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Autore: captainhyuga    14/02/2014    0 recensioni
"Tutti hanno sempre trovato delle somiglianze tra noi. Io invece, ho sempre pensato che ci fosse una grande differenza tra quel coraggio e quello spirito estremamente competitivo e combattivo che dicevano avessimo in comune. Perché io li avevo appresi a parole e sul tatami, tu dalla vita. Pochi hanno capito che quell’apparente somiglianza tra me e te, altro non era che il mio tentativo di essere come te."
"Più mi tenevi testa, ed eri l’unico sulla faccia della terra, più ti ammiravo. Quando lo facevi tu, non so perché, riuscivo a sopportarlo, come se fosse la prova che eri simile a me. E ne ero felice. Tu hai deciso che sarei diventato il tuo Capitano solo dopo essere stato sconfitto… e non sapevi nulla di me, della mia vita. Ma l’hai accettato solo perché ho dimostrato di avere il tuo stesso spirito: quello di un orgoglioso combattente."
Ken Wakashimazu X Kojiro Hyuga: Similitudini
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 1: Wakashimazu

TANABATA MATSURI - Il ricongiugersi delle Anime Simili

posto al VI° concorso ELF "Canon/Fanon Contest" indetto da Karon.




Ed/Mark: Similitudini

CAPITOLO 1 : Wakashimazu

 

Il frinire incessante delle cicale, lo scorrere del fiume poco lontano e il fedele cane, erano la sua unica compagnia in quel luogo isolato e impervio del parco naturale della sua città. Proprio come quando era ancora un ragazzino e andava spesso in quei boschi, per meditare e accentuare la potenza delle sue mosse di karate colpendo i tronchi degli alberi a mani e piedi nudi.

Da allora, fisicamente non era cambiato molto Ken Wakashimazu, se non nel diventare un giovane e bellissimo uomo, così come già prometteva ai tempi il suo acerbo aspetto di adolescente. Ma il suo cuore, e soprattutto il suo animo, non erano più quelli di dieci anni prima. Erano ora indelebilmente incisi come il tronco di quell'albero che stava tormentando, così come lo erano le sue grandi mani: affusolate ed eleganti all'apparenza, ma forti come tenaglie, ruvide e segnate al tocco. E proprio come quando un oggetto si rompe, e riparandolo diventa più bello(1), aveva anche raggiunto il quinto dan(2), il primo grado della maestria spirituale Kodansha: il livello dei veri maestri del Budō, coloro che hanno raggiunto la maturità spirituale di un uomo. Era diventato un sensei a tutti gli effetti. E quindi, era ora che anche il suo cuore e le sue passioni iniziassero seriamente quel cammino verso l'equilibrio e la saggezza, che deve percorrere chi ha scelto di seguire il con tutto se stesso.


"Non è un’altra persona che ci educa, ma noi stessi." gli aveva detto suo padre e sensei, quel giorno in cui ascese al quinto dan. "Il maestro è una guida ma, come recita un detto zen, solo quando l’allievo è pronto, il Maestro compare”.

La sua vita era arrivata veramente ad una svolta, molto più di quando abbandonò la Nippon Youth. Ma prima doveva riconciliarsi con il passato.

 

Nella forte luce di quel pomeriggio estivo, in un cielo reso terso e limpido dal recente temporale, colpo dopo colpo l’abile karateka sembrava volare, e le sue mosse perfette si abbattevano inesorabili sull’albero che aveva di fronte. Le strette polsiere che indossava evidenziavano ancor di più i muscoli e le vene in tensione degli avambracci; ad ogni suo balzo e movimento, ondeggiava in modo quasi coreografico la lunga e folta capigliatura corvina, e tante minuscole gocce di sudore scintillavano nel sole, spargendosi ovunque.


Dopo un po’, l’esercitazione solitaria del ragazzo volse al termine. Si fermò di fronte all’albero, chiuse gli occhi, unì le mani e divaricò leggermente le gambe. Un leggero alito di vento fece cadere una foglia in perpendicolare lungo il tronco. Fu un attimo; sempre tenendo gli occhi chiusi, con uno scatto fulmineo del braccio destro, infilzò la foglia con le dita(3)

C'era riuscito di nuovo.

Il cagnolino, che incredibilmente era rimasto immobile e in silenzio vicino al ragazzo, appena capì che questi aveva finito, cominciò a scodinzolare, e a salire con le zampette anteriori sulla gamba del suo padrone per essere preso in braccio.

Ken raccolse la bestiola ormai anziana, la strinse affettuosamente al petto accarezzandola e sedette poi a terra, poggiando la schiena sul tronco di quell’albero secolare che l’aveva visto crescere, e a cui chiese ancora una volta scusa per i colpi inferti. Chiuse per un attimo gli occhi e quando li riaprì, i suoi pensieri fluttuarono verso il cielo azzurro e privo di nubi. Il cielo ideale per la notte del sette luglio.


“C'era una volta una principessa chiamata Orihime, figlia del dio Tentei … Hikoboshi, lavorava invece come mandriano dall'altra parte di Amanogawa, il Fiume Celeste. I due si innamorarono; ma il loro amore era così grande che non riuscirono più a pensare e fare altro, se non stare sempre insieme, trascurando i loro doveri”.


Ken se lo ricordava come fosse ieri: la figura imponente di suo padre, inginocchiata di fronte a lui bambino, mentre lo preparava per andare al grande matsuri del quartiere. Per tutta la sua infanzia, ogni anno il rituale era sempre stato lo stesso. Suo padre, notoriamente poco loquace come lui, si entusiasmava sempre quando si trattava di raccontare per l’ennesima volta di storie e tradizioni giapponesi.


“Il dio ordinò loro di tornare a darsi da fare come una volta, ma i due decisero di non ubbidire. Furioso, li separò, ponendo tra loro due l'Amanogawa ed espandendolo tanto da impedire a chiunque di riuscire ad attraversarlo”
continuava suo padre, mentre gli stringeva in vita l’obi dello yukata.

“La principessa divenne triste e iniziò a piangere senza sosta. Hikoboshi, infelice senza di lei, non riuscì comunque a fare più nulla. Il dio, fermo nella sua decisione, ma impietosito, diede così il permesso agli innamorati di vedersi soltanto una volta all'anno, nella notte del settimo giorno del settimo mese, a condizione che lavorassero seriamente tutti gli altri giorni. Hikoboshi e Orihime fecero come fu detto loro e da allora presero ad aspettare speranzosi quel giorno ogni anno, a Tanabata, per l'appunto, quando vediamo le stelle Vega e Altair vicine nel cielo. Ma se proprio in quel giorno il tempo diventa piovoso, i due sono destinati a non riuscire a vedersi, dovendo aspettare per questo un altro lunghissimo anno”.


La piccola mente già intrisa di ideali e desiderio di conoscenza, ma ancora non attraversata dall’adolescenziale esigenza di libertà dagli obblighi e tradizioni familiari, non poté fare a meno di essere affascinata da quella leggenda senza tempo, che ancora oggi continua ad essere impressa nelle giovani generazioni nipponiche modernizzate e ipertecnologiche. Tanti ragazzi continuano ad appendere i loro tanzaku, in cui chiedono fortuna in amore, nello studio o nel lavoro.


“E’ una leggenda triste però, papà”
osservò il piccolo Ken con decisione.

“Non del tutto figliuolo. Ci vuol dire che anche la più pura delle passioni non deve mai possederci del tutto; ma pure che, se due persone sono legate dal filo rosso, non si perderanno mai e saranno sempre destinate a rincontrarsi. Perché sono la metà della stessa anima. Quando sarai più grande… lo capirai meglio!” rispose con un sorriso Wakashimazu-sama, accarezzando e scompigliando la zazzeretta corvina di Ken.


Oltre alla magia e all’aria di gioia che si respirava in quella ricorrenza - persino nel poco ameno quartiere in cui viveva - il ricordo d’infanzia di Ken era reso ancor più dolce dal fatto che era in momenti come quelli che suo padre metteva da parte la sua abituale austerità, e il suo rigore di altri tempi, per lasciarsi andare anche a gesti più fisici di affetto. Ma, nonostante la sua severità, non si poteva dire che Wakashimazu-sama non fosse stato un padre presente e amorevole; e quella sintonia, anche spirituale, che da sempre aveva avuto con il suo secondogenito(4), fu solo in parte scalfita dagli anni della ribellione, per poi essere ritrovata più forte di prima.

 

Casa. Ken Wakashimazu, noto per essere sempre stato il ribelle della famiglia, non avrebbe mai immaginato di desiderarla così tanto. Persino le strade sempre più malandate del suo quartiere gli erano mancate. Ma era il suo posto, quello in cui era nato. In cui, volente o nolente, c'era gente simile a lui.

Era cresciuto in un ambiente dove non ci si poteva permettere di mostrarsi deboli o gentili. Anche lui aveva imparato a guardarsi sempre alle spalle, e non solo perché era un karateka, da ancor prima di imparare a leggere(5).

Anche in questo, almeno apparentemente, lui e il suo concittadino Kojiro Hyuga si somigliavano. E per quanto avessero, col tempo, imparato ad aprirsi maggiormente agli altri e ad anteporre il loro individualismo al servizio della squadra, fu questo il primo forte aspetto in comune che entrambi sentirono di avere; seguito poi dall'indole estremamente orgogliosa, combattiva e competitiva. Che erano stati, ovviamente, la causa degli inizi non proprio idilliaci della loro amicizia(6).

Per quanto fosse stato appunto un ribelle, ed intrapreso strade anche lontane dall’educazione familiare ricevuta, Ken non poteva cancellare da se stesso la cultura tradizionale in cui era cresciuto. Da sempre così idealista, e con un certo antico spirito romantico, la storia d’amore di Hikoboshi e Orihime da bambino lo colpì moltissimo. Avrebbe voluto tanto avere una persona da amare così un giorno, pure se all’apparenza poteva esserci qualcosa di sbagliato o esagerato; una persona così unica e speciale, per la quale arrivare anche a rischiare tutto. Una persona, appunto.

Ken non si era mai definito omosessuale. Semplicemente, nel momento in cui aveva iniziato a crescere e cominciato ad avvertire certi istinti naturali, non si era mai chiesto come dovesse essere una ragazza per piacergli. Non ne aveva la più pallida idea. Né aveva iniziato a sentire il desiderio, sia fisico che sentimentale, di avere proprio una ragazza, così come succedeva alla maggior parte dei suoi coetanei. Desiderava semplicemente incontrare qualcuno, qualcuno di straordinario, che gli somigliasse, in cui proiettarsi e riconoscersi, ma che nel contempo dimostrasse a lui, orgoglioso e immodesto piccolo guerriero, di essergli superiore.

Non aveva mai considerato l’Amore un’esclusiva tra un uomo e una donna, bensì semplicemente tra due anime simili, magari provenienti da mondi diversi, legate da un filo rosso e destinate inevitabilmente ad amarsi ed essere legate per sempre, pure se non unite.
Un po' come alla fine il destino aveva deciso per lui. O forse come, purtroppo, aveva deciso quella sua impulsiva decisione quella sera di febbraio(7).

Non che prima andasse tutto liscio tra loro. Quella primavera ad Okinawa, in cui lui e Kojiro Hyuga cedettero per l’ennesima volta a quei sentimenti sempre più forti e dirompenti, che possedevano un qualcosa di ancor più profondo dei loro corpi e dei loro cuori, capirono che non sarebbe stato facile affrontare la vita di tutti i giorni. E forse, non ne avevano nemmeno ancora il coraggio. Ma si ripromisero che lì, Okinawa, sarebbe stato per sempre il loro posto, qualsiasi cosa fosse successa.

“E lì, ad Okinawa, dopo che abbandonai la Nippon Youth, tu invece trovasti quello che poi ci avrebbe separato”

 

***

KEN

Mi sono sempre illuso che in realtà lei fosse stata un rimpiazzo, un momento di debolezza dovuto al mio abbandono(8). E invece avete continuato a sentirvi, e anche a vedervi. Non saprai mai con quale animo sono sceso in campo quel giorno contro l’Uruguay(9). E quando sei tornato al termine del campionato italiano, è stata lei la prima persona che hai voluto vedere.

Io l’avevo capito già da tanto e, ad un certo punto, nemmeno tu hai potuto più nascondermelo. Ma non te ne faccio un biasimo, perché anche in questo ti conosco e siamo simili. Sei impulsivo come me in tutto, ma non sui sentimenti. Non è una cosa che prendiamo tanto alla leggera, pure se abbiamo fatto i nostri sbagli e fatto soffrire qualche persona. E quindi… se alla fine hai preso questa decisione, vuol dire che è maturata a lungo dentro di te.

 
E' finita, sì. Ci siamo rivisti solo una volta in questi giorni, ma non è più come prima. Forse sono io quello che ha sbagliato. Mi sono tormentato mille volte chiedendomi:  “E se invece fossi rimasto quel giorno? Davvero le cose erano destinate ad andare così?”

E perché, maledizione, ho parato il tuo Tiger Shot? Forse sarebbe stato meglio se mi avesse per davvero tramortito.

 
“Ti prego, Wakashimazu, devi restare!” 
(10)

 
“Ho sbagliato”, vado ripetendomi ancora. Forse ho anteposto me stesso e il mio orgoglio a discapito della Nazionale e delle promesse fatte, anche a quelle tra noi due. Ma anche tu mi hai ferito quella sera. Mi sono sentito così lontano da te… sembrava che le nostre anime non fossero più all'unisono come una volta. Lo sentivo già da qualche tempo. Come hai potuto parlarmi in quel modo, proprio tu?

 
“E questo che significa? Che ti importa? I Mondiali non li vincono solo i titolari, ma anche le riserve, il Mister e i suoi collaboratori, il direttore sportivo, i tifosi... Tutti danno il loro contributo!” 


Poi ci siamo chiariti, ma quelle parole mi bruciano ogni volta che le ricordo. Fino ad allora, non avevi mai ragionato con me in quel modo. Fino a pochi mesi prima, avresti fatto di tutto per sostenere il mio posto di portiere titolare. (12)


“Capitano Hyuga! Tu allora non daresti tanta importanza al tuo ruolo di cannoniere della Nazionale?” (13

 
Come hai potuto parlarmi proprio tu così? Tu non avresti mai accettato di essere una riserva nel tuo ruolo. Dovevi conoscermi dopo tanti anni insieme... e non avresti dovuto dirmele quelle parole! Io non accetto di essere dichiarato sconfitto ancor prima di lottare. Io sono un combattente come e quanto te, e come te non ho mai voluto voglio essere secondo a nessuno, men che meno nel tuo cuore. Ma è successo. O perlomeno, non sono stato più l'unico.

La verità forse è che io non avrei mai potuto darti quello che una parte di te desidera realizzare. Ma lei sì. Pure se non l'amerai mai quanto hai amato me. Ne sono certo… o comunque, lascia che mi illuda a crederlo. Lei è la via più facile. Lei rappresenta il futuro, il nuovo, la serenità. Io no. Siamo troppo simili dentro per donarci pace. Allora… forse è stato un bene che io mi sia allontanato, che quel momento di crisi abbia accelerato ciò che era già destinato a finire.


“Ormai è giunto il momento che noi due ci separiamo”. (14


E allora perché non mi rassegno, perché sono ancora qui a pensarti, nonostante abbia fatto di tutto per non farlo e provato ad avere altre relazioni, che non sono mai riuscito a portare avanti?


Mi sono sempre chiesto cosa intendessero le persone quando ci dicevano "Voi due siete proprio simili!". Se era semplicemente per il fatto che stessimo sempre insieme e andassimo pure d'accordo. Il che, considerati i
nostri pessimi e asociali caratteri, era tutto dire. O forse si riferivano a qualcosa di più profondo, che solo pochi potevano realmente afferrare.

Tutti hanno sempre trovato delle somiglianze tra noi. Io invece ho sempre pensato che ci fosse una grande differenza tra quel coraggio e quello spirito estremamente competitivo e combattivo che dicevano avessimo in comune. Perché io li avevo appresi a parole e sul tatami, tu dalla vita. Pochi hanno capito che quell’apparente somiglianza tra me e te, altro non era che il mio tentativo di essere come te.


"Voi due siete l'uno il degno compare dell'altro!" andava ripetendo il buon Kira, tra un sorso di sakè e l'altro. E quando quel giorno di tanti anni fa, alla Meiwa, provò a mettermi in attacco al tuo fianco, le somiglianze tra noi due sembrarono accentuarsi.

“Tu sei un attaccante puro, Wakashimazu, una vera punta. Il tuo tiro è il secondo più potente della squadra dopo quello di Hyuga.” disse il Mister con convinzione.

 
Io non mi sono mai sentito simile a te. La verità è che avrei voluto essere te.

Ma ora lo so cosa vedevano in noi... quello che forse invece eri tu l'unico a non voler vedere...

 

THE DOORS - The Crystal Ship (La Nave di Cristallo)                             

Before you slip into unconsciousness   (Prima che tu scivoli nell'incoscienza)
I'd like to have another kiss  (Vorrei avere un altro bacio)
Another flashing chance at bliss (Un' altra veloce chance di felicità)

Another kiss, another kiss    (Un altro bacio, un altro bacio)

The days are bright and filled with pain   (I giorni sono luminosi e riempiti di dolore)

Enclose me in your gentle rain    (Rinchiudimi nella tua dolce pioggia)
The time you ran was too insane     (Il tempo da cui correvi era troppo pazzo)
We'll meet again, we'll meet again   (Ma noi ci incontreremo ancora, ci incontreremo ancora)


Oh, tell me where your freedom lies  (Oh, dimmi dov'è la tua libertà fasulla)
The streets are fields that never die <3  (Le strade sono campi che non muoiono mai)
Deliver me from reasons why   (Salvami dalle ragioni, perché)
You'd rather cry, I'd rather fly  (mentre tu preferiresti piangere, io preferirei volare.)

The crystal ship is being filled    (La nave di cristallo si sta riempiendo)
A thousand girls, a thousand thrills  (Un migliaio di ragazze, un migliaio di brividi)
A million ways to spend your time    (Un milione di modi per passare il tuo tempo)
When we get back, I'll drop a line     (Quando ritorneremo, ti scriverò qualcosa)

(1) Kintsugi:  Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto,  ingrandiscono il danno riempendo la spaccatura con dell’oro. Credono che quando qualcosa ha subito un danno, ha una storia e diventa più bello. La pratica nasce dall'idea che dall'imperfezione e da una ferita, possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore  

(2) Nel Golden 23 si vede Wakashimazu ascendere al quinto dan.

(3) Prodezza di Ken della puntata 20 di “Captain Tsubasa J”.

(4) Nel manga, scopriamo che Ken ha un fratello in quanto lo nomina in un suo flashback durante la finale Toho - Nankatsu delle scuole medie (vol. 22, pag.147). Non è dato sapere se sia maggiore o minore di lui, ma l’insistenza di Wakashimazu-sensei nel volere Ken come suo successore al dojo (gli dice testualmente: “Sì, ma vorrei che fossi proprio tu ad occupartene e a collaborare con me per diffondere il karate wakadoryu”), dopo che il ragazzo gli ha detto: “Se non  sarò io a prendere il tuo posto nel dojo, ci sarà sempre mio fratello”, mi hanno fatto sempre pensare che avesse delle doti così eccezionali nel karate, da essere superiori a quelle di un eventuale primogenito, che in genere è il successore.

(5) Testuali parole di Mr.Kira nella puntata 40 di “Holly e Benji Due Fuoriclasse”.

(6) Puntata 28, “Captain Tsubasa J”: Mr.Kira, ricorda la sfida nei boschi che Kojiro lancia a Ken. Quest’ultimo, sembra enormemente infastidito dal capitano del Meiwa, al punto da minacciarlo: “Sta’ zitto e non dire fesserie (nella realtà avrebbe detto “cazzate” ^^). Ringrazia che non sono un attaccabrighe, ed ora prendi il tuo pallone e vattene!”.

(7) Volume 40, pag. 119 del WY: “Alla fine di febbraio, Ken Wakashimazu lascia la Nazionale giovanile”

(8) Guarda caso, il pg di Maki Akamine entra in scena dopo l’abbandono della Nippon Youth di Wakashimazu e il successivo ‘esilio’ di Kojiro ad Okinawa. E la sottoscritta vi ha sempre visto un forte significato simbolico (sigh!).

(9) Volume 51, pag. 58-63, del WY.

(10) vol. 40, pag. 112 del WY: nella traduzione inglese, Hyuga dice a Ken, sotto gli occhi allibiti di Takeshi: “I beg you, Wakashimazu”

(11) testuali parole di Kojiro, pag. 109, vol.40 del WY

(12 ) vedi OAV  "CT: Saikyo No Teki - Holland Youth" 


(13) pag. 109, vol. 40 del WY

(14) testuali parole di Ken, pag. 119, vol.40 del WY

 

  
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