Capitolo ventiquattro "You are my sister"
Che fine
fanno tutte le parole d’amore?
Dove va a finire tutto quell’amore, quella passione? Le ho perse nel vento, tra i flutti del Mare del Nord… svanito, sciolto tra i cristalli di neve candida. Dove sono io? Dov’è il mio cuore? Una foglia nel vento senza peso, senza corpo, morente… Il mio cuore sogna cose piccole. Un divano verde con i braccioli consunti, una finestra che lascia passare spifferi di aria gelida nelle notti d’inverno, le fusa dolci di un gatto, fruscio di lenzuola che sfregano contro il mio corpo nudo, dita lunghe e affusolate tra i miei riccioli, i suoi fianchi tra i miei, gambe che si incastrano trovando la più perfetta delle combinazioni, il giusto posto l’uno nell’altra, danza lenta che crea la nostra personale melodia, bocca dentro bocca, giada verde in cui affondare e perdersi, anima sconfinata nella quale trovare ristoro e pace… Ville. Ville… Ville. Solo cinque lettere. «Papy!» – urlò Lilly buttando via il bastoncino di legno, girandosi con un sorriso enorme, spiccando la corsa che le sue gambette corte le permettevano, verso l’uomo alto e dai capelli chiari che stava scendendo i 4 scalini che dalla casa portavano direttamente sulla spiaggia. Lui aprì le braccia sollevandola e lanciandola in alto. Lilly lanciava urla stridule ridendo a crepapelle. L’uomo se la mise a cavalcioni sulle spalle, avviandosi verso Lou con un sorriso. «Prego!- Lou rispose al suo sorriso – Stai andando via?» «Uhm… già. Tornerò prima, però: quindi non fate le solite furbe e aspettatemi prima di mettervi a spignattare in cucina senza di me.» – disse lui, solleticando il pancino della figlia, che se la rideva di gusto. «Papy, ma tu non sei bravo in cucina, non ci devi stare! Sei maschio! – ridacchiò Lilly – Noi siamo femmine e ci dobbiamo stare perché siamo più brave!» L’uomo scoppiò a ridere, scambiando con Lou un’occhiata perplessa. «Da chi avrà preso queste idee?» – chiese lui strizzandole l’occhio. «Lo dice sempre zio Simone!» – sentenziò la piccola. «Lo zio è un gran furbastro: lo dice perché non gli piace cucinare quando viene qui da noi e non vuole sporcarsi le mani.»- puntualizzò Lou. «Ma lui è troppo sci…scic… - balbettò Lilly in difficoltà con una parola che lo zio Simone le ripeteva in continuazione – Papy, come si dice?» «Chic, tesoro. E non dare ascolto a zio: anche i maschi cucinano e sono bravi a volte, lo sai?» «Va bene. Però lo zio Simone è chic? Perché lui dice che da grande sarò chic come lui, non come voi due.» Lou scoppiò a ridere. «Oh beh, se lo dice zio Simone allora sarai chic anche tu, tesoro.» Lilly rise felice. «Sì, ma le sirene stanno sempre in acqua e hanno le conchiglie sulle “titte” e capelli lunghi lunghi e la coda che brilla ed io voglio essere una sirena.» – continuò senza fiato la bimba, guardando in su. «Chi te l’ha insegnata quella parola?» – chiese Lou, alzando gli occhi al cielo. Lilly ridacchiò e indicò il padre con un ditino. «Piccola traditrice! – ridacchiò il padre con lo stesso ghigno della piccola, strizzò l’occhio a Lou che sbottò a ridere di conseguenza – Dovremo insegnarle come si tengono i segreti.» «Io lo so cos’è un segreto! – borbottò Lilly guardando di sottecchi Lou – Noi due ne abbiamo uno che tu non sai!» «Che segreto mi tenete nascosto, streghette?» «Papy è un segreto solo nostro, tu sei maschio e questo è un segreto da femmine!» Lui scoppiò a ridere, scompigliando i riccioli castani della figlia. «Ok, va bene ho capito! Dai un bacio al tuo Papy, ora?» – chiese chinandosi all’altezza della figlia che gli gettò subito le braccine abbronzate al collo, schioccandogli un bacio sulle labbra. «Papy pungi!» – rise Lilly, facendo una delle sue smorfiette. «Quando il tuo papy stasera torna a casa diventerà liscio liscio, così non pungerò più la mia piccola streghetta!» «Sono una sirena!» – puntualizzò la bimba orgogliosa. «Giusto! La mia piccola sirenetta!» «Sei stanca?» «Solo un po’…»- rispose Lou, sorridendogli. «Dovresti riposarti e non svegliarti presto; sei sempre l’ultima ad andare a letto la sera…» «Non sei in ritardo? – lo interruppe lei sorridendogli con affetto – Sto bene. Ci riposeremo nel pomeriggio, vero Sirenetta?» “Nooooo, mi annoio a riposare! Voglio tornare in spiaggia e andare a comprare il gelato!» – borbottò la piccola incrociando caparbia le braccine al petto. «Vedremo.» - minacciò Lou guardando la bimba in tralice. «Non dargliela vinta – le sussurrò lui, passandole un braccio vigoroso intorno alle spalle, posandole un altro bacio sulla fronte – È una vera peste.» «Lo so bene.» – rispose Lou, accarezzandogli il braccio velocemente. «Ok, io vado ragazze: fate le brave mentre sono via, va bene?» «Vaaaaaaa beeeeeneeee!» - sbuffò Lilly smaniando perché voleva tornare a raccogliere conchiglie sulla riva. «A dopo!» - rise Lou, alzando una mano a salutare l’uomo che si allontanava ridacchiando. «Bene. Piccola peste… che cosa vuoi fare ora?» Lilly la abbagliò con un sorriso luminoso, arricciò il nasino coperto di lentiggini e alzò a coppa le manine piene di conchiglie candide. «Portiamo queste alla mamma?» ******
Lilly canticchiava tra sé e sé, sistemando le conchiglie sull’erba folta. Lou guardò negli occhi di Mara, sospirando. Sta imparando a scrivere le sue prime parole. È così intelligente… Mi ricorda te, quando non riuscivi in una cosa e t’impegnavi fino a che non diventavi bravissima, migliore di tutti gli altri. Ha la tua stessa forza di volontà… È sempre allegra e sorride sempre… sempre! E ha il tuo stesso sorriso. È brava a disegnare, sai? Ha uno spiccato senso per le proporzioni e i colori. Lei ama le cose colorate: in questo non somiglia a nessuno di noi! Simone dice che ha talento e le riempie la testa di sciocchezze… Ha un pessimo effetto su di lei! Qualcuno dovrebbe insegnare a quel ragazzo il senso della modestia… - ridacchiò Lou, spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio – del resto, non che da ragazzo fosse meglio.» È sempre stato uno stronzetto pieno di sé. «Sentivo la sua voce, le sue mani sul mio… - si bloccò improvvisamente, gettando un occhio a Lilly che giocava impilando le conchiglie una sull’altra, poco lontano da lei – Sentivo la sua bocca su di me…» – tornò a dire abbassando la voce a un bisbiglio. «Era… sembrava così vero: sentivo il suo odore, la sua pelle calda… e diceva che gli manco, che non ho mai smesso di mancargli, che mi desidera ancora, che mi ama ancora…» – la voce si spense. Lou chiuse gli occhi cercando di ricacciare indietro quelle lacrime che teneva dentro da troppo tempo. «I suoi occhi… - disse Lou stringendo forte i suoi – Mi mancano così tanto i suoi occhi.» – ansimò portandosi una mano al petto, sul cuore, premendovela forte nella speranza che si attenuasse il dolore sordo che si stava allargando, propagando come le onde create da un sasso lanciato nelle acque statiche di un lago. Mara continuava a sorriderle serena, senza cambiare la sua espressione. Alzò una mano per togliere un granello di polvere sulla foto di Mara. Che la fissava sorridente e bellissima, per sempre giovane e con gli occhi luminosi. Sfiorò con un dito il suo profilo, incastonato sotto la placca ovale posta al centro della semplice lapide di pietra bianca. Non è giusto…» «Karl, sai... lui ce la sta mettendo tutta. Una volta l’aveva sorpresa a piangere di nascosto, in bagno: Lilly l’aveva guardata spaventata con gli occhioni verde scuro sgranati. All’epoca Lilly aveva due anni e mezzo e Mara era mancata da sei mesi. Lo faceva sempre quando era spaventata o triste; lei e Karl tentavano in ogni modo di toglierle quella cattiva abitudine, ma non sempre l’avevano vinta su di lei. Testarda e caparbia fin da piccolissima. Aveva promesso a se stessa di non farsi cogliere mai più triste dalla piccina. Si era ripromessa di creare intorno a lei una bolla felice e serena, lo aveva promesso a Mara. E lei voleva mantenere a tutti i costi quella promessa. ******
«Non urlare.» – rispose Lou laconica, mentre ripiegava i panni appena stirati e si accingeva a rimetterli nei cassetti. «Dio santo, smettila di fare la casalinga disperata e fermati un cazzo di minuto!» – le urlò esasperato il suo amico, seguendola nella stanzetta di Evangeline. «Ho da fare, se hai qualcosa da dire – e a quanto pare è così – fallo pure, ma ti accontenterai di seguirmi nel mio essere una casalinga disperata. Se non ti sta bene, la porta è quella.» - gli indicò l’uscita senza guardarlo, con voce secca e continuando le sue faccende come se non le importasse minimamente di quello che pensava lui. Simone sbottò in una colorita imprecazione che non si addiceva per niente al suo essere chic e di classe. «Cosa diavolo credi di fare? Di sostituirti a madre e moglie? Fatti una vita! La tua la stai buttando via per qualcosa di cui non dovresti preoccuparti! Karl è capacissimo di accudire a sua figlia quanto te, senza di te! Hai fatto quello che potevi, sei stata presente quando ce n’era bisogno ma ora torna alla tua.» «Questa è la mia vita.» «No, questa non è la tua fottuta vita e tu non sei tenuta a stare qui a fare la sostituta!» «Come se io potessi sostituirmi a Mara. Sei ridicolo. Perché non torni alle tue feste esclusive, ai tuoi vestiti, alle tue notti folli e a tutte quelle cose che ti rendono una persona migliore di tutti gli altri?»- sbottò crudelmente Lou con una smorfia disgustata. «Lo hai detto tu, non io.» - ribatté Lou senza guardarlo, ripiegando con cura il pigiamino rosa con i coniglietti di Lilly prima di chiuderlo in un cassetto. «Io ci sono sempre e comunque. Per qualsiasi cosa e in qualunque momento. Non li abbandonerò mai e loro lo sanno, Mara la sapeva. L’unica che fa finta di non saperlo sei tu, che credi di fare la cosa giusta stando qui, vivendo qui come se facessi parte della loro famiglia, confondendo la piccola Lilly! Confondendo tutti! Tua madre pensa che stai insieme a Karl!» Si rese conto troppo tardi di aver detto troppo, più di quanto volesse. Simone aprì la bocca per controbattere, poi sembrò ripensarci improvvisamente. Attese qualche istante, guardandola ansimare e fulminarlo con gli occhi che lanciavano fiamme. Devi lasciare che Karl e sua figlia abbiano la loro vita; Mara non voleva che Karl facesse il vedovo inconsolabile. Lei sperava che lui trovasse qualcun altro con cui dividere la sua vita, e che questa persona crescesse Lilly come se fosse sua figlia. Tu con la tua presenza blocchi ogni processo di ripresa! Lo capisci questo?» «Io non blocco proprio nulla! Karl è libero di trovarsi un’altra donna!» «E come può farlo se tu continui a girargli per casa? Come fa a riprendere una vita normale da scapolo con figlia a carico, se tu gli fai trovare le camicie stirate, il pranzo pronto, perfino il tavolo della colazione preparato fin dalla sera prima! Andiamo!» – sbottò acido. Lou si chiuse in un silenzio contrito. Sapeva che lui aveva ragione, ma non era pronta a separarsi da Lilly. Non ancora. Era come se fosse figlia sua. Era lei che se n’era occupata fin dai primi giorni, insieme a Karl: Mara era troppo debole per poterlo fare come avrebbe voluto. Era stata lei a restare sveglia la notte per accudirla; lei a darle la prima pappina. C’era lei quando aveva gattonato per la prima volta, o le era spuntato il primo dentino. Era a lei che aveva fatto il primo sorriso… non era sua figlia, ma era come se lo fosse. «Non essere disgustoso! Come fai solo a pensarla una cosa del genere? Karl è un fratello per me, come per te!» «Ah davvero? Beh, da quello che ho visto ieri sera a cena, non credo che lui ti veda più come una sorella!» Lou sbiancò in viso, boccheggiando. «Di cosa diavolo parli? – si era bloccata a metà nel suo ordinare la biancheria – Tu vedi cose losche anche dove non ce ne sono!» «Stammi bene a sentire, bella: posso non essere un bravo cuoco, o un perfetto padrone di casa o essere una totale pippa nel cambiare i pannolini, ma so riconoscere benissimo lo sguardo di un uomo. E ieri sera, vuoi il vino rosso, vuoi il fatto che per la prima volta ti sei fatta carina e dopo tanto tempo sei tornata a sorridere come una volta, Karl ti guardava come non ti ha mai guardato. Quindi se vuoi diventare la nuova compagna di Karl e fare la mamma di Lilly a tutti gli effetti, hai la mia benedizione. Ma entrambi sappiamo bene che non farai entrare nessuno nelle tue mutande, tantomeno il buon Karl...e questo perché… sei ancora innamorata, Grace. E che malgrado tu ci metta tutto l’impegno di questo mondo, devo dartene atto, non riesci a ingannare me. Lo ami. Lo ami ancora. Forse più di prima.» «Smettila.» «No. Non la smetto. Sono stanco di preoccuparmi per te. Sono stanco di raccontare a tua madre che stai bene. Sono stanco di vederti rifiutare uomini interessanti. Stanco di saperti qui, in una cazzo di casa sperduta in mezzo al nulla, lontana da tutti, ad espiare colpe che non hai! Ok, te ne sei andata. Ok, hai mollato. Lui è andato avanti, di merda, ma è andato avanti anche senza di te.» «Sono andata avanti anch’io…» Scagliato attraverso la stanza come una freccia. Era soltanto un nome. Lo era, dopottutto? «Smettila…» – tornò a ripetere Lou, sussurrando. «Sai cosa mi ha detto Mara, la sera prima di morire? – infierì lui senza pietà – Mi ha raccomandato di farti rinsavire. Di farti tornare a ragionare. Di prenderti di peso se fosse stato necessario e con un calcio in culo spedirti davanti a quella cazzo di Torre. Lei voleva che tu ritrovassi il tuo cuore, non che facessi la colf/babysitter a tempo pieno per la sua famiglia!» Solo con parole più dolci. Le aveva teso le mani scheletriche, facendole segno di avvicinarsi. Mara aveva affrontato la malattia come una leonessa: combattendo e tirando fuori una grinta che nessuno di loro si sarebbe mai aspettato. Fino all’ultimo aveva sperato e creduto di poter guarire: la sua voglia di vedere crescere l’adorata figlia le aveva dato la forza di resistere al mostro che la stava mangiando viva. Ma gli ultimi giorni aveva preso coscienza che era stata sconfitta e allora aveva iniziato a raccomandare tutti loro di prendersi cura di Lilly, di badare a Karl. Era evidente che aveva raccomandato ad altri di prendersi cura anche di lei. Lou era corsa da lei, prendendole le mani fredde, stringendogliele forte. «Devi farmi una promessa.» – disse sorridendo con il viso stanco e di un pallore grigiastro. «Dimmi, tesoro… ti ascolto.» «Devi promettere che penserai sempre a te, prima di ogni altra persona o cosa. Devi promettermi che non perderai tempo a chiederti il perché e il percome su tutto… non si possono avere tutte le risposte. Devi promettermi che aprirai di nuovo il tuo cuore. Ti conosco troppo bene, meglio di quanto pensi. Non è troppo tardi, Luly… non lo è per te. Quindi non perdere altro tempo. Corri da lui. Lo ami così tanto… - le accarezzò il viso con mano tremante – non parli più di lui, ma è presente in ogni tuo gesto, in ogni cosa che fai... non ho avuto la fortuna di conoscerlo, eppure il mio istinto mi dice che anche lui ti ama allo stesso modo. Quindi sorellina mia, corri da lui. Sono certa che ti sta aspettando.» Lou lasciò che le lacrime traboccassero, ma non voleva staccare le mani da quelle di Mara. La sorella che non aveva mai avuto. Sua sorella nell’anima e nel cuore. «No, Mara… il passato è passato. Le mie scelte di due anni fa mi hanno portato a questo e non posso tornare indietro. Non posso. Non è giusto.» «Tesoro, cosa ti fa pensare che la vita sia giusta? – disse Mara con un sorriso amaro, indicando se stessa – Quindi perdinci, riprendiamocelo! Prendiamoci quello che la vita non vuole ridarci indietro! Non tutto è perduto! Torna da lui, e se non ti vorrà allora volterai finalmente pagina. Ma tenta! Provaci, tesoro! Corri incontro al tuo futuro e all’uomo che ami! Quando tu e Simone mi avete preso in casa con voi… quella volta io non ho trovato solo un posto in cui vivere e studiare. Quel giorno io ho trovato la mia famiglia. La sorella e il fratello che non ho mai avuto. Le altre due metà che mi completavano e mi facevano sentire accettata e amata, come mai prima di allora. E come sorella ti chiedo… ti prego... mia figlia. Stalle accanto, dalle i consigli che le darei io. Insegnale che seguire i sogni è la cosa più importante, che senza sogni siamo niente. Insegnale ad ascoltare sempre il cuore prima che la testa. Ed è quello che devi fare anche tu, sorellina… va da lui Luly, promettimelo. Vai a riprenderti il tuo cuore.» ******
Lilly arrivò vicino a lei, le si inginocchiò accanto porgendole le conchiglie bianche. «Certo tesoro… ti aiuto a fare il cuore.» Se avesse aggiunto qualche altra conchiglia ai lati, il cuore si sarebbe trasformato in altro. Un simbolo che conosceva bene. Che le ricordava una vita lontana. Legato a una persona che era nascosta in un angolo segreto della sua anima. «Sì, tesoro?» «Stasera mi racconti la favola del Principe che viveva nella Torre? È la mia favola preferita.» “Corri e vai a riprenderti il tuo cuore, sorellina…”. «Sì, tesoro… stasera ti racconterò la favola del principe che viveva nella sua Torre…» "… e della sua Principessa Perduta."
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Sono stata brava stavolta! ^-^ Non vi ho fatto aspettare due mesi quindi: amatemi. Questo capitolo è stato più duro da mettere su word di ogni altro scritto finora: non mi piace affrontare la malattia o la morte con leggerezza, forse perchè mi ci trovo di fronte un pò troppo spesso. Per cui volevo avvisare che non troverete ulteriori spiegazioni dettagliate sulla "questione" Mara; la incontreremo di nuovo nei prossimi capitoli, ma in un viaggio a ritroso di 4 anni, appena dopo il ritorno di Lou in Italia. Insomma andate di intuito o di fantasia, ma è una scelta che ho fatto fin dall'inizio. ;) So che questi salti temporali possono confondere un pò, ma come ben sapete, Sadica è il mio secondo nome...:). In ogni caso per qualunque dubbio, potete contattarmi anche in privato se vi va! ^.^ Ora arriva il momento "Maria De Filippi" (xD Rosita: apri la Busta!): questo capitolo è anche una dedica. Per tutte quelle persone che hanno perso qualcuno senza avere la possibilità di dir loro quanto le si amava e quanto erano importanti per noi. E per le mie sister "storiche", con me da 5 anni. Deilantha: moglie, Beta Reader, nonchè corresponsabile di ogni delirio-demenza notturne! Eleassar, divenuta la seconda Beta con mio grande orgoglio, per tutti i consigli e il continuo sostegno. Soniettavioletstarlet, apinacuriosaEchelon, renyoldcrazy, arwen85, Lady Angel 2002, E befane sparse che si perdono per la strada. E anche per quelle che ho conosciuto da poco, ma non meno care al mio cuore, grazie a questa storia e agli HIM: _TheDarkLadyV_ Gone with the sin, cla_mika, katvil, Izmargad, LilyValo, __Ary___, LaReginaAkasha, FloHermanniValo. E tutte le altre del gruppo che seguono la storia! :* Ci si conosce per caso su un social network e si passano notti a parlare, condividere sogni e speranze, consolandosi, ridendo fino alle lacrime e si pensa che sia solo un periodo, una meteora. Invece sono presenze costanti e ferme, immutate come le stelle (*sviolina come se non ci fosse un domani*xD) Eeeenniente... questo. Chi mi conosce bene sa. :) Grazie infinite anche a Cyanidesun e Enigmasenzarisposta per aver commentato il capitolo precedente! ^-^ Grazie ragazze! A presto, un bacio! *H_T* *Titolo da: Antony And The Johnsons - You Are My Sister (Kat, ora smettiamola di piangere però! xD) |