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Autore: Dicembre    05/06/2008    6 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un capitolo un po' interlocutorio, ma che pone importanti basi ^_^v Devo dire che Liberaci dal Male è un racconto che si prende il suo tmepo, per conoscere bene i personaggi, ma credo che postando i capitoli velocemente, si riesca comunque a stare bene dietro al racconto  ^_^

Mi raccomando, ci tengo a sentire la vostra opinione. Non siate timidi e fatemi contenta: recensite ^_^

 

Capitolo Sette

- Tornare a casa -






“Allora rimaniamo qui?”

“Hai sentito anche tu Lord Aaron, Forgia non si rimetterà prima di Natale, poi avrà bisogno di cure per il suo braccio…”
”Quindi abbiamo deciso di fidarci e restare?”

“Non capisco perché tu sia così diffidente, Chiaro. Hai visto anche tu che ferita aveva Forgia: sarebbe morto, ed invece Lord Aaron l’ha salvato. Non abbiamo dunque ragione di pensare che ora farà diversamente”.

Chiaro non sembrava del tutto convinto, ma non trovò nulla da dire per replicare.

“Penso che non si possa dubitare delle intenzioni del nostro ospite che inoltre ci permetterebbe di rimanere qui, fin quando Forgia non sarà guarito…”

Nero si scostò dal muro al quale era appoggiato. Fece due passi verso il gruppo di cavalieri ma non parlò subito, si picchiettò le dita sulle labbra pensoso “…fino a Primavera” disse come concludendo il corso dei suoi pensieri ad alta voce.

“Fino a Primavera? Intendi che dovremmo rimanere qui fino a Primavera?” chiese Chiaro sgomento.

Nero focalizzò la sua attenzione sui suoi interlocutori:

“Chiaro” sospirò “ne abbiamo già parlato, non voglio ripetermi” lo fissò con uno sguardo così intenso che l’amico non potè fare altro se non abbassare gli occhi, tuttavia non si diede per vinto e picchiò il tallone per terra in segno di stizza “ma…”
Nero si spazientì “Una sola parola in più a riguardo, Chiaro” disse con una voce insolitamente profonda “e giuro qui davanti a tutti che ti chiuderò personalmente quella bocca”.

Poche erano le cose che spazientivano il cavaliere e Chiaro, a volte, riusciva ad evocarle tutte. A questa reazione, però, quest’ultimo sbiancò e arretrò di un passo, spaventato da suo fratello. Il labbro inferiore gli tremava leggermente, ma ebbe il buon senso di chiudere la questione.

“Probabilmente Forgia non sarà in grado di essere al meglio di sé fino a primavera, per cui io rimarrò qui con lui”. Pronunciò questa frase lentamente e scandendo ogni parola, dandole un tono inappellabile.

“Tu?”
”Sì, Cencio. Chi vuole restare può farlo, ma non sarà obbligato. Potete tornare alle vostre case, dalle vostre donne, ovunque vogliate. Ci riuniremo qui, all’equinozio di primavera”

“Quindi ci prendiamo una vacanza?”
Nero sorrise “Sì, Cencio, una vacanza…del resto, dici sempre che ce la meritiamo, no?”
”Puoi dirlo, capo!”

“Re Edoardo potrebbe ancora avere bisogno di noi”

“Per quanto eccelsi cavalieri” ironizzò Nero “sono sicuro che potrà fare a meno di noi per qualche mese”
”E poi, Cencio, sarà Natale anche per lui…”

“Già…” sospirò Cencio con aria sognante “Pensate a Londra, sarà vestita a festa, ci saranno banchetti e cibo in abbondanza…”
”Londra non è il paradiso, ragazzo” ma la dissuasione non ebbe alcun effetto sul più giovane del gruppo che con gli occhi sognanti era a miglia di distanza, fra maialini al latte e creme di pistacchio. Sospirò.

“Luppolo, promettimi che un giorno mi ci porterai…”
”E cosa sono, tua madre?”

“No, ma sei mio amico” rispose lui col broncio

“E questo non fa di me il tuo accompagnatore…”

“Troverò il modo di persuaderti!” Luppolo non rispose e si limitò a guardare Cencio e a sospirare. Non staccò subito gli occhi da lui, ma lo guardò ancora per un attimo “Dovrai essere molto convincente…” disse a bassa voce, più a se stesso che al suo interlocutore.

“Io comunque non rimango” disse d’improvviso Chiaro, indispettito ancora dal discorso precedente, abbandonato in modo troppo prematuro. “Torno a casa, mia madre e mio padre saranno contenti di rivedermi e sinceramente, ho voglia di passare un po’ di tempo nelle mie terre…”

“Penso di andare anch’io…” Levante non parlava molto, a dire il vero quasi mai. Aveva un pesante accento straniero e probabilmente un po’ per le sue difficoltà nell’eloquio e un po’ per la sua innata riservatezza, rimaneva spesso in silenzio. Ma con poche parole ebbe l’attenzione di tutti che, sbalorditi, si girarono verso di lui

“Torni nelle tue terre? Ci vorrà un mese intero solo per il viaggio!”

L’espressione sul viso di Levante fu elusiva e vaga. Non rispose, forse era meglio che gli altri credessero che tornasse a casa. Ma Nero non gliela fece passare.

“Abbi il coraggio di dire dove vai” lo incitò, trattenendo il sorriso.

“Davvero, non torni a casa? E allora dove vai?”

“A sud…” tentò di sviare il discorso ancora una volta, ma Nero, di nuovo, lo canzonò “Sì, al Sud dai grandi occhi verdi…”
Levante, ormai incastrato non potè che annuire, rosso in volto.

“Occhi verdi? Una donna?” Cencio, assolutamente incurante dell’imbarazzo del compagno, voleva sapere di più “Ma quando l’hai conosciuta? Dove? E perché noi non ne sappiamo niente”. Vista la reticenza di Levante, il ragazzo girò il suo sguardo verso il Nero che, come il più innocente degli uomini se ne lavò le mani: “Io ho dato il primo indizio…” disse “ …i miei sospetti ora sono realtà. Solo l’interessato vi dirà di più, se vorrà”il suo sguardo tradiva l’espressione di chi la sa lunga.

“Dicci la cosa più importante di tutte è: ha le tette grandi?” Guardia, pratico come sempre, non badava ai dettagli romantici, ma veniva al sodo.

“Ma dai, Guardia, ti sembrano domande da fare? Saranno fatti suoi!”
”Perché tu non sei curioso di saperlo?”
Cencio ci pensò un secondo, poi di girò di nuovo verso Levante “Allora, ha le tette grandi?”

Levante spazientito, imbarazzato e divertito alzò le mani al cielo “Basta, vi racconterò al mio ritorno…”
”Devi vedere come va? Beh, effettivamente …Ma dicci solo, di dov’è?”

“Italiana, figlia di un mercante” rispose Levante e questa donna sconosciuta si conquistò immediatamente la simpatia di Cencio: “Allora hai il mio completo appoggio. Sarà bella, e sarà una donna come si deve. Buon sangue non mente”
”Ovvio che tu sia completamente imparziale…”
”Sto solo dicendo la verità, Luppolo, è inutile fare della facile ironia”

“Voi avete già deciso cosa farete?” chiese Chiaro che non si sentiva partecipe del buonumore del gruppo.

“Oh beh” disse Cencio facendo spallucce “io non ho un posto dove tornare. Né una donna da andare a trovare, quindi rimango qui”

“Io torno in Spagna” disse Guardia.

“Anch’io rimango “ disse Luppolo.

“Ma come, non hai una casa che t’aspetta in Scozia?” chiese Chiaro. Anche il Nero si stupì della decisone di Luppolo. Aveva una casa a cui tornare e sicuramente una famiglia e parenti che sarebbero stati contenti di riaverlo fra loro.

“Sì, ma non s’aspettano che torni adesso. Preferisco rimanere qui…”. C’erano sicuramente altri motivi che spingevano Luppolo a rimanere, però non sembrava intenzionato a dirli, s’augurò che questa blanda giustificazione fosse sufficiente.

“Quindi rimaniamo in quattro. Mi aspetto torniate entro l’equinozio di Primavera. Se non vi farete vivi, manderò Cleto a cercarvi. M’aspetto, nel qual caso, anche di ricevere vostre notizie”.

Gli altri annuirono. Si congedarono dopo poco per andare a letto. Finalmente avrebbero dormito un sonno tranquillo, con la consapevolezza che Forgia si sarebbe rimesso.







La pioggia cadeva fitta dal cielo grigio. Il Nero era sdraiato sull’erba, in un piccolo giardino interno del castello e lasciava che l’acqua gli inzuppasse i vestiti. Non guardava niente di particolare, solo le nuvole che si rincorrevano e si trasformavano, ma sembravano fisse ed immutabili. La cupezza del cielo era la stessa che dimorava quella mattina nel suo cuore. Nero si sarebbe messo a ridere all’immagine di lui, fradicio sull’erba, ma non ne aveva la forza.

A volte capitava che la malinconia avesse il sopravvento e le parole di Chiaro del giorno prima non avevano fatto altro che riportare in superficie ricordi e sensazioni che avrebbe voluto dimenticare. Quella che Chiaro si ostinava a definire casa loro, Nero la considerava ciò che vi era di più lontano da casa sua. Tutto ciò che questa rappresentava, lei e i suoi abitanti, avevano segnato così tanto la sua infanzia che, arrivato al limite, se n’era andato. E da allora, da ben quindici anni, non aveva più rimesso piede in quelle terre. I genitori di Chiaro chiedevano spesso di lui, ma Nero non ne voleva sapere, tanto erano stati incapaci e gretti in passato.



Quello che desiderava in quel momento era sciogliersi nel vento e scomparire, per dare un po’ di pace alla sua anima. Ma l’unica cosa che riusciva a fare era rimanere immobile a terra, con la pioggia che gli bagnava i vestiti ed i capelli.



Che cosa voleva? Non lo sapeva con precisione, spesso se l’era chiesto ma non era riuscito a trovare una risposta….Tornare indietro ed affrontare quello che gli altri definivano casa sua non aveva senso. Del resto, le uniche due persone a cui era veramente legato, la cuoca Gillian e il suo maestro d’armi Anselm, erano morte già da un po’. L’unico suo vero rimpianto era quello di non esserci stato quando s’erano ammalati. Ma era sicuro che dal Paradiso lo guardassero e sapessero dell’affetto che portava per loro nel cuore. Pregava spesso per le loro anime, la preghiera in giorni come quello, sembrava l’unica fonte di serenità.



Aveva i sensi gelati ed intorpiditi, l’aria che respirava gli parve per un attimo densa.

Cercava una pace che non avrebbe ottenuto né lì sotto la pioggia né da nessun’altra parte, ma questo non gli impediva di continuare a cercare.



“Eccoti!"
Nero si mosse impercettibilmente e vide avvicinarsi Luppolo.

“Dopo Forgia vuoi essere il prossimo ad ammalarsi?”

Nero sorrise “ Una volta che la tua pelle raggiunge una certa temperatura, non senti più freddo”

“Tu sei il capo, di certo non mi metto ad argomentare con te” disse, ma poi arrivò subito al punto per il quale aveva lo cercato.

“Chiaro non ha preso bene il tuo ennesimo rifiuto di tornare a casa, vero?”
”Per niente, ma non ho intenzione di litigare con lui un’altra volta. A volte non so se è ottuso o solo insistente”.

Così dicendo, si sedette, pur non mettendosi al riparo dalla pioggia.

“Con quest’acqua non so quanto siano riusciti i muratori a mettere a posto la restante parte dell’ala Est”
”Ti trovi bene qui, vero?”

Nero annuì “E’ un posto che mi rilassa molto, a conti fatti, sono contento di potermi fermare per l’inverno. Chiaro non ha voglio di ascoltami quando gli parlo…”
”…è il problema di avere un fratello all’interno del tuo gruppo”

Il Nero annuì malinconicamente.

“Non mi fraintendere, sai che penso che lui sia il più capriccioso e fastidioso di tutti, ma l’ho sempre considerato un uomo d’onore e anche di grande compagnia, quando è di luna giusta”

“Il suo comportamento è dovuto ai suoi natali…”

“Penso che sia anche dovuto alla sua indole e all’attaccamento morboso che ha per te”

“Morboso non direi. Siamo cresciuti insieme e forse questo gli fa avere un atteggiamento diverso nei miei riguardi, perchè se ne sente in diritto” Nero cercò di sviare così la conversazione, anche se sapeva che il termine di Luppolo era tutt’altro che fuori luogo. Chiaro viveva nella luce riflessa da Nero, picchiava i piedi per terra ma non osava mai contraddirlo. Aveva il disperato bisogno di avere la sua attenzione e approvazione. E quando queste venivano a mancare, faceva di tutto per riottenerla, spesso in maniera petulante ed eccessiva.

“Forse non morboso” sospirò Luppolo “di certo dipende da te in modo assoluto”.

Ci fu una breve pausa fra i due e la pioggia che picchiettava nelle pozzanghere e che sgrondava dal tetto accompagnò quel silenzio.

“Perché non sei voluto tornare in Scozia?” chiese Nero a Luppolo senza guardarlo, continuando a fissare il rivolo d’acqua che scendeva da una colonnina lì di fronte

“Pensi sia davvero sbagliato che un uomo ami un altro uomo?”
Nero non spostò gli occhi dall’acqua, ma quella domanda lo stupì molto. Avrebbe probabilmente guardato in faccia il proprio interlocutore sgranando gli occhi, ma se l’aveva riferita a se stesso, probabilmente la domanda era costata una fatica enorme a Luppolo e di certo non voleva mortificarlo col suo stupore.

Nero non seppe dire se davvero Luppolo si stesse riferendo a se stesso o se stesse continuando il discorso fatto prima. Il sentimento che Chiaro aveva nei confronti di Nero, infatti, non era un amore consueto, ma di certo aveva molte caratteristiche in comune con esso.

“Davvero Dio giudicherà peccatori gli uomini che si amano?”
”Non lo so. Non so come Dio giudicherà i giusti dai peccatori. Posso dirti che cosa dicono le Sacre Scritture, e cosa penso io. Ma non lo so per certo”

”Quindi metti in dubbio la Bibbia? Intendo…pensi che potrebbero essere sbagliate?”

Nero infine guardò Luppolo negli occhi. Il cavaliere parve tenere molto a quella conversazione, i suoi occhi erano gravati da una tristezza profonda.

“Penso che Dio si prenda cura di noi e giudicherà caso per caso”.

Luppolo annuì, in silenzio.

“E’ meglio che tu vada ad asciugarti, l’acquazzone non sembra voler cessare”
Guardarono per un attimo la pioggia e poi Nero disse: “Dio ci giudicherà per il nostro operato. Ognuno ha un fardello con sé, ma io credo fermamente nella sua bontà”

Luppolo sorrise, nei suoi occhi era scomparsa parte della malinconia di poco prima. Guardò il Nero quasi volesse ringraziarlo e anche lui andò ad asciugarsi.



L’acqua calda rilassò molto i muscoli del Nero, stanchi e contratti senza un apparente motivo. Un spesso vapore riempiva la stanza e rendeva tutto opalescente. Nero si guardò intorno ed espirò come se avesse trattenuto il respiro fino a quel momento. Lasciò che gli aromi tingessero quella mattina grigia e ne inspirò l’odore, per poi immergersi completamente nell’acqua.

Con i rumori intorno a lui ovattati e le bollicine che gli facevano solletico sulla pelle, Nero si sentì sereno, ebbe la netta sensazione che l’acqua stesse lavando anche i suoi malumori mattutini, colorando una giornata che era iniziata in un monotono grigio. Era felice di essere arrivato al castello Thurlow, lì si trovava bene ed era incuriosito dal suo ospite, dai suoi occhi turchesi e dalla sua macchia di Dio.




***

BiGi: Eheheh chiaro è un personaggio inquietante, devo ammetterlo. E' comparso, all'inizio, ma niente di che. Ora, è giusto che abbia il suo spazio ^_^ Besos

  
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