanato da qui rimarrai ucciso in un tragico incidente. A te la scelta…Solo ti prego di sbrigarti, come potrai ben immaginare sono un uomo molto impegnato e tra poco ho un altro appuntamento importante»
Ricadde il silenzio che, pesante come un macigno, schiacciava la volontà di Axten: ora davanti a sé non vedeva altri che lei. Quello che sarebbe comportato dalla sua scelta non gli importava più, che Jaden fosse un terrorista non aveva più importanza, tutto il mondo non aveva più alcun senso, Chermak, l’Esercito Bianco, la Nebule corporation, nulla di tutto ciò esisteva più, restavano solo lui e la speranza sempre più vivida di rivederla.
«Accetto»
Le sue parole infransero l’aria e disegnarono sul volto di Jaden un vittorioso sorriso sghembo.
Poco dopo Axten era fuori dal magazzino, con in mano un piccolo auricolare che avrebbe dovuto indossare il giorno seguente, attraverso quello Jaden gli avrebbe dato tutte le indicazioni necessarie per la riuscita del piano. La sera stessa avrebbe ricevuto un pacco contenente tutto l’occorrente per il camuffamento e le chiavi del furgone promessogli da Jaden.
Mentre risaliva in sella alla sua moto, dal cielo cominciavano a scendere, volteggiando nell’aria, alcuni leggeri fiocchi di neve che lentamente, cadendo, ricoprivano di bianco la periferia, facendo onore alle origini del nome della capitale: Chermak, la Bianchissima.

Trentasei ore più tardi, a bordo del furgone bianco che a caratteri cubitali esponeva sulla fiancata la scritta “Esercito”, Axten arrivava sul perimetro del Laboratorio 12ovest. Aveva smesso di nevicare e il novilunio lasciava il cielo spoglio da ogni luce.
Al controllo di un Agente Esecutivo addetto alla guardia notturna gli era bastato rispondere “Agente Esecutivo P076XY, Laboratorio 6Est” per vedersi aprire le porte dei magazzini dello stabilimento. I suoi occhi, completamente gialli grazie alle lenti, avevano facilitato il compito, ma a quanto pareva Jaden aveva fatto bene il suo lavoro: il Codice identificativo era veramente valido. Per un attimo nella mente di Axten si aprirono tutte le varie possibilità secondo le quali Jaden era potuto entrare in possesso di tale Codice: rapimenti, torture, omicidi…Si sforzò per reprimere la rabbia e continuò nel suo incarico mantenendosi forzatamente lucido. Scaricò con attenzione tre grosse casse nel mezzo del magazzino. Ogni cosa intorno a lui era d’un bianco accecante e tutto l’ambiente trasudava impersonalità e freddezza, le pareti altissime e spoglie, le enormi porte d’un bianco abbacinante, tutto in quel luogo era atto a schiacciare l’ego di chiunque vi entrasse: per la Nebule corporation gli uomini erano solo mere scatole vuote su cui condurre atroci esperimenti. Nessun sentimento, nessuna pietà.
Lo sgomento si impadronì di Axten che rapido rimontò sul furgone, pronto a lasciare quel posto il più velocemente possibile. I cancelli del Laboratorio si richiusero alle sue spalle e lui si avviò in periferia per abbandonare il furgone e recuperare la sua più agile moto nel luogo pattuito con Jaden.
Tutto era stato fatto secondo i piani, poteva tornare a casa e dormire un sonno profondo, dimenticandosi di Jaden e di quello che aveva fatto, ma il sonno non arrivò e la mattina successiva, mentre osservava i servizi dei Telegiornali nazionali, ogni cosa gli fu tremendamente chiara: in quelle tre casse era contenuto dell’esplosivo e grazie al suo aiuto Jaden era riuscito a far saltare in aria un intero Laboratorio della Nebule corporation.

Lui l’avrebbe rivista, ma a quale prezzo? La sua felicità valeva davvero così tante vite?
Mentre sprofondava nella disperazione più profonda Axten si maledisse, e maledisse il suo amore ormai macchiato dal sangue di innumerevoli vittime.

 

  
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