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Autore: Caesar    05/06/2008    5 recensioni
- Addio, Hermione -
- Ti amo -
Harry Potter appoggiò le proprie labbra su quelle di Hermione Granger, in un debole sfiorarsi.
Il lampo verde lo colpì in pieno alle spalle, e quell’ultimo bacio dal sapore del sangue suggellò la sua morte.
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Lucius Malfoy, Mangiamorte, Tom Riddle/Voldermort
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo I

Silence

 

Fu un singhiozzo spezzato a frantumare il silenzio [assordante] sceso nella piccola stanza.

Hermione Granger piangeva, il viso vicino a quello del grifone. Le labbra si muovevano per pronunciare deboli bisbigli carichi di chissà cosa, ma senza che suono ne uscisse.

L’assassino rifoderò la bacchetta, scrutando il cadavere.

La vita di Potter era stata una sfida continua, si ritrovò a pensare.

Anche in quel momento, da morto, sembrava voler sfidare il mondo intero con quelle due schegge di giada. Il volto era impassibile, come scolpito nel ghiaccio, la pelle marmorea. Le labbra si stavano lentamente tingendo di viola, mentre i capelli corvini erano sparsi sul pavimento freddo.

Ma quello che colpiva erano gli occhi.

Aperti, gelidi e vitrei, sembravano voler deridere il soffitto su cui erano puntati sprezzanti.

Tom Marvolo Riddle scosse impercettibilmente la testa, scostandosi con una mano una ciocca di capelli corvini dalla fronte come per allontanare simili pensieri.

Aveva funzionato.

Il suo piano aveva funzionato, pensò, uscendo dalla Stamberga Strillante e risalendo l’angusto cunicolo fino al Platano Picchiatore. Immobilizzò l’albero con un movimento stizzito della mano.

Avvolto in un cupo mantello scuro, scrutò il manto notturno.

Sembrava più vicino del solito, forse a causa della mancanza del firmamento e di Selene.

Il cielo era di un nero innaturale. Si tingeva di vermiglio solo in prossimità  della scuola.

Hogwarts bruciava.

Le fiamme si alzavano alte, danzando tra le tenebre come mutilate lingue ardenti.

Bagliori infuocati si riflettevano sinistri sulle acque scure del lago nero, lugubri mani di fuoco tese ad afferrare chissà cosa. Gli stessi bagliori che insanguinavano la notte, incendiando con i loro crudeli sguardi vermigli la foresta proibita e i fili d’erba del parco.

Gli occhi blu di Tom brillarono nel buio.

Ci fu un’esplosione violenta, e una spirale di fuoco sembrò voler toccare il cielo.

Miriadi di colonne di fumo nero facevano lo stesso, ma quella era sicuramente la più spettacolare.

Gli echi del combattimento che si era svolto tra le millenarie mura rimenavano muti, tacita rivelazione di una grande vittoria.

Ma allora perché non si sentiva soddisfatto?

Riddle se lo chiese più volte, mentre osservava l’incendio ripiegarsi su se stesso, scemando.

Il piano –il suo piano- aveva funzionato.

Allora cos’era quella strana sensazione nel torace, quella gelida morsa che lo faceva sudare freddo?

Non lo sapeva. Si voltò per un istante, per osservare in lontananza la figura della Stamberga.

Sospirò. Quella storia doveva finire quella notte. In un modo, o nell’altro.

Estrasse la bacchetta, puntandola minacciosa contro il legno della casa.

Quello era l’ultimo atto di una tragedia, e lui era uno dei protagonisti di essa.

E, come risucchiato dal nero vortice dei suoi pensieri, ricordò quando aveva cominciato a tracciare con mano fluida ed elegante la parola ‘Fine’ di quello spettacolo.

 

***

 

Non c’era il sole. Non era nemmeno giorno.

Era una gelida notte orfana di stelle, nessun diamante lucente incastonato nel manto notturno.

Selene era intagliata fredda e austera in quel nero denso e scuro, luna piena che vegliava misteriosa sull’oscurità. Osservava ogni cosa, inargentando ogni anfratto su cui poteva allungare i suoi fiochi raggi. Fu una nube nera a oscurarla, forse chiamata dalla luna stessa. Non voleva vedere, Selene.

Tutto, ma non quello.

- I vostri innumerevoli insuccessi vi condannerebbero a qualcosa di ben peggio della morte –

Fu una voce gelida e serpentina a far tremare ogni mago e strega presente.

Lo sguardo dell’Oscuro vagò per il tavolo, senza concentrarsi su nessuno in particolare.

Gli occhi, due schegge di rubino, sembravano entrare fin dentro l’anima.

Due occhi rossi che scrutano [che uccidono].

I mangiamorte rabbrividirono. Sapevano che non stava scherzando. Lui, non scherzava mai.

[Non più].

- Idioti, e voi sareste dei purosangue? –

Chiese sprezzante, tamburellando con le lunghe dita affusolate sul tavolo.

Avvolto in una lugubre vestaglia nera, Lord Voldemort era debolmente illuminato dalla luce [che sembrava] delle torce appese ai muri [sangue].

Nessuno fiatò, alcuni trattennero il respiro. [Nessuno-si-opponeva].

- Vi avevo ordinato di mettere a ferro e fuoco Diagon Alley. E avete fallito. Di nuovo –

Era una sala molto buia quella in cui si trovavano.

Nei sotterranei di uno dei manieri di qualche mangiamorte.

Lord Voldemort schioccò la lingua, irritato.

- Per lo meno, ho punito almeno uno di voi

[Puniscine uno e istruiscine cento].

L’Oscuro sire schioccò le dita, e un corpo [un cadavere] cadde dal soffitto sul tavolo.

Nessuno lo aveva notato. La luce fioca e sanguigna non arrivava fin là.

Rodolphus Lestrange aveva conservato inalterata l’espressione del viso nel momento in cui era stato assassinato. Era sorpresa, ancora prima della paura o del dolore, quella a piegargli le labbra in una smorfia. Gli occhi grigio cenere erano opachi, vitrei.

La maggior parte dei mangiamorte rabbrividì.

Faceva freddo, si dissero. [Mentivano-a-se-stessi].

Rodolphus era stato il responsabile della missione accennata poco prima dal loro padrone.

Ed ora era morto. [Schifosamente Morto].

- Voglio un infiltrato ad Hogwarts –

La voce serpentina del signore oscuro li riportò alla realtà.

Lucius Malfoy scrutò i propri compagni con pochi sguardi gelidi, e ci vide una sola cosa. Paura.

Le sue labbra sottili si piegarono in un ghigno appena accennato, mentre si scostava una ciocca dei serici capelli d’oro dietro l’orecchio. Già, la paura.

Subdola e strisciante, si infiltrava come il peggiore dei veleni nel cuore di ogni uomo.

- Ma non affiderò a nessuno di voi questo incarico –

Continuò l’Oscuro. Molti respirarono più liberamente.

Malfoy si limitò a osservare con ancor più attenzione il proprio padrone.

Stava progettando qualcosa. Lo sapeva. Erano simili, loro due.

Glielo confermò la smorfia divertita in cui si piegarono le labbra sottili dell’Oscuro prima che questo parlasse.

- Ci andrò io –

Il tempo sembrò fermarsi, improvvisamente congelato da quell’ultima frase.

Alcuni mangiamorte smisero persino di respirare, Malfoy ci avrebbe scommesso.

Il Lord Oscuro li osservò divertito, gli occhi rossi brillanti nel buio.

- Se vuoi che una cosa sia fatta bene… -

Sussurrò, senza concludere la frase fatta, ma fu come se avesse urlato.

Il silenzio era assordante.

Le iridi vermiglie guizzarono improvvisamente su Lucius.

Uno sguardo che penetrava fin dentro l’anima [che la bruciava].

Malfoy abbassò lo sguardo. [Non si sfida più del necessario, la sorte].

- Sei sorpreso, Lucius? –

Chiese l’Oscuro, con voce melliflua e fredda.

- Non posso negarlo, mio signore –

Il ghigno di Lord Voldemort si ampliò.

- Ti chiedi in che modo agirò? –

- Sì, mio signore –

Il silenzio era frammentato solo dal tamburellare delle dita del Lord sul tavolo.

[Il-silenzio-era-assordante].

- Hai un nipote che frequenta la scuola di Durmstrang, vero Lucius?

- Sì, mio signore –

Rispose con voce atona Malfoy. Cosa diamine centrava questo?

La risposta non venne mai. E due stelle di sangue brillarono nel buio.

 

*

Era una notte gelida, quella.

Le stelle brillavano fredde nel cielo, lucenti diamanti incastonati nel nero del manto notturno.

Si specchiavano sulla superficie del lago come mille piccoli occhi di ghiaccio.

Selene non era sorta.

Tom Riddle ghignò, osservando il firmamento.

Il brusio indistinto degli studenti lo infastidiva, ma fece finta di nulla.

Avvolto in un mantello interamente nero, Tom scese dal treno, per poi prendere la sua valigia.

Da quanto tempo non lo faceva…

La malinconia lo assalì violenta e inaspettata, colmandogli la mente.

Inspirò profondamente, riacquistando il controllo in una frazione di secondo.

Sì, quell’anno si sarebbe rivelato più interessante del previsto.

Dopotutto, stava tornando a casa, e mai il silenzio della notte gli era sembrato più dolce.

 

*

 

Fu un tuono a scuotere violento il cielo.

Come l’aspro rimbombo di un martello calato con forza sul ferro incandescente.

Scure nubi si stava ammassando, simili a nere ali tese ad oscurare il firmamento.

Tom Riddle non alzò lo sguardo mentre saliva sulla carrozza.

Era solo, per il momento. Meglio così.

Osservò il manto notturno. Fu un lampo a squarciarlo.

Rapido schizzo di luce nell’oscurità.

Cominciò a piovere. Gelida pioggia che lavava via il sangue. E le lacrime.

- Presto, di qua! –

Udì la voce, ma non ci fece caso. Gli occhi, due freddi zaffiri, continuavano imperterriti a osservare il cielo. Il silenzio [assordante] era frammentato solo dal ciclico ticchettio delle gocce d’acqua.

Cos’era poi il silenzio, se non l’armonizzazione di tutti i suoni?

Il brontolii dei tuoni, la pioggia, tutto, tutto si armonizzava.

Cosa alquanto rara di questi tempi, il silenzio.

Riddle osservò nuovamente il cielo, dove si stava svolgendo una danza di lampi tra luce e buio.

Improvvisamente, tre ragazzi entrarono nella carrozza.

Erano tutti avvolti in cupi mantelli neri, i cappucci calati ad oscurare il volto.

- Meno male che questa è libera –

Tom socchiuse gli occhi, indurendo i lineamenti del viso. L’aveva già sentita, quella voce.

Ma fu solo quando un ragazzo –quello che aveva parlato- si svelò il volto, che i suoi occhi brillarono gelidi nel buio. Sprezzanti, due zaffiri lucenti nell’oscurità.

- Piacere –

Disse quello, osservandolo sorridendo con due occhi smeraldini.

Si scostò una ciocca di capelli corvini dalla fronte, e si vide nettamente una cicatrice.

Se la sfiorò come se lo infastidisse, poi si riconcentrò su Tom.

- Il mio nome è Harry Potter –

Il silenzio era stato rotto.

[Il-silenzio-non-era-più-assordante].

 

   
 
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