Sento nostalgia per le cose avvenute solo e per sempre nella mia testa.
Tutte le cose più belle sono quelle mai finite, prese nel mezzo.
Le cose belle sono le case dove non hai mai vissuto, le coperte
sporcate e mai riviste la sera tardi negli hotel. Le cose
belle sono i lividi a forma della tua bocca che, un giorno di
agosto, se ne sono andati senza salutare. Anche
loro. Le cose belle erano quando camminavamo soli
fuori e pieni, incasinati, traboccanti dentro.
Sono certi muri, di certi edifici, al porto la
mattina presto poco prima del temporale. Sono le scarpe di
plastica slabbrate. Certe merende alle sei del
pomeriggio che ti divorano al posto tuo.
Tutte le voci che non tornano, che sono naufragate l’altro ieri.
Sono la salsedine nei tuoi capelli lunghissimi e spessi come le radici
degli alberi sotto ai quali, una mattina lacrimogena, scegli
di provare labbra nuove mai esplorate. Continenti alla deriva.
I tuoi desideri appesi al filo
del bucato.
È tornare, il vero morire, non partire.
Non c’è una cura contro tutti i ricordi che
hai lasciato andare. È bello non conoscersi mai, raccontarsi favole per sempre.
Sei la voragine nei miei pensieri.
Sei in tutti i racconti che non sono mai riuscita a scrivere a penna ma solo nella mente. Mi
scopro a guardarti dietro tutti i tramonti poco prima
di partire verso la solita strada. Certe foto, di certe
strade al tramonto dei miei desideri, mi spaccano la vita.
Tornare a quando non avevi niente? C’è mai stato questo momento? Io non
ricordo, niente non esiste fra le mie pagine.
I tuoi tatuaggi li sto dimenticando. C’era
quel leone. Quello che sento dentro e non lascio uscire, il
gioco degli incastri, far passare un triangolo nella figura del cerchio.
Qualcosa di impossibile.
E impossibili sono le parole.
“Torna indietro”: un mantra da tatuarsi su
tutto il corpo. Qualcosa di straziante. Una musica senza suono. Una canzone per gridare, legittimare il rumore, renderlo
accettabile.
Spaccare tutto, e sentirsi sempre normali.
Convincersi un giorno di riuscire a vivere una vita fuori e altre mille
sotto le coperte ancora calde. Un bisogno di
esprimersi senza tornare a farsi male. Amarsi un po’ di più.
Tu eri l’ossigeno in serate di caldo torrido. Sei tutto, interamente,
fatto per respirare. Qualcosa da invidiare per tutta la vita. Le vostre
esistenze patetiche.
Io, ti invidiavo il sangue.
Ti chiudevo la palpebre stanche sui futuri
troppo tristi, infinitamente finti. Ti guardavo il sudore
scendere dalle tempie, me lo appiccicavo addosso per tutta la vita.
Le cose belle, sanno fare ancora male.