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Autore: BarbyFainello    10/02/2014    4 recensioni
E' una FanFiction sul nostro caro Eleventh, non ho un dottore preferito, ma lui mi piaceva molto e mi ha ispirato questa F.F.
Non c'è nulla di personale o offensivo verso alcunche, inventerò cose strane, disordinerò il tempo. Giocherò a fare il Moffat della situazione. Non sarò una campionessa di scrittura, ma spero di trasmettervi emozioni e sentimenti reali, di farvi ridere e piangere all'interno delle avventure di Hope e del Dottore.
Grazie per aver scelto "Titolo Provvisorio" ah,perché questo nome?
SPOILERS.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 11, Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3.
Il caso irrisolto di Sherlock.
 
**Reggio Calabria**
Più guardavo il cielo stellato, più pensavo a lei. Erano passati ormai 10 giorni da quando era sparita.
La mia migliore amica, la mia migliore amica era sparita senza neanche salutarmi, con quel suo maxi sorriso, che aveva sempre stampato su quel suo volto bellissimo.
Lei, proprio lei se n’era andata senza salutarmi. Guardavo WatsApp, “ultimo accesso il 01.01.14 h 02.56”. Ogni volta speravo di leggervi “online” e di ricevere un suo messaggio con su scritto: “scherzetto, ci sei cascato panda. I’m here. Non me ne andrei mai senza salutarti!”. Ma dentro me sapevo che non sarebbe mai arrivato nulla del genere. Che ormai l’avevo persa. Anche se una parte di me ancora sperava, sperava di vederla apparire così dal nulla. Sana e salva.
Qualcosa nel cielo lampeggiò più volte, con una luce accecante, che mi distolse dai miei pensieri. Continuava a lampeggiare, sbuffai, qualche stupido aereo. Quando mi girai, la luce smise, il vetro non la rifletteva come prima. Menomale, se n’era andato. Mi rigirai, la luce riprese. Mi voltai, smise, mi rigirai riprese. Feci così un paio di volte, poi, stranito dalla situazione visibilmente incomprensibile e surreale salii in terrazzo, presi il telescopio, iniziai a montarlo.
Possibile? Ok, avevo iniziato a farmi le canne da poco, per distrarmi dato che Lei mi mancava troppo, ma non mi avevano mai fatto quest’effetto. Forse prima avevo esagerato.
Finii di montare il telescopio, lo posizionai verso la luce ed iniziai a mettere a fuoco.
Urlai. Urlai quando misi a fuoco. Urlai, mentre gli occhi mi si appannarono. Mi levai dall’ottica, con le mani sulle labbra, era impossibile. Non poteva essere.
Era in cielo. Era nel fottutissimo cielo. Mi asciugai gli occhi, con le mani che mi tremavano, guardai, la vedevo, era li. Ma non capivo cosa aveva attorno. Era li che agitava il suo braccino e, più lei lo agitava più piangevo. Eccolo, ecco l’esaurimento nervoso. Ormai quando sfaciolavo   [(in dialetto significa essere fatti, viaggiare con la mente)] la vedevo persino. Mi strofinai gli occhi, ormai appannati dalle lacrime, guardai, non c’era più. Non era più lì. Spostai il telescopio più e più volte, a destra, a sinistra, sopra, sotto. Nulla. Era sparita.
Non sapevo se ciò che avevo visto era la sua anima che mi salutava e, andava in cielo, o se semplicemente era l’alterazione che mi avevano provocato le svariate canne di prima.
Ma quello fu un valido motivo per far si che smettessi, ma ogni sera, con il telescopio montato sul balcone guardavo il cielo a quell’ora, sperando di vederla di nuovo.
Ormai, avevo di nuovo una piccola speranza, sapevo o meglio, mi illudevo che lei era viva da qualche parte e me lo stava facendo sapere.
Forse ero impazzito, ma nulla mi avrebbe levato quella speranza. Lei non se ne sarebbe mai andata senza salutarmi. Mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
**Sul Tardis**
D:Allora, ora che hai salutato il tuo amico, andiamo?
Io:Oh, si! Grazie Dottore! –dissi abbracciandolo, prima, quando stavamo per partire lo avevo fermato, non potevo andarmene senza salutare il mio migliore amico… ma ora, ora ero pronta per viaggiare con il mio Dottore.
Lui si limitò a sorridermi e a tirare una leva, volteggiando qua e la e spingendo altri mille pulsanti, abbassando e tirando leve, intorno al cerchio dei comandi.
Più lo guardavo, più mi lasciava senza parole e, più tutto mi sembrava un sogno. Lui era felicemente assorto nel suo esibizionismo. Quando d’un tratto udii finalmente, quel rumore che tanto amavo, stridermi nei timpani. Il Tardis stava atterrando ed io fremevo dall’impazienza di aprire la porta.
Il dottore mi guardò sorridendo, andò verso la porta e l’aprì, facendomi cenno di uscire. Non me lo feci ripetere due volte e corsi fuori.
Quasi non riuscii a vedere nulla per la nebbia che avevo sotto il naso, riuscivo solo a decifrare il numero civico della porta alla mia destra: 221B. Sorrisi, pensando al telefilm di Sherlock, sempre della BBC. Chissà se anche Sherlock era reale. Decisi poi, di chiederlo al Dottore, una volta capito dove fossi.
Andai leggermente avanti sul marciapiede, quando qualcuno che usciva di corsa dal 221B mi intruppò, facendomi cadere a terra.
Era un uomo alto, magro, indossava dei vestiti che non erano della mia epoca, sembravano dell’800 o giù di li. Aveva una lunga giacca nera, scarpe di pelle e una sciarpa sul blu/viola attorno al collo. In testa un cappello, un cappello alla Sherlock Holmes, che vendevano ormai ovunque nel 2014. Sorrisi guardandolo, mentre un altro uomo affianco a lui, molto più basso del precedente, mi tese la mano chiedendomi scusa. Quest’uomo, giurai che fosse Martin Freeman, solo vestito come un signorotto dell’800, con un bel paio di baffi, ingialliti poco sopra le labbra e con un bastone nero laccato, dal manico di finto oro.
Io:Oh no, signore, non si preoccupi, ero io che avevo la testa fra le nuvole, non trovavo la via.
X:Siamo al 221B di Baker Street MyLady. –rispose lui con aria gentile, lanciando uno sguardo fulminante all’amico che cercava invano di fermare una carrozza, fin quando non si girò e mi guardò, sgranando gli occhi, come me.
“Gesù!” , urlai nella mia testa, e sta volta riuscii a farlo restare li. Era Benedict! Era Benedict Cumberbatch            !
Io:Si…si…di…in…è Londra questa? –chiesi all’uomo che somigliava a Martin, dato che l’altro si era di nuovo girato, ma senza sbraitarsi, aveva chiuso gli occhi e appoggiato entrambi gli indici e i medi uniti sulle tempie, premendo.
X:Si signorina, non si sente bene? Forse ha battuto troppo la testa? Sono un medico, mi faccia vedere! –disse quell’uomo avvinandosi a me, ma il Dottore mi balzò alle spalle.
D:Oh, sì, il dottor Watson!-esclamò lui –prego, controlli pure la mia amica! Non vorrei si fosse già scalfita al primo viaggio! –aggiunse sorridendo e poggiandomi le mani sulle spalle.
Io:Waa…..wa….watson?-balbettai guardandolo a bocca aperta.
X:Si, molto piacere MyLady, io sono il Dottor John Watson, e quel maleducato lì è il mio amico Sherlock Holmes. Ma ora venga, prima vedo se sta bene, poi vorrei sapere per cortesia, se mi è concesso perché tutto questo stupore nel sapere il mio nome!-rispose lui, gentilmente, prendendo la mia testa tre le sue grandi mani, poggiando il bastone alla scalinata della casa,  mi controllò, e poi sorrise, mentre io non smisi di fissare Sherlock, incredula, che non s’era mosso di un cm.
John:No, nulla di rotto. Ma ora, se mi posso permettere, come mai tanto stupore nel sentire il mio nome? E come mai non riesce a staccare gli occhi di dosso dal mio amico? –chiese lui, incuriosito. Sherlock aprì gli occhi e mi guardò, poi guardò il Dottore di sottecchi.
Sherlock: Già, cortesemente, potrebbe rispondere? Cara piccola spia Italiana? Vi siete proprio fatti furbi voi Italiani eh, ma nulla sfugge al mio occhio miei cari! –intervenne Sherlock, pieno di se.
Io guardai il Dottore, che ormai era già scoppiato a ridere, come me.
Sherlock: Cos’è che vi diverte molto? Ho forse sbagliato qualcosa? Ne dubito. I vestiti della nostra cara MyLady sembrano provenire proprio dall’Italia, come il suo accento. E quindi, se lei è Italiana anche voi, Messere, lo siete. –aggiunse ancora più fiero di se, mentre Watson lo guardava ammaliato.
Io: Oh Dottore, ti prego, posso rispondere io? –chiesi al Dottore cercando di fare gli occhi dolci, mentre tiravo in giù il labbro inferiore. Il Dottore sorrise e, mi fece cenno con la mano di rispondere al nostro caro Sherlock.
Lui mi guardò, pronto a ribattere e ad avere ragione, sorrisi, quasi con un ghigno soddisfatto di me stessa, mentre iniziai a girare attorno al signor Holems, che mi guardava di sottecchi tentando di capire cosa stessi per fare, quando mi fermai proprio d’avanti a lui.
Io: Elementare signor Holems, lei guarda ma non osserva…-iniziai, piena di me, avevo sempre sognato di dire una frase del genere a Sherlock Holems, e finalmente il mio momento era arrivato! Stavo per correggere il famigerato e infallibile Sherlock Holmes…..
 
 
 
-TO BE CONTINUED.
  
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