TANABATA MATSURI - Il ricongiugersi delle Anime Simili
Ed/Mark: Similitudini
CAPITOLO 1 : Wakashimazu
Il frinire incessante delle cicale, lo scorrere del fiume poco lontano e il fedele
cane, erano la sua unica compagnia in quel luogo isolato e impervio del parco
naturale della sua città. Proprio come quando era ancora un ragazzino e andava
spesso in quei boschi, per meditare e accentuare la potenza delle sue mosse di
karate colpendo i tronchi degli alberi a mani e piedi nudi.
"Non è un’altra persona che ci
educa, ma noi stessi." gli aveva detto suo padre e sensei, quel
giorno in cui ascese al quinto dan. "Il
maestro è una guida ma, come recita un detto zen, solo quando l’allievo è
pronto, il Maestro compare”.
Nella forte luce di quel pomeriggio estivo, in un cielo reso terso e limpido
dal recente temporale, colpo dopo colpo l’abile karateka sembrava volare, e le
sue mosse perfette si abbattevano inesorabili sull’albero che aveva di fronte.
Le strette polsiere che indossava evidenziavano ancor di più i muscoli e
le vene in tensione degli avambracci; ad ogni suo balzo e movimento, ondeggiava
in modo quasi coreografico la lunga e folta capigliatura corvina, e tante
minuscole gocce di sudore scintillavano nel sole, spargendosi ovunque.
C'era riuscito di nuovo.
Il cagnolino, che
incredibilmente era rimasto immobile e in silenzio vicino al ragazzo, appena
capì che questi aveva finito, cominciò a scodinzolare, e a salire con le
zampette anteriori sulla gamba del suo padrone per essere preso in braccio.
Ken raccolse la bestiola ormai anziana, la strinse affettuosamente al petto accarezzandola e sedette poi a terra, poggiando la schiena sul tronco di quell’albero secolare che l’aveva visto crescere, e a cui chiese ancora una volta scusa per i colpi inferti. Chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì, i suoi pensieri fluttuarono verso il cielo azzurro e privo di nubi. Il cielo ideale per la notte del sette luglio.
“C'era una volta una principessa chiamata Orihime,
figlia del dio Tentei … Hikoboshi, lavorava invece come mandriano dall'altra
parte di Amanogawa, il Fiume Celeste. I due si innamorarono; ma il loro amore
era così grande che non riuscirono più a pensare e fare altro, se non stare
sempre insieme, trascurando i loro doveri”.
Ken se lo ricordava come fosse
ieri: la figura imponente di suo padre, inginocchiata di fronte a lui
bambino, mentre lo preparava per andare al grande matsuri del
quartiere. Per tutta la sua infanzia, ogni anno il rituale era sempre stato lo
stesso. Suo padre, notoriamente poco loquace come lui, si entusiasmava sempre
quando si trattava di raccontare per l’ennesima volta di storie e tradizioni
giapponesi.
“Il dio ordinò loro di tornare a darsi da fare come
una volta, ma i due decisero di non ubbidire. Furioso, li separò, ponendo tra
loro due l'Amanogawa ed espandendolo tanto da impedire a chiunque di riuscire
ad attraversarlo” continuava suo padre,
mentre gli stringeva in vita l’obi dello yukata.
“La principessa divenne triste e iniziò a piangere
senza sosta. Hikoboshi, infelice senza di lei, non riuscì comunque a fare più
nulla. Il dio, fermo nella sua decisione, ma impietosito, diede così il
permesso agli innamorati di vedersi soltanto una volta all'anno, nella notte
del settimo giorno del settimo mese, a condizione che lavorassero seriamente
tutti gli altri giorni. Hikoboshi e Orihime fecero come fu detto loro e da
allora presero ad aspettare speranzosi quel giorno ogni anno, a Tanabata, per
l'appunto, quando vediamo le stelle Vega e Altair vicine nel cielo. Ma se proprio
in quel giorno il tempo diventa piovoso, i due sono destinati a non riuscire a
vedersi, dovendo aspettare per questo un altro lunghissimo anno”.
La piccola mente già intrisa
di ideali e desiderio di conoscenza, ma ancora non attraversata dall’adolescenziale
esigenza di libertà dagli obblighi e tradizioni familiari, non poté fare a meno
di essere affascinata da quella leggenda senza tempo, che ancora oggi continua ad
essere impressa nelle giovani generazioni nipponiche modernizzate e ipertecnologiche.
Tanti ragazzi continuano ad appendere i loro tanzaku, in cui chiedono
fortuna in amore, nello studio o nel lavoro.
“E’ una leggenda triste però, papà” osservò il piccolo Ken con decisione.
“Non del tutto figliuolo. Ci vuol dire che anche la
più pura delle passioni non deve mai possederci del tutto; ma pure che, se due
persone sono legate dal filo rosso, non si perderanno mai e saranno sempre
destinate a rincontrarsi. Perché sono la metà della stessa anima. Quando sarai
più grande… lo capirai meglio!” rispose con un sorriso Wakashimazu-sama, accarezzando e scompigliando
la zazzeretta corvina di Ken.
Oltre alla magia e all’aria
di gioia che si respirava in quella ricorrenza - persino nel poco ameno
quartiere in cui viveva - il ricordo d’infanzia di Ken era reso ancor più dolce
dal fatto che era in momenti come quelli che suo padre metteva da parte la sua
abituale austerità, e il suo rigore di altri tempi, per lasciarsi andare anche
a gesti più fisici di affetto. Ma, nonostante la sua severità, non si poteva
dire che Wakashimazu-sama non fosse stato un padre presente e amorevole; e
quella sintonia, anche spirituale, che da sempre aveva avuto con il suo
secondogenito(4), fu solo in parte scalfita
dagli anni della ribellione, per poi essere ritrovata più forte di prima.
Casa. Ken Wakashimazu, noto
per essere sempre stato il ribelle della famiglia, non avrebbe mai immaginato
di desiderarla così tanto. Persino le strade sempre più malandate del suo
quartiere gli erano mancate. Ma era il suo posto, quello in cui era nato.
In cui, volente o nolente, c'era gente simile a lui.
Era cresciuto in un
ambiente dove non ci si poteva permettere di mostrarsi deboli o gentili. Anche
lui aveva imparato a guardarsi sempre alle spalle, e non solo perché era un
karateka, da ancor prima di imparare a leggere(5).
Anche in questo, almeno
apparentemente, lui e il suo concittadino Kojiro Hyuga si somigliavano. E per
quanto avessero, col tempo, imparato ad aprirsi maggiormente agli altri e
ad anteporre il loro individualismo al servizio della squadra, fu questo il primo
forte aspetto in comune che entrambi sentirono di avere; seguito poi dall'indole
estremamente orgogliosa, combattiva e competitiva. Che erano stati, ovviamente, la causa
degli inizi non proprio idilliaci della loro amicizia(6).
Per quanto fosse stato appunto un ribelle, ed
intrapreso strade anche lontane dall’educazione familiare ricevuta, Ken non
poteva cancellare da se stesso la cultura tradizionale in cui era cresciuto. Da
sempre così idealista, e con un certo antico spirito romantico, la storia d’amore di Hikoboshi e Orihime da bambino lo colpì
moltissimo. Avrebbe voluto tanto avere una persona da amare così un
giorno, pure se all’apparenza poteva esserci qualcosa di sbagliato o esagerato;
una persona così unica e speciale, per la quale arrivare anche a rischiare tutto. Una persona, appunto.
Ken non si era mai definito omosessuale.
Semplicemente, nel momento in cui aveva iniziato a crescere e cominciato ad
avvertire certi istinti naturali, non si era mai chiesto come dovesse essere una
ragazza per piacergli. Non ne aveva la più pallida idea. Né aveva iniziato a
sentire il desiderio, sia fisico che sentimentale, di avere proprio una ragazza, così come succedeva
alla maggior parte dei suoi coetanei. Desiderava semplicemente incontrare qualcuno, qualcuno di straordinario, che gli somigliasse, in cui proiettarsi e riconoscersi, ma che nel contempo dimostrasse
a lui, orgoglioso e immodesto piccolo guerriero, di essergli superiore.
Non aveva mai considerato l’Amore un’esclusiva tra un
uomo e una donna, bensì semplicemente tra due anime simili, magari provenienti
da mondi diversi, legate da un filo rosso e destinate inevitabilmente ad amarsi
ed essere legate per sempre, pure se non unite.
Un po' come alla fine il destino aveva deciso per lui. O forse come, purtroppo,
aveva deciso quella sua impulsiva decisione quella sera di febbraio(7).
Non che prima andasse tutto liscio tra loro. Quella
primavera ad Okinawa, in cui lui e Kojiro Hyuga cedettero per l’ennesima
volta a quei sentimenti sempre più forti e dirompenti, che possedevano un
qualcosa di ancor più profondo dei loro corpi e dei loro cuori, capirono che non
sarebbe stato facile affrontare la vita di tutti i giorni. E forse, non ne
avevano nemmeno ancora il coraggio. Ma si ripromisero che lì, Okinawa, sarebbe
stato per sempre il loro posto, qualsiasi cosa fosse successa.
“E lì, ad Okinawa, dopo che abbandonai la Nippon Youth, tu invece trovasti
quello che poi ci avrebbe separato”
***
KEN
Mi sono sempre illuso che in realtà lei fosse stata un
rimpiazzo, un momento di debolezza dovuto al mio abbandono(8). E invece avete continuato a sentirvi, e anche a vedervi. Non
saprai mai con quale animo sono sceso in campo quel giorno contro l’Uruguay(9). E quando sei tornato al termine del campionato italiano,
è stata lei la prima persona che hai
voluto vedere.
Io
l’avevo capito già da tanto e, ad un certo punto, nemmeno
tu hai potuto più nascondermelo. Ma non te ne faccio un biasimo,
perché
anche in questo ti conosco e siamo simili. Sei impulsivo come me in
tutto, ma non sui
sentimenti. Non è una cosa che prendiamo tanto alla leggera,
pure se abbiamo
fatto i nostri sbagli e fatto soffrire qualche persona. E
quindi… se alla fine hai
preso questa decisione, vuol dire che è maturata a lungo dentro
di te.
E' finita, sì. Ci siamo rivisti solo una volta in
questi giorni, ma non è più come prima. Forse sono io quello che ha sbagliato.
Mi sono tormentato mille volte chiedendomi: “E se invece fossi rimasto quel giorno?
Davvero le cose erano destinate ad andare così?”
E perché, maledizione, ho parato il tuo Tiger Shot?
Forse sarebbe stato meglio se mi avesse per davvero tramortito.
“Ti prego,
Wakashimazu, devi restare!” (10)
“Ho sbagliato”, vado ripetendomi ancora. Forse ho
anteposto me stesso e il mio orgoglio a discapito della Nazionale e delle
promesse fatte, anche a quelle tra noi due. Ma anche tu mi hai ferito quella sera.
Mi sono sentito così lontano da te… sembrava che le nostre anime non fossero
più all'unisono come una volta. Lo sentivo già da qualche tempo. Come hai potuto parlarmi in
quel modo, proprio tu?
“E questo che
significa? Che ti importa? I Mondiali non li vincono solo i titolari, ma anche
le riserve, il Mister e i suoi collaboratori, il direttore sportivo, i
tifosi... Tutti danno il loro contributo!”
“Capitano
Hyuga! Tu allora non daresti tanta importanza al tuo ruolo di cannoniere della
Nazionale?” (13)
Come hai potuto parlarmi proprio tu così? Tu non avresti mai accettato di essere una riserva
nel tuo ruolo. Dovevi conoscermi dopo tanti anni insieme... e non avresti
dovuto dirmele quelle parole! Io non accetto di essere dichiarato sconfitto
ancor prima di lottare. Io sono un combattente come e quanto te, e come te non ho mai voluto voglio essere secondo
a nessuno, men che meno nel tuo cuore. Ma è successo. O perlomeno, non
sono stato più l'unico.
La verità forse è che io non avrei mai potuto darti quello che una parte di
te desidera realizzare. Ma lei sì. Pure se non l'amerai mai quanto hai amato me. Ne sono certo…
o comunque, lascia che mi illuda a crederlo. Lei è la via più facile. Lei rappresenta
il futuro, il nuovo, la serenità. Io no. Siamo troppo simili dentro per
donarci pace. Allora… forse è stato un bene che io mi sia allontanato, che quel
momento di crisi abbia accelerato ciò che era già destinato a finire.
E allora perché non mi rassegno, perché sono ancora
qui a pensarti, nonostante abbia fatto di tutto per non farlo e provato ad
avere altre relazioni, che non sono mai riuscito a portare avanti?
Mi sono sempre chiesto cosa intendessero le persone quando ci dicevano "Voi due siete proprio simili!". Se era semplicemente per il
fatto che stessimo sempre insieme e andassimo pure d'accordo. Il che, considerati i
nostri pessimi e asociali caratteri, era tutto dire. O forse si
riferivano a qualcosa di più profondo, che solo pochi potevano realmente
afferrare.
Io non mi sono mai sentito simile a te. La verità è che avrei voluto essere te.
Ma ora lo so cosa vedevano in noi... quello che forse invece eri tu
l'unico a non voler vedere...
THE
DOORS - The Crystal Ship (La Nave di
Cristallo)
Before you slip into unconsciousness
(Prima che tu scivoli nell'incoscienza)
I'd like to have
another kiss (Vorrei avere un altro bacio)
Another flashing chance at bliss (Un' altra veloce chance di felicità)
Another kiss,
another kiss (Un altro bacio, un altro bacio)
The days are bright and filled with pain (I giorni sono luminosi e
riempiti di dolore)
Enclose me in your
gentle rain (Rinchiudimi nella tua dolce pioggia)
The time you ran was
too insane (Il tempo da cui correvi era troppo pazzo)
We'll meet again, we'll meet again (Ma noi ci incontreremo ancora, ci
incontreremo ancora)
Oh, tell me where
your freedom lies (Oh, dimmi dov'è la tua libertà fasulla)
The streets are
fields that never die <3 (Le strade sono campi che non muoiono mai)
Deliver me from
reasons why (Salvami dalle ragioni, perché)
You'd rather cry,
I'd rather fly (mentre tu preferiresti
piangere, io preferirei volare.)
The crystal ship is
being filled (La nave di cristallo si sta riempiendo)
A thousand girls, a
thousand thrills (Un migliaio di ragazze, un migliaio di
brividi)
A million ways to
spend your time (Un milione di modi per passare il tuo tempo)
When we get back,
I'll drop a line (Quando ritorneremo, ti scriverò qualcosa)
(1) Kintsugi:
Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, ingrandiscono il danno riempendo la
spaccatura con dell’oro. Credono che quando qualcosa ha subito un danno, ha una
storia e diventa più bello. La pratica nasce dall'idea che
dall'imperfezione e da una ferita, possa nascere una forma ancora maggiore di
perfezione estetica e interiore
(3) Prodezza di Ken della puntata 20 di “Captain Tsubasa J”.
(4) Nel
manga, scopriamo che Ken ha un fratello in quanto lo nomina in un suo flashback
durante la finale Toho - Nankatsu delle scuole medie (vol. 22, pag.147). Non è dato
sapere se sia maggiore o minore di lui, ma l’insistenza di Wakashimazu-sensei
nel volere Ken come suo successore al dojo (gli dice testualmente: “Sì, ma vorrei che fossi proprio tu ad occupartene e a collaborare con
me per diffondere il karate
wakadoryu”), dopo che il ragazzo gli ha detto: “Se non sarò io a prendere il
tuo posto nel dojo, ci sarà sempre mio fratello”, mi hanno fatto sempre
pensare che avesse delle doti così eccezionali nel karate, da essere superiori
a quelle di un eventuale primogenito, che in genere è il successore.
(5) Testuali
parole di Mr.Kira nella puntata 40 di
“Holly e Benji Due Fuoriclasse”.
(6) Puntata 28, “Captain Tsubasa J”: Mr.Kira, ricorda la sfida nei boschi che Kojiro
lancia a Ken. Quest’ultimo, sembra enormemente infastidito dal capitano del
Meiwa, al punto da minacciarlo: “Sta’ zitto e non dire fesserie (nella
realtà avrebbe detto “cazzate” ^^). Ringrazia che non sono un attaccabrighe,
ed ora prendi il tuo pallone e vattene!”.
(7) Volume 40, pag. 119 del WY: “Alla fine di febbraio, Ken Wakashimazu lascia la Nazionale
giovanile”
(8) Guarda caso, il pg di Maki Akamine entra in scena dopo l’abbandono
della Nippon Youth di Wakashimazu e il successivo ‘esilio’ di Kojiro ad
Okinawa. E la sottoscritta vi ha sempre visto un forte significato simbolico (sigh!).
(10) vol. 40, pag. 112 del WY: nella traduzione inglese, Hyuga dice a Ken, sotto gli occhi allibiti di Takeshi: “I beg you, Wakashimazu”
(11) testuali parole di Kojiro, pag. 109, vol.40 del WY
(12 ) vedi OAV "CT: Saikyo No Teki - Holland Youth"
(13) pag. 109, vol. 40 del WY
(14) testuali parole di Ken, pag. 119, vol.40 del WY