Fanfic su artisti musicali > HIM
Segui la storia  |       
Autore: Heaven_Tonight    21/01/2014    18 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

testo.

testo.

Image and video hosting by TinyPic




Capitolo ventitre

"Child of the sun"





“Vedo tutto più chiaro attraverso la pioggia...”.

L'acquazzone li aveva colti impreparati mentre erano sulla via del ritorno.
I vestiti di Lou s’inzupparono velocemente attaccandosi al corpo, facendola rabbrividire e tremare dal freddo.
Risero correndo alla cieca, con l’acqua che li accecava e trovarono riparo sotto il primo albero nelle vicinanze.

«Ecco come morire fulminati!» - rise Lou, cercando di staccare la camicetta bianca bagnata dal busto.
«Esagerata... sono solo due gocce.» - ribatté Ville e subito dopo un lampo squarciò il cielo, seguito da un tuono.
«Valo?! Potresti chiudere il becco, grazie? Porti jella!» - urlò Lou schizzando via lontana dal tronco, tornando sotto la pioggia scrosciante.

Katty sgranò gli occhi e si nascose all'interno della giacca di pelle di Ville, scomparendo del tutto.

“Ecco: così impari, gatta dispettosa!”.

«Zarda, vieni qua o t’inzupperai.» - ridacchiò Ville togliendosi il cappellino, passando una mano tra i capelli bagnati che divennero ancora più ricci.
Non osava immaginare in che stato fossero i suoi.

«Tu e le tue idee geniali... sono già inzuppata!» - borbottò lei, strizzandosi una ciocca dei suoi lunghissimi capelli.
«Questo ha i suoi lati positivi... - ammiccò il finnico, lo sguardo verde puntato sul seno di Lou completamente visibile attraverso la stoffa bianca e sottile – la mia è stata un'ottima idea, invece!»
«Oh piantala, Valo... - bofonchiò Lou arrossendo come al solito, allontanando la camicia che continuava ad appiccicarsi inesorabile alla sua pelle – sei sempre il solito...»

Ville continuava a ghignare malefico, la testa piegata di lato, godendosi il suo imbarazzo.
«'Prinsessa',  - sospirò Ville, rauconon dovresti coprirti... lasciati guardare...»

Lou starnutì e lo fulminò con lo sguardo, stringendosi le braccia intorno al corpo.
Lui annullò con un passo la distanza che Lou aveva messo tra lei, Ville e il tronco, e la prese tra le braccia.
Le ridacchiava divertito fra i capelli umidi, tenendola stretta.

«Se muoio fulminata, ti tormenterò per l'eternità.» - borbottava Lou con la faccia affondata nel suo collo.
Gli passò le braccia intorno alla vita, infilandole all'interno della giacca.
Katty, che aveva trovato riparo proprio al suo interno, iniziò a mordicchiarle le dita, dandole colpetti con la zampina, vedendo invaso il suo spazio.

Quell'uomo era una fornace vivente.
Sentì subito più caldo non appena lui richiuse le braccia intorno a lei.
«Averti con me per l'eternità non sarebbe un tormento…» - mormorò piano Ville, strofinando le labbra sulla sua fronte.

Ecco che bastava una semplice frase per farla sciogliere...

«Certo, preferirei averti in carne e ossa piuttosto che sotto forma di spirito…» – continuò con un ghigno, scendendo verso il sedere con le mani.

…e un’altra a farla ridere sotto i baffi…

Lou strinse più forte le braccia sulla sua schiena.
«Aspetta a dirlo...» - ribatté lei.
«Uhm... cos'altro devo scoprire che già non so? Allora, vediamo... che sei di pessimo umore il mattino appena sveglia, che devo starti lontano quando sei arrabbiata e manovri tazze, bicchieri e roba affilata, idem... per il resto direi che stare in tua compagnia, anche quando hai la luna storta per me è un piacere...»

“Così non vale però...”.

«Anche tu non sei male...» - buttò lì, ghignando tra sé e sé.
«Ah beh, grazie! Mi fa piacere saperlo!»
«…il più delle volte…» – aggiunse, continuando il suo gioco.

Le canticchiava nell’orecchio, alternando i baci ai sospiri, mentre le mordeva il lobo delicatamente.





“I ‘m in love with you
You are my heaven tonight
Trying to find the heart you hide... ”




Ogni pelo del suo corpo si rizzò al suono della sua voce così vicina, profonda e calda… e quelle parole…
Così semplici eppure capaci di andare dritte al cuore.
Così vere.

Un altro lampo squarciò il cielo e lei gemette contro il collo di Ville.
«Pensavo ti piacessero la pioggia e i tuoni, ‘Prinsessa’.» – mormorò lui, baciandole di nuovo l’orecchio.

«Sì, certo. Quando non sono sotto un albero. E quindi potenzialmente a rischio di diventare un mucchietto di cenere. E in casa: al sicuro!»
La voce aumentò di qualche tono mentre parlava e rivelava tutta la sua ansia.

«Ci sono io qui… il fulmine non oserà avvicinarsi a te, tranquilla…»
«Anche perché sono già bell’ è che fulminata di mio. Grazie a te, Valo.»
«Nel senso che sei follemente innamorata di me? Non pensavo fosse stato un colpo di fulmine, per te…» - la prese in giro lui, sfilandole la camicia dai jeans, le mani salirono a chiudersi intorno alla schiena, riscaldandogliela immediatamente.

Finalmente sulla sua pelle nuda.

«Non vedevo l’ora di toccare la tua pelle…» - sussurrò, ben consapevole dell’effetto che le facevano la sua voce e le sue mani.

«Non gongolare… - borbottò Lou tetra, e il pensiero corse fulmineo alle foto con Amy – non essere così condiscendente con me, Valo.”.
«Non lo sono… è solo che… spero sempre che tu mi dica che mi ami, ogni giorno. Mi piace quando mi dici che mi ami, mi piace la tua voce quando lo dici, il tuo sguardo quando lo fai.»

Lou sollevò il viso e trovò i suoi occhi.

C’era qualcosa al mondo di più bello degli occhi di Ville in quel momento?

Occhi che ogni volta le toglievano il fiato, la forza di volontà.
Sotto quello sguardo si sentiva sempre vulnerabile, esposta… eppure…
Eppure non dubitava minimamente di quello che vi leggeva.
Colse una scintilla nuova, un breve, velocissimo istante d’insicurezza, in quello sguardo verde giada.
Forse se l’era solo immaginato, perché era già scomparso…
Possibile che Ville fosse insicuro a sua volta?
Di lei, del suo modo di “non dimostrare” amore, trincerata dietro le proprie paure?

Se c’era una cosa di cui era sicura in quel momento era l’amore per lui.

Ville continuava a scrutarla serio.

«Lo sai che ti amo.» –  disse fissandolo a sua volta negli occhi.
Lui sollevò gli angoli della bocca perfettamente disegnata.
«Sì, ma voglio sentirmelo dire… dimostrare…» – le sfiorò le labbra con le proprie, continuando a guardarla. E a toccarle la schiena con le lunghe dita, provocandole brividi che non erano sicuramente dovuti al freddo.

«Sei un vanesio presuntuoso, Valo…»
Inutile cercare di mantenere un minimo di controllo quando lui le faceva le fusa in quel modo.

“Stramaledetto gatto gigante”.

Ville ridacchiò, mordicchiandole le labbra.

Chissà perché in quel momento la paura di morire folgorata sotto un albero in Finlandia, divenne l’ultimo dei suoi pensieri.

«Ahi!»
Lui si fermò di scatto, guardandola con apprensione.
«Che c’è? Ti ho fatto male?»
«No, questa stronza di gatta mi sta mordendo le braccia come una tigre! Katty! Ahi! Smettila!»

La stronzetta in questione trafficava diligentemente ben nascosta all’interno della giacca di Ville. Non sopportando intrusione tra lei e “il suo” finnico, le aveva iniziato a mordicchiare e graffiare quando aveva abbracciato anche lei Ville, che era il “Suo Ragazzo!”.
E non appena Ville aveva iniziato a baciarla, Katty aveva intensificato la sua attività.

Ville scoppiò a ridere.
Oh… la sua risata!
Non potevi che sorridere di conseguenza, sentendola.

La lasciò andare e lei improvvisamente sentì freddo senza le sue braccia a tenerla stretta.

Ville si contorse cercando di riacciuffare la micetta che si attaccava caparbia alla sua t-shirt.
«Dovremmo insegnare le buone maniere alla signorina…» – disse Ville fissando la “signorina” negli occhi.
Che lo guardava a sua volta con adorante soddisfazione, finalmente attirata l’attenzione su di sé.

“Che bagascia!”.

Ville la posò a terra, ammonendola con un dito lungo ed elegante.
«Sta' buona, micetta… ora ho da fare…»
«Ville… non penso sia il caso di lasciarla… potrebbe scappare…» – provò a dire Lou prima che lui la prendesse di nuovo tra le braccia, tappandole la bocca con la sua.

“Non mi stancherò mai di lui, di essere baciata così, in questo modo… di sentirmi fuori dalla realtà…”.

«Non scapperà via, tranquilla… - le diceva lui tra un bacio e l’altro, le mani calde sotto la camicia sottile – non distrarti ‘Prinsessa’… Baciami…»

E Lou non se lo fece ripetere due volte.

Gli si strinse contro, beandosi del tepore del corpo di Ville, le braccia strette intorno al collo, sollevandosi sulle punte dei piedi per baciargli le labbra, il mento, la punta del nasino perfetto, le palpebre, la fronte… e poi tornò di nuovo giù lungo la mascella, l’orecchio e il collo, dove una vena pulsava sotto le sue labbra.
Lo sentì sospirare soddisfatto.
Voleva sentire la sua pelle contro la sua, aumentando il bisogno di sentirlo suo.
Era sempre così tra loro: il desiderio scoppiava improvviso e furioso come il temporale sopra le loro teste.
Infilò le mani sotto la sua maglietta, toccando finalmente la sua pelle liscia e compatta.
Bollente.
Il suo finnico dal sangue caldo.

Stavano pomiciando come due adolescenti con gli ormoni in subbuglio, senza pensare a nient’altro che a quel momento.
«Ti rendi conto che qualcuno potrebbe vederci, vero?» – chiese Lou senza smettere di baciargli il collo.
Ville le rispose con un grugnito infastidito.
«Sei zelante e fastidiosa quanto una vecchietta acida, Zarda.»
La fece ruotare su se stessa spingendola con la schiena al tronco.

“Ti prego… ti prego… vediamo di non farmi morire fulminata proprio ora…” - pensava la parte razionale, fatalista e meno preda degli ormoni.
E quella ancora responsabile gettò un occhiata verso il basso per controllare che la loro Katty fosse ancora lì.

Ed eccola, piccola macchia nera sul verde scuro dell’erba: fedelmente accucciata ai piedi di Ville che guardava in su, con gli enormi occhietti spalancati, speranzosa di essere notata da lui.

«E tu sei uno sconsiderato, sfacciato ammaliatore…»- le sue mani si posarono sulla pancia piatta di Ville, salirono su lungo le costole.
Chiuse gli occhi immaginandone il percorso con la mente: ogni singolo tatuaggio, avvallamento, muscolo del suo busto magro… ma così sexy.

I suoi pollici sfiorarono i piccoli capezzoli maschili e lei lo sentì trattenere il fiato.
Allargò le dita della sua mano destra, premendola contro la carne.

Riusciva a sentirgli il battito del cuore, quasi…
Con l’altra mano afferrò quella di Ville posata sul seno e se la premette forte contro il suo cuore.
«Lo senti?»
Gli sussurrò baciandolo piano, e aprendo gli occhi trovò ancora una volta, quei chiari laghi di giada fissi su di lei.
Socchiusi, sornioni e languidi.

«Lo senti quanto ti amo?»

La mano di Ville era così calda.
Quel calore, insieme a quello che leggeva nei suoi occhi le penetrava dalla pelle, attraverso i tessuti, le ossa e arrivava dritto al centro del suo cuore, infiammandolo, marchiandolo per sempre.

Le loro mani, l’una sul cuore dell’altro.
Ville posò la fronte su quella di Lou.



“And you ‘re my haven in life
And you ‘re my haven in death, ‘Prinsessa’…”



Cantò a voce così bassa che lei sentì a stento le sue parole.
«Lo sento… ti amo, Lou.»- bisbigliò roco.





******





“Lasciati assaggiare… voglio tenerti sulla punta della lingua ancora un po’…”.

Lou si stiracchiò languidamente lasciandosi sfuggire un sospiro estatico un po’ troppo “sentito”.
Katty smise di fare la sua toilette per alzare uno sguardo di sufficienza e fissarla, dal bordo del letto, dove ormai stazionava perennemente.

Non riusciva a dormire ma non voleva svegliare i suoi due “felini”, così si alzò dal letto sfatto dove Ville dormiva a braccia spalancate con un’aria soddisfatta, e si diresse completamente nuda e stranamente a suo agio, fuori dalla stanza.

Seguì la scia di abiti che iniziava dal corridoio e che avevano seminato lungo il percorso fino in camera da letto.
Li raccolse uno a uno, dagli slip bianchi e trasparenti che Nur le aveva regalato, al reggiseno coordinato che Ville le aveva slacciato con una mano sola, da consumato sciupafemmine e buttato via non appena erano entrati in casa, alla giacca di pelle nera e il cappellino che aveva tolto ancora prima, mentre erano ancora per strada.

Probabilmente aveva stampato in faccia un sorriso da ebete ma non poté proprio impedirsi di annusare la t-shirt di Ville: chiuse gli occhi aspirando a fondo quell’odore che conosceva bene e che sentiva a tratti anche sulla sua pelle.

Stava per appoggiare il malloppo degli abiti sul divano verde quando il telefonino di Ville cadde dalla tasca dei suoi jeans sul pavimento in legno, con un tonfo sordo.
Lo raccolse temendo di averlo distrutto.

«Accidenti!» – sbottò preoccupata.
Premette un tasto a caso solo per assicurarsi che non aveva fatto danni e questo si illuminò.
Il display le mostrò uno sfondo nero, semplicemente.

Sorrise. Il suo finnico poco tecnologico…
Il suo occhio però colse anche qualcos’altro.
Sullo sfondo nero lampeggiavano anche diverse chiamate perse e un messaggio.

“Non pensarci neanche.” – la vocina della sua coscienza, quella buona, tuonò nella sua testa.
Lou continuava a fissare quella letterina che col passare dei secondi diventava sempre più minacciosa, ai suoi occhi.

“E se fosse un sms della spilungona?”.

Il solo pensiero che quella specie di gazzella dagli occhi chiari e le gambe chilometriche mandasse sms al ‘suo ragazzo’, le fece salire il sangue alla testa.
Anche se la parte razionale del suo cervello le stava dicendo che era una cosa più che normale che lei gli scrivesse messaggi o lo chiamasse, poiché erano colleghi di lavoro, la gelosia la colpì in piena faccia all’improvviso.
Gelosia e insicurezza non le facevano bene: niente andava bene quando quei due sentimenti facevano capolino nei suoi rapporti.

Il suo dito sospeso sul pulsante di avvio esitava.
“Ville non se lo merita”.

Poteva esserci scritto qualsiasi cosa in quel sms.
“Ville non le mentiva”.

Sapere la verità è sempre la cosa migliore, le diceva sempre Nur.
“Hai promesso di fidarti di lui”.

L’indice si avvicinò sempre più al display del cellulare.
“Non fare cose di cui ti pentirai…”

«Maaaaooo!»– il miagolio di Katty la fece sobbalzare.
La micia la fissava con i suoi occhi verdi, così simili a quelli di Ville…
Così simili…

La guardava come chi viene sorpreso a fare qualcosa che non dovrebbe assolutamente fare.
Come se sapesse.
Saltò sulla spalliera del divano verde continuando a tenerla d’occhio.

«Che fai, mi sorvegli?» – le disse Lou con un borbottio infastidito.
Sembrava che anche Katty facesse combutta con la sua coscienza.

Un miscuglio di sentimenti contrastanti la stavano soffocando.
Voleva sapere ma voleva fidarsi di Ville e non violare la sua privacy.
Voleva evitare di sentirsi in colpa per quella mancanza di rispetto ma allo stesso tempo l’insicurezza di non sapere cosa Amy gli avesse scritto la stava mangiando viva.

Se solo non avesse visto quelle foto.
Se solo lei non fosse stata così banale e Amy così perfetta…

Continuava a tenere stretto il piccolo cellulare nero di Ville.
Che pesava sempre di più fra le sue mani.

Sentiva i tonfi del cuore rimbombarle nelle orecchie e il respiro affrettarsi.
Premette il tasto che le permise di aprire il messaggio.

Le lettere lampeggiavano nere, nette sullo sfondo bianco.
Trattenne il respiro per quello che sembrò un’eternità.

“Ti avevo avvisata…” – disse la vocina della sua coscienza, rassegnata.

“Non mi sento affatto meglio.
Nur avevi torto.
A volte sapere non è la cosa migliore.”.


Si sedette stancamente sul divano, fissandosi le mani in cui teneva ancora il cellulare di Ville.
Senza guardare il messaggio. Non serviva, del resto.
Ogni parola le si era già impressa nella testa, ingigantendosi a dismisura.
Come poteva aver di nuovo commesso lo stesso sbaglio?
Anche con Andrea era andata così. Lei non si era fidata e aveva scoperto di Sophie.
Come ora per Amy.

“Ville…”.

Non ricordava come o dove avesse sentito o forse letto una frase che ora le balzò addosso come un animale feroce, pronto a strapparle il cuore: “*Perché a volte la verità non basta. A volte la gente merita di più. A volte la gente ha bisogno che la propria fiducia venga ricompensata.”
Se non faceva caso al battere furioso del suo cuore, se non faceva caso a quello che provava, riusciva a sentire il respiro regolare e cadenzato di Ville che dormiva nella stanza accanto.
Ville che dormiva nel suo letto. Ignaro. E fiducioso.
Rise di se stessa. Era solo se stessa che doveva compatire, non lui!
Era lui che aveva mentito, non lei.
Era lui che aveva tradito la sua fiducia.

“Non dovevo leggere. Non dovevo.”.


“Non mi è bastato il bacio dell’altra sera. Ne voglio di più. Non faccio che sognare te…”.


Katty le si strusciò contro il braccio nudo, guardandola con occhi tristi.
Lou le accarezzò il musetto, sorridendo.
Ricacciò indietro le lacrime che bruciavano da qualche parte dietro i suoi occhi.

«Sì, hai ragione… sono una stupida.» – bisbigliò alla felina.
Katty le posò una zampina sulla mano, come a volerla consolare.
Rabbrividì e si rese conto di essere nuda.

Si sentì ancora più stupida; quel suo ostentare una sicurezza in se stessa, quella nuova consapevolezza nella donna che era sempre stata solo una bambina agli occhi di tutti… non ingannava nessuno.
Si trovava ridicola.
Come se Ville non avesse sotto gli occhi tutti i giorni bellezze che oscuravano di mille volte lei, la stupida e goffa ragazza italiana, per non notare la differenza abissale.

Come aveva potuto pensare di essere “speciale”?

Si alzò di scatto e tornò in camera da letto per indossare qualsiasi cosa la potesse coprire.
Si bloccò sulla porta vedendo Ville.
Dormiva ancora.
Lou chiuse gli occhi, deglutendo con forza.
Non riusciva a volergliene, non riusciva ad odiarlo.
Si avvicinò al letto, scivolando silenziosa al suo fianco, trovando subito il calore che desiderava.
Anche nel sonno lui sorrise girandosi verso di lei, allungando un braccio a stringerla a sé, mormorando qualcosa con voce bassa e roca.

Lou lo guardava quasi senza battere gli occhi, non volendo perdere neanche per un millesimo di secondo ciò che vedeva.
Voleva imprimere nella mente ogni lineamento, ogni centimetro di pelle, ogni rughetta, ogni avvallamento del suo corpo, ogni piega.
Posò le labbra sulla sua spalla ossuta, leccò il suo sapore, ispirò l’odore della sua pelle.
La mano andò al petto, posandosi per qualche istante all’altezza del cuore e lei chiuse gli occhi.
Se solo ci fosse stato un modo per stringere quel cuore tra le mani.
Toccarlo e accarezzarlo…

Lentamente scivolò verso il basso, fino a chiudersi sul sesso di Ville.
Lui si mosse appena sotto le sue dita, spingendo in su il bacino, mormorando qualcosa che lei non capì.
Continuò ad accarezzarlo fino a quando il corpo di Ville non rispose ai suoi stimoli.

Lou lo fissava in viso: Ville aprì la bocca, sospirò di nuovo leccandosi le labbra, assumendo un’espressione corrucciata e dannatamente sensuale che le fece contorcere le pareti dello stomaco.

Il pensiero della bocca di Ville su quella di Amy le era insopportabile.

Mugolò di nuovo con un tono basso e gutturale,
«Prinsessa…» - ansimò senza aprire gli occhi.

Era sveglio o dormiva ancora?

Chissà se percepiva la disperazione, l’urgenza con cui lo stava toccando; chissà se lei sarebbe stata in grado di nasconderglielo.
Scivolò su di lui, schiacciandoglisi addosso.

Voleva entrargli nella pelle, fondersi del tutto con lui e scacciare via il pensiero di Amy, delle sue foto, dei suoi sms… voleva scacciarla via dalla mente di Ville.

«Lou…» – bisbigliò in un soffio caldo sulle sue labbra.

Il suo nome.
Non quello di Amy, o chiunque altra prima di lei.

Il suo nome.

Sussurrato con passione, desiderio, mentre le mani di Ville, possessive e impazienti, le strinsero i fianchi con forza.
Si mosse sotto di lei, la spinse contro di sé, cercandola.

Lou si chinò sulla bocca di Ville, muovendo la lingua sulle labbra dischiuse, succhiandogli il labbro inferiore.

Lui aprì improvvisamente gli occhi, fissandola solo per un istante, smarrito.
Il verde dei suoi occhi l’abbagliò.
E quello che vi lesse dentro le fece dimenticare tutto il resto.

«Questo è meglio di qualsiasi sogno erotico mai fatto prima…» – mormorò prendendole la bocca in un bacio avido.
Lou non disse nulla, continuava a fissarlo senza chiudere mai gli occhi, imprimendo nella sua mente ogni emozione che passava sul viso di Ville.

Dentro di sé sapeva che quella era l’ultima volta che faceva l’amore con lui.
Che lo baciava, sentiva il suo sapore, che la riempiva di sé.

Lo guardò fisso mentre si sollevava sui fianchi scendendo poi lentamente su di lui, accogliendolo dentro di sé.

Vide lo sguardo di lui appannarsi per la sorpresa.
Un rantolo soffocato gli uscì dal petto.
«Se sto dormendo non svegliarmi…» – le disse muovendosi sotto di lei, dentro di lei.

“Se sono sveglia lascia che io continui a viverti…”.






*******





Lou sollevò la testa dal suo album da disegno per osservare la bimba che giocava e saltellava sulla spiaggia a pochi metri da lei.

Sorrise vedendo i suoi capelli scuri e mossi svolazzarle intorno; le gambette abbronzate spuntavano fuori da un vestitino corto, a fiori bianchi e rossi.
Raccoglieva diligentemente le conchiglie secondo una strana logica tutta sua: teneva per sé solo quelle completamente bianche, anche se erano sbeccate e rovinate.
Di tanto in tanto tornava correndo entusiasta verso di lei e pretendeva che mostrasse il medesimo entusiasmo nei confronti del suo bottino.
Lou la accontentava elogiando la sua bravura e la bambina rideva felice, gli occhi di un verde scurissimo che sprizzavano bagliori dorati ogni volta che arricciava il naso.
Depositato il tutto sul telo accanto a lei, tornava di corsa sulla riva, piena di energie, strillando di gioia rincorrendo le onde.

Lou si stiracchiò pigramente, allungò le gambe nude al sole nascente.
Amavano arrivare in spiaggia prima che il sole sorgesse.


“C’era una volta una bambina che era innamorata del Sole.
Piangeva ogni volta che l’astro dorato tramontava, timorosa che il giorno seguente questi non sarebbe tornato…

«Sono io la bambina? Eh? Sono io!» – strillava ogni volta la piccola Lilly, interrompendola nel suo racconto, una delle tante favole e storie che inventava per la piccola.
«Certo che sei tu, tesoro… mettiti giù ora e non scoprirti.» – la rimbeccava Lou.
«Oooook…» - sbottava la piccola, roteando gli occhi nella speranza di farla ridere. Incrociava le braccine paffute sul petto, tamburellando le dita, impaziente.
“Chissà da chi avrà preso…”- pensava Lou, con tenerezza.

“Il Sole voleva bene alla bambina, e non sopportava di vederla piangere ogni volta che lui andava a riposare. Così le regalò un carro splendente, con le ruote fatte di mille raggi solari dorati. Il carro era magico: la bambina poteva usarlo per raggiungerlo dall’altra parte del mondo e assistere ogni volta che voleva alla sua nascita.”

«Mi porterai un giorno dove il Sole non muore mai? – le chiedeva sempre la piccola, sgranandole gli occhioni in faccia. – Mi porterai "nella Fillandia”?
Voglio vedere Babbo Natale e le sue Renne, e i Folletti! Ci andiamo, eh? Voglio assaggiare la neve! Secondo me sa di gelato alla vaniglia!»

Lou le sorrideva riavviandole i capelli dietro le minuscole orecchie.
Lilly la guardava speranzosa, sorridendole di rimando arricciando il nasino.
Quella piccola peste sapeva benissimo che non resisteva alle sue smorfiette.

«Un giorno ti porterò in “Finlandia”… Dillo bene.»
«Finnnnnlandia! – scandì la piccola – Porteremo anche **Mr. Jingle?»
«Ovviamente porteremo anche Mr. Jingle: non possiamo dormire senza lui, vero?»
La piccola fece segno di no energica, afferrando il peluche a forma di topo viola, abbracciandolo stretto.

Mr. Jingle era un regalo dello Zio Simone: la piccola Lilly non se ne separava mai e non c’era verso di farla dormire senza di lui.
Era apparso nella culla di Lilly quando lei aveva solo poche settimane e a dimostrazione di questo, era “provato” dall’usura e sbiadito, consumato in alcuni punti.
Ma la piccola, nonostante avesse ormai quasi 4 anni e si riteneva grande per la maggior parte delle cose del quotidiano, non voleva saperne di abbandonare il peluche viola.



«Verrà anche il papà con noi? – aggiungeva Lilly imperterrita – E Lo zio Simone e anche lo Zio Pepe? E Calzetta?»
Lou scoppiava a ridere.
«Tesoro, servirebbe un carro enorme per portare tutti, non credi?»

Lilly sbuffava al quel punto.

«Ma che dici? Andremo con l’ ‘aero’, lo sai che non possiamo andare con il carro magico!» –  diceva con aria furba.
«Aereo, non aero… e il carro? Lo lasciamo qui?» – le chiedeva Lou, prendendola in giro.
«Aeeeeereo! Nooooo… quello è solo per me e te… quando nessuno ci vede!» – rispondeva seria Lilly.


Reclinò indietro la testa, godendosi i raggi del sole appena nato che si facevano di minuto in minuto più caldi, ad occhi chiusi.
Più tardi sarebbe stato troppo caldo per loro due: il sole di luglio era insopportabile in quei giorni.
Era un’estate afosa quella: pareva quasi che tutta l’Italia fosse stretta in una morsa infernale.
In quei momenti le mancavano le estati miti e fresche finlandesi.

Soffocò in fondo all’anima i ricordi della sua vita ormai lontana, in Finlandia.
Le sembrava fosse passata una vita… un tempo lunghissimo.

E invece erano solo quattro anni.
Quattro anni, un mese e diciassette giorni, per l’esattezza.

L’ultima volta che aveva visto gli occhi di Ville.




******


"Angolo dell'autrice:

Oh perdindirindina! Sono passati altri due mesi e chiedo venia! Tolta la polvere dalle scarpe dei nostri 5 fantastici, stupendi, emozionanti, sognanti echipppiùnehapiùnemetta, giorni in <3 Helsinki <3, superata l'iniziale nostalgia (Seee credeteci...-.-'), si torna alla normalità. Forse. :)
Passiamo alla storia. Lo so lo so: volete cavarmi gli occhi, farmi flambè e ogni altro genere di tortura. *schiva i forconi*
Ma ormai mi conoscete e sapete che sono una stron..... sadica e perfida! :v InZomma la storia ha avuto un'HIMpennata HIMprovvisa: emòòòbastaconstotiamoetilovvoeseituttalamiavitaperme!!!
Soffriamo! One, two three: all together!

E quindi niente... voi mi odiate ma io "vi lowwo"!
Aspetto insulti e domande (e ritorsioni) qui, lì, ovunque vi aggrada!
Chiamate ore pasti. Anzi no. Il mio lato Hobbit non lo regge. *fate finta che io stia bene :>

E come da rito, ringrazio la mia Beta Deilantha, che si è sorbita il resoconto dei miei 5 giorni minuto per minuto senza battere ciglio! E senza ammazzarmi.
Moglie: rinnoviamo i nostri voti nuziali! <3
E poi un grazie particolare - concedetemelo- alla mia compagna di viaggio preferita Gone with the sin: Ugo del mio cuor, nella mia testa stiamo ancora passeggiando per Hel, davanti a "La Famigghiaaaaa" e il Kamppi; ti si stanno ancora congelando le gengive e io sto facendo ancora la cosa in cui ho scoperto di avere talento solo lì. L'idraulica. :V
Sette mesi passano in fretta! E andremo di nuovo a caccia di "Troll"! <3

Grazie alle mie fedelissime: Lady Angel 2002, eleassar, katvil, Izmargad, LilyValo, __Ary___,arwen85, Soniettavioletstarlet, Daelorin, LaReginaAkasha.

Cosia, cla_mika, per te ho tanti cuoricini e abbracci e spero che non mi ammazzerai di botte con questo cambio repentino! *sorride come Gatto con gli Stivali*

E per ultima- menzione speciale, sennò mi attacca i pipponi che non le dolo spazio esclusivo e si offende - alla mia supermegafavolosastupenderrimafighissima tesò, che mi ha suggerito il nome del peluche per la piccola Lilly: apinacuriosaEchelon!!!!!!

Baci baci!

*H_T*



* Da Heaven Tonight
**Cit.da “Il cavaliere oscuro”.
*** Mr. Jingle è anche il nome del topolino di campagna addestrato nel film “Il Miglio verde”.




   
 
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > HIM / Vai alla pagina dell'autore: Heaven_Tonight