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Autore: Bale    19/01/2014    0 recensioni
Il dolore di una donna che vede la sua vita messa completamente in discussione dopo la partenza della figlia per l'università
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I
 



Gabriele sonnecchia sul divano. E’ bellissimo, come tutti i bambini quando dormono.

Tiene le manine strette a pugno, sollevate sopra la testa e il suo visino sembra ancora più paffuto del solito.

Mi siedo accanto a lui e gli sfilo le scarpine. Lo faccio con delicatezza, come se avessi paura che possa rompersi. A volte sembra un bambolotto di porcellana, con la sua carnagione perlacea e i suoi boccoli biondi. Respira lentamente e vedo il suo petto gonfiarsi per poi abbassarsi.

Amo guardarlo dormire e non soltanto perché quando dorme non è una peste, ma soprattutto perché mi trasmette calma, pace interiore. Provo ad immaginare i suoi sogni e quasi sempre mi viene in mente una foresta incantata, piena di piante colorate che sembrano caramelle e di unicorni danzanti.

Quanto mi manca il mondo dei bambini. Tutto è rosa e allegro e nulla, assolutamente nulla, può fare loro del male. L’unica paura è quella del mostro nell’armadio, ma basta rimboccarsi le coperte fin sopra la testa per farlo sparire.

Da bambina avevo paura del buio e, anche se lo faccio con riluttanza, devo ammettere che la paura mi è rimasta. Una volta un medico mi ha detto che è del tutto normale. La mia paura del buio non è dovuta alla convinzione che un mostro possa saltare fuori dall’oscurità in qualunque momento, bensì all’intrinseca mancanza di luce. Temiamo l’ignoto in quanto tale. Non lo conosciamo, quindi ci spaventa. Io ho paura del buio semplicemente perché mi impedisce di vedere cosa ho intorno, nulla di più.

Mi alzo dal divano e vado in cucina. Mi verso del succo d’arancia e salgo al piano di sopra. Dopo i primi scalini, sento già la musica invadere l’aria e riempirmi le orecchie.

Aurora sta facendo le valige e ascolta i suoi cantanti preferiti. Ovviamente io non so nulla di musica e, sinceramente, mi rifiuto categoricamente di comprendere quella che i giovani ascoltano al giorno d’oggi.

Finisco le scale, raggiungo il pianerottolo e mi affaccio in camera sua.

-Hai bisogno di una mano?-   urlo per sovrastare l’assolo di chitarra.

Aurora sobbalza leggermente mentre si volta a guardarmi.

Ha gli occhi azzurri di suo padre. Grandi e profondi occhi azzurri che fanno rabbrividire.

Sorride e mi viene incontro.

-Posso portarmi la tua sciarpa verde?-    mi implora, unendo le mani in preghiera.

-Quale sciarpa verde?-    fingo di non capire.

-Quella che hai preso a Firenze-    spiega lei    -Ti prego-

Sorrido anch’io. Non riuscirei mai a dirle di no. Mi toglierei un rene per lei, mi strapperei via il cuore. Le darei la mia vita se potessi.

Quando è nata non sono riuscita ad amarla subito.

La gravidanza non era stata pianificata ed io mi sentivo un po’ confusa. Fu tutto una corsa. Stefano mi chiese di sposarlo e il matrimonio venne celebrato in una vecchia chiesetta di montagna con pochi invitati, per evitare che la gente vedesse la pancia, che ormai cominciava a vedersi, e lo definisse un matrimonio riparatore.

Io e Stefano ci amavamo e ci amiamo sul serio. Eravamo già adulti. Non avevamo pensato ancora di mettere su una famiglia, ma alla fine Aurora era arrivata prepotentemente nelle nostre vite, sgomitando e scalciando.

Quando la vidi la prima volta, così piccola e raggrinzita, provai qualcosa di indefinibile, ma poi, piano piano, con il tempo, ho imparato ad amarla. Siamo diventate forti, una squadra, noi due sole contro il mondo.

-Puoi prendere quello che vuoi-    le dico accarezzandole il viso.

Lei mi abbraccia e appoggia la testa sul mio petto, proprio come faceva da bambina quando la tenevo in braccio. Sento le lacrime salirmi agli occhi, ma le ricaccio indietro. Deglutisco per mandare giù il rospo, cercando di non dare troppo nell’occhio.

Aurora sta partendo per l’università.

Studierà medicina a Roma e io non posso proprio afferrarle il gomito per fermarla. Non ci riesco. Ogni volta che cerco di sollevare il braccio per farlo, capisco che è sbagliato. Deve vivere la sua vita. Dovrà farlo lontano da me, lontano dal suo nido, purtroppo. Non posso fermarla, non sarebbe giusto.

Ho passato molte notti chiusa in bagno a piangere, fino a quando Stefano non è venuto a raccogliermi dal pavimento. Vivo male il distacco, troppo male. Aurora sarà sola e indifesa contro il mondo, un mondo troppo grande per lei, troppo meschino. Dovrà studiare, dovrà sentirsi dire parole che la butteranno giù e dovrà avere la forza di non abbassare mai la testa. Lei è forte. La mia Aurora è una ragazza forte, in grado di affrontare le difficoltà più di quanto non lo sia io, a volte me ne dimentico.

Mi lascia andare e corre in camera mia per recuperare la sciarpa che mi ha chiesto.

Non la seguo, non ce la faccio. Approfitto della sua assenza per lasciarmi sfuggire qualche lacrima.

Entro in camera sua e prendo tra le mani Giorgio, il suo orsetto. Ce l’ha da quando aveva quattro anni. Suo padre lo vinse per lei alle giostre e da allora non l’ha più mollato. Mi ha impedito persino di lavarlo, ma io, di nascosto, l’ho fatto. Ho approfittato delle sue assenze per la scuola o per andare a giocare con le amiche al parco e l’ho preso. L’ho annusato a fondo prima di lavarlo. C’era sempre il suo odore, l’odore della mia bambina.

E’ una donna ormai, devo farmene una ragione. E’una donna adulta che deve fare le sue scelte.

Ha già scelto di fare il medico ed io non ho potuto fare altro che guardarla con le lacrime agli occhi.

Ha un animo nobile la mia Aurora. Ama aiutare gli altri, ama sorridere.

Una volta, da bambina l’ho sentita strattonarmi un braccio mentre passeggiavamo sul viale del paese. Voleva che dessi dei soldi ad un barbone. La accontentai. Andammo a comprare un panino per lui e gli lasciai anche qualche spicciolo. Non dimenticherò mai il sorriso sdentato da bambina che mi rivolse. Ogni volta che ci penso mi si stringe il cuore, soprattutto ora che lei sta per andare via.

Mi sembra una cosa contro natura e non posso farci niente. E’ la mia bambina, mia. Le ho dato la vita, le ho dato l’educazione e l’ho resa in grado di affrontare il mondo.

Non voglio prendermi meriti, vorrei soltanto poterla avere ancora qui con me.

“Non sarà più lo stesso”    mi ha detto pochi giorni fa, quando ha fissato la data della sua partenza    “Ma io ti vorrò bene per sempre”

Quella notte ho pianto e penso proprio che piangerò anche stanotte.

Aurora sta andando via, nulla potrà più fermarla.

 
   
 
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