1-Milano
-Forza Strawberry, prendi la tua valigia, o faremo
tardi!- una voce fin troppo conosciuta attraversò veloce le mie orecchie. Mia
madre mi chiamava a squarciagola dal piano di sotto, pretendendo che in meno di
venti minuti io riuscissi a prepararmi. Ma perché non mi capiva? Tentai di
pettinarmi in fretta e furia i miei lunghi capelli rossi, e con uno scatto
improvviso tentai anche di infilarmi con una sola mossa entrambe le scarpe.
Tutto inutile. Caddi inesorabilmente a terra, finendo con la schiena attaccata
al pavimento.
-Hai!- urlai, mentre i miei dal piano di sotto poterono udire il tonfo
provocato dal mio “ dolce peso”. In poco udii i passi veloci di mia madre che
saliva in fretta le scale, e la porta di camera mia che veniva aperta con grande
preoccupazione.
-Strawberry… ma… ma…- sussurrò mia madre, portandosi
una mano davanti alla bocca. In effetti la scena che le si proponeva davanti
non era delle più rassicuranti: sua figlia seduta per terra con gli arti
inferiori doloranti, e la propria camera in completo disordine. Mi voltai per
qualche attimo a fissarla, implorandola con il mio sguardo di non
rimproverarmi. Tutto inutile; sapevo bene di non aver rispettato gli ordini che
mi erano stati impartiti, e questo mi sarebbe costato un bel po’, o almeno, non
mi avrebbe fatto risparmiare una bella sgridata.
-No… non è possibile! Fra meno di un’ora arriva il camion dei traslochi, e tu
hai ancora tutti gli scatoloni aperti! Forza, tirati su, abbiamo un bel po’ di
lavoro da fare!- tuonò, sbattendo furiosamente la porta. Io sbuffai
rumorosamente, esprimendo tutta la mia rabbia: non volevo traslocare, eppure
lei mi costringeva a farlo. Non me ne volevo andare dal mio bel paesino di
montagna, ci stavo così bene. Avevo i miei migliori amici, i miei negozi, la
mia scuola. Ero una semplice quindicenne alla quale piaceva la propria
cittadina, ed i miei genitori mi volevano strappare da essa per un po’ di
denaro in più nello stipendio.
-Uffa.- dissi così, alzandomi in piedi ed iniziando a trafficare con gli scatoloni.
Avevo una grande paura per tutto ciò che sarebbe accaduto in futuro. Non ero
mai stata fuori dal mio piccolo paesino, ed ora? Ora avrei dovuto abitare nella
grande, ricca Milano. Quella capitale di moda e lusso, dove tutto e tutti sono
perfetti, dove una ragazza deve essere sempre alla moda. Ma io non ero così. Io
ero Strawberry Momomiya, e
così intendevo rimanere. La ragazza con i capelli rossi, quella che ama portare
le gonnelline colorate ed i nastri tra i capelli; colei che non si attiene alle
mode, la giovane sempre pronta ad aiutare chi si trova in difficoltà. Così ero,
e così sarei rimasta per il resto della mia vita.
Era con questi pensieri che avevo abbandonato Montenuovo(*),
un luogo che aveva ospitato tutte le esperienze più belle che potessero
riguardare una ragazza; un luogo piccolo ma accogliente e che poteva vantare la
presenza di persone a dir poco splendide.
Ed ora? Ora l’ignoto avrebbe iniziato a far parte della mia vita: scuola nuova,
quartiere nuovo, città nuova, ragazzi nuovi. In pratica: tutto nuovo. E quest’idea mi spaventava, ma al contempo era capace di
eccitarmi incredibilmente. Andavo incontro a qualcosa di mai provato, ad
esperienze come non avevo mai nemmeno immaginato. Milano. Il mio nuovo punto di
inizio.
Appoggiai la foto di classe sul comodino vicino al letto. L’appartamento era
piuttosto grande, ed avevo una camera tutta mia. Per fortuna l’azienda per cui
lavorava mio padre aveva fatto le cose in grande: ci aveva dato a disposizione
una casa già arredata, in un quartiere piuttosto bello, ma che per me
continuava a rimanere ignoto. Mi sdraiai stancamente sul letto, scrutando tutto
ciò che potevo osservare. La mia nuova camera disponeva di una grande
porta-finestra, che dava su un terrazzo piuttosto grande; in mezzo alla camera
vi era il mio grande, grandissimo letto, coperto naturalmente da un piumone
tutto rosa. Il resto del mobilio era completamente bianco, un colore che avevo
sempre adorato insieme alle tonalità del rosso e del rosa. Chiusi gli occhi. Un
respiro profondo. Ecco, dovevo essere tranquilla. Fra qualche giorno avrei
iniziato anche la scuola nuova, no, non dovevo preoccuparmi. Sarebbe andato
tutto bene. Avrei trovato un’amica, ci avrei parlato e lei mi avrebbe
presentato altre persone. Era così che andava no?
Riaprii gli occhi, finendo poi inesorabilmente seduta su quello stesso letto.
Chi volevo prendere in giro? Tutto sarebbe andato maledettamente male. Non
avrei mai avuto una vera amica. I ragazzi mi avrebbero presa in giro perché non
mi sarei mai abituata alla vita della città, e più di tutto… sarei andata
malissimo negli studi. Presi un peluche che si trovava là vicino, ed esso
divenne vittima della mia rabbia. Iniziai a prenderlo a botte, lanciandogli una
serie di calci e pugni, tentando in qualche modo di scaricare quell’orrenda oppressione. Ma niente. Cinque minuti dopo
quello stesso peluche mi guardava con i propri occhioni
azzurri ed il muso schiacciato per via di qualche pugno. Lo fissai, dandogli
poi una carezzaamichevole.
-Che ne dici Pupa… sto impazzendo?- domandai a quell’orsacchiotto,
stringendolo poi a me -ho paura.- sussurrai poi ad uno dei suoi orecchi morbidosi.
Ben presto tornai sdraiata sul letto. Stretta a quel piccolo oggetto, mentre
una lacrima solitaria mi rigava il volto -Ho paura… ho paura…- ripetei,
tentando di darmi un po’ di coraggio. Ma non ci riuscivo. Ero sola, sola contro
tutti. Mia madre sicuramente non era la persona più adatta per farmi dare dei
consigli, e mio padre sarebbe stato impegnato tutto il tempo in ufficio. Dovevo
muovermi, fare qualcosa per tirarmi su. Ma cosa? Mi girai su un fianco,
tentando di trovare un’idea. Poi un’illuminazione: certo, Sergio! Lui mi
avrebbe aiutata, sarebbe stato sicuramente in grado di darmi un consiglio! Mi
precipitai letteralmente verso il comodino, agguantando poi in fretta e furia
il cordles. Digitai il numero che sapevo
rigorosamente a memoria, e ben presto il “tu-tu” si impose nelle mie orecchie.
-Pronto?- udii dall’altro capo del filo. Presi un grande sospiro, per poi
iniziare a parlare.
-Pronto? Ciao Sergio, sono Strawberry!- esclamai,
nascondendo la mia malinconia. Non volevo che lui sapesse della mia condizione:
il mio migliore amico doveva sempre essere sereno, e sapevo bene che la prima
cosa a farlo mandare letteralmente nel pallone erano le mie preoccupazioni.
-Hei ciao! Come stai? Allora, bella Milano?- domandò,
in preda ad una strana felicità. Arrossii appena al solo pensiero che lui fosse
così contento di sentirmi, ma ben presto abbandonai l’idea.
-Be’ per ora non ho visto molto. Posso solo dirti che
i palazzi sono altissimi… ma c’è un inquinamento incredibile!- dissi,
spostandomi da un tono felice ad uno malinconico. Sergio mi conosceva bene, e
sapeva anche che io non amavo vedere solo il lato bello delle cose. Ne
analizzavo ogni singola parte, sia quella buona che quella brutta, per poi
estrapolarne la più utile. Ero così, forse un po’ strana, forse un po’ matta. Ma
sapevo, che a Sergio andava bene così.
-Mmmh… e… a ragazzi come stiamo?- chiese, questa
volta più interessato. Io abbassai lo sguardo, scivolando sul pavimento e
stringendo più forte il telefono. Era difficile se solo si pensava che il
ragazzo che amavo mi aveva appena fatto quella domanda.
-Se devo essere sincera… non ho ancora conosciuto nessuno…- dissi in un
sussurro, sperando quasi di non essere udita.
-Cosa? Ma Strawberry, non è da te! Qua in paese
conosci tutti, sei la star… ed in una settimana non hai ancora conosciuto
nessuno? Milano è piena di gente…- proferì, con la voce squillante. Se solo
potesse capire come mi sentivo in quel momento.
-Sergio… è più difficile di quanto possa sembrare…-
tentai di dire, mentre un sospiro piuttosto forte mi faceva capire che non
appoggiava le mie parole.
-Io ti capisco. Ma se ti conosco bene, sono più che convinto che in poco tempo
ti farai un sacco di amici. Sei aperta, solare, bella- quell’ultimo
aggettivo fu detto sottovoce, ma fu in grado di farmi provare un brivido
infinito. Bella? Avevo letteralmente sbarrato gli occhi, mentre lui, piuttosto
imbarazzato, si schiariva la voce.
-E cosa mi consigli di fare?- tentai di sviare il discorso, mentre lui sembrò
prendere qualche minuto per pensarci.
-Vediamo… perché non provi a portare a spasso Luna? Sono sicurissimo che vedrai
subito qualcuno con cui fare amicizia!- disse, credendo di avere avuto
un’ottima idea.
-Se… fosse così semplice… mica è un paesino sperduto come il nostro qua.-
soggiunsi, mentre rimpiangevo la mia posizione. Volevo tornare a tutti i costi
da lui.
-Lo so Strawberry, ma sai… tentar non nuoce, e se non
vanno i metodi del nostro paesino.. vorrà dire che inizierai ad usare quelli di
Milano.-
-E quali sarebbero quelli di Milano?- domandai, interrompendolo.
-Bo… cerca su google,
magari trovi qualcosa.- ed entrambi scoppiammo in una fragorosa risata.
Qualcosa di naturale, che può unire solo due grandi amici come noi. Due amanti
della sincerità, di tutto ciò che è bello fra due persone, di chi, lo amava
come me.
Una volta partita avevo deciso di dimenticarlo. Di rifarmi una nuova vita dove
lui non era interpellato, ma ecco com’ero finita; dopo nemmeno una settimana
che ero via lo avevo già chiamato, e gli avevo addirittura chiesto consigli!
Come sarei finita? Davvero non lo sapevo, tutto ciò che potei fare fu quella di
seguire il suo consiglio, e darmi da fare per trovarmi dei nuovi amici.
E così feci. Mi precipitai verso l’armadio, ed indossai qualcosa di semplice,
ma comunque bello. Ero andata da mia madre per chiederle di affidarmi Luna per
portarla un po’ a spasso, e nonostante qualche ripensamento iniziale, la donna
sembrò felice di quella mia richiesta: evidentemente aveva compreso il mio
disperato bisogno di farmi dei nuovi amici. Presi così il guinzaglio, e portai
in giro per un po’ la piccola Luna. Era il mio cane da sempre, tutta nera con
uno splendido fiocco rosso legato al collo ed alla coda. Avevamo un bellissimo
rapporto, nonostante essa si rivelasse molto spesso un animale fin troppo
vivace per i miei gusti. Camminavo con sguardo piuttosto sperduto: le vie erano
affollate di gente, persone di tutte le etnie, nonostante la supremazia di
quella italiana. Tutti sembravano avere una gran fretta; i claxon delle
automobili suonavano con incredibile impazienza, mentre i pedoni attraversavano
la strada con grande indifferenza. Il panorama che mi si mostrava davanti era
così diverso dal verde del mio vecchio ed amato paesino. I palazzi
incredibilmente alti, le automobili di ultima generazione, i ragazzi vestiti
all’ultima moda. Ognuno di loro sembrava dover seguire una propria filosofia di
vita: c’è ne erano alcuni che portavano vestiti incredibilmente stretti, pearcing in ogni parte del viso, e lo sguardo perennemente
privo d’espressione. C’erano poi coloro che indossavano solo vestiti firmati,
con cinture appariscenti e griffe in bella vista. Ma mancava una categoria, una
di quelle di cui parlavano tanto in televisione, ma in quel momento mi sfuggiva
il nome.
Decisi così di sedermi su di una panchina di un parco piuttosto isolato a quell’ora; era pomeriggio inoltrato, ed i bambini con i
loro genitori erano troppo occupati a guardare la televisione piuttosto che
giocare. Mi scaraventai letteralmente su quell’oggetto,
mentre Luna osservava il panorama attorno. Sembrava davvero non ci fosse
nessuno. Ed in quella solitudine una domanda mi sorse spontanea: ora che vivevo
là, a Milano… di quale categoria facevo parte? Di chi vestiva con griffe
all’ultima moda, o di chi amava riempirsi di pearcing?
Un brivido mi colse. Io non amavo entrambe le categorie. Chiusi così gli occhi,
tentando di trovare un barlume di speranza. Come facevo a trovare degli amici
se io stessa non sapevo come li volevo? La mia domanda non trovò una risposta,
tuttavia delle voci mi fecero ridestare velocemente.
-Vai Ryan! Vai!- tante, tantissime voci mi
inebriarono le orecchie. Ben presto mi voltai, appoggiando il braccio sullo
schienale della panchina, e scrutando laddove avevo udito le voci. E là lo
vidi. Là, dove la musica impazzava, e dove la sua voce sovrastava di gran lunga
quella degli altri.
-Mi sembrava tutto semplice. Ero libero, libero di precipitare da un ripido
scivolo. Libero di vivere nel buio, di cercare un posto comodo per il mio corpo
umido. Stupido. Apri gli occhi subito è il momento di reagire. Mi sa che
dall’alto qualcuno ti vuole aiutare. Non perdere tempo ragazzo è quello che da
sempre aspettavi è il momento propizio cazzo!- si
fermò, scrutando tutti con il suo sguardo fermo. E là notai due grandi ed
inespressive perle azzurre. Attente a carpire tutto ciò che poteva provenire
dagli sguardi di tutti coloro che gli stavano intorno. Una pausa breve, che per
me sembrò lunghissima. Era bello, sciolto, speciale. Possibile che io avessi
potuto carpire tutto questo da poche rime dette dalla sua voce profonda? Eppure
non sembravo l’unica: era alcentro di una folla
incredibile di persone vestite in maniera piuttosto strana, così come lui.
Pantaloni e magliette larghe, ma tuttavia un modo di muoversi bellissimo e
sciolto. Era disinvolto, lui con i suoi capelli biondi, lui con quel fisico
mozzafiato -Su tirati su sfrutta sempre più queste opportunità non
ricapiteranno più. Una voce mi chiama e dice svegliati muoviti. Maio non ho
forza, ciò tutti e due rotti i gomiti. Cade su di me una fitta pioggia di sfiga
svaniscono i sogni se qui non ci si sbriga. Di nuovo capita, in che situazione
mi trovo? Qui io mi muovo subito, oppure subito perderò il volo.- si fermò
ancora, ed in poco il suo sguardo sembrò notarmi per un nano secondo. I miei
occhi aperti, lo stupore dipinto sul mio volto ammirato. Cosa avrebbe fatto?
No, lui avrebbe continuato la sua corsa -Da solo non chiedo niente a nessuno.
Mi rialzo di colpo e miro dritto al futuro. Ma punto in alto ancora di più, ma
grazie a te l’ho capito e adesso so che sei lassù!(*)- la canzone terminò,
mentre lui, con infinita tranquillità, si portò una mano sulla fronte per
asciugare qualche rigagnolo di sudore.
Ma chi diavolo era quel tipo? Uno strano rossore mi colorò le gote, quando lo
vidi parlare con gli altri ragazzi, come se nulla fosse accaduto. Ma era un
fenomeno! Nemmeno in televisione avevo mai visto qualcuno di così bravo a reppare, qualcuno così capace di mettere insieme le parole
e dandone loro un senso incredibile. Solo io avevo avuto quella sensazione? Non
lo sapevo, ma fui costretta dal mio cuore impazzito a correre via, mentre gli
altri ragazzi, poco lontano non davano affatto caso a me. Ero una normale,
troppo normale per far parte di Milano.
Note:
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto… li ho fatti incontrare subito
e?? Ma non credete che sarà tutto così semplice!! Purtroppo ciò che può
trasmettere una canzone è totalmente diverso da ciò che si può carpire
leggendone solo il testo; la canzone che canta il ragazzo è stata quella che è
stata capace di farmi immaginare l’intera scena, quindi se volete ascoltarla
per sentire al meglio e capire al meglio cosa volevo trasmettere, non esitate a
chiedermela magari via msn! Non avrei problemi, anzi,
mi farebbe molto piacere.
Comunque…
*Montenuovo: è un paesino totalmente inventato sul
momento; non lo si può trovare nelle carte geografiche quindi!!
*La canzone che ho deciso di utilizzare si intitola: “Non mollo” Di Vacca (conosciutissimo e?) purtroppo questa è la fine che fanno
molti rapper… girano solo in rete!
Passo ai ringraziamenti…
Geo88: Ti ringrazio ^__^ mi fa piacere che le canzoni ti siano piaciute! Spero anche quella utilizzata in questo capitolo!
Fuuma: Ancora la storia non è delineatissima, tuttavia almeno la protagonista femminile è arrivata ^_^. Per quanto riguarda il tuo dubbio… secondo me questa non è una A.U come le altre semplicemente perché non ho mai letto una fic in cui in ogni capitolo c’è un riferimento sempre ad una canzone diversa. Più che una fic semplice questa è una lunga song-fic… era semplicemente questo! Spero che leggerai anche questo cap, e mi dirai che ne pensi!
ryanforever: ^_^ ti ringrazio molto, e spero che anche questo primo cap ti sia piaciuto! Per quanto riguarda Ryan… e… poveretto, speriamo migliori nel corso della storia :p!
pinkgirl: quel che hai scritto mi fa davvero tanto, tanto piacere. Sì in effetti è un argomento piuttosto delicato… ed è per questo che ho selezionato ogni parola con molta accuratezza.
drin_chan: mi fa piacere che ti sia piaciuto ^__^
e spero anche che il genere della fic ti garbi *_* per
questo spero che mi dirai ancora la tua!!