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Autore: Misaki Ayuzawa    21/01/2014    2 recensioni
"Il silenzio era veramente innaturale. Non un soffio di vento proveniente dall’esterno, né una voce, un sussurro. Si riavvicinò alla porta e, raccolte le gonne, si chinò all’altezza della serratura, nel tentativo di captare una qualsiasi altra forma di vita. Anche la presenza di un topo sarebbe stata rassicurante! No, forse non proprio di un topo … un cagnolino, magari."
Il destino di Dana, l'unica figlia di un latifondista siciliano, si intreccia con quello dei Cacciatori dell'Istituto di Palermo. Perchè? Cosa vuole da una ragazza che ha sempre vissuto con la testa fra le nuvole, un gruppo di gentiluomini dai modi bizzarri e di giovani donne tatuate? Perchè una notte si ritrova chiusa in una stanza con solo la sua misera sottoveste bianca addosso e le braccia ricoperte di strani simboli neri?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dana

Capitolo 2: The Silent Brother

Per molti secondi, Dana non spostò lo sguardo dalla porta. Poi, infine, questa si spalancò. Nella stanza entrarono tre giovani: una fanciulla e due ragazzi.
Dana sgranò gli occhi. Si era preparata a fronteggiare i peggiori omoni, violenti e minacciosi, della storia dell’umanità … e ora si trovava di fronte a tre ragazzi che dovevano avere circa la sua età.
La ragazza esaminò velocemente quegli sconosciuti. La fanciulla era bassina, con la pelle candida, gli occhi verde foresta e i capelli rossi e ricci, lasciati sciolti sulle spalle e decorati da un semplice cerchietto dorato, che quasi scompariva sotto gli spessi boccoli. Era molto affascinante nel suo vestito che, all’occhio allenato di Dana, apparve subito come lino rosso egiziano. Aveva un ghigno malevolo stampato sulla graziosa bocca che così poco si addiceva ad un volto così angelico.
I due ragazzi erano alti. Uno aveva i capelli biondissimi e scintillanti occhi viola, impossibili da non notare ad un primo sguardo. Era ben piazzato e attraverso la larga camicia bianca si intravedevano muscoli scolpiti. Era abbronzato e serio. Probabilmente, se lo avesse incontrato per strada, Dana avrebbe pensato a lui come un contadino spaccone e affascinante, ma pur sempre un contadino.
Mentre i primi due mantenevano una dignitosa rigidità, il terzo ragazzo, dalla pelle olivastra e i capelli castano scuro, se ne stava appoggiato allo stipite della porta, giocherellando con un coltello con la mano destra, mentre con gli occhi neri la esaminava a sua volta. Era più magro e di qualche centimetro più basso del ragazzo biondo ma non sembrava debole, affatto.
Dato che quei tre non sembravano avere intenzione di parlare, Dana decise che sarebbe stata lei a fare la prima mossa.
“Chi siete?” incrociò le braccia al petto, pregando di non aver fatto trapelare la paura che provava nella sua voce. Non voleva apparire debole. Corrugò la fronte quando non arrivò una risposta e, notando che anche quei tre avevano la pelle marchiata dai quei segni neri, ripose la domanda.
“Chi siete? E che cosa significano questi simboli?”  li indicò con il mento.
I tre si scambiarono un’occhiata eloquente. Fu la ragazza a parlare, sotto l’evidente contrarietà del biondo.
“Non so a che gioco tu stia giocando ma suppongo non ci sia altra scelta se non quella di accontentarti” iniziò lei. Dana non aveva assolutamente idea di cosa stesse parlando …
“Noi tre” scandì bene le parole come se si stesse rivolgendo ad una bambina piccola “siamo Cacciatori. Hai presente? Quelle persone che devono liberare il mondo dalle bestie orripilanti e disgustose come te.”
L’espressione di Dana dovette essere parecchio eloquente.
“Cosa fai? Fingi di non capire? Fingi di essere una Mondana?”
Ancora una volta Dana non capì a cosa si stesse riferendo quella persona.
“Io mi chiamo Dana Ferrer” si portò una mano al petto, assumendo lo stesso tono fastidioso della rossa “e sono la figlia di Diego Ferrer, il proprietario terriero a cui appartiene l’intera baronia di Lupuliento. Non sono una Mondana, non so nemmeno cosa sia una Mondana, e non ho mai sentito parlare di Cacciatori. A meno che voi non siate i bracconieri che devastano la riserva naturale di mio padre e una Mondana non sia qualcosa che abbia a che fare con i bellissimi balli che Bartolomeo Corsini dà in primavera, allora non so di cosa voi stiate parlando … come avete detto che vi chiamate?”
La rossa storse il naso, infastidita.
“Il mio nome è Costanza Orain. Hai ragione, è bene che tu sappia il nome di chi ti ucciderà”
“Ma qua siamo passati subito al tu! Vedrò di fare lo stesso, Costanza”
Il biondo si mise tra le due, alzando le braccia.
“Calma. Mantenete la calma, signore” c’era una nota calda nella sua voce “ e tu, Costanza, non infierire. Abbiamo compiuto un errore. Semplicemente, ammettilo!”
“Scusate, io sono ancora qui!” Dana era davvero nervosa. Tutta quella situazione era così … ridicola!
“Accomodati pure, Dana.” Il biondo le indicò il letto e la ragazza obbedì.
“Io sono Eugene Croix e lui” e indicò il ragazzo castano “è Jamal Ta’hal. Siamo Cacciatori di demoni, come ti ha già detto Costanza. Non ce tu sia un demone, certo.” Si corresse immediatamente. “A causa di qualche errore, che ancora non siamo riusciti a rilevare, che abbiamo fatto durante delle ricerche è saltato fuori il tuo nome. Ma se fossi stata effettivamente tu le persona che stavamo cercando saresti già morta. Invece sei viva e vegeta e questo può significare solo una cosa: sei una Cacciatrice anche tu; nelle tue vene scorre il sangue di Raziel”.
A Dana scappò una risata.
“Voi pensate veramente che potrei credere a qualcosa di così assurdo? Sul serio, non sono una stupida e neanche una credulona.” Non credeva a neppure una parola di quel “Cacciatore”. E poi era straniero, a giudicare dal nome. Mai fidarsi di uno straniero. Questa era una regola abbastanza chiara in casa Ferrer.
“E’ normale che tu non mi creda ma, vedi, quei marchi che ti abbiamo imposto sulle braccia, che sarebbero dovuti servire a distruggere la creatura che noi pensavamo tu fossi, non ti hanno fatto nulla. Solo chi ha nelle proprie vene il sangue di Raziel, oppure chi ha bevuto dalla Coppa Mortale, è in grado di sopravvivere.”
Il volto dei tre era imperturbabile ed estremamente serio. Non sembravano mentire …
“Datemi una prova e forse inizierò a credervi” disse Dana alla fine, dopo aver riflettuto sulle informazioni appena ricevute.
“Jamal, va a chiamare Fratello Aaron , per favore.”
“Subito.” Era la prima volta che Dana lo sentiva parlare. La sua voce era dolce come il miele e calda, con un marcato accento arabo.
“E’ un Fratello Silente” disse poi a Dana, come se queste parole spiegassero tutto.
Poco dopo una figura incappucciata fece il suo ingresso nella stanza.
Dana non riusciva a vederne il volto. Tutto il corpo era coperto da una lunga tunica color pergamena e i passi della figura non facevano rumore. Essa pareva più scivolare sul pavimento, che camminare nel senso letterale della parola.
La figura alzò la testa e Dana riuscì a malapena a trattenere un grido d’orrore. Il volto di quella persona era completamente deturpato. Le labbra erano cucite, in modo tale che non potessero più essere schiuse, con dei disegni. Marchi, li aveva chiamati Eugene. Altri marchi erano evidenti sugli zigomi, sotto delle cavità che un tempo ospitavano i bulbi oculari.
Dana Ferrer. Sei molto più di quello che sembri. Tu mi temi, percepisco quello che provi. Percepisco ogni sfumatura delle tue emozioni.
Dana sentiva una voce profonda rimbombarle nella testa. Non riusciva a muoversi, paralizzata dal terrore. Era così innaturale avere qualcun altro dentro la propria testa.
Tu non sai nulla che possa risultarmi utile.
“Grazie mille!” osservò ironica Dana a voce alta, al che venne guardata malissimo da Costanza.
Non occorre che tu parli. Basta che pensi le parole e io potrò sentirle.
Capito, buono a sapersi.
Dana iniziava a capire il meccanismo e provava un certo piacere nel condurre quella conversazione un po’ sopra le righe.
Ti consiglio di restare qui all’Istituto per un po’. Giusto il tempo per svolgere alcune ricerche supplementari-
NO!
Urlò nella sua mente Dana. Io voglio tornare a casa mia! Non so nemmeno dove mi trovo in questo momento.
Non fu Fratello Aaron a rispondere a quest’ultimo interrogativo.
“Siamo proprio dei maleducati, Eugene! Benvenuta all’Istituto di Palermo, Dana Ferrer.”
La voce rassicurante di Jamal prevalse su quella agghiacciante del Fratello Silente.

Angolino dell'autrice: Se siete arrivati fino alla fine del capitolo, vi ringrazio molto! Se volete lasciare una recensione, anche negativa u.u le critiche servono a mogliorare, fate pure.
Volevo chiarire solo una cosa: ho scritto del fatto che i Cacciatori avevano imposto dei marchi su Dana con lo scopo di ucciderla. Chi non ha sangue angelico reagisce in modo orribile alle rune, diventando un Dimenticato tra atroci dolori. I Cacciatori dell'epoca di cui sto scrivendo io, 1740, non conoscono ancora gli Accordi e quindi sono ancora molto legati alla "raccolta delle spoglie" e non uccidono solo demoni, ma anche Nascosti. Tutto verrà spiegato con più chiarezza prossimamente, se vorrete continuare la lettura. Ciao ciao :)

  
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