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Autore: Layla    17/01/2014    2 recensioni
Lui sta per sedersi a un tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano nel locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme, poi consegno tutto ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane – perde il controllo e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom steso a terra.
Dovrei aspettare l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un unico movimento mi inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato colpito.
Mi concentro e una leggera luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io continuo fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e la pallottola svanire completamente.
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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3) La bambola demoniaca.

 

Lunedì preferirei buttarmi sotto un treno che tornare a scuola.
Non posso permettermi di perdere un altro anno, purtroppo, così mi strappo dalle coperte, mi vesto  e scendo a fare colazione.
Mia madre e Isabel sono già in cucina, entrambe con lo stesso sorriso felice di chi è soddisfatto della propria vita e non ha nulla da temere. Solo io temo Tom DeLonge e nello stesso tempo voglio vederlo per via della mia cotta.
Che gran casino!
Fatta colazione ce ne andiamo a scuola, mia sorella non vede l’ora di rivedere Mark, il suo appuntamento ieri è andato benissimo: lei e Hoppus si sono persino baciati.
La vita va bene a tutti tranne a me, solo a me riserva limoni.
Arrivate a scuola e parcheggiata l’auto lei corre a cercare Mark, io mi dirigo con passo svogliato verso l’interno. Durante il fine settimana mi sono tinta i capelli di arancione per scazzo, Izzie dice che mi stanno bene.
Entro e controllo l’orario, ho una materia che si chiama “Laboratorio psicosociale” e il mio istinto dice che sarà una noia terribile.
È molto raro che il mio istinto si sbagli quindi devo prepararmi psicologicamente.
La professoressa che gestisce si chiama Jenkins ed è una donna di mezza età dalla voce fastidiosamente acuta, mi ricorda lo stridore delle unghie contro la lavagna.
“Bene, ragazzi. Inizieremo un progetto in previsione di quando diventerete genitori, visto che a qualcuno di voi sicuramente capiterà presto.
Sorteggerò delle coppie che si dovranno prendere cura di uno dei bambolotti qui, sono quasi come dei bambini veri.”
Io la guardo stupita, invece di esortarci all’astinenza o all’uso dei profilattici questa donna vuole che impariamo a prenderci cura dei marmocchi?
È pazza!
“Bene inizio il sorteggio, la prima coppia è quella composta da Malone Chiara Elizabeth e da DeLonge Thomas Matthew.”
Io sgrano gli occhi e alzo la mano.
“Non si può cambiare partner, professoressa?”
“No, Malone. Venga qui a prendere suo figlio.”
Io mi alzo rassegnata e prendo il bambolotto che mi porge.
“È una femmina, cara. Come la volete chiamare?”
“Figlia di nessuno, va bene?”
“No.”
“Beh, ci penseremo.”
Me ne torno al mio banco, Tom è ora seduto al posto del tizio vicino a me.
“Fammi vedere nostra figlia.”
“È solo un cazzo di bambolotto, non fare tutte queste scene.”
“È nostra figlia, non è un bambolotto.”
Con poca grazia gliela ficco in mano sperando che taccia.
Finito il sorteggio delle coppie arriva il colpo di grazia: dovremo tenerci questo coso per una settimana e tenere una specie di diario.
Che schifo.
“Vuoi tenerla tu per la prima ora?”
“No, ho educazione fisica, non mi piace che stia da sola.”
Io gli appoggio una mano sulla spalla, il che è un gesto molto pericoloso.
“Tom, non è un vero bambino, è solo una bambola, capito?”
“Ma tu la tratterai come se fosse vera, io e te abbiamo ancora qualcosa da chiarire comunque.”
Infuriata come una iena esco con la pupattola sotto braccio e mi dirigo alla prossima aula: matematica.
Mi siedo al primo  posto che trovo libero e appoggio la bambola accanto a me sperando che stia zitta, il professor Olsen non ama chi lo disturba durante le sue complicate lezioni.
Poco dopo arriva in classe, fa l’appello – come al solito – e nota la bambola, le sue labbra si stringono, ma non dice nulla.
Inizia a spiegare e dieci minuti dopo il congegno infernale inizia a piangere, io non so cosa fare, la cullo, le canticchio qualche canzone.
“Faccia tacere quel coso, Malone!”
“Non ci riesco, professor Olsen! Ringrazi la professoressa Jenkins per questo inconveniente!”
Lui mi guarda un attimo sbalordito, poi una luce maligna si accende nei suoi occhi.
“Sì, Malone. Penso proprio che andrò a ringraziarla, sono stufo delle idee di quella donna, finiscono sempre per rovinare le mie lezioni!”
Esce sbattendo la porta, lasciandomi con il problema di come far smettere di piangere la cosa che ho in mano.
Le provo tutte di nuovo, poi mi volto verso i miei compagni, disperata.
“Vi prego, datemi una mano!”
“Sei una donna, Malone. Le donne sanno come far tacere i bambini!”
Mi urla lo spiritoso della classe, io vorrei ucciderlo.
“Beh, io non sono tanto brava con questi… Cosi.
Sono piccoli, fragili, ho paura di romperli.
Quante chance avrò di essere creduta quando avrò spezzato l’osso del collo di mio figlio perché non so come trattarlo?
Nessuna! Finirò in galera per un.. neonato!”
Mi guardano tutti stralunati, fino a che Helen – una ragazzina dai lunghi capelli neri – non me lo toglie delicatamente dalle mani e lo fa addormentare cullandolo e canticchiandogli qualcosa.
“È che sente che tu non le vuoi affatto bene.”
“Helen, ti ringrazio, ma è una bambola!”
Lei scuote la testa.
“Si comporta come un bambino vero e quindi potrebbe percepire se ti fa piacere averla accanto oppure no.”
Io sbuffo.
“Sembri Tom, queste bambole non sono bambini, non sentono quello che noi proviamo.”
Rimetto delicatamente il mostro a letto, giusto poco prima che arrivi il professor Olsen. Per una grazia di un non so quale dio sta zitta per tutta la lezione e il professore non si arrabbia ulteriormente, la mia media è già abbastanza bassa.
Finita la lezione cerco Tom per tutta la scuola e gli rifilo il bambolotto in braccio, senza ascoltare le sue proteste.
Sono arrabbiata come non mi succedeva da tempo, vado alla lezione seguente con la faccia del serial killer latente, tanto che spavento persino mia sorella.
“Cha, che ti è successo?”
“È successo che la Jenkins ci ha assegnato un compito stupido! Ha creato delle coppie e gli ha affidato un bambolotto che si comporta come un bambino vero per prepararci all’essere genitori.
Immagino sarebbe stato troppo facile dire: non scopate, usate il preservativo, prendete la pillola!
Io sono finita in coppia con Tom, ti rendi conto?”
Lei mi guarda un attimo.
“Quanto vorrei che un compito del genere lo dessero a me e a Mark!”
Io scuoto la testa, da quando è riuscita a conoscere Hoppus lo ficca in tutti i discorsi possibili e immaginabili.
Seguiamo insieme tutte le lezioni fino alla pausa di mezzogiorno, ho già preso il rancio quando Tom si siede al nostro tavolo insieme al piccolo mostro e ad Anne.
“Non sei stata molto gentile mollandomi nostra figlia così.”
“Non è nostra figlia, Tom! È solo un dannato bambolotto!
Ciao, Anne!”
Anne è la cosa più vicina ad un’amica che io abbia, da quando ci siamo chiariti sulla questione “Johnny” ha smesso di essermi ostile e ho scoperto che è simpatica.
“Ciao, Chia. Tom, Chia ha ragione, è solo un bambolotto non dovresti farti paranoie e far andare in paranoia gli altri.”
Lui sbuffa e comincia a mangiare in silenzio, presto lo imitiamo tutti.
“Anne, tuo fratello lavora ancora da Davies?”
Chiede mia sorella ingoiando un boccone di polpette.
“Sì, perché?”
“Dici che sarebbe une bella idea se io andassi a trovarlo dopo il lavoro, cioè lo vado a prendere e poi ci facciamo un giro insieme.”
La faccia di Anne diventa brutta per un attimo e la sua forchetta muove leggermente i piselli che accompagnano le polpette.
“No, penso che non sia una buona idea.
Aspetta che sia lui a farsi vivo.”
Lei annuisce depressa, mi sa che c’è qualcosa sotto, dopo lo chiederò ad Anne.
Finito il pranzo, Tom mi molla di nuovo la pupattola e tenendola in braccio vado a lezione si spagnolo insieme ad Anne.
“Come mai hai detto a mia sorella di non fare una sorpresa a Mark?”
Lei sospira.
“Perché ha una mezza storia con una sua collega che si chiama Josie. Penso si stiano mollando, ma Isabel non la prenderebbe bene.”
“Ho capito. Spero che la molli, perché se tiene il piede in due scarpe lo pesto.”
Faccio scrocchiare minacciosamente le nocche, facendo spaventare la piccola Satana che ho in braccio.
“Oh, Cristo. Non di nuovo!”
Lentamente, mettendoci tutta la dolcezza che riesco a trovare la cullo e le canto una ninna nanna, finalmente tace.
“Dovremmo nutrirla, ma con che cosa?”
“Forse basta che le metti in bocca un biberon vuoto, Tom l’ha già battezzata, non te l’ha detto?”
“No. Come l’ha chiamata?”
“Ava.”
Un brivido corre lungo la mia schiena, questo mostriciattolo si chiama come me.
Il resto delle lezioni trascorre tranquillamente, la rottura arriva quando finiscono. Tom è appoggiato alla mia macchina insieme a mia sorella.
Che deja-vu!
“Ciao, cosa ci fai qui?”
“Vengo a casa tua per prenderci cura della bambina.”
Io alzo gli occhi al cielo, ma perché?
Il mio istinto è diviso in due, dall’altro è felice perché trascorre tutto questo tempo con Tom, dall’altra teme che presto il mio segreto verrà fuori. Se dovesse succedere sarebbe una tragedia!
“Va bene, va bene.”
Ci sarà anche Isabel, posso sopportare questa situazione. Saliamo in macchina e andiamo a casa mia: stranamente la macchina di mamma è già parcheggiata nel vialetto.
Apro la porta di casa e la vedo china su una pianta, quando sente le nostre voci alza lo sguardo, è stupita.
“Come mai c’è anche lui e tu hai una bambola in braccio.”
“È n..”
Gli rifilo una gomitata nelle costole.
“La professoressa Jenkins ci ha assegnato un compito, far finta che questo sia nostro figlio o figlia e prendercene cura insieme. Io sono finita con Tom, che la fastidiosa abitudine di credere che questo bambolotto sia davvero nostra figlia.”
Mia madre ride.
“Ok, andate pure in salotto, volete qualcosa da bere o da mangiare?”
Alla fine accettiamo volentieri le patatine e la coca che ci offre, io inizio subito con matematica, Tom invece inizia a giocare con la bambina.
Continua a ripeterle “bubusettete” in continuazione facendola ridere, peccato che questo renda molto difficile concentrarmi sui compiti.
Sono quasi tentata di andare nella stanza del deserto pur di avere un po’ di pace, non lo faccio solo perché Tom vorrebbe venire anche lui.
Alla fine la bambina scoppia a piangere e non c’è ninna nanna che tenga, continua.
“Credo abbia fame.”
Dico io piatta, alzando la testa dai miei compiti.
“Come la nutriamo?”
“Non lo so, ma secondo Anne dovremmo provare a metterle in bocca un biberon vuoto, ce n’è uno nel kit che ci ha dato la Jenkins.”
Lui fruga nella borsa che ci ha dato la vecchia strega e trova un biberon, lo infila nella bocca del bambolotto che inizia  a succhiare il nulla, ma almeno tace.
Dopo aver finito, la bambola si addormenta e Tom si svacca sul divano.
“Ho sentito che hai dato un nome alla bambola.”
“Sì, l’ho chiamata Ava, ti piace?”
“Carino.”
Dico in tono misurato per non fargli capire quanto mi turbi il fatto che abbia chiamato la cosa come me.
“Cosa stai facendo?”
“Matematica.”
“Faccio schifo in matematica.”
“Anche io, ma bisogna pur farla, no?”
Lui rimane un attimo in silenzio.
“Perché ti scoccia così tanto occuparti di Ava?”
Io non alzo nemmeno gli occhi.
“Non sono affari tuoi.”
“È perché sei stata adottata?”
“Forse.”
Altro attimo di silenzio.
“Perché mi odi così tanto?”
“Non ti odio, è che quando vuoi sai essere estremamente testardo e fastidioso e mi dà fastidio.”
“Capisco, me lo dicono spesso.”
“Deduco che non te ne importi molto degli altri se continui a comportarti così.”
“Esatto, sono fatto così. Non posso farci nulla, come tu non puoi fare a meno di essere la donna dai tanti segreti.”
Io sbuffo, con il cuore a mille.
“Smettila, Tom. Non è vero, sono solo una banale studentessa.”
“No, non proprio. Prima o poi mi dirai la verità.”
I miei occhi diventano tristi per un attimo, anche se non dovrei frequentarlo – e men che meno amarlo – mi sento male perché lui mi frequenta solo per i miei segreti, non perché gli piace la mia compagnia.
“Ehi, Chia. Cosa c’è?”
“Niente, adesso mi rimetto a fare i compiti. Tu non ne hai?”
Lui si batte una mano sulla fronte.
“Giusto, letteratura.”
Anche lui finalmente si mette a lavorare e c’è silenzio, mamma  passa ogni tanto a controllare e mio malgrado si crea un’atmosfera di complicità tra di noi.
Lo so benissimo che deriva dal fatto che per una settimana dovremo occuparci della pupattola, ma mi fa comunque piacere. A intervalli regolari una voce mi suggerisce di dire tutto a Tom e di essere  totalmente sincera con qualcuno per una volta nella vita, ma non riesce mai ad avere la meglio.
Ogni volta immagino i giornali, l’FBI che mi preleva e mi allontana per sempre dalla mia famiglia, dalla mia vita e poi non potrei sopportare che anche a Johnny succedesse tutto questo solo per colpa mia.
Alle sei io ho finito gli esercizi e Tom il suo tema di letteratura.
“Beh, adesso io vado. Tu tratta bene la piccola.”
“Perché deve rimanere da me?”
“Perché devi affezionarti a lei.”
Io sbuffo platealmente, incrociando le braccia davanti al busto.
Lui ride e mi dà un bacio sulla guancia, prima di farmi un cenno di saluto e sparire nella luce morente del sole del tramonto.
Solo quando so che è fuori dalla visuale mi tocco la guancia e non posso fare a meno di sorridere.
“Chiaraaa!”
Urla mia madre, rovinando questo momento quasi romantico.
“Vieni ad aiutarmi con la cena.”
“Va bene, mamma!”
Urlo io, entrando in casa.
“Quel ragazzo ti piace, vero?”
Io arrossisco.
“Mamma!”
“Cosa c’è di male ad ammetterlo?È molto carino, anche se non mi piacciono i capelli blu, i piercing e i tatuaggi.”
“Mamma, non ho speranze. È uno di quei ragazzi da una botta e via e io non voglio essere l’ennesimo nome da aggiungere a una lista di ragazze che si è fatto.”
Lei non dice nulla.
“Vi hanno dato un compito stupido.”
“Molto, avrebbe più senso spiegare come non rimanere incinte che prepararci ad essere genitori.”
“Ti pesa essere adottata?”
La guardo perplessa.
“Perché me lo chiedi?
Siete stati una brava famiglia.”
“Grazie, cara. Ho il sospetto che avere a che fare con quella bambola ti faccia ricordare che tu non hai avuto una madre che lo facesse a te e che questo ti faccia stare male.
Io taccio un attimo.
“Sì, ma non posso farci nulla. È quello che sono e nessuno potrà cambiarlo e, per quanto faccia male, lo devo accettare.”
Lei mi accarezza la testa.
“Sei una brava ragazza.”
Io annuisco, leggermente commossa.
Poco dopo arriva  a casa mio padre e lancia un’occhiata scettica al bambolotto.
Una volta che gli ho spiegato cosa devo fare lui si acciglia.
“Non dovrebbero insegnarvi a non avere figli, non a prendervene cura?”
“Lo penso anche io, ma la profe la pensa diversamente. È convinta che non siamo in grado di resistere al richiamo della passione, un po’ come le bestie.”
Lui scuote la testa.
“Insegnanti moderni!”
Borbotta mentre sale in bagno a fare la doccia.
Mangiamo allegramente, il fatto che abbiano tentato di spararmi sembra aver sollevato l’umore della mia famiglia e abbia fatto decidere ai miei di tornare a trattarmi bene.
Finita la cena la figlia di Satana scoppia a piangere, mia madre la guarda con occhio clinico.
“Credo abbia fame.”
“Ma gli abbiamo dato da mangiare prima!”
“Cosa?”
Io mi gratto la testa.
“Beh, un biberon vuoto. Io e una mia amica abbiamo pensato che bastasse questo a saziarla.”
“Metti dell’acqua nel biberon.”
Io eseguo e mia madre glielo fa bere, alla fine la bambola rutta soddisfatta.
Io sto per tirare un sospiro di sollievo, ma non è ancora finita, adesso il mostro piange per una ragione ignota.
“Credo che ti debba cambiarle il pannolino.”
“Oh, no!”
Esclamo terrorizzata.
Prendendo la bambola e un pannolino dal kit della pazza salgo in bagno. Mia madre ha ragione: il pannolino è bagnato. Glielo tolgo con cura, la pulisco, gli metto la cremina e il talco, poi ne metto uno nuovo.
Adesso spero non abbia più bisogno di nulla perché devo ripassare matematica, domani interroga e potrebbe decidere di interrogare me per via della bambola.
Studio, finito quello mi butto sul letto.
Adorata pace.
Adorata pace, un cazzo!
Tom entra dalla mia finestra e io faccio un salto di tre metri buoni.
“Cosa ci fai qui?”
“Do la buonanotte ad Ava! Buonanotte, piccolina.”
Le dà un bacio e poi ne dà anche a me sulla guancia, poi scompare nelle notte.
Ancora una volta mi porto la mano sulla guancia, mi fa tanto piacere e questo non va bene.
Mi fa venire voglia di rivelargli il  mio segreto e non sono ancora sicura di potermi fidare di lui.
Non voglio finire sezionata dai federali e poi magari in uno zoo.
“Chia, raro esemplare di aliena femmina.”
Non voglio che succeda.
Cosa devo fare?

Angolo di Layla

Ringrazio staywith_me e DeliciousApplePie per le recensioni, per me significano molto.

   
 
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