Due
settimane
dopo.
P.O.V
Sebastian
Avevo
lo sguardo fisso nel vuoto da un po’.
Le
luci, le risate, le urla, mi sembravano così lontane, la mia
mente era lontana.
Feci
un cenno ad un ragazzo che mi fissava maliziosamente da un
po’ e mi feci quasi
trascinare in bagno dove delle mani frenetiche iniziarono a toccarmi e
spogliarmi ma il mio corpo non reagiva. Non mi resi neanche conto che
il
ragazzo senza nome e senza volto se ne era andato rinunciando a del
sesso
occasionale e guardandomi allo specchio capii anche il
perché, mi sentivo una
merda ed ero una merda anche fisicamente: le occhiaie chilometriche,il
volto
pallido e gli occhi spenti. Quel ragazzo doveva proprio essere stato
disperato
per cercare di avvicinarmi, oppure (cosa molto probabile) non era la
prima
volta che mi vedeva.
Ero
entrato allo Scandals da tre ore e non avevo ancora guardato qualcun o
in
particolare “devo stare proprio male”, mi dissi, ma
non c’era neanche da
stupirsi che non avevo guardato nessuno visto che il mio unico pensiero
era
Thad.
Vedevo
i suoi occhi ovunque: nello specchio, nel bicchiere d’alcool
che avevo preso,
nella prima persona che entrava nel locale puzzolente persino nel volto
del
barista che continuava a guardarmi sospettoso.
Loro
erano sempre lì che mi guardavano feriti e delusi come non
mai.
Non
riuscivo a non pensare a lui e l’alcool invece di farmelo
dimenticare mi
spronava a pensare a lui.
Thad
era l’unica persona che mi aveva fatto piangere sul serio,
che mi aveva fatto
preoccupare, l’unico che si era preso con forza il mio cuore
donandomi con
tutto se stesso il suo sperando anzi sapendo che lo avrei tratto in
salvo.
Si
era sempre fidato di me, anche quando il cervello gli urlava dietro che
ero la
scelta più sbagliata che potesse fare lui mi ha guardato, ha
sorriso, e mi ha
dato la sua fiducia, fiducia che io avevo appena buttato nel cesso per
proteggerlo.
Due
settimane dopo.
P.O.V.
THAD
Sono
in un ospedale da due settimane. Sebastian è andato via da
due settimane. Sebastian
aveva detto tutto alla preside. Mio padre ,se posso ancora definirlo
così, era
in prigione. Mio padre ERA in prigione, è evaso da due ore
diciassette minuti e
cinque,sei,sette,otto secondi. Mi hanno curato i graffi e le ossa
rotte. Mi
hanno fatto mangiare, troppo, infatti ho appena vomitato. Nick e Jeff
sono
rimasti al mio fianco. Lui mi manca, anche se ieri avevo promesso che
non ci
avrei più pensato. Il mio psicologo continua a farmi
domande, lo odio.
Ormai
mi fanno scendere dal letto per più di un ora, nella prima
settimana
continuavano a sedarmi. Jeff e Nick dicono che Sebastian
tornerà da me ma io
non ci credo. Mi chiedono come mi sento ma da quando lui se ne
è andato non
sento più nulla, nemmeno dolore visto che mi iniettano della
morfina. Jeff e
Nick dicono che dovrei dimenticarlo ma non posso dimenticare
l’unica persona
che mi abbia fatto sentire amato da quando mia madre mi ha abbandonato.
Non
ho paura di mio padre, mi vuole? Che venga a prendermi allora, non ho
nulla per
cui lottare. Sebastian era l’unica speranza che avevo.
Sebastian
non mi ama, non mi amava, provava solo pietà per un
ragazzino martoriato da suo
padre.
Mi
ero immaginato tutto, ero io nel torto, lui mi aiutava e io lo
trascinavo
nell’abisso con me.
Mio
padre ha ragione quando dice che sono un mostro. Dovrei morire, come
vuole lui.
Non mancherò a nessuno. Jeff e Nick sono una coppia possono
cavarsela. A scuola
faccio schifo, non avrei nessun bel futuro. Sebastian non mi ama,
probabilmente
mi ha già dimenticato. Me ne andrò da solo, senza
che mio padre venga a cercarmi e
uccidermi. Senza soffrire. So dove tengono i farmaci. Addio.
P.O.V
SEBASTIAN
Con
un ultima spinta riversai il mio seme dentro il ragazzo. Era il
trentaduesimo ragazzo
che scopavo in due settimane ma il peso sul mio cuore
anziché diminuire
sembrava raddoppiare cercando di schiacciare il mio cuore. Chiamavo
Jeff e Nick
almeno tre volte al giorno per chiedergli come stesse Thad ma appena
uno dei
due accennava a passarmelo o a chiedermi di venire
all’ospedale chiudevo la
chiamata. -Vattene- dissi freddo ,per la trentaduesima volta, al
ragazzo che
stava cercando di abbracciarmi per delle coccole post-sesso.
-Non
sei un tipo da coccole?- chiese innocentemente l’altro
cercando di farmi
eccitare muovendosi voluttuosamente contro di me ma provocandomi la
reazione
opposta -VATTENE- urlai a quel punto irato.
Dieci
minuti dopo cercavo per la decima volta di chiamare i Niff che
continuavano a
non rispondere al cellulare. Ero quasi tentato di chiudere la chiamata
per la
decima volta e andare a guardare la televisione quando un singhiozzo
provenne
dal telefono.
-Jeff?-
chiesi titubante e in ansia come non mai -S-seba-s-stian?- mi chiese il
biondo
continuando a singhiozzare. -Devi venire qui immediatamente-. La
chiamata era
finita.