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Autore: Puerto Rican Jane    18/01/2014    3 recensioni
Marzo 1967, New Jersey. Una giovane ragazza con problemi economici e familiari, in cerca di un amore per ribellarsi. Un ragazzo con un grande sogno da realizzare. Entrambi accumunati dalla voglia di scappare dalla città di perdenti in cui vivono.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13 (OR IS IT SOMETHING WORSE?)

Agguantò la maniglia della porta. Era fredda al contatto con la sua mano sudata. Spalancò l’ingresso quasi con rabbia.
-Mary!
La voce uscì roca e spossata dalla sua gola, una voce esasperata. Una voce che non ebbe nessuna risposta.
-Mary!- ripeté, questa volta con una nota tremolante
–Mary! Dove sei? Mary! MARY!
Prese le lenzuola del letto e le scaraventò via; afferrò i cuscini una alla volta e li sbattè con rabbia a terra. Aprì l’armadio e cominciò a cavarne fuori ogni indumento. La sua mente, sconvolta dallo shock di non aver trovato la moglie ad aspettarlo, lo faceva agire in modo assolutamente insensato, facendogli credere che Mary potesse trovarsi sotto le coperte o nascosta dentro l’armadio. In preda ad un accesso di frustrazione cominciò a fare a pezzi ogni cosa che si trovava tra le sue mani. Prese a pestare i piedi a terra, le lacrime cominciarono a solcare il suo viso, si passò le mani nei capelli con disperazione.
-Joseph! – urlò a un tratto. Suo figlio, dov’era suo figlio? Uscì con furia dalla loro stanza per entrare nella cameretta del suo Joseph. La aprì con un rude calcio. Era tutto buio. Cercò l’interruttore. Luce. Un attimo di speranza. Ma anche questa fu subito disattesa.
-Joseph!
Il letto era vuoto.
-Joseph,  Joseph…- prese tra le sue mani il piccolo cuscino alla base del letto, ancora caldo, portava il segno della piccola testolina del suo bambino. Cominciò a stringerlo tra le sue braccia, ad accarezzarlo, a baciarlo.
-Joseph, Joseph… Dov’è il mio Joseph?
Le gambe alla fine cedettero sotto il peso di quell’agonia. Cadde in ginocchio, prese la testa tra le sue mani e pianse. I singhiozzi gli laceravano il petto, straziavano il suo cuore. Un caos di pensieri e la più grande confusione. Cos’era successo? Dov’era la sua famiglia? Chi li aveva presi e portati via? Perché, poco prima, se n’era andato?
Era tutto svanito, finito, volato via, fuori dalla sua portata… Molte altre domande si affollarono nella sua mente ormai provata. Si alzò barcollando, facendo uno sforzo su quelle sue gambe quasi senza forze, la vista annebbiata dalle lacrime disperate. Cominciò a camminare in uno stato di incoscienza, con uno sguardo vacuo nei suoi occhi. Guardò le pareti di quella casa: non poteva essere la sua casa, non riusciva a capacitarsene. Se non c’erano loro dentro, non poteva essere considerata tale. Si ritrovò nella cucina dove poco prima Mary aveva fatto crollare solo con dell’aria tutto ciò che aveva di più caro e che aveva costruito in tanti anni. Sul tavolo c’era un foglio di carta scritto con una calligrafia disordinata , frettolosa. Una lettera. Odiava le lettere.

“Ho commesso uno sbaglio in passato, e forse ne sto commettendo un altro, ma al momento mi sembra la cosa più razionale da fare. Ho deciso di andarmene con Joseph e tornare a vivere dai miei genitori momentaneamente, in attesa di guadagnare i soldi per una vita migliore. Da ragazzi abbiamo sbagliato a precipitarci nelle braccia l’uno nell’altra. Ci conoscevamo appena, non era amore e non poteva nemmeno diventarlo. Gli errori e le lacune si sono manifestate con il passare del tempo, degli anni, sbriciolando quella piccola felicità che credevamo di avere. E’ sempre stato tutto instabile e precario, anche le fondamenta della tua famiglia che credevi così sicure in realtà traballavano. Ho promesso a Joseph una vita migliore. E spero di riuscirci in un modo migliore del tuo.
M.”


Era tutto chiaro ora.
O forse no, era tutto ancora più scuro.
Non aveva parole, o forse no, ne aveva troppe.
Brancolava al buio in cerca di una fonte di salvezza,  ma non ce n’erano, se ne erano andate. Sua moglie se ne era andata. Suo figlio se ne era andato. Non gli rimaneva più niente. Aveva perso tutto. I ricordi che tornavano prepotentemente in lui lo stavano ammazzando. Rendevano definitiva la sua sconfitta.
E’ una bugia un sogno che non si realizza, o è qualcosa di peggiore?


*angolo autrice*
Eccoci qua. This is the end, my only friend, the end. Sono molta dispiaciuta di dover chiudere questa ff a cui ho dedicato moltissime delle mie capacità, ma soprattutto mi dispiace di lasciare VOI Blood Sisters, siete state una delle nie fonti di ispirazione, una forza.
E INFATTI ho deciso che questa NON sarà la fine! Ho pensato che non poteva lasciarvi così, di sasso, in questo modo, quindi scriverò un Epilogo vero e proprio , che credo sarà una specie di salto nel tempo di qualche anno, in cui si tirerà le somme delle vite dei due protagonisti. Che ne dite?
Per quanto riguarda questo capitolo, non so bene cosa pensare, avrei voluto farlo più lungo, più reale, avevo pensato di revisionarlo un po', ma alla fine ho deciso di pubblicare la prima bozza, dopo averla fatta leggere alla mia cara Giulia (<3) che mi ha dato il suo prezioso parere. Quindi io ora mi zittisco, torno a leggere il Signore degli Anelli, e lascio la parola a voi e alle vostre opinioni, spero vivamente che vi piaccia.

PRJ

P. S. Mi sono accorta solo ora che, pubblicando dal cellulare, nel capitolo era comparso anche il codice sorgente! Perdonatemi! Spero di aver sistemato ora!
  
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