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Autore: Giulia23    13/02/2014    11 recensioni
SEGUITO DELLA FANFICTION "TIMELESS" DA ME SCRITTA e senza la quale non capirete poi molto =)! Non posso scrivere molto della trama senza spoilerare la prima parte, ma spero che questo vi piaccia e vi invogli a leggere la storia : < Devi smetterla, devi smetterla di metterti in mezzo.> le ringhiò contro Klaus, afferrandola rudemente per un braccio e portandola contro di sé. Era furioso con lei, ma il desiderio di stringerla tra le braccia era sempre stato più forte di qualsiasi turbamento, qualsiasi furibonda discussione.
< Volevo aiutarti, non volevo mettermi in mezzo ma se è questo che pensi, puoi stare tranquillo! Non entrerò più nella tua vita!> urlò per tutta risposta Caroline mentre si dimenava furiosamente tra le braccia di Klaus, ma una fitta alla schiena la fece tremare sulle sue stesse gambe. Klaus accorse a sorreggerla prontamente e la cullò contro di sé e chiuse gli occhi nel tentativo di cancellare la visione della sua Caroline così sofferente.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline\Klaus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rieccomi qui care ragazze, questo capitolo ( lo ammetto ) serve a rimescolare un po’ le carte, ole vostre idee se vogliamo essere sinceri =). Ma giuro … le cose sono più semplici di quello che sembrano, più o meno. Buona lettura, spero tanto il capitolo vi piaccia, ho un po’ osato con… nah non ve lo dico ;)
 
 
 
 
Caroline prese un profondo respiro e spalancò la porta in mogano, del bagno vittoriano in cui era stata catapultata.
Uno stretto corridoio con pareti verde chiaro, ornate da disegni arabeschi color oro la accolsero nella nuova, inaspettata realtà. Su tavolini ad angolo dalle forme elaborate erano posati vasi di grandi dimensioni, dipinti evidentemente a mano data la loro bellezza ed un piccolo lampadario scendeva dal soffitto a cassettoni creando una cascata circolare di cristallo. No, non si trovava decisamente nel ventunesimo secolo!
Si voltò alla sua sinistra dove una mano calda si era posata sulla sua vita, risvegliandola dai suoi pensieri. Si voltò pronta a sorridere all’uomo che l’aveva appena chiamata “amore” e che doveva conseguentemente essere Klaus, ma la sorpresa la lasciò a bocca aperta.
Un uomo alto, distinto dai capelli castano chiaro, con dei riflessi ramati e dei profondi occhi azzurri la stava fissando con aria preoccupata ma amorevole. I tratti del viso distinti, particolari. Le ricordava il suo Klaus, ma sembrava più giovane di lui. Indossava degli strani pantaloni, un po’ gonfi sulle cosce e una lunga giacca color verde scuro.
 < Ti senti bene?> le domandò, parandosi davanti a lei.
Caroline lo fissò stralunata e annuì senza emettere parola.
 < Dovremmo raggiungere i padroni di casa nella sala da pranzo, allora. Si sono molto preoccupati per te.> osservò con tranquillità l’uomo, afferrando la sua mano che era diventata gelida come il marmo e la prese sotto braccio.
Caroline osservò le sue dita intrecciarsi automaticamente a quelle di quell’uomo sconosciuto…che stando alla fede nuziale che portava al dito…doveva essere suo marito.
Caroline sentì le ginocchia traballare ed un ennesimo conato di vomito risalire la sua gola, ma tentò con tutte le sue forze di resistergli. Non poteva essere possibile… lei era sempre tornata da Klaus. Gli aveva fatto una promessa.
 < Eccoci, perdonateci signori, ma mia moglie ha avuto un piccolo giramento di testa. Cose del tutto normali nel suo stato.> disse a pieni polmoni lo sconosciuto mentre entravano nella mastodontica sala da pranzo di quelle dimora.
Prima di riuscire a notare l’arredamento o il volto delle persone che la stavano fissando, Caroline riuscì a pensare ad una sola cosa. Le parole di suo marito… con una sola frase aveva confermato ogni suo dubbio. Lei era sua moglie e lei…era incinta di lui?
E allora la collana che portava al collo? Pensava che l’incantesimo di Tatia fosse riuscito male, conducendo la se stessa incita e con tanto di gioielleria al seguito in quell’epoca, ma la realtà sembrava essere ancora più sconcertante. Incinta di un altro uomo che non fosse Klaus… se mai avesse voluto avere un bambino era sicura che avrebbe voluto scorgervi gli occhi blu ed i piccoli riccioli biondi dell’unico, indiscusso amore della sua intera, molteplice esistenza. Klaus.
Il grande salone rettangolare richiamava la decorazione del piccolo corridoio che aveva appena percorso. Solo che il color giallo canarino e le grandi finestre dalle imposte bianche e dalle tende azzurre rendevano alla stanza un’aria solare, distesa.
Una donna di indiscussa bellezza la raggiunse, prendendole le mani nelle proprie e la guardò con profonda apprensione.
 < Avresti dovuto dirmelo. Sarei venuta a trovarti io e mi sarei presa cura di te.> le sussurrò con voce bassa ed apprensiva, così che gli altri non potessero sentire.
La ragazza dai capelli neri come la pece, raccolti in un semplice ma elegante chignon la guardava con aria ferita, ma benevola. Doveva essere una sua grande amica a giudicare da quel comportamento… peccato che non avesse la più pallida idea di cosa stesse parlando.
 < Scusami, dovevo essere io a dirtelo, ma…> le parole uscirono con naturalezza dalle sue labbra, lasciandola spiazzata.
 < Vi sentite bene Signora Thomson?> domandò un uomo dai lunghi baffi arricciati ed un completo viola a concludere il suo bizzarro modo di…vestire.
 < Certo, scusate.> sussurrò, facendo volare solo allora il suo sguardo sulle persone sedute a tavola.
Fu in quel momento che sentì tutte le sue forze venirle meno.
Klaus era l’unica persona comodamente seduta su una delle enormi e vellutate sedie della tavola. L’unico che non si era alzato al suo ingresso nella stanza, l’unico che …la stava eloquentemente detestando.
Indossava un gilè azzurro, coperto da una lunga giacca a coda, blu scuro. Dello stesso colore dei suoi pantaloni. Era bellissimo, ammaliatore e quel cipiglio di astio che le stava rivolgendo la fece sentire vulnerabile.
Era adagiato contro lo schienale della sedia, una gamba poggiata comodamente sull’altro ginocchio ed una scintilla fi fuoco a scurirgli gli occhi.
Caroline si lasciò guidare al suo posto a tavola dal marito senza mai allontanare lo sguardo da quello di Klaus che la stava fulminando. Quegli occhi profondi, scuri la stavano incenerendo. Tutta quella rabbia, quell’odio…perché?
Caroline deglutì rumorosamente mentre constatava quanto fosse difficile sedersi con quel vestito che si rigonfiava forse fin troppo sul fondoschiena. La ragazza che doveva essere sua amica e l’altra donna che le stava rivolgendo un sorriso benevolo sembravano muoversi senza impaccio nei loro vestiti color oro e rosa pallido.
Se il suo cervello era ancora in grado di ragionare, la sua “amica” doveva essere la moglie dell’uomo castano, in tenuta da caccia che sembrava costernato per la sua salute e si era alzato per andare ad aiutarla senza essercene bisogno. Il vecchio barbuto era il marito della signora sulla quarantina nel vestito rosa pallido e Klaus era l’unico non accompagnato.
 < Forse avrei dovuto consultare mia moglie prima di darvi la lieta notizia del pargolo in arrivo, temo di averla scombussolata troppo.> osservò suo marito, stringendole amorevolmente la mano e sorridendo agli astanti.
 < Siete sicura di sentirvi bene Caroline, volete un bicchiere d’acqua?> domandò il marito della ragazza dai capelli neri. Doveva assolutamente capire i loro nomi. Almeno quello di suo marito!
 < Si, grazie.> sussurrò scioccata. Alzò di nuovo lo sguardo verso l’ibrido ma questa volta Klaus non la stava degnando del minimo sguardo e la cosa non poteva farle che male. Ancora di più. Non poteva crederci… lui la odiava. No, ancora peggio  lei gli era indifferente.
Il suo ricordo forse aveva cominciato a scemare nella mente di Klaus, lei era arrivata persino ad odiarlo nel ventunesimo secolo… forse il loro amore non era forte come pensava. A quel pensiero Caroline dovette portarsi una mano al petto nel tentativo di ricontrollare il respiro.
No, non poteva essere così.
 Nessuno si accorse del suo mancamento ma potè percepire lo sguardo magnetico di Klaus su di lei. Non trovava la fora di alzare nuovamente lo sguardo e leggere nei suoi occhi tutto quel rancore.
 < Devo ammetterlo, finalmente una buona notizia dopo giorni di scombussolamenti politici. Sapevate che quella marmaglia di poveracci ha deciso di cambiare nome alla sua ridicola combriccola? Ora il loro organo politico si fa chiamare Assemblea Nazionale Costituente ed il re Luigi XVI ha persino invitato i nobili ed il clero per unirsi a loro! Deve essere stato un suggerimento di Necker ne sono sicuro. Un nobile dalle idee filo-popolari… non si è mai sentito.> bofonchiò l’uomo dai lunghi baffi grigi, facendo gravitare ogni attenzione su di lui.
 < Non credo che il re dia più molto credito alle parole di Necker, temo anzi che potrebbe dimetterlo dalla sua carica di cancelliere. Sarebbe una mossa folle, che farebbe infuriare il popolo, già vicino all’orlo della rivoluzione.> osservò Klaus, sicuro di sé mentre rivolgeva un sorriso beffardo alle persone nella stanza.
Luigi XVI? Ok, non era mai stata un vero e proprio asso in storia, ma se c’era una cosa della quale era certa, era che Luigi era assolutamente un nome da re francese. Era a Parigi?
 < Il re ha il suo esercito! Ma non vuole evidentemente usarlo, pensare che parte del clero si è unita a questa assurda Assemblea.> bofonchiò irritato…l’uomo coi baffi. Ma possibile che nessuno si chiamasse per nome in quel posto?
 < Richard … stando alle vostre parole ed al vostro astio per la condotta del re anche io vi definirei un filo-popolare.> intervenne il marito della ragazza mora. Adesso che Caroline poteva osservarlo meglio sembrava un uomo davvero interessante. Gioviale, affascinate per non parlare del fatto che le aveva rivelato il nome dell’uomo coi baffi! Sia lodato il cielo!
  < Non sia mai.> bofonchiò Richard facendo ridere sommessamente ogni persona in quella stanza. Tutti tranne Caroline ovvio, che non ci stava capendo un bel niente!
 < Luigi ha invitato nobili e clero ad unirsi a loro solo per manifestare al popolo la sua falsa alleanza e tenerli buoni fino all’arrivo delle sue truppe stanziate qualche chilometro da qui.> osservò Klaus con aria beffarda, come se stesse spiegando una cosa fin troppo evidente a dei ritardati mentali.
E mai, mai una sola volta si era voltato a guardarla. Mai.
 < Sono così felice che tu e Meredith siate venute a Parigi per qualche mese, questi uomini non fanno altro che parlare di politica ed io mi annoio a morte.> osservò la moglie dell’uomo coi baff…emh Richard, prendendole la mano e sorridendole in maniera civettuola. Era ancora una bella donna, forse un po’ troppo frivola per i suoi gusti ma negli occhi color cioccolato di quella donna poteva scorgere un buon cuore.
 < Parigi…> sussurrò Caroline con un sorriso stupito. Ricapitolando: si trovava a Parigi, c’era un re…Luigi come ovvio, un’Assemblea di qualcosa, l’uomo coi baffi era Richard, la ragazza dai capelli mori si chiamava Meredith e certo, poi c’erano quelle trascurabili faccende come il fatto che fosse sposato ad uno sconosciuto del quale non sapeva nemmeno il nome ed era incinta…dello sconosciuto. Uno scenario meraviglioso!
 < Per non parlare del fatto che è adorabile poter parlare nella nostra lingua madre, l’inglese. Voi parlate francese Caroline?> le domandò gentilmente quella donna mentre gli uomini continuavano indisturbati a parlare di politica.
 < Emh… No, affatto. Ma parlando di politica…il re … emh, questa Assemblea… insomma se il popolo insorge sarà perché vorrà qualcosa, no?> domandò in maniera goffa ed impacciata Caroline, sperando di non essere sentita dagli altri. Voleva sapere in che anno si trovasse ma non sapeva assolutamente come estrapolare quell’informazione senza apparire folle.
 < Per voi i plebei non sono altro che cani rabbiosi che ringhiano e azzannano solo per un po’ di cibo, deduco Madame.> la voce tagliente, quasi disgustata di Klaus la costrinse a voltarsi per guardare la sedia posta davanti a lei, dall’altra parte del tavolo.
 < No, assolutamente. Trovo giusto che combattano per i loro diritti. Tutti dovrebbero farlo.> osservò piccata la ragazza mentre stringeva la mano in un pugno e tentava di mantenere il controllo. Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e fuggire ma era un signora a quanto pareva… non poteva permettersi un comportamento così sconveniente, soprattutto con suo marito a seguito.
Il silenzio più assordante calò nella sala e gli occhi di tutti furono puntati su di lei. Caroline deglutì rumorosamente mentre aspettava la risposta irata, lo sapeva bene, di Klaus.
 < È esilarante sentir pronunciare queste parole da voi. Voi donne comprate i vostri abiti, donate le vostri doti ai vostri mariti senza preoccuparvi di sapere dove vadano a finire, parlate di quanto siano calde le giornate calde e fredde quelle fredde … Non vi ho mai visto combattere per un vostro diritto. Sembra quasi che non ne abbiate.> sicuro, schietto, indifferente. Sembrava costargli una gran fatica rivolgerle persino quelle orribili parole mentre quegli occhi ormai scuri come la notte la trapassavano da parte a parte.
 < Siete ingiusto signor Mikaelson. Noi donne non abbiamo deciso di nascere senza diritti, non ne abbiamo mai avuti e non ci permettete di averne. Siamo succubi nelle mani dei nostri mariti, è vero… ma questo non significa che siamo stupide o che non sappiamo badare ai nostri interessi quando occorre.> intervenne Meredith, mostrando la sua intelligenza e la sua eleganza mentre fissava Klaus negli occhi, che era seduto al suo fianco. Subito dopo la guardò di sfuggita e le regalò un sorriso d’intendimento. Caroline ricambiò il gesto e pensò che per lo meno era sempre stata in grado di scegliersi ottimi amici.
 < Oh so bene quanto riusciate a tutelare i vostri interessi. Potete persino perdere la vostra anima nel processo.> osservò tranquillamente Klaus, rivolgendo a Meredith un sorriso malizioso ma canzonatorio.
 < Avete deciso di importunare le nostre signore signor Mikaleson?> domandò un po’ scocciato suo marito. Caroline voltò la faccia per poterlo osservare. Era un ragazzo… non poteva avere più di ventisei anni, era molto avvenente e sembrava essere intelligente e impavido. Sorrise impercettibilmente… uno sconosciuto la stava difendendo con amore… da Klaus. Era tutto così assurdo.
 < Non mi permetterei di importunare la vostra Signora, Robert. Cercavo solo di capire quanto profonda potesse essere una donna.> Klaus sorrise, solare come se avesse fatto una divertente battuta che suo marito ( che si chiamava Robert, meglio appuntarselo!) avrebbe dovuto capire.
Ed inaspettatamente, almeno per lei, la frase di Klaus creò ilarità tra gli uomini mentre lei si sentiva insultata e … distrutta.
Era davvero tutto finito così? Quella maledizione li aveva portati ad odiarsi alla fine? Forse tutto il male che involontariamente si erano fatti a vicenda, morendo e vedendo morire l’altra davanti ai propri occhi li aveva ridotti a quello …
L’amore eterno, l’amore sovrannaturale, travolgente, totalizzante, dirompente e irrazionale… non esisteva dunque?
Caroline sentì le lacrime salirle agli occhi e si alzò di scatto dalla sedia, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
 < Robert non mi sento bene, voglio andare a casa.> sussurrò la ragazza, portandosi una mano alla pancia e chinando il viso di lato per non far vedere il suo turbamento.
Tutti gli uomini si alzarono allora da tavola, come da etichetta e Robert la prese sottobraccio.
 < Mi sembra scortese, mia cara … siete sicura di..> ma Caroline non lo lasciò terminare.
 < Vi prego.> lo implorò in un sussurro. Robert annuì, corrucciato ma le sorrise.  < Vado a prendere i soprabiti. Perdonateci.> disse prima di essere accompagnato da Meredith in una stanza adiacente.
 < Spero di rivedervi presto Caroline.> le disse la moglie di Richard con un sorriso, mentre prendeva la mano della ragazza nella propria per stringerla con familiarità. Caroline le sorrise e scostò la sedia per andarsene da quel luogo. Sentiva il cuore pompare a mille nel suo petto ed un dolore lancinante stava irradiando dal centro esatto del suo cuore.
Un forte giramento di testa le fece tremare le ginocchia ed in un attimo, Caroline si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Delle forti braccia erano corse a stringerla, a sorreggerla facendola adagiare contro il petto dell’uomo sconosciuto. Caroline aprì gli occhi, stanca… straziata.
Il viso preoccupato, rabbioso e allo steso tempo ferito di Klaus la stava fissando a pochi centimetri dal suo. Era stato lui a soccorrerla? Caroline sospirò al contatto della sua pelle con quella dell’ibrido. Sentirlo contro di lei significava tornare finalmente a respirare.
 < Allora non mi odiate.> sussurrò Caroline mentre si perdeva negli occhi scuri di Klaus che a quelle parole si fecero sorpresi e guardinghi.
 < Caroline!> sentì la voce allarmata di Robert alle sue spalle e sentì le mani di suo marito strapparla alla presa ferma di Klaus. Fu come separarsi dalla sua fonte di vita… fu doloroso a livello fisico.
Klaus voltò il viso, scocciato. Solo allora Caroline si lasciò trasportare fuori da Robert come una bambola di pezza. No, Klaus non teneva a lei. Lei gli era totalmente indifferente.
 
 
 
 
Il viaggio in carrozza con Robert non era stato troppo lungo e suo marito l’aveva ricoperta di attenzioni e domande sulla sua salute. Ma la domanda che le ronzava nella testa era una sola: perché si trovava lì?
Era uno strano e sadico modo per farle capire che lei e Klaus erano destinati a perdere, cos’altro?
 < Siamo arrivati.> le sussurrò Robert in un orecchio, prima di aprire la porta della carrozza ed aiutarla a scendere davanti la casa a due piani, contornata da uno stupendo giardino che si ergeva davanti a lei.
 < Ho bisogno di dormire.> sussurrò Caroline in maniera quasi automatica. Aveva bisogno di restare sola, quella era l’amara verità. Doveva riuscire a capire qualcosa in quel pastrocchio.
 < Ti accompagno in camera.> le disse gentilmente il marito prima di scortarla nella loro stanza da letto.
Un azzurro molto chiaro decorava le pareti di velluto lavorato ed i mobili bianchi contribuivano ad accentuare l’aria eterea dell’intero ambiente. Caroline si sentì stranamente rassicurata al pensiero che poteva riuscire a rispecchiarsi in quella camera, che poteva sentirla proprio e si avvicinò al letto, contornato ai lati da delle leggere pareti in legno, decorate da pitture boschive. Un vero e proprio talamo d’amore, riservato e romantico … ma non c’era l’uomo che desiderava con tutto il suo cuore a condividerlo con lei, ce n’era un altro.
Sentì le mani di Robert armeggiare con i fili del corsetto posti dietro la sua schiena e Caroline ebbe quasi un tremito.
 < Ti aiuto a slacciarlo. Forse non dovresti più indossare un corsetto così stretto, farà male al bambino. Ti lascerò dei soldi per andare a fare compere con Meredith se vuoi, ma domani dobbiamo presenziare al pranzo dei signori Liverpool.> disse con tranquillità suo marito mentre la aiutava ad uscire da quella trappola mortale.
 < Certo, certo … domani lo terrò meno stretto e magari dopodomani andrò con Meredith a fare spesa. Dopodomani … che giorno è di preciso?> domandò Caroline, con l’affabilità di una moglie modello. Non poteva farlo insospettire.
 < Dopodomani … vediamo,il 13 luglio se non erro.> disse Robert mentre faceva scivolare a terra il vestito di Caroline che portò automaticamente le mani al seno per coprirsi. Non che quella strana sottoveste tutta tullè non la coprisse abbastanza, ma era strano ritrovarsi ad avere tutta quella intimità con … “ tuo marito?” stupida vocina… “ No, con uno sconosciuto!”.
 < Chiederti di che anno, sarebbe da sciocche vero?> domandò Caroline cercando di apparire divertita e frivola mentre si voltava per guardare Robert negli occhi. L’uomo corrugò le sopracciglia e scrollò la testa prima di cominciare a spogliarsi a sua volta per andare a letto.
 < Non pensavo che la gravidanza potesse farti così male.> disse Robert con voce traballante mentre le dava le spalle per sfilarsi la giacca.
Caroline lo guardò di sottecchi e quando lo vide voltare il viso per guardarla con aria divertita anche a lei scappò una risata. Per lo meno suo marito aveva il senso dell’umorismo.
 < Molte grazie.> bofonchiò fintamente irritata Caroline mentre si metteva sotto le coperte. Robert la raggiunse in breve tempo e portandosi sopra di lei, si chinò sulle sue labbra per lasciarle un bacio che a lei sembrò rubato, a lui solo veloce.
 < Non togli la collana che ti ha regalato tua madre?> le domandò tra il dormi veglia Robert, spaventandola.
Caroline portò le dita a giocherellare con la collana di diamanti che ancora portava al collo. Sua madre?
Allora perché Klaus gliela aveva regalata nel ventunesimo secolo? Ma quel viaggio nel tempo serviva solo ad ingarbugliargli le idee o cosa?
 < No, mi manca.> le parole uscirono dalla sua bocca senza che lei le avesse minimamente pensate. Sua madre era morta e quella era la sua collana. Non sapeva come facesse a saperlo, ma lo sapeva.
 < Certo, perdonami. Buonanotte.> disse con voce impastata Robert prima di stendersi su un fianco e stringerla in un tenero abbraccio. Caroline si portò goffamente a guardare il soffitto intrecciando le mani al petto.
Era strano… assolutamente strano, ma allo stesso tempo piacevole. No, non piacevole. Familiare, ecco. Doveva conoscere Robert da molto tempo.
L’immagine di un bambino dai grandi occhi azzurri ed i capelli ramati le annebbiò la mente, sorrideva felice e la chiamava per nome. Oh, erano cresciuti insieme. E fu strano come i pensieri la condussero a Tyler. Sapeva di amare quel Robert come aveva amato Tyler un tempo. Un amore vero, che ai suoi occhi era apparso totalizzante … almeno finchè non aveva incontrato quel demonio dagli occhi blu che l’aveva legata a lui in un tacito patto di sangue.
Ma c’era qualcosa di strano nel suo corpo. Tremava, come una foglia ed una strana sensazione di disagio le attanagliava le viscere. Non sapeva a cosa fosse dovuta, ma si sentiva così. Fece vagare le mani sulla sua pancia, adesso che poteva sentirla meglio senza quell’ingombrante corsetto di mezzo, la sentiva più piccola di come la ricordava. Forse doveva essere incinta di due mesi o poco più.
Sentì il respiro di Robert diventare più pesante e sperò con tutte le sue forze di poter sognare come quell’affascinante ragazzo accanto a lei stava sicuramente facendo, ma dormire le fu impossibile.
 
 
 
 
 
 
Quando Robert le aveva riferito che a casa Liverpool ( e con grande sforzo era riuscita a capire che i Liverpool altri non erano se non Richard, l’uomo dai grandi ed arricciati baffoni e Kate, sua moglie) non vi erano solo Meredith e suo marito Lucas, ma anche il signor Niklaus ed altre persone che sinceramente a lei non interessavano… aveva passato un’ora intera davanti allo specchio per scegliere un vestito che l’avrebbe fatta notare agli occhi dell’Originale.
Si sentiva una bambina, anzi no peggio…un’adolescente che cerca di farsi notare dal ragazzo che le piace, ma… ebbene sì Caroline Forbes otteneva sempre quello che desiderava e lei voleva Klaus, non si sarebbe mai arresa alla prima, si faceva per dire, difficoltà. Se doveva riconquistarlo praticamente daccapo ci sarebbe riuscita.
Alla fine aveva indossato un bellissimo vestito che richiamava i colori indossati da Klaus il giorno precedente. Le maniche ed i lati del corpetto, come quelli della gonna era di un blu così scuro da rasentare il nero mentre la parte centrale, a triangolo, del corpetto come la parte centrale della gonna a balze erano di un celeste non troppo acceso ma molto elegante. Il leggero pizzo bianco che sottolineava le maniche ed il corpetto concludeva l’opera. Caroline decise di lasciare i capelli per metà sciolti mentre la parte superiore era raccolta in un’alta treccia attorcigliata su se stessa. I lunghi boccoli le arrivavano a metà schiena e lei si osservò allo specchio, piroettando. Si sentiva davvero una principessa, non aveva mai indossato vestito più bello di quello.
Casa Liverpool si trovava vicina a quella di Meredith e Caroline notò, basandosi sul lussuoso arredamento di quella dimora, che i suoi amici erano molto più ricchi di lei, cioè di Robert.
Si era accomodata in salotto dove tutti i partecipanti al grande evento erano già tutti arrivati. Ognuno di loro l’aveva accolta con calore, le avevano stretto le mani, l’aveva baciata sulle guance, le aveva fatto le congratulazioni per la bella notizia mentre Robert veniva ricoperto di sigari e di pacche forse fin troppo vigorose. Molte volte si era voltato, chiedendole aiuto con gli occhi e molte volte lei aveva riso di quell’espressione buffa. Ma non si trovava in quel luogo per fraternizzare con suo marito, oddio si sentiva davvero un’adultera!
Klaus era lì. Vicino una delle grandi e arcuate porte finestre del salone decorato da specchi dorati, divani in velluto giallo acceso e lampadari dalle proporzioni forse esagerate.
Teneva tra le mani un bicchiere di whisky o forse bourbon, non poteva dedurlo dal colore troppo simile ed essendo umana non poteva sentirne l’odore, trovandosi così distante da lui.
L’ibrido guardava distrattamente fuori dalla finestra mentre giocherellava col suo bicchiere. Sembrava nervoso, ma ostentata una calma invidiabile agli occhi di chi non sapeva leggergli attraverso.
 < Hai una cera orribile.> le sussurrò ad un orecchio Meredith che l’aveva presa sottobraccio e l’aveva condotta vicino il grande camino con colonne in marmo che si ergeva dall’altra parte della stanza.
 < Non ho dormito affatto.> rispose Caroline con un sospiro esasperato.
 < Sensi di colpa?> le domandò l’amica inchiodandola con quei suoi profondi occhi verde chiaro.
 < Come… io… Si.> ammise infine sconfitta la ragazza. Era un libro aperto, fantastico!
 < Robert non beve ormai da settimane e cerca di non farti mancare niente e tu non hai nulla da rimproverarti.> Meredith si pose davanti a lei per ribadire le sue parole con la postura eretta e fiera del suo corpo e Caroline rimase con gli occhi sbarrati a fissarla.
Robert beveva? Doveva rimproverarsi qualcosa? Cosa?
 < Meredith mia cara, potresti andare ad accogliere i nostri amici, i signori Myriel all’ingresso?> le domandò il marito, alzando la voce e facendole notare con un gesto della mano che i Liverpool lo avevano praticamente bloccato in un chiacchiericcio senza fine. 
 < Fate voi gli onori di casa.> bofonchiò Richard senza nemmeno voltarsi a guardarla.
 < Odia il re, odia il popolo e persino i francesi! Molto spesso mi domando cosa ci sia venuto a fare a Parigi!> bofonchiò irritata Meredith prima di accomiatarsi da Caroline che non potè trattenere una risata davanti alla reazione dell’amica.
Si portò ad osservare il fuoco crepitante nel caminetto. Aveva sempre adorato osservare le fiamme che bruciano, si diramano, cambiano impercettibilmente colore … le permettevano di pensare, persino con un pizzico di nostalgia.
Klaus non si era nemmeno scomodato ad andare a salutarla mentre, aveva notato, si era avvicinato alle altre persone per chiacchierare amabilmente.
Lei si era messa in tiro per lui che non l’aveva degnata nemmeno di uno sguardo. Era strano essere odiata da Klaus, solo allora riusciva a capire l’importanza del trattamento “speciale” che Klaus le aveva sempre rivolto e che all’inizio l’aveva persino irritata.
C’era qualcosa che non andava in tutto quello e doveva scoprire cosa.
All’improvviso delle forti e rudi mani l’afferrarono per un braccio e con uno strattone, Caroline si ritrovò schiacciata contro la parete del buio corridoio che si trovava al lato del camino e che era separato dal resto della casa da una pesante tenda di velluto rosso.
Caroline spalancò gli occhi, terrorizzata quando due soffici e irruenti labbra si impossessarono delle sue senza grazia, senza chiederne il permesso.
Sentì le spalline del suo abito venire abbassate rudemente mentre una mano scivolava sinuosa sotto le sue gonne, fino ad afferrare rudemente la sua natica destra.
Il sapore di quelle labbra, il calore di quel tocco e quel basso ringhio, quasi gutturale che sentì avvolgerla le fecero battere il cuore all’impazzata. Klaus.
La voltò, usando la velocità vampiresca e schiacciandola di faccia contro il muro, sciolse velocemente i lacci del suo corsetto che scivolò a terra il secondo seguente.
La afferrò per i seni e cominciò a riversare una scia di baci infuocati sul suo collo scoperto. Era rude, violento, passionale e Caroline stava perdendo il senso del giusto e sbagliato. Aveva letteralmente smesso di pensare mentre sentiva il pressante desiderio di Klaus farla sua.
Un dolore acuto la fece gemere di dolore quando i lunghi canini di Klaus affondarono nel suo collo, senza chiederne il permesso e solo allora Caroline riuscì a tornare lucida e razionale.
Si dimenò tra le mani di Klaus e con uno sgrullone se lo levò di dosso, ignorando il dolore al collo. Si voltò di scatto e solo allora potè notare la scintilla di furia e rabbia che animava gli occhi di Klaus.
 < Cosa diavolo ti prende? Sono incinta e sono umana maledizione! > il veleno di un ibrido poteva essere mortale anche per un umano, non lo sapeva… non voleva saperlo.
 < Incinta…> sputò fuori Klaus, aveva ancora le labbra macchiate del suo sangue e la cravatta scura che indossava, ricadeva sfatta sul suo doppiopetto. Un animale, affannoso, rabbioso la stava fulminando.
Caroline raccolse il suo corpetto e cercò di coprirsi come meglio poteva. Era stato quello il primo approccio di Klaus oppure… erano amanti da tempo? Non ci capiva assolutamente nulla.
 < Avevi intenzione di dirmelo prima o poi? Ah giusto… hai preferito far fare a quel viscido di tuo marito il lavoro sporco al posto tuo. Meritavo di più! Dovevi essere come minimo tu a dirmelo!> sbraitò furioso Klaus mentre l’afferrava per le spalle e la inchiodava al muro con gli occhi gialli e le vene orami gonfie.
Caroline lo fissò spaventata e voltò il viso in direzione della sala piena di gente. Se li avessero sentiti, sarebbe successo il finimondo.
 < Non mi interessa se Robert e  l’alta società francese lo verrà a sapere! Sei mia da tempo Caroline, mia! Avrei dovuto rapirti e  portarti lontano da qui quando Rebekah me lo aveva consigliato.> stava urlando, urlava in preda alla rabbia più cieca e Caroline non sapeva assolutamente cosa dire. Non era a conoscenza di quei fatti, ma aveva capito che Klaus doveva essere stato il suo amante da lungo tempo.
 < Mia madre stava morendo, non potevo abbandonarla!> sbraitò Caroline portandosi automaticamente le mani alla collana di diamanti che indossava. Adorava quando la se stessa dello stesso secolo prendeva il sopravvento e la salvava da situazioni orribili come quella.
 < Sei incinta … di quell’idiota che non è nemmeno riuscito a tirare sù la sua attività vendendo tutto il tuo patrimonio e la tua dote!> l’odio che leggeva dipinto negli occhi di Klaus la stava facendo sentire in ansia. Chi diavolo era Robert, quell’uomo che le era sembrato tanto gentile la notte scorsa?
 Un pensiero le attraversò la mente. E se quel bambino… fosse stato di Klaus? No, lui sembrava sicuro che non potesse essere così. Forse la loro storia era cominciata da poco tempo, forse…il cervello stava per esploderle.
 < Da quando? Da quando sei incinta?> le ringhiò contro un orecchio Klaus mentre la spingeva maggiormente contro la parete, stringendola col peso del suo corpo.
 < Credo… due mesi.> sussurrò Caroline, basandosi sulle dimensioni della sua pancia. Lo sentì espirare a fatica e posare la sua fronte contro la sua spalla, sconfitto, stanco. No, non poteva essere suo figlio, quella era la conferma.
 < Da quando lo sai?> le domandò riacquistando un po’ di calma.
 < Poco, volevo essere io a dirtelo ma Robert… mi ha preceduto.> confessò Caroline portando una mano ad accarezzare la nuca esposta di Klaus che ancora teneva la fronte posata contro la sua spalla nuda.
 < Resterai con lui?> le domandò con voce bassa, rauca.
 < Io … non lo so.> rispose titubante Caroline, aggrottando la fronte e incrociando di nuovo gli occhi sconfitti di Klaus che si parò davanti a lei.
 < Avrei voluto tanto essere io il padre. Un orribile padre… ma non ti avrei persa.> sussurrò, accarezzandole la guancia con amore e rivolgendole uno sguardo perso, ferito.
Caroline gettò le braccia al collo di Klaus e lo strinse a sé. Venne subito ricambiata, venne stretta a lui con così tanta forza, con tale irruente bisogno da sentir venir meno il respiro.
 < Non mi perderai mai.> sussurrò Caroline con le lacrime agli occhi.
 < Caroline, maledizione! Uscite da qui. Robert si sta insospettendo!> sentì la voce allarmata di Meredith provenire dall’altro lato della pesante tenda che li separava da quell’orribile mondo esterno.
Klaus la guardò con un cipiglio irritato, le fece cenno con il viso di voltarsi e cominciò a riallacciarle in silenzio il corsetto.
Caroline respirava con così tanta fatica da avvertire la tensione che era calata dentro quella piccola stanza. Una volta finito, Klaus le baciò il collo ferito e si morse il polso per porlo di fronte al viso di Caroline. Fece aderire la schiena della ragazza al suo petto.
 < Bevi, guarirai prima.> disse con voce atona e Caroline obbedì all’ordine senza alcuna esitazione.
Si voltò verso di lui che con un sorriso sghembo, passò il pollice sulle labbra macchiate di Caroline.
 < Così va molto meglio.> osservò, facendola sorridere di un sorriso triste ma sincero a sua volta.
 < E se fosse tuo?> domandò all’improvviso Caroline. Non voleva lasciarlo andare così, non poteva.
 < Non può esserlo Caroline, lo sai bene.> osservò quasi scocciato Klaus, senza guardarla negli occhi.
 < Ed io non potrei mai crescere il figlio di un altro. Andando a letto con lui … hai sancito la fine di tutto questo.> osservò Klaus con rancore, riacquistando l’aria rabbiosa degli inizi.
 < Avevi giurato che non …> ma le parole si smorzarono nella gola di Klaus ed allora delle immagini offuscate riempirono la mente ottenebrata dal dolore di Caroline.
Il viso di Robert, pallido e smunto… completamente sudato. La giacca abbottonata male e la sua lingua sulla gola. Parole …parole senza senso, grugniti. Ricordò le sue proteste, il sapore di alcool sulle labbra di Robert ed il dolore.
Caroline si aggrappò al muro dietro di lei mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Klaus porse una mano avanti, per sorreggerla ma Caroline si allontanò da lui come se fosse stato il diavolo.
 < Sono solo questo, giusto? Un tuo oggetto, non devo essere toccata da nessun altro per avere il tuo rispetto? Tu non … puoi capire, tu… mi fai schifo!> sputò fuori scioccata Caroline prima di uscire da quel corridoio con le lacrime agli occhi ed il cuore dolorante e ri immergersi nel mondo dai colori pastello e le finte risate di quella assurda nobiltà.
Robert si avvicinò a lei, scocciato.
 < Con chi eri lì dentro?> le domandò con tono preoccupato ma basso, per non destare scandalo. Caroline osservò Meredith osservarli con paura e cercò di inventarsi qualcosa.
 < Un membro della servitù, stavo chiedendo del cibo poco elaborato. Mi duole lo stomaco ed i sapori forti mi recano la nausea.> osservò con nonchalance la ragazza.
Robert afferrò la tenda e la spalancò per osservare chi vi fosse dall’altro lato e Caroline si sentì quasi mancare dallo spavento, ma fortunatamente Klaus era svanito.
Si voltò verso gli altri invitati e notò che Klaus era vicino al mobiletto dei liquori e stava scolando un bicchiere di qualcosa, per poi riempirlo non appena finito.
 < Quel libertino.> sussurrò Robert, osservando anche lui Klaus. Prese Caroline per mano, un gesto dolce, gentile ma un altro flashback le inondò la mente.
 “ Amo solo te, perché non vuoi capirlo? Non ti perderò.” La voce biascicata e ansante di Robert nelle sue orecchie, quella maledetta notte.
 Caroline ritrasse la mano e cominciò a tremare visibilmente. Robert la guardò ferito e le posò una mano sul viso, per carezzarla dove poco prima Klaus aveva fatto lo stesso , ma le farfalle nel suo stomaco avevano avuto un significato totalmente diverso quando era stato l’ibrido a toccarla, ora sentiva solo paura.
 < Questo figlio è una benedizione.> le disse Robert, sorridendole. Sembrava davvero un brav’uomo… si sforzava di esserlo con tutte le sue forze e Caroline non poteva che provare compassione per lui, nonostante tutto.
Voltò la faccia e sollevando gli occhi notò lo sguardo concentrato di Klaus che si era posato su di lei e suo marito. Non riuscì a capire cosa stesse provando, ma quell’aria enigmatica e pensierosa non conduceva mai a nulla di buono.
 
 
 
 
 
Il pranzo era stata una lenta agonia. Gli sguardi di rabbia e disapprovazione che Klaus le lanciava riuscivano a ferirla come mai nulla aveva fatto prima. Era stata orribile con lui, gli aveva detto parole orribili, ma… anche lui era stato senza cuore con lei.
Caroline osservò il bosco autunnale attorno a lei. Si era seduta sulla panchina al lato del piccolo ma accogliente gazebo bianco che era posto nel giardino di casa sua, ai limiti del bosco.
Non riusciva a capire più nulla. Klaus la odiava… ed era nell’odio che il loro amore doveva finire?
 < Caroline.> una voce stranamente familiare la fece voltare di scatto. Elijah in tutto il suo splendore e la sua eleganza era apparso ai piedi del gazebo, sorridendole.
 < Oh Elijah.> sussurrò felice Caroline, alzandosi ed andando incontro all’amico. Non ci pensò due volte e abbracciò stresso a sé quell’uomo che considerava un fratello. Tanti cavoli se in quell’epoca non avevano acquistato tanta confidenza. Aveva bisogno del sostegno di una persona amica.
Sentì la tensione improvvisa del suo corpo, sciogliersi piano piano e finalmente una mano si posò contro la sua schiena e l’altra le accarezzò la nuca, ripetutamente. Un gesto così fraterno, familiare da farla sorridere. Solo Elijah sapeva farla sentire una piccola bambina stretta tra le braccia di suo padre.
 < Sono così felice di vederti.> sussurrò fuori Caroline, ancora stretta a lui.
 < Mi dispiace Caroline.> osservò con tono triste Elijah senza sciogliere l’abbraccio.
Caroline spalancò gli occhi poco prima chiusi per godere di quel momento e sospirò.
 < Rebekah è riuscita a convincere Niklaus ad andarcene dopo il ballo in maschera di domani sera che si terrà a casa nostra, ma non oltre. > continuò il vampiro.
Caroline si allontanò controvoglia da lui che la prese sottobraccio ed assieme a lei si accomodò sulla panca laterale del gazebo.
 < Crede che io lo abbia tradito?> domandò Caroline più a se stessa che all’amico, guardando le tavole di legno candide come la neve, ai suoi piedi.
 < Mio fratello non è uno stupido. Robert è vostro marito… Niklaus sa di esserne il colpevole, non riesce a perdonarsi di avervi concessa a lui per i suoi giochi di potere. Non riesce a capacitarsi del fatto che voi siate riuscita a perdonarlo ed innamorarvi di lui dopo quello che vi ha fatto ed adesso crede che voi non possiate voler crescere il vostro bambino con l’uomo che vi ha rovinato la vita. > disse Elijah guardandola negli occhi con fare preoccupato.
Concessa a lui? Klaus aveva fatto in modo che lei e Robert si sposassero? Non aveva senso. Perché?
Non seppe come,  ma la risposta venne automatica alla sua mente. Niklaus si era finto suo parente, suo cugino per l’esattezza. In cambio del suo sostegno aveva promesso cure per sua madre che era molto malata ed aveva organizzato il suo matrimonio con Robert fornendole una lauta dote. Il tutto per suo tornaconto, ovvio. I Thompson erano baroni di alto rango, ma in rovina. In cambio di un matrimonio che avesse rimpinguato le loro casse, Klaus aveva richiesto un titolo nobiliare per la sua famiglia e non sapeva come, il padre di Robert era riuscito a farglielo ottenere.
 
 
 
 
 < E non avete minimamente pensato di avvisarmi? Non avete pensato di dirmi che avrei dovuto sposarmi?> gli urlò contro Caroline, gesticolando come una pazza e portandosi l’attimo dopo le mani tra i capelli. Non poteva urlare, doveva ritrovare la calma. Sua madre era nella camera da letto adiacente con la febbre alta e Caroline aveva vegliato su di lei tutta la notte, assieme al dottore a tempo pieno che Klaus le aveva fornito.
 < Avevamo un patto ricordate? Io avrei aiutato voi, voi avreste aiutato me quando ve lo avrei chiesto!> ringhiò Klaus cercando di non urlare. Susanne, la madre di Caroline non era stata bene. Era stato informato dal dottore anche se lo stato in cui si trovava Caroline glielo aveva già suggerito. Le maniche del vestito tirare fin sopra i gomiti, i capelli disfatti in una lunga e disordinata treccia mentre profonde e scure occhiale le contornavano il viso.
 < Non mi avevate detto che si trattava di un matrimonio!> sibilò a denti stretti Caroline, mostrandogli tutta la sua rabbia.
Klaus l’afferrò allora per un polso e la strattonò a sé, nel tentativo di farla calmare.
 < Potrei soggiogarvi, lo sapete bene. Avrei potuto soggiogarvi fin dall’inizio e lasciare che vostra madre morisse. Sarebbe stato tutto molto più semplice per me.> sibilò iracondo, perdendosi negli occhi azzurri di quella ragazza che aveva visto solo tre volte fino a quel momento e che aveva iniziato a rispettare fin da subito.
 < Vi ucciderei se lo faceste.> disse con voce irata Caroline, ritraendo con una mossa violenta la sua mano da quella di Klaus.
 < Tra una settimana sposerete Robert Thompson, so che siete amici di infanzia, non sarà troppo difficile per voi imparare ad amarlo. Non ho altro da dirvi.> ordinò Klaus mentre contro la sua volontà si portava ad osservare le labbra rosee e dischiuse di quella incantatrice. Non poteva negare di provare dell’attrazione per quella incantevole ragazza e proprio per questo motivo aveva limitato al minimo le sue visite, aveva delle faccende più importanti da portare al termine.
 < Non vi siete chiesto perché non mi avete soggiogata fin dall’inizio? Perché chiedete ogni volta al dottor Carl le condizioni di mia madre? Perchè mi avete detto chi siete? Perché cercate di evitarmi come la peste?> domandò allora Caroline con una nuova scintilla negli occhi. Consapevolezza, consapevolezza del potere che aveva su di lui.
Klaus la incenerì con lo sguardo e voltandosi di scatto, uscì in fretta da quella casa.
Quella ragazza aveva ragione, ma era sempre stato bravo a reprimere i suoi sentimenti.
 
 
 
 
Caroline scrollò la testa, cercando di mandare via quelle immagini. Nonostante tutto alla fine … Klaus aveva ceduto, non aveva potuto fare null’altro che amarla e rovinare ad entrambi la vita per questo, ovvio.
 < Vi sentite bene?> le domandò allarmato Elijah, posandole una mano sul viso. Caroline gli sorrise e cercò di ritornare al discordo intrapreso con l’Originale. Dopo un breve sforzo di memoria ricordò quali fossero i suoi dubbi.
 < Lui non tollera che io sia incinta di un altro uomo. Ha detto a chiare lettere che non vuole crescere il bambino di Robert. È lui che mi ha respinta, non il contrario.> osservò stizzita Caroline mentre giocava con i fiocchi della sua gonna.
Un libro familiare, dalla copertina di cuoio, meno logoro di quando lo aveva visto davanti ai suoi occhi, apparve sulle sue gambe.
 < Non dovrei, ma penso che dobbiate leggere.> la voce suadente di Elijah la ridestò dal suo stupore. Si rigirò il libro tra le mani e la piccola scritta color oro Shakespeare, Sonetti I confermò le sue supposizioni.
 < Domani riponetelo nella libreria della nostra casa. Cercherò di mandare Niklaus da voi. Dovete parlare.> disse Elijah alzandosi e prendendo la mano di Caroline per baciarla e accomiatarsi da lei con un sorriso rassicurante sulle labbra.
 < Grazie!> urlò quasi Caroline, voltandosi a guardarlo. Elijah annuì, sereno e poi scomparve a velocità disumana dentro la foresta.
Solo una pagina piegata questa volta. Caroline corse a quel sonetto ma proprio da quella pagina cadde un leggero foglio, piegato a metà. Lo aprì lentamente e ne lesse le parole con attenzione.
 
 
Caroline,
Ma perché in un modo più potente non fai guerra
a questo sanguinario tiranno, il Tempo,
e non ti fortifichi nella tua rovina
con mezzi più benedetti delle mie sterili rime?
Ora tu stai sulla vetta delle ore felici,
vergine giardino ora colto
virtuosamente generi fiori viventi,
a te molto più simili del tuo ritratto dipinto.
Così linee di viva parentela rinnovano la tua splendida vita
Che né il mio pennello inesperto né la penna di quest’epoca,
nel tuo intimo valore o nella tua bellezza esterna,
possono farti vivere, quale sei, agli occhi degli uomini.
Il donare te stessa ti conserverà sempre;
vivrai in me, ritratta dalla tua dolce arte.
 
 
Caroline osservò allora il sonetto che teneva tra le mani. La lettera di Klaus non era altro che l’elaborazione di quel sonetto, per lei.
Klaus non odiava il frugoletto che portava in grembo, “la sua dolce arte”, il dipinto stesso di Caroline che avrebbe serbato il suo ricordo.
Caroline lasciò che le lacrime scendessero lungo il suo viso. Non lo aveva capito, il terrore che provasse Klaus nel diventare padre… era stata troppo presa dalle sue paure per capire che tutta la calma che le aveva mostrato nella loro epoca, non era altro che una maschera indossata, forse per non farla soffrire.
La testa le fece così male in un attimo da farla ancorare con le mani allo schienale della panchina. Stava tornando nella sua epoca? Come era possibile? Non poteva… non aveva ancora capito nulla!
 
 
 
 
 < Cosa stai facendo?> sibilò Caroline con le lacrime agli occhi mentre osservava Tatia fare il suo ingresso nella loro modesta casa. Aveva il viso ancora arrossato ed i capelli spettinati.
 < Mi hai spiata?> domandò scioccata la sorella. Non aveva nemmeno provato a smentire, loro due non si erano mai dette una bugia. Loro due potevano leggersi attraverso.
 < No, mi sono imbattuta… in voi, perché credevo ti fossi persa nel bosco.> puntualizzò Caroline mettendosi a sedere sulla sedia di legno della sala da pranzo. Si passò le mani tra i capelli e rimase immobile a fissare Tatia, ancora ferma sul ciglio della porta.
 < Non guardarmi con quell’aria di superiorità.> disse in un soffio la ragazza prima di recarsi nella sua stanza. Caroline la seguì, irritata. Doveva avere una spiegazione da lei.
 < Klaus ti ama! Come puoi tradirlo… con suo fratello? Almeno ti piace Elijah o .. o è soltanto un capriccio? Da quando hai perso Joshua non sei più la stessa.> colpo basso, lo sapeva. Parlare del padre di Alan era fuori discussione tra di loro, ma doveva farla ragionare. Era sua sorella ed era suo compito.
 < Come ti permetti di … Credi che non lo abbia notato? Il modo in cui ti guarda, in cui parla con te! Il modo in cui mi parla di te! E credi che non abbia occhi per vedere che lo ricambi?> urlò Tatia, svegliando il piccolo Alan che dormiva beatamente sotto le pelli di lupo poste sul letto della madre.
 < Di cosa stai parlando? Da quando lo abbiamo conosciuto non ha avuto occhi che per te Tatia!> gridò a sua volta Caroline, questa volta infuriata. Non era così, Tatia aveva torto. Certo era vero, Klaus le aveva rubato un bacio settimane prima, ma lei lo aveva respinto e da quel momento in poi l’uomo le aveva riservato la più totale ( ed era difficile ammetterlo ) e dolorosa indifferenza.
 < Solo perché tu non lo degnavi di uno sguardo. Troppo timida, troppo altezzosa allo stesso tempo. Gli è bastato poco per conoscerti ed innamorarsi perdutamente di te, ma sei ancora troppo ceca. Io non starò qui ad attendere che mi lasci. Elijah… Elijah mi ama e mi capisce e… potrei amare anche lui.> le urla di Tatia si affievolirono ad un sussurro mentre prendeva tra le braccia il piccolo Alan, ormai piangente.
A Caroline non sfuggì la parola “anche”. Tatia amava Klaus, lei era ferita e da donna ferita si stava comportando in maniera irrazionale.
 < Li stai prendendo in giro… entrambi. Scegline uno e non dare la colpa a me dei tuoi problemi di cuore.> sputò fuori Caroline, ferita dalle parole della sorella. Tatia la guardò con le lacrime agli occhi e dandole una leggera spallata uscì dalla sua camera, uscì da quella casa con Alan al seguito.
Proprio sul ciglio della porta d’ingresso però, Klaus fece la sua apparizione, bloccandola.
 < Salve Tatia. Dov’eravate finita? Vi sto cercando da ore.> Caroline li raggiunse immediatamente, impaurita da quello che sua sorella avrebbe potuto dire.
Tatia era immobile di fronte a lui, con Alan di nuovo appisolato contro la sua spalla. Caroline poteva vedere solo la sua schiena ma dall’espressione corrucciata di Klaus capì che sua sorella stava piangendo. Gli occhi blu di Klaus corsero allora al viso di Caroline e quell’espressione sorpresa e pensierosa, divenne ferita, preoccupata.
Caroline si portò automaticamente le mani sulle guance. Ah… anche lei stava piangendo.
 Tatia seguì lo sguardo di Klaus e quando si voltò per scorgere la sorella, la sua espressione addolorata si tramutò in pura pena.
 < Volevate dire che state cercando Caroline, da ore. Mia sorella è sempre qui, chiusa in casa a dare giudizi, o fuori al mercato a comprare cose frivole per esaltare il cobalto dei suoi splendidi occhi. > osservò Tatia, senza invidia o cattiveria… Caroline poteva leggere attraverso quella splendida donna dai lunghi capelli castani e poteva capire che sua sorella si era immediatamente pentita di quelle parole.
 < Siete ingiusta con vostra sorella.> intervenne Klaus, che non riusciva ancora a capire cosa stesse succedendo dentro quella casa.
Tatia sbuffò, sconfitta.
 < Vorrei portare Alan a fare una passeggiata.> osservò infine.
 < Vi accompagno.> disse Klaus con fare affabile, ma guardingo. Caroline non seppe perché ma quella semplice scena… le fece male. Male al cuore.
Tatia uscì dalla casa ed anche Klaus svanì alla sua vista. Caroline si avvicinò per chiudere la porta e solo allora la mano di Klaus afferrò la sua, in un stretta calda, apprensiva.
 < State bene?> le domandò incantandola a sé con quelle pozze blu cobalto. La ragazza guardò la strada e notò che Tatia si era fermata al primo banco del grande mercato del villaggio, intenta a scegliere delle stoffe.
 < Vi sono sembrata altezzosa, superficiale o … troppo inutile?> domandò con voce flebile la ragazza, abbassando immediatamente lo sguardo. Non sapeva perché avesse chiesto proprio a lui quelle cose, ma le parole di Tatia l’avevano ferita, le avevano ricordato la ragazza che sapeva essere a volta, e che lei stessa odiava.
 < Cosa dite? Chi vi ha detto queste sciocchezze?> domandò dolcemente preoccupato Klaus mentre le portava un dito sotto il mento per sollevare quel viso candido, per tornare a specchiarsi nelle iridi azzurro cielo di quella stupenda fanciulla.
 Ma Caroline non parlò, era immobile, vulnerabile come non si era mai mostrata ai suoi occhi e tutto di lei implorava una risposta.
 < La prima volta che vi ho vista ho pensato che foste una fata, ricordate? Ma mi sbagliavo. Ho creduto che foste forse troppo giovane per questo tipo di mondo… e sicuramente per me. Mi sbagliavo ancora. Poi vi ho creduta impertinente, troppo fragile, a volte infantile, superba,  molto spesso troppo permalosa. Non mi sbagliavo, ma sbagliavo il modo di chiamare questi lati di voi… non sono difetti. Uniti alla vostra forza d’animo, alla vostra generosità e al vostro coraggio… fanno di voi ciò che siete. E credetemi, non ho mai conosciuto persona più bella e meravigliosamente complessa.> disse con il sorriso sulle labbra Klaus mentre sembrava guardare oltre lei, sembrava guardare il centro esatto della sua anima.
Caroline sentì le lacrime riaffiorare di nuovo ai suoi occhi.
Tatia aveva ragione. Lei amava NIklaus Mikaelson di un amore ultraterreno, ma non poteva ferire a tal punto la sua famiglia.
Le pupille di Klaus tornarono a dilatarsi, come per metterla meglio a fuoco. Aveva detto quelle parole mentre era perso nei suoi ricordi, i ricordi di lei. Non avrebbe mai voluto rimangiarne nemmeno una, ma Caroline non gli aveva ancora risposto.
 < Tatia vi attende.> sussurrò scioccata Caroline ritraendo la mano ancora stretta in quella di Klaus. L’uomo indietreggiò di un passo, stordito da quella fredda reazione ma un secondo dopo prese il viso di Caroline tra le mani e con un grande ed irruente passo la portò dentro la casa, facendo sbattere rumorosamente la porta dietro di loro.
Le labbra di Klaus si posarono su quelle di lei con desiderio bruciante mentre facendola indietreggiare la portò contro il muro dietro di loro.
Caroline cercò di dimenarsi tra le sue braccia forti, ma non ci fu nulla da fare se non arrendersi all’irruente desiderio che sentiva infiammarle la carne. Dischiuse la bocca, permettendo alla lingua di Klaus si insinuarsi all’interno. Assaporò il respiro caldo di quell’uomo, sapeva di buono.
Afferrò la vita di Klaus, non sapeva se stesse cercando di spingerlo via o se lo stesse attirando a sé, sapeva solo che quelle labbra morbide si stavano muovendo sensuali, lente sulle sue facendola sentire vicina al paradiso.
Una mano di Klaus scivolò, seducente dal suo viso al suo collo, al suo braccio, al suo fianco per poi stringerla a sé con uno strattone violento, che traduceva il bruciante bisogno dell’uomo di sentirla vicina.
Quando la lingua di Klaus leccò lentamente il labbro superiore di Caroline, sollevandolo un poco, la ragazza si lasciò sfuggire un gemito di piacere.
In quell’istante la porta di casa venne spalancata ed il padre e la madre di Caroline rimasero stupiti, a dir poco scioccati sul ciglio della porta.
Caroline e Klaus si scostarono immediatamente l’uno dall’altra. Caroline si passò velocemente il dorso della mano sulle labbra, uno stupido modo per cancellare la prova del suo tradimento mentre Klaus avanzava verso il padre di Caroline, amareggiato ma sicuro di sé.
 < Fuori da questa casa.> sibilò Andrea, il padre delle due ragazze.
 < Lasciatemi spiegare, io…> ma Klaus non riuscì a terminare la sua frase. Andrea entrò in casa sua, tenendo aperta la porta e facendo cenno al ragazzo di uscire.
 < Non dirò nulla a mia figlia Tatia. Tutto il villaggio è a conoscenza delle vostre fughe amorose e per non disonorarla la sposerete, ma da oggi in poi vi vieto di vedere mia figlia Caroline.> osservò con pragmatica serietà Andrea.
Caroline fece un passo avanti, prendendo coraggio.
 < Non è colpa di Niklaus e ad ogni modo… >
 < Caroline non prendetevi colpe non vostre.> osservò irritato Klaus, voltandosi a guardarla.
 < Non ci vedremo più. È molto meglio così, per tutti… per me.> al suono di quelle parole Klaus irrigidì la mascella. La guardò con aria ferita ma fiera ed annuì prima di abbandonare quella dimora.
 
 
Caroline aprì gli occhi, sconcertata, col fiato corto. Si guardò attorno e per un attimo fu sicura di trovarsi a New Orleans, dalla sua famiglia.
No, no… quel grazioso gazebo tornò ad accoglierla e lei si sentì sfinita. Perché un flashback del genere? Perché mentre si trovava in quell’epoca?
Un attimo… e se non fosse stata Tatia ad inviarglieli? In fondo sua sorella aveva parlato di un incantesimo. Poi di nient’altro. Ma chi allora?
Stavano diventando inquietantemente frequenti e la sua testa si trovava sul punto di esplodere ogni volta.
Caroline scrollò la testa, stava cominciando a diventare paranoica. Doveva alzarsi e vivere un altro giorno nei panni di una donna che non era, ma che non faticava a comprendere.
 
 
 
 
 
 
Caroline sospirò pesantemente. Osservò il viale di ingresso alla casa dei Mikaelson. Come al solito la modestia rifuggiva le loro dimore. In mattoni rossi a vista, due semi torrette laterali dalle cui finestre potevano scorgersi le larghe scale a chiocciola. Candele, servitù alla porta e tullè nero ad ornare l’ingresso.
Robert aveva indossato un semplice vestito scuro ed una maschera blu notte, abbastanza semplice.
Le aveva porto la mano e la stava conducendo dentro la tana del lupo, ma poteva tirare un sospiro di sollievo… si trattava del suo lupo in fondo.
Sollevò la pesante gonna ricamata ed entrò nell’androne illuminato a giorno. Si sentiva così stranamente emozionata mentre il paggio faceva il suo nome e quello di suo marito.
Il brusio che riempiva la sala continuò indisturbato finchè Caroline non posò il piede sul primo scalino.
Indossava uno splendido abito bianco, luminoso. Il corpetto era fatto di grandi piume color neve che le ricoprivano i seni, diramandosi in due eleganti ali. Sotto il seno dei piccoli e grandi diademi impreziosivano il vestito che si gonfiava creando un lungo strascico alle sue spalle. La gonna si apriva per lasciar vedere la decorazione in tulle e sul retro la stoffa simile a seta si ricongiungeva formando quelle che sembravano due splendidi ali perlacee.
Aveva raccolto i capelli in un alta acconciatura che lasciava sfuggire volutamente qualche boccolo ribelle e sulla testa portava un diadema fatto si piume bianche e nere, che si intrecciavano alzandosi al centro a formare una corona regale. La collana di diamanti di sua madre impreziosiva il tutto.
Aveva truccato i suoi occhi, giocando con i colori predominanti del suo costume. Il bianco ed il nero che in una lunga linea di eyeliner donava ai suoi splendidi occhi azzurri una forma esageratamente ma elegantemente allungata.
Era la donna più bella di tutta la sala.
Scese le scale con calma, facendo vagare il suo sguardo sulla folla che aveva interrotto le sue attività per scrutarla dalla testa a piedi. Non aveva tempo di studiare le loro espressioni e di gongolare dell’aspetto regale che era riuscita ad ottenere, nonostante essere al centro dell’attenzione per la sua bellezza l’avesse sempre compiaciuta.
Notò Elijah fermo, vicino il camino con un bicchiere di vino in mano. Anche lui aveva smesso di parlare con il suo interlocutore per voltarsi a guardarla. Le sorrise, ammirato e la salutò con un cenno del viso. Caroline si illuminò di un sorriso genuino per ringraziarlo e solo allora l’interlocutore di Elijah si voltò.
Klaus.
Come aveva fatto a non riconoscerlo?
Un elegante maschera marrone, decorata da corte piume di un verde così scuro da sembrare smeraldo, gli copriva il viso arcuandosi sul naso a forma di becco. E cosa poteva essere se non un falco?
Ed era così che si sentiva: un uccellino indifeso dinanzi lo sguardo meravigliato e famelico del suo predatore.
 < Sono l’uomo più invidiato della sala, come sempre.> sussurrò con aria compiacente Robert rivolgendole un sorriso al quale lei rispose in maniera tirata. Da quando aveva …ricordato non faceva che tremare in sua presenza. Il che era assurdo perché la sua unica reazione doveva essere prenderlo a calci! Ah si…era umana. Maledizione!
Salutò cortesemente molti degli ospiti che accorsero a salutarla, abbracciò Meredith che appariva più splendida del solito nel suo abito rosa chiaro e quelle piccole ali scintillati. Una splendida fata.
Robert lasciò andare presto la sua mano per parlare con alcuni uomini e lei si sentì disorientata. Si guardò attorno… Klaus era svanito.
Sentì un tocco caldo avvolgere la sua mano e delle labbra posarvi un casto bacio, si voltò pronta a sorridere al suo ibrido e non riuscì a nascondere l’espressione delusa quanto riconobbe il suo cavaliere. Elijah.
 < Vi dovevo gli onori della casa, siete splendida. Temo che Rebekah si senta adirata con voi per l’omissione nei suoi riguardi della vostra condizione. La conoscete bene, vi basterà spiegarvi e le passerà tutto.> disse con tono galante Elijah mentre sollevava la maschera grigia che gli copriva il volto.
 < Vedo che molti si sentono amareggiati verso di me per questo motivo.> osservò tristemente Caroline.
 < Saprete tornare nelle loro grazia, ne sono sicuro.> disse il vampiro con un punta di velata ironia che la fece sorridere.
 < Signor Mikaelson. Grazie per il vostro invito.> Robert si parò al suo fianco ed Elijah lo prese cordialmente per un braccio e lo spostò di poco, permettendo a Caroline di sfuggire alla visuale del marito.
 < Come non avrei potuto invitarvi. Avete sentito la notizia del giorno? Quaranta dei cinquanta ingressi che permettono di entrare a Parigi sono stati dati alle fiamme dalla popolazione in rivolta. > Caroline si voltò per osservare il vampiro che sembrava parlare con così tanta calma di un evento di tale importanza, ma capì che doveva prendere la balla al balzo e sfuggire alla vista di Robert ora Elijah lo stava intrattenendo.
Si indirizzò ai lati dell’immenso salone dai colori chiari. Non sapeva come, ma le sue gambe la guidarono verso la direzione giusta, nascondendosi così dalla folla e scivolando dentro l’immensa biblioteca di casa Mikaelson.
Caroline si guardò attorno, per un attimo ne fu disorientata e solo allora una domanda più che logica le giunse alla mente. Dove avrebbe dovuto rimettere il libro che aveva nascosto nella tasca del vestito?
Gli alti scaffali in mogano scuro si ergevano lungo tutte e quattro le pareti della stanza rettangolare. Le essenziali finestre e l’enorme camino in pietra scura sembravano essere stati posti tra i libri, quasi casualmente.
 < Cosa ci fate qui?> la voce roca e irritata di Klaus la costrinse a voltarsi di scatto verso una delle porte che conducevano alla stanza.
Nascose velocemente il libro dietro la sua schiena, sperando che l’ibrido non avesse notato la sua mossa e deglutì rumorosamente.
Il vestito marrone scuro di Klaus aderiva perfettamente alla sua figura e quella maschera… il contrasto tra il verde scuro delle piume e gli occhi blu acceso di Klaus riusciva a disorientarla, facendole scordare il vero motivo per cui si trovasse lì.
 < Volevo … restare sola per un po’.> mentì la ragazza facendo un passo indietro verso il calore delle fiamme che scoppiettavano, riscaldandole le spalle completamente scoperte.
 < Intendevo a casa mia, a questo ballo… se non sbaglio l’ultima volta che vi ho visto avete detto che vi faccio schifo.> osservò con tono sadico Klaus mentre si toglieva elegantemente i guanti di pelle per posarli sullo schienale del divano in velluto che li separava.
 < Ero… arrabbiata. Non lo penso, non potrei mai pensarlo.> confessò Caroline con voce rotta mentre abbassava lo sguardo. Odiava vedere Klaus guardarla con quella scintilla di superiorità e … delusione.
 < Non so più a quale delle vostre promesse credere e a quale no.> osservò l’ibrido scoppiando in una risata che le gelò il sangue nelle vene.
Caroline sollevò il viso ferita e notò che si era avvicinato. Fiancheggiava il divano ora, ma nulla nel suo sguardo era mutato.
 < Io… Non ho mai infranto una promessa! Specialmente se rivolta a voi!> la voce prima titubante divenne un grido disperato. Caroline si voltò di scatto, dandogli le spalle. Klaus non poteva avere tutto quel potere su di lei, non dopo che per lui aveva sacrificato tutto. Era pronta a sacrificare tutto. Non dopo che Robert…
Caroline battè gli occhi in modo frenetico, da dove era arrivati quei pensieri?
 Una mano si posò sulla sua spalla e Caroline ne rifuggì, sussultando per lo spavento. Si ritrovò ancorata con le unghie alla colonna intarsiata del camino, dove aveva posato la schiena.
Mise a fuoco il viso di Klaus e all’improvviso tutto il terrore svanì. Tirò un sospiro di sollievo e non potè notare l’espressione allarmata e sorpresa dell’ibrido che la stava fissando.
 Caroline sembrava… terrorizzata. Ma non da lui. No, lo aveva guardato negli occhi ed aveva distintamente potuto sentire il suo cuore calmare i suoi battiti, le sue limpidi iridi azzurre trovare pace. Cosa gli stava nascondendo?
 < Caroline?> domandò senza sapere cosa avesse mai potuto domandargli, ma fu lei a chiedere qualcosa.
 < La lettera, cosa significa?> domandò la ragazza senza preavviso, ancora col fiatone a causa dello spavento.
Klaus la guardò incerto. Non le aveva consegnato alcuna lettera.
Caroline sollevò la mano destra ed un libro familiare si parò davanti agli occhi dell’ibrido che emise un basso ringhio.
 < Come avete fatto a trovarlo qui dentro?> una domanda che fu più che altro una minaccia mentre si avvicinava a lei.
 < Non importa! Quello che importa è che dovevate consegnarmela prima di decidere di partire, prima di fare di testa vostra senza… chiedermi nulla! Allora ditemi, è più facile per voi dare la colpa a me per la vostra codardia? Temete di essere padre oppure il vostro amore non è eterno come credevo? Siete così cieco e bigotto da non voler crescere il figlio di un altro pur di avermi e preferite dare la colpa a me! Quando voi, voi siete l’artefice di tutto questo!> gli urlò contro Caroline, agitando il libro davanti i loro visi ormai vicinissimi. Erano entrambi furiosi e la luce delle fiamme tremolanti accentuava quell’intimità, quella foga.
Klaus afferrò il libro dalle mani di Caroline e lo gettò con violenza ai loro piedi prima di far passare le braccia sotto quelle di Caroline ed inchiodarla di nuovo alla colonna contro la quale poco prima era aggrappata. Caroline si portò automaticamente le braccia al collo, nessuna parte del loro corpo si stava toccando in quel momento eppure erano così vicini, respiro contro respiro e della prigione che volutamente Klaus aveva creato attorno a lei, poteva avvertirne il calore sulla pelle.
 < Io darei tutto per voi Caroline, tutto! La mia sanità mentale è già volata fuori da questa finestra a causa vostra, ho ipotecato tutta la mia vita per voi e lo rifarei, maledizione! Lo rifarei anche sapendo che sarebbe finita così! Farei ogni più stupido errore pur di avervi di nuovo tra le mie braccia, ma non posso crescere vostro figlio! E non perché non sarei disposto a farlo per voi! Ogni cosa creata dalle vostre mani per me sarebbe il tesoro più raro…> le grida furenti si affievolirono durante quell’ultima, sincera frase e Caroline si sentì mancare alla vista degli occhi di Klaus inumidirsi. Ma non aveva distolto lo sguardo dagli occhi di lei, continuava a guardarla… teneramente questa volta.
 < Ma sarei un pessimo padre. Non potrei insegnare nulla ad un figlio, potrei solo plagiarlo con la mia natura corrotta.> osservò ferito dalle sue stesse parole.
La mano di Caroline corse al viso di Klaus, carezzandone la leggera barba per perdersi in quei profondi e tormentati occhi blu.
 < No… gli insegnereste ad essere forte e coraggioso. Sapreste mostrargli cosa significa l’onore e sapreste mostrargli lo stesso affetto che mostrate a me. Gli errori di Mikael sono solo suoi… tu sei molto migliore di lui. Tu hai me.> era passata dal voi al tu, lo sapeva bene ma in quell’istante aveva capito tutte le paure di Klaus e per un attimo aveva sperato di poter dire quelle stesse parole all’uomo nel futuro che era veramente padre del cosino che portava in grembo, o cosina ovvio.
Klaus afferrò la mano che Caroline aveva posato sulla sua guancia, nella sua. Ne baciò il dorso, il palmo e ne inspirò  il profumo senza mai distogliere quello sguardo, ora indecifrabile, dal cielo azzurro che costudivano gli occhi di Caroline.
 < Avete sempre visto il meglio in me... potrei deludervi. > sussurrò l’ibrido portando l’altra mano tra i boccoli ribelli di Caroline e ponendo fine al poco spazio che intercorreva tra i loro corpi.
 < Conosco ogni meandro della vostra complessa e oscura anima. Non c’è nulla che non amo di voi, nulla che non capisca… così come voi sapete ogni cosa di me. So essere superficiale a volte eppure amate anche quel lato di me. So essere insicura, so essere molte cose ma voi non mi avete mai giudicata. Mi avete solo apprezzata.> e quelle parole le scaldarono il cuore. Non c’era bisogno che fosse Klaus a dirle, glielo aveva dimostrato in ogni modo possibile.
 < Come non si può amare un diamante raro come lo siete voi? La fiamma che alimenta la mia disperazione, la sorgente che lenisce ogni mia ferita.> sussurrò Klaus contro la sua guancia, posandovi un bacio che la fece tremare dalla testa ai piedi.
 < Siete uno splendido cigno.> il respiro caldo dell’Originale le scaldò il collo, solleticandola.
 < Mi sono sempre sentita così.> sussurrò Caroline in risposta, ad occhi chiusi.
  < Che volete dire?> domandò incuriosito l’ibrido mentre le posava una mano sul fianco e l’altra giocava seducentemente con le piume del suo corsetto, sfiorandole il seno.
 < La storia della mia vita. Sono stata un orribile anatroccolo per molto tempo, solo dopo… ho trovato il mio posto nel mondo. Mi sono tramutata in un cigno.> rispose con sincerità Caroline, ricordando i suoi cambiamenti. La ragazza superficiale ed insicura che era divenuta qualcos’altro, qualcun altro.
 < Avrei amato anche il brutto anatroccolo … ne sono sicuro.> quelle parole la resero così felice da farla sorridere e farle chiudere gli occhi allo stesso tempo, per assaporare quel momento al meglio. Sapere che Klaus avrebbe amato anche la Caroline che lei odiava era… totalizzante. La faceva sentire entusiasta sino all’inverosimile.
Le labbra di Klaus si posarono sul suo collo, baciandolo dolcemente mentre le sue mani risalivano i lati del corsetto con rude possessione.
 < La Guardia francese ha formato un presidio attorno a Parigi dopo la rivolta di oggi. Il popolo non resterà con le mani in mano, si è già sparsa voce che abbiano creato una loro personale armata, la Guardia Nazionale.> sussurrò Klaus contro il suo collo mentre insinuava una mano dentro il corsetto per afferrarle con gentilezza il seno.
Caroline sospirò pesantemente, trattenendo un gemito di piacere e si aggrappò alla nuca di Klaus con foga. Perché diavolo se la stava dicendo quelle parole proprio ora?
 Le labbra di Klaus si avventarono sulle sue in un bacio dolce, lento. Le loro lingue si sfiorarono gentilmente per incominciare una danza erotica, destabilizzante.
 < Domani mattina … se siamo fortunati, dovrebbero scoppiare dei focolai di rivolta in tutta la città. Se volete davvero venire con me, fatevi trovate all’ingresso di casa vostra con le vostre cose. Saranno tutti troppo impegnati a sedare le rivolte per badare a noi, ascolteranno le lamentele di vostro marito troppo tardi per raggiungerci. > le disse con voce ferma mentre posava la fronte contro quella di Caroline per guardarla negli occhi, ma non sciogliere la presa contro quel corpo esile e seducente.
Era in muta attesa. Solo i loro respiri accelerati ed il crepitio del fuoco ad interrompere quel silenzio.
Caroline gli sorrise, quei sorrisi genuini, solari quasi da bambina che solo lei sapeva rivolgergli e si avventò contro le labbra di Klaus in un bacio dirompente mentre sbottonava il gilet di Klaus con bisognosa fretta.
Klaus afferrò la parte finale del corsetto di Caroline e lo tirò verso di se, privandola immediatamente di quell’ostacolo grazie ai lacci che si era preoccupato di allentare poco prima.
Afferrò la grande gonna e chinandosi davanti a lei, la tirò a terra. Risalendo afferrò l’orlo della sua lunga camicia, l’unico intimo che indossava e privandola di quel solo pezzo di stoffa potè ammirare il suo splendido cigno completamente nudo davanti a lui.
Caroline lo privò allora della sola camicia che le impediva di osservare la pelle tesa del toccare del suo uomo.
Era strano non vedere lo splendido tatuaggio che aveva cominciato ad amare, lungo il braccio e la spalla destra di Klaus. Non che lo spettacolo non fosse magistrale ad ogni modo.
Sentì le mani di Klaus scivolare sinuose lungo le sue mani per intrecciare le loro dita. Portò le loro mani sopra la testa di Caroline e tornò a baciarla. Passionale ma dolce come solo lui sapeva essere.
Un rumore assordante li interruppe bruscamente e ancor prima che Klaus potesse coprirla con un abbraccio possessivo e ringhiare all’intruso “Fuori di qui!”, Caroline si accorse che era Rebekah l’ospite indesiderato così come potè capire dal suo sguardo sconvolto che non portava buone notizie.
 < Rebekah cosa diavolo…? Va fuori!> ruggì con tono rabbioso Klaus, parandosi davanti Caroline che afferrò da terra la sua lunga vestaglia per indossarla frettolosamente.
 < È vero? Dimmelo Caroline? È vero quello che ho dovuto tirare fuori a Robert soggiogandolo?> urlò la vampira che nel suo splendido vestito rosso sangue sembrava una vera furia.
Caroline la guardò sconvolta. Non poteva aver capito. Non poteva star parlando di quello che …
 < Di cosa parli Rebekah?> domandò Klaus ritrovando la calma. Sua sorella sembrava sconvolta, indossò di nuovo la camicia e si avvicinò a lei per posarle le mani sulle spalle ma Rebekah se lo sgrullò di dosso e lo superò. Non aveva occhi che per Caroline che si stava rivestendo a sguardo basso.
 < Dimmelo! Caroline dimmelo o giuro che soggiogherò anche te! > gridò la vampira parandosi davanti a lei. Non l’aveva mai vista più furiosa e allo stesso tempo ferita di così.
 < Rebekah smettila, cosa ti prende?> domandò irritato Klaus, allontanandola da Caroline e ponendosi tra le due ragazze.
Caroline non sapeva cosa dire, non sapeva nemmeno se si stesse riferendo a ciò che pensava. Sentì le lacrime affiorare ai suoi occhi e mentre Klaus guardava la sorella, scrollò la testa. No, non poteva parlarne, non con Klaus. Rebekah doveva capire.
 < L’ho morso. È riverso a terra, nel suo stesso sangue.> sputò fuori la vampira, sperando di ottenere in questo modo una confessione.
  < Cosa? Cosa hai fatto? Dov’è adesso?> chiese con urgenza Caroline mentre allacciava come poteva il suo corsetto.
  < Ti preoccupi per lui anche dopo che ti ha presa con la forza, mente era ubriaco? Non gli ho nemmeno fatto una domanda esplicita a riguardo. Ha vuotato il sacco da solo, piangendo. Si sentiva in colpa quella bestia e voleva pulirsi la coscienza raccontandolo a me. Mi avevi detto che … > ma Rebekah non ebbe tempo di finire il suo sfogo.
Klaus si voltò furente, le pupille dilatate e la mascella contratta a guardare Caroline.
 < È così che sei …?> ma non ebbe bisogno di concludere la domanda. Il viso pallido e sconvolto di Caroline non poteva lasciargli alcun dubbio.
 < Dov’è quel verme?> urlò Klaus, afferrando Rebekah per le spalle e sgrullandola con troppa forza.
 < No! Klaus non fa niente! Robert è un uomo dolce, sono sua moglie e non ha più importanza! > gridò allora Caroline, in preda al panico.
 < Dov’è Rebekah?> urlò completamente fuori di sé.
 < In giardino.> sussurrò la vampira, scioccata dalla furia che aveva letto negli occhi ormai gialli di suo fratello.
Klaus si voltò pronto a sgozzare quell’essere schifoso, ma Caroline si pose davanti a lui, poggiando entrambe la mani sul suo petto come se con quella mossa avesse potuto bloccare l’ibrido Originale.
 < Ricordi? Io e Robert siamo amici d’infanzia! Sei stato proprio tu a dirmelo! Hai scelto male il mio futuro sposo! Ora non puoi lavarti le mani in questo modo, uccidendolo! È il padre di mio  figlio, dannazione!> a domandarsi perché volesse così dannatamente salvare Robert era solo una piccola ed oscura parte della sua mente che Caroline cercò di ignorare. Sapeva di volere bene a suo marito, sapeva che in fondo anche lui era una vittima innocente delle trame di Klaus, sapeva che era il padre del bambino che portava in grembo e sapeva che non importava quanto quell’uomo avesse potuto farle del male, la sua era un vita. Una vita da salvare.
 < Ti ostini tanto a difenderlo, marcisci con lui nel tuo inferno personale allora!> urlò Klaus, riprendendo la sua giacca ed uscendo da quella stanza, infuriato e tremante.
Era stato un colpo basso quello di Caroline… ricordargli che ogni pena, ogni ostacolo al loro amore era stata involontariamente creata da lui stesso. Era stato troppo orgoglioso per capire di amarla alla follia quando era ancora in tempo per non renderle la vita un inferno.
Ed adesso Robert era il padre del bambino di Caroline, glielo aveva ricordato proprio lei. Come poteva competere con quello? Le aveva fatto del male eppure continuava a difenderlo!
In un attimo di dolorosa realizzazione Klaus capì che non era Robert l’uomo che aveva ferito Caroline, quell’uomo era stato lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Allora prima di tutto BUON SAN VALENTINO fanciulle questo capitolo è il regalo per voi!
Ora passiamo alle “cattive” notizie: non so se riuscirò a pubblicare la settimana prossima e mi dispiace davvero tanto, ma due esami insieme, per non dire tre non aiutano…affatto! Ad ogni modo controllate, non si sa mai ;).
Volevo prendermi un angoletto per ringraziare tutte le fantastiche e folli ragazze del gruppo klaroline efp di Facebook che condividono con me la mia pazzia e ringraziare tutte voi lettrici, silenziose e soprattutto non.
Scrivere è difficile e mettersi in discussione è la prima regola del gioco quindi le vostre stupende parole mi donano ispirazione e voglia di continuare. Grazie.
Passiamo ora all’argomento scottante … Quanto sono stata sadica in questo capitolo? Tanto, lo so. Ecco potete ufficialmente dare la colpa ad Elyxa85 ( che sta scrivendo una ff klaroline molto, molto, molto bella ispirata a Via col vento: “ Gone with the wind… into a new life” vi suggerisco di andare a leggerla! Di corsa, ma proprio di corsa ;) ).
E a LaPerla ( “Nelle tue mani” altra storia klaroline degna e più che degna di essere letta tutta d’un fiato ) e alla mia cara Vanessa, che mi invogliano/non invogliano al sadismo più sfrenato, un grande grazie con tutto il cuore. Se dovessi iniziare a ringraziare chi ho in mente non la finirei più, ma a voi è DOVUTO:
Theresa, Hope, Mery, Giusy, Laura, Alice, Sibilla ( ve lo devo proprio dire ) GRAZIE!
Sto scrivendo un papiro… quindi la smetto qui e risponderò a tutte le vostre domande riguardanti il capitolo nei commenti! Un bacione grande, grande e perdonatemi se ho dimenticato qualcuno!  Con affetto… Maga Magò ;)
  
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