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Autore: MissGordlay    22/01/2014    3 recensioni
Quando ci si avvicina troppo al sole ci si brucia, e dal paradiso si precipita all'inferno. Riusciranno a redimersi?
Harry -Hanna ti salverò, sarò la tua ancora-
Hanna- davvero ?-
Harry -lo giuro-
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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3° Capitolo

Pursued by memories



Pov Hanna.

Ho sempre pensato che la solitudine fosse uno stato d’animo in cui mi trovavo bene. Uno stato in cui mi rispecchiavo perfettamente, io , i miei libri, la mia musica,i miei sogni, i miei dolori, combaciavano perfettamente in questa condizione . Stranamente, mentre infilavo la chiave nella toppa della porta entrando, iniziavo a pensare che forse per tutto quel tempo non avevo capito nulla. Probabilmente mi ero comportata come la volpe e l’uva, mi ero ingannata convincendomi che la solitudine fosse il mio stato perfetto quando invece mi accontentavo, per non soffrire di qualcosa che non avevo. Quel giorno me lo sarei ricordato per molto molto tempo, perché quel giorno la porta del mio mondo era stata aperta, e ora io ero lì , ferma sulla soglia incerta se uscire o ricostruire quel muro che qualcuno aveva appena distrutto. 
Uscire o restare lì? Basare tutto su una giornata diversa, una giornata tra le risate, battute e gentilezze di Harry Stayles,era come fare un salto nel vuoto. Restare lì voleva dire essere al sicuro. Sicuro da tutto quello che poteva ferirmi, e io non ero ancora pronta a uscire allo scoperto, io ero xenofobica e il vuoto mi terrorizzava: così mentre mi sedevo sul letto confusa da ciò che sentivo lasciai che quella porta si riformasse nascondendo quel mondo che tanto bramavo. 
Lasciai che si riformasse mentre le immagini di quel pomeriggio sbiadivano davanti ai miei occhi come fumo. Lasciai che il ricordo del suo abbraccio diventasse solo frutto della mia mente , lasciai che tutto venisse risucchiato fuori da quella barriera che avevo. 
Afferrai il cappellino di Harry che era ancora in mio possesso,e lo rigirai tra le dita, accarezzandolo, osservandolo, stringendolo, come fosse stata un’ancora a cui aggrapparsi, qualcosa che mi avrebbe tratto fuori da quel muro che mattone dopo mattone mi portava via anche l’unica giornata in cui ero stata spensierata, felice, in cui avevo desiderato fare un passo fuori, oltre quella porta.
Mi allungai sul letto continuando a  stringere tra le dita quell’oggetto inanimato ma pieno di significato, fin quando i miei pensieri non furono spezzati dalle risate di mio fratello,che con poca grazia aveva spalancato la porta e ora si dirigeva tutto correndo verso di me. 
-Nannaaaaa…io mi annoio che facciamo?- la sua voce squillante e fina mi rimbombò nelle orecchie come un trapano. Adoravo mio fratello, gli volevo un mondo di bene, ma in giornate come quelle avrei voluto tanto che  trovasse qualcun altro a cui dar fastidio. Di solito il pomeriggio stava con la mamma e io potevo avere la mia libertà, ma quel giorno era diverso, era lunedì e tra tutti i giorni della settimana era quello che odiavo di più. Odiavo l’umore di mio padre e il viso di mia madre quando tornavano a casa, perché ogni lunedì pomeriggio andavano a trovare mia sorella, la mia amata sorella. Mia sorella era un anno più grande di me, aveva diciotto anni ed era malata: autolesionismo, avevano detto i medici, mancanza d’affetto dicevo io. Si perché lei era sempre stata una ragazzina forte, aveva sempre stretto i denti a ogni offesa di nostro padre, mi aveva sempre protetta , e questo fin quando non si era rotta.
 Un giorno mia sorella si era rotta per sempre senza via di salvezza, aveva abbandonato le armi, non si era preoccupata del suo scudo o del suo onore da guerriera. Un giorno aveva detto basta e si era chiusa in bagno dimenticandosi il suo nome, dimenticandosi di avere una sorella, dimenticandosi dei suoi progetti e si era armata di una lametta. Riuscivo quasi a immaginarla mentre tra le lacrime, con mano tremante premeva sulla sua pelle chiara liberando il suo dolore in un fiume rosso, quel rosso che non era solo sangue ma anche rabbia, frustrazione, non accettazione, dolore, tristezza, solitudine, mancanza d’affetto. Continuavo a immaginarla mentre si appoggiava al muro e si lasciava scivolare giù, lungo le piastrelle blu del suo bagno,pensando che ora si, ora tutto sarebbe finito, che ora finalmente poteva lasciarsi andare. Per sua fortuna o sfortuna mio padre era tornato prima a casa e il suo piano per mettere fine alle sue pene era stato sabotato,perché anche se con mille difficoltà erano riusciti a salvarla e subito sbattuta in un centro di recupero pensando che quello le avrebbe fatto bene, ma avevano sbagliato. Avevano sbagliato tutti, perché bastava solo una carezza da colui che era stato il suo angelo custode ma al contempo il suo angelo distruttore :mio padre.
Spostai lo sguardo su quel piccolo bimbo che mi guardava ancora in attesa di una risposta e lasciai volare via i pensieri alzandomi e prendendolo per mano.
-Andiamo a vedere un bel cartone. Cosa vuoi vedere?- uscì dalla stanza mentre sbattevo due o tre volte le palpebre spazzando via quel filo di lacrime pronte ad uscire, pronte a ricordarmi quanto mi mancava e quanto volessi fosse ancora con il suo scudo davanti a me.
-Peppa pigggg!- esultò trotterellando al mio fianco.
-sospirai di nuovo prima di – Ok Matty e Peppa Pig sia.-.

Harry pov.
Scesi dall’autobus con il sorriso sulle labbra mentre mi giravo a salutare Hanna, che continuava ad agitare una mano dietro il suo finestrino. La risalutai fin quando l’autobus non era lontano, poi mi girai e presi a camminare verso l’appartamento che mamma aveva preso in affitto,non era molto grande: aveva due stanze da letto ,un bagno, una cucina, e una specie di salotto che faceva da entrata. L’appartamento era provvisorio,mamma non era riuscita a finire le pratiche con l’agente immobiliare ed eravamo finiti in quel locale in attesa dell’arrivo delle chiavi della nostra nuova, vera casa. 
Arrivai davanti la porta di casa più stanco che mai, la mattinata a scuola era stata abbastanza stressante l’unica cosa che mi aveva fatto resistere dall’andarmene era stata Hanna, stare con lei mi faceva stare bene, mi sgombrava la mente da ogni pensiero negativo, e poi quella sua timidezza mi faceva comportare come il fratello maggiore e questa cosa mi stupiva. Non era da me preoccuparmi così tanto e subito delle persone con cui avevo parlato due volte, di solito facevo il simpatico, cercavo di tenere aperta una conversazione ma in realtà non ero mai davvero interessato. Quel mio comportamento protettivo e gentile lo utilizzavo solo con le persone che mi conoscevano da sempre, quelle che potevo considerare amiche, con cui riuscivo a mostrare il vero me, e non con sconosciuti. Con lei invece era diverso, mi faceva dimenticare questi miei concetti mentali ritrovandosi a un passo dal vero Harry, quello che conoscevano solo due persone: mia madre e mia sorella. Come facesse è un mistero, fatto sta che quella cosa mi spaventava, mi spaventava da morire. La mia corazza fatta di milioni di strati non poteva essere rotta così. 
Salii in ascensore con i miei pensieri che sembravano opprimermi. Presi il cellulare riguardando il suo numero che ancora doveva essere salvato nella mia rubrica, e non potei fare a meno di sorridere ripensando alla sua sorpresa mentre gli scrivevo il mio. Aveva fissato lo schermo per dieci minuti prima di ringraziarmi dicendomi che di solito nessuno chiedeva il suo numero. Sinceramente pensavo che fosse assurdo, era una ragazza così dolce, e simpatica se la si prendeva nei punti giusti, tanto che ritenevo i ragazzi di Holmes Champel davvero ignoranti in fatto di persone. 
Uscii dall’ascensore salvando il numero di Hanna e mi trovai subito  di fronte alla porta del mio appartamento, aprii svogliatamente la porta e lasciai cadere lo zaino a terra una volta entrato, quando mi bloccai sentendo una voce. Una voce forte, leggermente roca, maschile e da me conosciuta molta bene; scattai verso la cucina sperando di essermi immaginato tutto, quando mi accorsi che quello che credevo frutto della mia immaginazione era reale. Quella era la voce di mio padre. Sgranai gli occhi appena il mio sguardo incrociò quello dell’uomo che avrei dovuto chiamare padre, quell’uomo che all’età di sei anni ci aveva abbandonato lasciandoci in mezzo a una strada, costringendo in seguito mia madre a lavorare. Quell’uomo da me tanto pianto quanto odiato, ora era di fronte a me con un sorriso dipinto sul volto come se fosse appena tornato da lavoro e non da 12 anni d’abbandono.
-Cosa diavolo ci fa lui qui?- grugnii mentre avanzavo con fare minaccioso verso di lui. Mia madre che prima mi dava le spalle appena si accorse della mia presenza si alzò venendomi incontro allarmata.
-Harry calmati per favore…- scansai la sua mano sul petto quando tentò di fermarmi e mi posi di fronte a mio padre che intanto si era alzato assumendo un’espressione seria.
-Cosa cazzo sei venuto a fare??- alzai di un tono la voce, mentre i miei muscoli erano tesi al massimo, per il freno che mi ero posto per non picchiarlo fino a farmi far male i muscoli, per tutto quello che ci aveva fatto passare.
-Tesoro..papà è tornato..-disse piano la mamma posandomi una mano su una spalla per tirarmi via. Mi girai di scatto tra il ferito e scioccato per le sue parole. Era tornato? Cosa voleva dire che era tornato? Dopo dodici anni di nulla totale, in cui pensavo che fosse morto se ne usciva così, come fosse niente e tornava?
-Cosa? E’ così che funziona mamma? Una mattina si sveglia e decide di tornare e lo fa?Dopo dodici anni senza una spiegazione, dopo dodici anni di pianti, preoccupazioni lui ritorna? Stai scherzando vero?.- La mia voce era  vibrante ,più profonda del solito.
-Figliolo so di aver sbagliato… ma ora voglio rimediare- disse l’uomo di fronte a me posandomi anche lui una mano sulla spalla, e quella fu la scintilla che mi fece esplodere. Gli spostai bruscamente la mano mentre con un gesto repentino lo afferravo per il colletto del maglioncino rosso che indossava avvicinandolo al mio viso.
-Cosa credi di fare??! Rimediare?!! No tu non rimedierai a nulla!-
-Harry!!! Fermo!!!!- continuava a dire mia madre.
-Puoi ridarmi dodici anni della mia vita senza di te?? Su rispondimi puoi?? No! Puoi contare tutte le lacrime che abbiamo versato per te??Puoi togliere i muri che ho messo a causa tua?? Sai quante notti insonni ho passato a pensare a te?Sai quante volte ho gridato il tuo aiuto?? E sai ancor di più quante volte ho ricevuto una tua mano?- la mia voce tremava di rabbia, mentre le pupille dell’uomo che avevo di fronte si dilatavano.
-Harry calmati! Harryy!!!-
-No che non lo sai! Tu non sai niente di ciò che abbiamo , che ho passato! Quindi vaffanculo Des Styles!- dissi digrignando i denti per poi lasciarlo  andare con uno strattone.
-Harry smettila ..ti prego ..tuo padre vuole recuperare il rapporto a poco a poco!- ansimò quasi mia madre guardandomi in senso di supplica. Scossi la testa incredulo delle parole di mia madre, quella donna non poteva ragionare così, i suoi principi, il suo orgoglio dove era andato a finire?. La spostai piano mentre con passo pesante uscivo fuori da quella cucina,sentivo il petto ardere, e i muscoli implodere, avevo bisogno di andare via, di scaricare la rabbia che avevo dentro. Così uscì senza voltarmi, senza ascoltare mia madre e iniziai a correre lungo la strada lasciando che la tensione fosse impressa sull’asfalto grigio e freddo quanto il mio cuore. Corsi a perdifiato senza meta, sempre dritto fino a farmi esplodere i polmoni, fino a farmi scrocchiare le ossa, fino a stordirmi per la mancanza d’ossigeno. Corsi senza dar retta ai muscoli che facevano male, come se da quella corsa dipendesse tutto. Corsi come se avessi voglia di vomitare il mio cuore, che ora ferito se ne stava in un angolo a ripensare a cosa davvero l’avesse ferito: se il ritorno improvviso di mio padre o la reazione di mia madre. Corsi ancora e ancora come un cavallo impazzito fin quando non sentii il mio nome risuonare per quelle strade.
-Harry?Harry…Harry..?? – Mi fermai con difficoltà posando le mani sulle ginocchia, cercando di dare aria ai miei polmoni che rantolavano. Mi girai verso la voce che più volte mi aveva chiamato e rimasi stupito nel vedere una ragazza biondina, felpa larga e occhiali venirmi incontro. Strabuzzai gli occhi cercando di mettere a fuoco l’immagine che ancora appariva sbiadita e solo quando sentii la sua mano dietro la mia schiena e il suo viso a un palmo dal mio la riconobbi: Hanna. 
Il suo viso era un misto tra preoccupazione, sorpresa, e curiosità e forse qualcos’altro.  Mi aiutò a sedermi sul muretto del marciapiede mentre io continuavo a tossire e a rantolare prendendo fiato,forse avevo bisogno di una bombola d’ossigeno.
-Harry cosa ci fai qui? Che stavi facendo? Tutto ok?- continuava a farmi domande su domande allarmata forse dal mio continuo non parlare. Perché non parlai neanche dopo aver ripreso fiato, riuscivo solo a guardare fisso il marciapiede su cui ero seduto e a pensare alla scena che avevo appena affrontato, mia madre al suo fianco, mia madre che sceglieva lui,mia madre che mi guardava spaventata,mia madre che mi aveva appena tradito.
-Harry allora mi dici che hai? Mi stai facendo preoccupare..cos è successo? Harry?- rabbrividì riscuotendomi da quella trans momentanea e – Mio padre…-.
-Tuo padre cosa?- chiese lei accarezzandomi piano una mano con le sue piccole dita morbide.
-Mio padre è tornato…e non lo faceva da dodici anni- 
-Oh.- Tra noi calò il silenzio dopo quel suo sussurro,nessuno dei due sapeva cosa dire o cosa fare e allora feci l’unica cosa di cui avevo bisogno: l’abbracciai. La strinsi a me circondandola con le mie braccia, cercando di trovare conforto in lei , in quell’estranea con cui riuscivo a parlare, quell’estranea a cui già volevo bene.

Pov Hanna.

Sentì le sue braccia avvolgermi e tirarmi verso di lui, era strano eppure bello che mi stesse abbracciando, e benché in un primo momento mi avesse spiazzata, ricambiai stringendo quel Harry fragile che sembrava essere solo per me. E anche se lo conoscevo da poco, da pochissimo non potevo non sentirmi bene tra le sue braccia. Tutto ciò che provavo, tutto ciò che stava accadendo, tutto ciò che stavo facendo era irrimediabilmente e maledettamente irrazionale, e a me …a me piaceva, piaceva da morire perché mi faceva sentire viva. 


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The Writer's corner .
Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo :), ringrazio innanzitutto tutte coloro che hanno recensito la mia storia, siete tutte dolcissime e mi date l'ispirazione per continuare la stroria . Questo capitolo è di passaggio, perchè i due protagonisti saranno insieme soltanto nella scena finale. In realtà questo capitolo serve per far conoscere meglio le vite dei personaggi e come avrete letto sono abbastanza complicate, ovviamente questo è solo un accenno ma pian piano potrete capire meglio le loro vite. Sappiate che in questa storia ci saranno altri due personaggi importanti, che scoprirete andando avanti con i capitolo; scusatemi tanto se per così dire ''butto la pietra e nascondo la mano'' ma non voglio anticapirvi nulla, anche se sono tentata.
Nel prossimo capitolo vi metterò ,qui sotto, il link del triler della storia ch ho creato io :3. Spero che questo capitolo vi piaccia, io adoro molto la parte finale <3
Ciauuu :)
Ps. questo è il mio profilo facebook : .https://www.facebook.com/missy.gordlay.1
  XOXO
MissGordlay



 
  
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