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Autore: brisemarine    08/06/2008    2 recensioni
L’amore cambia la vita; l’allontananza lascia un senso di vuoto incolmabile; gli amici si sostengono a vicenda; una persona su un milione incrocia il tuo cammino e lascia un segno indelebile. La maggior parte delle persone non riesce a dimenticare il loro primo amore; una piccola percentuale, invece, riesce a coronare il proprio sogno; ed una parte ancora inferiore riesce ad amare due persone allo stesso modo.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[j]1.1

Chapter 0.1

Wake up in the morning, stumble on my life.

This is the way you left me,
I'm not pretending.
No hope, no love, no glory,
No Happy Ending.

- Mika HAPPY ENDING.

Posò la penna sul bancone, ed osservò il via-vai di persone.
Era un'afosa giornata d’Agosto, e Jean stava lavorando alla tavola calda nel campus della Berkeley.
Un anno. Era passato esattamente un anno da quando era arrivata in quell’università.
Frequentava il secondo anno della Medical School, e divideva l’appartamento con la sua migliore amica, Daphne Carter.
La loro amicizia nacque durante l’ultimo anno del liceo, quando si erano ritrovate insieme a dover seguire i corsi pomeridiani per l’esame d’ammissione.
Il loro amore per lo sport, per lo shopping sfrenato e per la Berkeley, l’aveva spinte a frequentarsi sempre di più, fino ad approfondire il loro rapporto.
E in quel piovoso giorno d’Aprile di due anni prima, entrambe ricevettero la lettera che aspettavano con ansia: erano state ammesse alla Berkley, l’università dei loro sogni.
Daphne frequentava il corso di Retorica, poi avrebbe tentato di entrare nella Graduate School of Journalism, per diventare giornalista.
Figlia di un importante avvocato di Los Angeles, e di una donna francese molto bella ed elegante, era cresciuta in un ambiente aristocratico, circondata da figli di ricchi signori e figlie con la puzza sotto al naso.
Daphne aveva sempre voluto allontanarsi da quell’ambiente, dove il valore morale più alto era di possedere più borse Chanel possibili.
Fu questo uno dei motivi per il quale preferì un’università statale come la Berkley, piuttosto che una scuola privata.
I suoi genitori accettarono volentieri la sua scelta, non volevano imporle uno stile di vita che non le piaceva.
I suoi lunghi capelli biondo platino, la pelle di porcellana e gli occhi azzurrissimi, facevano di lei la perfetta ‘regina delle nevi’; ma dietro a questo suo aspetto, si nascondeva la sua vera natura: premurosa, dolce, affidabile e soprattutto onesta.
Alzò lo sguardo ed osservò il grande orologio appeso dall’altra parte della parete: mancavano cinque minuti alle 7.
Jean finì di posare gli ultimi piatti puliti nella credenza, sciolse il nodo del grembiule e si incamminò verso la stanza riservata ai dipendenti.
Nonostante ci fosse l’aria condizionata, faceva molto caldo e la ragazza si sciacquò il viso prima di cambiarsi.
Si osservò allo specchio: scure occhiaie marcavano il suo viso asciutto.
Ultimamente non riusciva a dormire sogni tranquilli, si svegliava sempre in agitazione.
Dopo che si rigirava nel letto un paio di volte, per trovare una posizione comoda, si alzava e faceva colazione; anche se erano le 4 di mattina.
Cercava di fare il meno rumore possibile, per non svegliare la sua amica.
Dopo aver mangiato i corn flakes con un po’ di latte, rimaneva seduta, immobile, a guardare il vuoto di fronte a sé e non si accorgeva che il tempo passava; era come se venisse catapultata in un mondo parallelo, dove le cose continuano il suo corso, mentre lei e la sua mente vagano tra i ricordi.
Inizialmente non fu affatto facile accettare tutto ciò, quello stato di incoscienza, torpore, le facevano ricordare tutto, anche ciò che avrebbe voluto archiviare.
Si mise in fretta un paio di pantaloncini, la maglietta a maniche corte e si fece la coda.
Uscì dallo spogliatoio e salutò i suoi colleghi, augurando loro una buona serata.
Appena aprì la porta, una folata di vento fresco la colpì in pieno e mosse leggermente i suoi capelli.
Dal lato opposto della strada, non vi erano macchine parcheggiate, tranne una Mini rossa. Sorrise.
Daphne era venuta a prenderla.
Il suo motorino era KO per un paio di giorni, e l’amica si occupava di accompagnarla al lavoro e di riportarla a casa.
Ma non faceva solo questo; era sempre al suo fianco.
L’aiutava in ogni circostanza, cercava il più possibile di tenerla distratta, in modo che non avesse tempo per pensare, ricordare.
Lei era la sua medicina. Era l’unica che fosse riuscita ad alleviare il dolore negli ultimi mesi.
Dopo la sua partenza, Jean si era rinchiusa in se stessa, era taciturna e passava le giornate stesa sul divano di casa ad osservare il soffitto; si rifiutava di toccare cibo, di svagarsi un po’ e di andare nei posti che gli ricordavano lui.
Era come se fosse un fantasma, una morta che camminava tra i vivi.
Quel brusco ed improvviso allontanamento era stato devastante, totale.
Sembrava che dopo un periodo di assoluta felicità, in cui si vede tutto rosa e fiori, seguisse il periodo più buio che ci sia.
Dopo la tempesta c’è il sole, dicono.
Ma per lei fu il contrario. Dopo il sole ci furono tempeste, uragani, maremoti.
Solo ora, dopo tanti mesi, riusciva a vedere qualche raggio di sole filtrare dalla fitta coltre di nubi nere.
E questo lo doveva solo a lei, Daphne.
Non era facile starle accanto, lo sapeva, e per questo le era infinitamente grata.
La migliore migliore amica che si possa mai avere, le aveva sempre detto Jean.

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Ed era proprio vero, era la migliore in tutto.
Aprì lo sportello della macchina e salì.
“Buona sera!” esclamò la ragazza, e salutò Daphne con un bacio sulla guancia.
“Bonsoir.” Rispose l’amica in perfetto francese.
La bionda mise la marcia su D ed uscì dal parcheggio.
Il campus era ancora vuoto, le lezioni sarebbero iniziate a fine Settembre, e molti studenti tornavano solo alla fine del mese.
Dopo un mesetto di vacanza in Florida, le due amiche decisero di tornare a casa loro.
Daphne riprese il suo lavoro alla biblioteca dell’università, e Jean trovò lavoro come cameriera da Apple Bee.
Quel lavoro era molto stressante e impegnativo, ma non poteva rimanere da Starbucks, dove aveva lavorato per tutto l’anno precedente.
Si sentiva soffocare dai ricordi in quell’ambiente, perciò decise che era meglio licenziarsi.
Non voleva più essere un peso per l’amica, era riuscita piano piano a costruirsi una maschera che non lasciava trasparire i suoi sentimenti, la sua sofferenza.
Ma nonostante ciò, era consapevole che Daphne riuscisse a leggerle tutto.
Si fermarono al drive in di McDonald’s ed ordinarono la cena.
“Com’è andata la giornata?” chiese Jean, mentre aspettavano l’ordinazione.
“Bene, ora c’è tranquillità perché molti studenti ancora non sono tornati, ma quando inizierà la scuola sarà uno stress.” Rispose la bionda allungando il braccio fuori dal finestrino per prendere i panini.
Rimasero in silenzio per una manciata di secondi, e poi l’amica riprese a parlare.
“Sai di cosa abbiamo bisogno?”, iniziò Jean, “di shopping, mare e discoteca!”
Daphne guardò l’amica e sorrise.
“Una giornata interamente per noi. Tanto mancano ancora due settimane all’inizio della scuola, un po’ di svago ce lo meritiamo.” rispose la ragazza.
“In fondo, viviamo o no in CALIFORNIA? Guardaci, siamo l’una più bianca dell’altra. Dovremmo goderci di più questo sole.” Affermò Jean.
“Lontane dal lavoro, dal campus, da tutto. Ci buttiamo nel Pacifico e andiamo alle feste sulla spiaggia.” Continuò a fantasticare la giovane.
L’amica ridacchiò ed entrò nel parcheggio del loro condominio.
Avevano comprato la casa prima dell’inizio delle vacanze estive, e si erano trasferite non appena furono tornate dalla Florida.
Il loro era un piccolo appartamento, ma sufficiente; il salone e la cucina occupavano una sala unica.
Le due camere erano collegate tra loro con il bagno, il quale era abbastanza spazioso da metterci un comodino, dove le ragazze poggiavano i loro profumi, gioielli e trucchi.
Jean sistemò i panini sul tavolo e si sedette su una delle due sedie.
L’amica accese la televisione e la raggiunse.
La serata trascorse tranquillamente; entrambe non riuscivano ad andare oltre ad una certa ora, il lavoro le stancava molto.
Perciò anche quel giorno verso le 11, il sonno si fece sentire sempre di più, finchè non decisero che era meglio andare a dormire.
Jean si buttò a peso morto sul letto e rimase in quella posizione finchè non si addormentò.

*.*.*.*.*

Erano solo le 10, ma il sole era già alto nel cielo e i suoi raggi picchiavano forte sulla terra.
Daphne si portò dietro l’orecchio una ciocca bionda, mentre metteva in moto la macchina.
Quella mattina si era svegliata presto e stranamente, o fortunatamente, non aveva trovato l’amica in salotto.
Da quando erano tornate dalla vacanza, Jean era diventata un vero e proprio zombie.
E lei odiava vederla in quello stato.
Anche se faceva di tutto per nascondere la sua sofferenza, dietro ad un sorriso tirato, riusciva lo stesso a capire le sensazioni dell’amica.
Lei l’aveva vista innamorarsi giorno dopo giorno, sprizzava gioia da tutti i pori, ma ecco che un giorno tutto questo svanì.
Tutto cambiò. Come quando si costruiscono i castelli con le carte, e basta un niente per farli crollare; allora è difficile ricostruire.
Doveva ammettere che entrambe non erano molto fortunate in amore.
Era sicura che, anche se l’amica non lo ammetteva, aspettasse il suo ritorno; lei, invece, aveva rotto prima dell’estate con un ragazzo con cui stava da un paio di mesi.
Niente di serio, niente di troppo doloroso.
Era un ragazzo gentile, intelligente, che la rispettava ed era onesto con lei; allora perché lo aveva lasciato?
Sentiva di non meritarlo, tutte quelle storie “scusa-non-sei-tu-sono-io”, erano vere.
Era lei il problema. Come si faceva a non voler bene ad una persona del genere?
Solo dopo tanto tempo si era accorta che il vero motivo lo aveva davanti agli occhi.
Frenò bruscamente per far passare un pedone che era sbucato dal nulla.
Si addentrò nel piccolo vialetto che la conduceva al parcheggio della grande biblioteca della scuola.
Entrò nell’edificio, facendo un lieve rumore con le sue ballerine nere; salutò i colleghi e si appese al collo la tessera dei dipendenti.
La bionda passò la mattinata a sistemare i libri nei rispettivi scaffali.
Quel lavoro le piaceva, amava i libri, il silenzio, la quiete di quel luogo.
Non c’era niente di meglio che leggere un bel romanzo nel silenzio più totale mentre si sorseggiava un ice chocolat di Starbucks.
A quel pensiero, le venne davvero voglia di quella bevanda; andò da Pierre, amico e collega, dicendogli che si sarebbe presa una pausa di una decina di minuti, giusto il tempo di fare un salto al bar.
Prese velocemente il portafoglio e si diresse a piedi, il locale era a meno di cinque minuti dalla biblioteca.
Comprò la sua bibita in formato maxi, e sorseggiandola beata, si rinfrescò.
Camminava lentamente per la piccola salita e passando vicino al parco, vide una Jeep parcheggiata.
In un primo momento non ci fece molto caso alla vettura, ma poi successe una cosa che non si era mai aspettata che succedesse: il suo cuore perse un battito.
Appena vide chi scese dal veicolo, sembrò quasi che l’organo si fosse fermato.
Non credeva assolutamente che una cosa simile le potesse accadere.
Si leggeva solo nei libri o al limite, si vedeva nei film.
Era una strana sensazione, ma allo stesso tempo era piacevole.
Daphne non l’aveva mai provato prima d’ora, effettivamente non era mai stata innamorata.
Lei era una persona molto razionale, e agiva più con la mente che con l’istinto; tutto doveva aveva una spiegazione logica, razionale, persino l’innamoramento.
E anche quel giorno attribuì il colpo allo spavento, più che all’emozione di ritrovarselo di fronte.
Il giovane si tolse gli occhiali da sole e li appese al colletto della maglietta bianca che indossava.
Inclinò leggermente la testa per guardare meglio la figura davanti a lui, e quando capì chi era, sorrise.
“Su bionda, abbracciami!” esclamò felice allargando le braccia.

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Daphne non se lo fece ripetere due volte e gli corse incontro; allacciò le proprie braccia dietro al collo del ragazzo, il quale la sollevò leggermente da terra e le baciò i capelli.
“Allora bionda, come stai?” chiese il giovane riappoggiandola a terra, ma senza sciogliersi dall’abbraccio.
“Bene, tu? E’ tuo questo colosso?” domandò dando un paio di colpetti al cofano.
“Hai visto che bellezza? E non ti dico come corre! Ti dovrò far fare un giro al più presto!” esclamò entusiasto.
Daphne gli sorride mentre lui continua a parlare delle qualità della sua vettura.
Era così presa dal suo racconto, che non si accorge che qualcuno è sceso dalla macchina.
“Tom?” lo richiama una ragazza dai lunghi capelli castani e un viso un po’ troppo truccato.
“Oh Christine.” Replica il ragazzo, allontandosi leggermente da Daphne.
La bionda li guardò per attimo confusa.
“Lei è Daphne e Daphne, lei è Christine, la mia ragazza.” Disse Tom, guardando una ragazza e poi l’altra.
“Piacere mio, Daphne. Tom mi ha parlato molto di te.” Allungò il braccio verso di lei e le sorrise.
“Molto piacere di fare la tua conoscenza.” replicò Daphne ricambiando il gesto.
Christine si avvinghiò a Tom e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, che fece sorridere il ragazzo.
A quella scena, la bionda provò una forte morsa all’altezza dello stomaco; si congedò freddamente dai due e proseguì il suo cammino verso la biblioteca.
Quando stava per aprire la porta, sentì qualcuno che la trattenne per un braccio: Tom.
“Ehi, va tutto bene?” domandò affettuosamente spostando una ciocca bionda dal viso.
A quel tocco, Daphne sentì una scossa lungo la spina dorsale; solo lui riusciva a farle sentire certe emozioni.
Chiuse leggermente gli occhi e rispose: “Sto bene, tranquillo.”
“Sai che a me puoi dire tutto, no? C’è qualcosa che non va?” fece un passo in avanti, rendendo minima la loro distanza.
Daphne inspirò il suo tipico profumo, e ciò la mandò in tilt.
Si allontanò un poco da lui per non perdere completamente la testa.
“Certo che lo so,” gli sorrise “sono rimasta un po’ sorpresa, non pensavo che saresti tornato con la tua ragazza.” Disse infine.
“Ah Christine… è stata una sorpresa anche per me. Non pensavo che saremmo durati.” si grattò nervosamente la nuca.
Un silenzio imbarazzante cadde tra i due, l’unico rumore era quello della porta automatica che si apriva e chiudeva al passaggio delle persone.
“Ci vediamo in giro, Tom. Una di queste sere vieni a cena da noi, a Jean farà piacere rivederti.”
“Accetto più che volentieri.” Le sorrise.
Lo salutò con un piccolo bacio sulla guancia e rientrò nell’edificio.
Davanti alla reception, vide che c’erano due persone: la signora Burton ed un ragazzo.
Si avvicinò a Pierre, il quale le presentò il nuovo arrivato.
Daphne incrociò gli occhi del giovane, erano tra il verde ed il nocciola, aveva i capelli scompigliati e scuri; egli le porse la mano e sussurrò “Sebastian.”
“Piacere Daphne.” Rispose non troppo calorosamente.
Buttò nel cestino più vicino il bicchiere ormai vuoto e si mise appesa al collo la targhetta.

*.*.*.*.*.*

Dopo un mese esatto posto finalmente il primo capitolo. Scusate per l'attesa, ma la scuola mi stava davvero distruggendo; ora che sono in vacanza, però, spero di riuscire ad aggiornare regolarmente. Quindi, non vi sbarazzerete facilmente di me! XD

Pinzyna: Grazie mille per la tua recensione, sono rimasta colpita. (in senso positivo). Le cose che mi hai scritto sono davvero belle e spero che continuando a seguire questa mia storia, non ti deluderà. ^___^ . Sei stata molto carina a scrivermi quelle cose, mi ha fatto un immenso piacere. (un po' perchè sei stata la prima recensitrice, e un po' perchè sei riuscita a interpretare il titolo in modo giusto. ;)).
Sono molto contenta che la scelta del titolo ti sia piaciuta, c'ho messo parecchio tempo, perchè volevo trovarne uno che si adattasse perfettamente alla storia dei personaggi. (e devo dire che sono molto soddisfatta!!! Piace moltissimo anche a me! :D).
L'amore.. eh, che cosa strana, vero? Mi piace sognare, e questa ff è una prova lampante.
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!

Nihal_N: dico solo questo: G-R-A-Z-I-E! Se non fosse per te, questa fic non starebbe in piedi! XD Il tuo commento mi ha fatto molto piacere; ed è anche una soddisfazione per me postare questa fic! I pensieri di Jean sono tristi, ma tu sai già per quale motivo. XD Bacione!e grazie ancora!<

  
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