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Autore: LadyDenebola    17/01/2014    1 recensioni
"In quel momento sollevò il capo nella loro direzione, e Marina avvertì su di sé uno sguardo scuro e luminoso passarle da parte a parte". I nani di Thorin giungono a Minhiator, piccola città a ovest di Erebor, per liberarla dagli orchi e rafforzare l'amicizia fra i due popoli. Marina è una giovane assetata di avventure e leggende, diversa dall'immagine di donna umana che i nani hanno sempre avuto. Ambientato prima dell'arrivo di Smaug.
I personaggi e le ambientazioni appartengono in buona parte all'incommensurabile genio di Tolkien, io mi limito ad aggiungere il mio tocco (sperando di non fare casini). ^___^
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Balin, Dwalin, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino dell’autrice: Mi prostro davanti a voi per questo vergognoso ritardo. Spero solo che questo capitolo basti a farmi perdonare! Buona lettura e grazie per la magnanimità!





 
Marina ancora stentava a credere alle sue orecchie.
Suo cugino Alexander si era limitato a osservarla in silenzio, le mani dietro la schiena, mentre lei, quasi inconsciamente, si abbandonava sul bordo del letto, impietrita. Da molto lontano giungevano le voci e i rumori di Erebor, ma nella stanza di Alex tutto si era immobilizzato. Il ragazzo non sembrava aver fretta: aveva detto quel che doveva, e ora non gli restava che aspettare la reazione di sua cugina. Reazione che non tardò ad arrivare non appena lei ebbe recuperato parte delle sue facoltà comunicative.
<< Dimmi che è uno scherzo >>furono le sue prime parole.<< Non puoi esser serio >>
<< Mi conosci: ho mai avuto quest’aria quando ho voglia di scherzare? >>replicò placidamente Alex.
<< Ma perché così all’improvviso? >>
Lentamente, Marina stava uscendo da quello stato di pietrificazione e riacquistando lucidità – anche se ciò significava iniziare a sentire la rabbia e la frustrazione scorrere nelle vene. Si guardò intorno come alla ricerca di un aiuto, ma era sola con suo cugino, che la fissava inesorabile. E lì Marina intuì che difficilmente l’avrebbe avuta vinta.
<< Non puoi essere d’accordo con questa follia >>sibilò, quasi supplicante.
<< A meno che tu non ti regoli da sola, dubito che potrai scamparla. Ma vedici il lato positivo: non dovrai fare niente, a parte confezionarti l’abito e trovare l’acconciatura adatta >>
Marina ebbe la sensazione che il cuore le andasse in mille pezzi. Non poteva credere che quelle parole fossero uscite dalla bocca di Alex, che sempre l’aveva difesa, sempre. Capì che restando in quella camera non sarebbe mai riuscita a difendersi come voleva.
Si alzò. Alex non provò a fermarla, né batté ciglio quando lei, prima di uscire, mormorò tremante:<< Se mi conoscessi davvero, non avresti mai approvato >>
 
Fuori dalla Montana la pioggia scorreva gorgogliante lungo i versanti, più frastagliati e sinistri che mai ogni volta che un lampo li illuminava. Le due statue all’Ingresso parevano giganti pronti a calare le loro asce su chiunque avesse osato avvicinarsi. Ma quel temporale da solo bastava a scoraggiare qualsiasi tentativo di incursione o escursione su Erebor, e tanto bastava a re Thror per sapere il proprio tesoro al sicuro. Eppure, questo pensiero non fece che deprimere Thorin.
Erano giorni, settimane, che aveva notato quanto il re fosse diventato maniacale verso le montagne d’oro che custodiva nel cuore della Montagna, e la cosa iniziava a spaventarlo. Quella mattina, dopo il Consiglio, Thror si era congedato da lui con una fretta impaziente. Thorin ne aveva seguito qualche passo, e non gli ci era voluto molto a capire che il nonno si stava dirigendo nelle sale del tesoro. Ma solo dopo aver rimirato con amore l’Arkengemma, beninteso. Thorin aveva avuto una mezza idea di seguirlo fin giù, ma sapeva che Thror l’avrebbe potuto perfino buttare fuori dalla sala del tesoro.
Immerso in questi pensieri, Thorin prese l’ultima boccata dalla pipa e guardò in basso dall’alto di una torre, e quel che vide gli fece dimenticare il nonno.
 
<< Qualcosa mi dice che siamo arrivati >>esclamò Will.
Frerin annuì con una risata e aprì una pesante porta di pietra che celava l’entrata di un nuovo tunnel. Una pesante alitata d’aria bollente investì il gruppetto prima ancora che potesse varcarla. Anzi, Rio, Will e Marina esitarono sulla soglia. Frerin, che già era andato avanti, si voltò a guardarli con un sorriso quasi canzonatorio, non lasciando loro alternativa: del resto, loro stessi volevano scendere. E così, inspirando un’ultima boccata fresca, i tre lo seguirono.
Dopo pochi passi già si erano tirati su le maniche delle casacche e Marina si era legata i capelli in un alto chignon, mentre sentiva il collo già madido di sudore. Il tunnel era scuro come fuliggine e illuminato da torce che, tanto erano distanziate l’una dall’altra, aiutavano ben poco. L’aria era talmente intrisa di calore che i tre ragazzi non si sarebbero stupiti di vedere i propri abiti prender fuoco. Di tanto in tanto, Frerin si voltava per accertarsi che stessero bene: era chiaro che era abituato a quelle temperature, ma anche lui preferiva non parlare per evitare che gli si seccasse la gola.
Dopo quella che parve un’eternità, il tunnel tornò in piano lasciandoli uscire su una terrazza molto più arieggiata. Un’esile balaustra era il solo ostacolo che li separava da una gola profonda e buia, nei cui recessi si intravedevano le luci sugli elmi dei nani. Lontani, giungevano gli echi delle picconate.
Frerin non indugiò a lungo, ma li guidò subito a destra, verso una lunga e imponente arcata che gettava su di loro spettrali ombre rossastre. Il ricambio d’aria fu troppo breve per Marina e gli altri: seguendo Frerin in quella direzione, furono investiti da ondate di calore se possibile più intense di prima. Ma non appena ebbero passato gli archi, la loro attenzione fu completamente catturata dalla più grande fornace che fosse mai stata concepita sulla Terra di Mezzo.
Una fortezza nera, fatta di arcate cave e colonne portanti, che sembrava aver inghiottito un intero incendio. I bagliori delle fiamme risplendevano dal suo interno fino al colonnato, come a scandire il respiro dell’intera forgia. Fiumi densi di oro scorrevano nei suoi tunnel, riversandosi rapidi e silenziosi lungo i canali che si diramavano sul pavimento. Sembrava la miniatura di Erebor, in quel momento, con la pioggia che scorreva su di essa per affluire lontana nel Fiume Selva.
Marina e gli altri impiegarono qualche secondo per riprendersi da quello spettacolo e accorgersi del rumore che regnava là sotto. I mantici giganteschi che alimentavano il fuoco lanciavano, a intervalli regolari, sibili acuti simili a fischi, mentre tre o quattro nani – a seconda della loro stazza – vi balzavano sopra per azionarli. Ma era il clangore di ferro contro ferro a riempire le forge.
Frerin vide i compagni guardarsi attorno alla ricerca della fonte del rumore, e spiegò:<< Più avanti ci sono le sale dove i fabbri forgiano armi e armature. E, più giù, lavorano i metalli più preziosi >>
<< E tutto quest’oro dove va? >>domandò Will chinandosi su un canale quel tanto che bastava perché i riflessi quasi aranciati si riflettessero nei suoi occhi castani.
<< Alla fine di ogni canale ci sono stampi o calderoni dove l’oro si solidificherà o verrà raccolto e lavorato poco alla volta >>Frerin indicò un punto a sud oltre l’arcata, dove i fiumi di oro si perdevano nel buio.
<< Mai vista una cosa simile! >>fu l’unico commento di Rio, gli occhi sgranati – se per la meraviglia o la luce e il calore, Marina non sapeva dirlo, ma Frerin gli sorrise lo stesso, compiaciuto.
<< Vediamo le armi? >>propose dopo che ebbero osservato ancora un po’ le fiamme guizzare fra le mura della forgia.
Marina li seguì svogliatamente: non nutriva il loro stesso interesse per le armi, e avrebbe preferito continuare a guardare quei fiumi di oro, ma non osava rimanere troppo indietro in mezzo al calore e alla luce pulsante dei fuochi. Tenendosi distante dal resto del gruppo, si ritrovò a passare fra gruppi di fabbri che attorniavano possenti incudini e brandivano martelli grandi quanto il suo braccio. Il loro pesante tintinnio ogni volta che venivano calati su lastre di metallo dava quasi alla testa. In realtà, non c’era molto da vedere se le figure dei nani nascondevano quasi del tutto i loro lavori. Passarono accanto a singoli fabbri impegnati a raffreddare in bacili d’acqua una lama appena forgiata, incuranti del vapore che si sprigionava sui loro volti; passarono davanti ad asce a lama doppia o singola, ben esposte su ganci lungo le pareti rocciose. E, nonostante tutto, Marina non poté non sentirsi catturata da quelle lame lucenti che la circondavano: si attardò davanti a una scala crescente di pugnali dalle impugnature magnificamente incastonate di gioielli. Perlomeno, laggiù aveva più probabilità di dimenticare la conversazione che aveva avuto con Alex e, soprattutto, di evitare di incrociare Vermion, ovunque fosse finito.
<< Buongiorno, mio signore! Credevo non sareste sceso, oggi >>
<< Credevi bene, Mahor. Sono solo venuto a controllare una cosa >>
Marina alzò lo sguardo, convinta che tutti quei rumori l’avessero ingannata. E invece scoprì di aver riconosciuto alla perfezione la voce di Thorin, quando lo vide avanzare in mezzo ai banchi da lavoro e alle incudini. I fabbri interrompevano il lavoro per il tempo necessario a salutarlo, e subito lo riprendevano con più vigore di prima. Quasi addossata contro la parete, Marina osservò il principe di Erebor muoversi rapido e perfettamente a proprio agio, fermandosi soltanto per dare pacche amichevoli sulla schiena di un paio di nani. Non si era accorto di lei: i suoi occhi erano puntati sul fratello che, con Rio e Will, stava studiando una pesante spada dalla lama ricurva molto simile a una sciabola, poco più avanti.
Frerin aggrottò le sopracciglia quando Thorin li raggiunse, ma stavolta Marina non riuscì a udire quel che si dissero: Thorin muoveva appena le labbra, e probabilmente si lasciò sfuggire qualche osservazione pungente, alla quale il fratello rispose immediatamente, offeso. Thorin lo ignorò. Marina lo vide rivolgere un cenno a Rio e Will con lo stesso cipiglio con cui aveva appena discusso col fratello. Poi tornò indietro, e allora si accorse di lei.
La ragazza distolse in fretta lo sguardo con aria colpevole. Un brivido le sfuggì incontrollato quando, con la coda dell’occhio, lo vide raggiungerla rapidamente, costringendola a salutarlo.
<< Fa troppo caldo, qui, per te >>fu tutto ciò che gli uscì di bocca, e, senza darle il tempo di rispondergli, la prese per un braccio e la trascinò via, letteralmente.
Marina era troppo stupita per reagire: la mano di Thorin la stringeva come una morsa, tanto che era convinta che le avrebbe lasciato il segno. Attraversarono l’aria pesante del tunnel più in fretta di quando erano scesi e, quando si lasciarono alle spalle la pesante porta di pietra, il sollievo dell’aria fredda sul volto fu tale che Marina dimenticò per un momento tutto il resto.
Thorin la lasciò andare e la squadrò con attenzione.
<< Stai bene? >>
<< Sì, certo >>rispose Marina, scoprendo in realtà solo ora di avere indolenzita e annebbiata e di essere completamente fradicia di sudore.
<< Non puoi restare in queste condizioni. Torniamo a palazzo >>le intimò Thorin con un tono che non ammetteva repliche. Ma, fatti appena pochi passi, proruppe:<< Quello stupido! Portarvi in un posto del genere, voi che non siete abituati a stare a quelle temperature e così in profondità! E senza interpellare il re! >>
 A Marina tornò in mente la discussione che Dìs aveva avuto con Frerin quando lui aveva proposto di mostrar loro le forge. Si sentì invadere dal senso di colpa.
<< È anche colpa nostra: non l’abbiamo scoraggiato >>disse.
<< Ti sbagli. Frerin è un principe, e in quanto tale dovrebbe conoscere le regole del regno. Non avrebbe proprio dovuto avere quest’idea >>replicò Thorin sempre con voce alterata.<< E, se possibile, mio padre e mio nonno non dovranno saperne niente >>
<< Perché? >>esclamò Marina, stupita.
Thorin si rabbuiò.
<< Sono gelosi di alcuni luoghi sotto la loro autorità, come forse ti avrò già detto. E se vengono a sapere che Frerin vi ha messo in pericolo portandovi laggiù… >>
<< Ma stavamo bene, anche se faceva caldo! >>
Thorin le lanciò un’occhiata eloquente.
<< Ancora un altro minuto e saresti stata cotta a puntino. Frerin ci sta seguendo con Rio e Will. I loro corpi sono più robusti e resistenti del tuo, ma non quanto quelli dei nani. Penso che, oltre alla mia gente, solo gli orchi potrebbero restare nelle nostre forge senza particolare sforzo >>
Marina si voltò, allarmata, sperando di vedere dietro di loro i suoi amici, ma lei e Thorin già erano tornati in vista del palazzo reale, e i tunnel per le forge erano lontani, nascosti dietro i crostoni più alti e occidentali. La ragazza tornò a guardare davanti a sé e accelerò il passo: Thorin camminava svelto, come se fosse ansioso di lasciare la strada, ma quel suo silenzio la mise a disagio. Aveva un’espressione accigliata, e lei non seppe dire se fosse arrabbiato o semplicemente preoccupato.
<< Scendete spesso nelle forge? >>gli domandò dopo un attimo di esitazione.
<< Quasi tutti i giorni >>L’ombra di un sorriso affiorò sulle labbra del nano, come se stesse rievocando lontani e affettuosi ricordi.<< Ci ho passato quasi tutta la vita. Sono cresciuto insieme ai fabbri che hai visto laggiù >>. Ma subito riassunse l’aria di prima e, senza usare mezzi termini, le chiese:<< Perché sei scesa anche tu? >>. Sembrava quasi un rimprovero.
<< Avevo bisogno di distrarmi >>rispose Marina, vaga.
<< Doveva essere un pensiero serio >>osservò Thorin senza trattenersi.
<< Lo è >>
Il nano si voltò verso di lei, accorgendosi che aveva cambiato espressione: gli occhi arrossati dalle forge erano chini a terra e bui, come coperti da un velo.
<< C’è qualche problema? >>
Marina non rispose subito: stavano superando le guardie ed entrando nell’ingresso, vuoto. Sperò che Thorin la lasciasse sola, almeno così avrebbe evitato di rispondergli, ma sembrava che il principe non si fidasse a lasciarla sola: le aprì la strada come una scorta, lasciandola confusa. Ma ancora Marina non osava parlare: più si avvicinavano alle loro stanze più temeva di incontrare Alex o Vermion. Forse Thorin intuì i suoi timori perché, giunti all’inizio del corridoio che portava all’ala degli ospiti, si fermò e ripeté la domanda di prima.  Inchiodata lì da quello sguardo che tanto l’attirava e metteva in soggezione, Marina cercò di suonare il più naturale possibile mentre rispondeva:<< Mi è stato proposto un matrimonio con un uomo di Dale. Vermion ne ha parlato ad Alexander e ha già scritto a Philip >>
Thorin corrugò la fronte, perplesso.
<< Ti stanno imponendo un matrimonio? Per quale motivo? >>
Marina sentì il sangue ribollire al ricordo, ma mantenne i nervi saldi.
<< Vi suggerisco di chiederlo a Vermion. È lui che ha avuto questa brillante illuminazione >>Ciò detto, Marina proseguì senza avere il coraggio di guardare la faccia di Thorin: quasi provava rabbia anche verso di lui, ora che le aveva fatto tornare in mente quel guaio.
Ma, prima che potesse chiudersi in camera, il nano bloccò la porta e la fissò ancora con l’aria di chi fatica a capire.
<< Tu hai accettato? >>
Inspiegabilmente, il cuore di Marina perse un battito.
<< Certo che no! >>quasi urlò. Poi, calmandosi:<< Ma Alex mi ha fatto capire che non avrò molta scelta >>
<< Capisco >>rispose Thorin dopo una pausa. Indugiò ancora un po’ prima di ricordare che Marina doveva farsi un bel bagno. Le rivolse un rapido inchino e la lasciò sola, in preda a un turbinio di frustrazione e delusione.
 
Il temporale estivo era passato con la stessa rapidità con cui era venuto, e ora i raggi del tramonto penetravano nella Montagna come lunghe dita aranciate. I ponti e le piazze erano tornati a brulicare di chiassosa vita. In un altro momento Thorin sarebbe sceso volentieri a cercare Dwalin per bere un goccio, ma stavolta sentiva il bisogno di sfogare da solo i propri pensieri. Erano passate ore da quanto era risalito dalle forge, e del re ancora nessuna traccia: con rabbia e costernazione, era stato informato da una guardia che Thror era ancora chiuso nella sala del tesoro. Assurdo. Quella faccenda aveva dell’assurdo. Thorin avrebbe voluto parlarne subito con suo padre, ma perfino Thrain era sparito. L’unica soluzione sarebbe stata scendere nelle sale del tesoro e trascinare via il nonno di peso, anche per la barba, se necessario, ma una vocina l’aveva bloccato prima che potesse muovere più di un passo. Lui, Thorin, non era certo un campione di pazienza, ma perfino accecato dalla rabbia com’era in quel momento aveva capito che non poteva essere imprudente. Sarebbe stato meglio tentare di far ragionare Thror con le parole. E se avesse fallito… be’, allora le cattive maniere erano giustificate.
<< Perché ti sei rintanato quassù? >>
Thorin non si voltò né rispose, aspettando semplicemente che Dìs lo raggiungesse e s’appoggiasse al parapetto, accanto a lui.
<< Siete spariti tutti >>continuò lei, la voce leggermente alterata.<< Dove sono nostro nonno e nostro padre? >>
<< Nostro padre è stato chiamato a ispezionare un rivo sul fianco occidentale della Montagna. Pare che il temporale di prima l’abbia ingrossato notevolmente >>
<< E il re? >>
Thorin la guardò, un sopracciglio alzato: tanto bastò perché Dìs capisse. Sbuffò, esasperata e aprì la bocca, pronta a dare libero sfogo agli stessi pensieri del fratello, ma la richiuse subito, decidendo all’istante che fosse meglio tacere.
<< Gli parlerò >>disse allora Thorin, lieto di non dover sentire alcuna invettiva.
<< Fallo presto >>replicò Dìs, ora a voce bassa.<< Finirà con l’ammalarsi e ad allontanarsi dal suo regno >>. Poi, la sua espressione mutò, come se un pensiero spaventoso le si fosse presentato davanti agli occhi.<< E se qualcuno venisse a sapere di questo suo atteggiamento? Potrebbero pensare che nasconde qualcosa di veramente inestimabile, fra i suoi tesori e… >>
<< L’unico tesoro veramente inestimabile è l’Arkengemma >>la interruppe Thorin, allarmato dalle sue parole,<< e sia uomini che elfi ne sono già a conoscenza. Non vedere le cose più nere di quanto non lo siano già >>
Dìs annuì, ma faticò a liberarsi di quei pensieri sgradevoli, finché Thorin non notò, con voce più pacata:<< Non dovevi rimanere a letto? >>
<< Non sono malata! >>esclamò lei, e si accarezzò il ventre.<< E poi, il piccolo voleva prendere un po’ d’aria. Senti com’è felice! >>
Thorin si chinò e poggiò un orecchio sul pancione della sorella. Dapprima udì solo le voci e i rumori della città. Chiuse gli occhi e, bassa ma ben distinta, percepì un’improvvisa pressione contro l’orecchio. I calcetti durarono pochissimi secondi e, quando si interruppero, Thorin continuò a stare in ascolto, mentre sulle labbra gli era affiorato un sorriso inconsapevole.
<< Vorrei fosse meno irrequieto, in realtà >>rise Dìs facendolo rialzare.<< Ma perfino uno tranquillo come Frerin faceva sobbalzare nostra madre. A proposito, è sparito anche lui >>
<< Spero stia riflettendo sul colpo di genio che ha avuto stamattina >>borbottò Thorin tornando a guardare giù dalla torre.
<< Che cos’ha fatto? >>domandò Dìs, cambiando tono all’istante.
Il principe le raccontò brevemente della visita alle forge dei loro ospiti e stavolta Dìs non si trattenne.
<< Non pensavo fosse diventato così incosciente! Gli avevo espressamente vietato di non farlo, ma… >>
<< Tu lo sapevi? >>esclamò Thorin guardandola con occhi di fuoco.
<< Gli avevo detto di no! Pensavo mi avrebbe obbedito. Thror non ne sarà affatto contento >>
<< E infatti non dovrà saperlo >>
<< Non glielo dirai? >>Dìs lo fissò stupita.
<< Già è così fissato col suo oro, figuriamoci cosa potrebbe fare se venisse a sapere che degli uomini sono scesi nelle sue forge a sua insaputa >>sbottò il fratello.
Dìs rifletté a lungo su quella risposta, e alla fine non riuscì a dargli torto.
<< Inoltre >>aggiunse Thorin,<< non vorrei se la prendesse con quei ragazzi. Sai quanto sia sospettoso nei confronti delle altre razze, anche se vuole mantenere le alleanze >>
<< Stai ripensando a come ha reagito quando hai portato Marina sull’Altopiano del Re? >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Me l’ha detto Filer. Thror non era entusiasta, a quanto pare >>
Il volto di Thorin tornò a rabbuiarsi.
<< Inizia a fissarsi un po’ troppo, secondo me >>borbottò appoggiandosi pesantemente al parapetto, le braccia penzoloni.
<< Forse ha pensato che ci fosse un legame fra te e quella ragazza >>
<< Sciocchezze. Per quel che ne sa Thror, Marina potrebbe anche essere già impegnata >>
<< Sarà, ma è l’unica spiegazione plausibile >>ribatté Dìs scrutandolo attentamente.
Thorin non si diede la pena di risponderle. Il sole stava calando, e il palazzo era già al buio mentre gli ultimi raggi si attardavano ai livelli inferiori della Montagna. Thorin sentì tornare un’improvvisa voglia di bere.
<< Dove stai andando? >>esclamò la sorella quando girò sui tacchi.
Thorin voltò appena la testa e, da sopra la spalla, si limitò a un:<< Lascio il palazzo nelle tue mani! >>
   
 
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