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Autore: Hysterisch    17/02/2014    0 recensioni
Sequel di 'Freiheit 1989'
•ATTUALMENTE SOSPESA•
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'The Guardian Angel'
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-Da qualche parte, nell'oscurità-
 
«Hai fatto ciò che ti ho richiesto?» Domandò un uomo, seduto nell'ombra.
 
«Sissignore. Ho fatto tutto ciò che mi ha detto» Mormorò l'assassino. Fece un piccolo inchino e poggiò la spada, ancora sporca di sangue, sul tavolo.
 
«Molto bene» L'uomo prese in mano il suo calice. Il liquido all'interno non era vino, ma sangue. «La famiglia Lestat rinascerà, e sarà più forte di prima» Fece un sorriso malevolo, e bevette un sorso dal suo calice.
 
«Posso avere la mia ricompensa adesso?» Nella voce dell'assassino si poteva sentire della paura.
 
«Tieni» Lanciò addosso al ragazzo un piccolo sacco pieno di monete all'interno. «Ora va' via. Non posso stare a lungo contatto con gli umani» Fece un gesto con la mano per cacciarlo via, ma il ragazzo restò per qualche altro minuto.
 
«...lei mi risparmierà, vero?»
 
«Sei un traditore» Poggiò il calice sulla scrivania. Il tono della sua voce diventò più freddo del solito. "Solo perché tu mi aiuterai a sterminare i Kaulitz non vuol dire che io non possa ucciderti» Rise malvagiamente. «Potrei farlo anche qui, in questo preciso istante, sai?» Si avvicinò al ragazzo. «Vai via, ora»
 
Questa volta l'assassino ascoltò le parole del suo capo, ed andò via.
 

-David's Pov-
 
«Ngh!» Mi alzai di scatto dal letto. Ebbi un incubo, ma fortunatamente era finito. «Uff..accipicchia!» Afferrai la sveglia sul comodino, che segnava le sei del mattino. «Chi dorme più, adesso?» Abbandonai il letto per andare giù in cucina a farmi un caffè.
 
«Spero che si sia ricordato di prendere il latte...» Aprii il frigorifero. «Ovvio che no, Dave! Secondo te tuo padre farà mai una spesa senza aver dimenticato nulla?!» Mormorai con un po' di nervosismo. Non potevo dipendere molto da lui, comunque. «Va beh, farò a meno» Chiusi il frigo.
 
Dopo aver riempito la caffettiera col caffè e l’acqua, la chiusi e la poggiai sul fornello. In quel momento, sentii una strana melodia provenire da qualche parte in casa.
 
«Pa’?» Mi guardai attorno. A parte quelle della cucina, tutte le altre luci erano spente. «...boh» Sbadigliai, poi accesi la fiamma, ma la melodia si ripeté.
 
Spensi la fiamma, ed andai a controllare in camera sua. Non era a letto. «Non dirmi che è fuggito di nuovo»
 
Allora scesi giù in studio, ed è lì che lo trovai. Entrai nella stanza, ma non si accorse della mia presenza.
Lo lasciai cantare, senza interrompere.
 
«Tage gehn vorbei, ohne da zu sein. Alles war so gut, alles Ich und Du. Geh, Geh…»
 
Non so come si chiamasse quella canzone, e sono sicuro che non fosse stata mai rilasciata al pubblico. Sono comunque sicuro che la scrisse per mia madre, lo capivo dalla malinconia della melodia, e dal testo, ovviamente.
Restai in silenzio, ad ascoltare il resto.
 
«...Tage gehn vorbei, ohne da zu sein. Deine Spuren führn zu mir, soweit weg von dir. Geh...Geh…»
 
Non sono mai stato così ‘profondo’ ed era difficile capire il significato dietro certe frasi, ma non so perché lasciavano questa angoscia dentro di me. Forse era la sua depressione a mettermi…paura?
 
«…Ich brech das Licht, die schatten falln auf mich. Ich seh uns nicht, alle Schatten falln auf mich. Auf mich, schatten falln auf mich…»
 
Le ombre? Cosa intendeva per ombre? Inarcai un ciglio.
 
«…Tage gehn vorbei, ohne da zu sein. Bleib»
 
“Resta”. Quella singola parola mi colpì più del resto, forse perché sapevo bene che lei non poteva restare. Lo sapevo meglio di lui, in un senso.
 
«…Quando l’hai scritta?» Gli chiesi una volta che smise di cantare.
 
«Dave?» Si voltò a guardarmi, sorpreso. «Pensavo che tu stessi dormendo!»
 
«Si, ma ho avuto un incubo» Sbuffai a ridere. «Mi sono alzato per farmi un caffè e poi ti ho sentito cantare» Gli sorrisi, ma lui aveva sempre la sua stessa espressione cupa.
 
«Comunque…» Mise il testo in un cassetto. «Credo di averla scritta poco dopo la sua morte. È l’ultima canzone che scritto»
 
«Dovresti riprendere a cantare, o almeno, a scrivere» Gesticolai un po’. «Non a scrivere per…te. Per qualche altro artista, o band»
 
«No» Esclamò fermamente. «Non posso fare finta di niente. Non posso ricominciare da zero, soprattutto nel mondo della musica» Scosse la testa. «Non posso lasciare il passato alle spalle, e soprattutto…Gustav…»
 
Gli strofinai la schiena. «È in un posto migliore, adesso» 
 
«Lentamente tutti i miei…ricordi si stanno dissolvendo» Singhiozzò. «Eravamo quattro ragazzi con la stessa passione. Siamo sempre stati insieme, nei belli o brutti periodi.» Prese una piccola pausa prima di ricominciare a parlare. «Insieme abbiamo lavorato, scherzato, pianto, e litigato. C’eravamo promessi di rimanere impressi nell’eternità, ma guarda cosa è rimasto, invece!»
 
Mi rattristai un po’ nel vederlo piangere, ma alla fine ti ci abitui. Accadeva quasi ogni giorno.
 
«Sono vivi nei tuoi ricordi, ed è quello che conta. Basta essere vivi nei ricordi altrui, per essere…vivi» Sorrisi un po’ per il gioco di parole. «Lo so che nessuno si aspettava di vedere Gustav morto, ma la vita è fatta di sorprese»
 
«Perché non capita a me, allora?!» Esclamò.
 
Feci spallucce. «Desiderare la morte non risolve niente, comunque»
 
«Smetterei di soffrire, almeno» Mormorò amaramente.
 
Lo avvolsi in un abbraccio. «Ma poi faresti soffrire me, pensaci»

Ricambiò l’abbraccio, mettendo le sue mani dietro la mia schiena. «Sei tu che mi tieni qui, Dave» Mi diede un bacio tra i capelli. «Non voglio che ti accada niente»
 
«Non mi accadrà niente. Lo sai che sono in gamba!»
 
«Non hai mai avuto a che fare con queste cose sovrannaturali. Se hanno ucciso tua madre, possono uccidere chiunque»
 
Anche questo era vero, non avevo paura però. Sapevo di averla vicino a me, anche nei momenti più difficili.
 
«Non possono uccidere me, sono troppo furbo per loro!» Risi.
 
«Hai ragione» Sciolse l’abbraccio, poi mi guardò sorridente. «Vuoi andare a scuola oggi?»
 
«Ovvio che no, ma se non ci vado mi abbassano la media, quindi…» Sbuffai.
 
«Ma sei stanco, ti sei svegliato presto!» Esclamò.
 
«Non voglio essere rimandato» Scoppiai in una fragorosa risata. «Beh, vuoi un caffè? Visto che me lo stavo preparando…»
 
Annuì. «Va bene»
 
Si alzò dalla sedia dov’era seduto per seguirmi in cucina. Si chiuse dietro la porta dello studio, sbattendola un po’.
 
 
-Tomja’s Pov-
 
Ero sdraiata su quella scomoda brandina, ma non stavo dormendo. A dir la verità, non dormivo mai.
Ero pronta a scattare alla minima richiesta d’aiuto da parte di Dave, o Bill.
 
In poche ore, avevo ricoperto le mura di scritte. Sembravo una adolescente innamorata! Anzi…forse lo ero ancora.
 
«Oggi è il tuo giorno fortunato!» Esclamò una guardia mentre mi aprì la porta della cella. «Vieni»
 
Mi alzai immediatamente dalla brandina, e seguii quell’antipatico uomo.
 
«Posso sapere il perché di questa…”scarcerazione”?» Chiesi spiegazioni.
 
«Non lo so. Devo solamente portarti in un posto» Affermò freddamente.
 
«Okay…» A dir la verità avevo una idea, ma non ero sicura che fossi stata chiamata per quello.
 
No, il “paradiso” non era così diverso dalla terra. C’erano palazzi, alberi, sole, nuvole...insomma, tutto quello che avevate anche voi.
 
Uscimmo da quell’edificio per recarci a quello di fronte, che viaggio emozionante.
 
«Ah, finalmente un po' d'aria fresca» Esclamai apatica.
 
«E neanche la meriteresti» La guardia lo disse sottovoce, ma lo sentii lo stesso.
 
«Neanche tu» Ribadii con un sorrisetto. «Ricorda che legare le mani ad un vampiro non basta per fermarlo»
 
L'uomo si impaurì un po' ma non mi disse niente altro, fino all'arrivo nell'altro edificio.
 
«Vi ho portato ciò che avete richiesto!» Esclamò la guardia, poi mi lasciò lì, senza dirmi niente.
 
«Okaaay...?» Mi guardai attorno, ma non sapevo davvero dove andare, o cosa fare.
 
«Tomja!» Esclamò quello stronzo di un capo. Si, quello che mi sbatté in cella. «Menomale che sei qui»
 
«Ti potessero tagliare una gamba» Mormorai sottovoce prima che si avvicinasse a me.
 
«Ho bisogno di te per una cosa importante!» Poggiò una mano sulla mia spalla.
 
«Oh, davvero?» Domandai scocciata.
 
«Si» Prese in mano una cartella, e me la passò. «Dai una occhiata a queste»
 
All'interno c'erano delle foto scattate nell'appartamento di Gustav, o meglio dire, del suo cadavere senza testa.
 
«È disgustoso...» Continuavo a cambiare foto, ma era così strano, e doloroso vedere Gustav in quelle condizione. «Chi ha fatto tutto questo?»
 
«Non lo sappiamo, ma certamente abbiamo dei sospetti» Incrociò le braccia. «Vedi, Gustav è qui. Lo assisterai un po', visto che questa sarà la sua nuova casa, ma devi anche cercare di cavare informazioni sui suoi assassini»
 
«E se è stato ammazzato mentre dormiva?» Restituii la cartella al capo.
 
«Beh, lo scoprirai!» Mi diede un'altra pacca, e si allontanò.
 
«Okay, bene. Dov'è Gustav?» Mormorai a me stessa. «Non credo che tocchi a me cercarlo...»
 
No. Infatti arrivò dopo poco, accompagnato da una guardia differente.
 
«Tomi?» Restò fermo a guardarmi. «Sei tu?!»
 
«In carne ed ossa, baby!» Risi, e corsi ad abbracciarlo. «Quanto mi sei mancato!»
 
«Anche tu!» Mi strinse forte. «Manchi a tutti»
 
«Lo so...» Sciolsi l'abbraccio. «Anche tu mancherai a tutti, adesso»
 
«Lo so, e mi dispiace molto» Abbassò la testa. «Questo non aiuta la condizione mentale di Bill»
 
Wait, what? Condizione mentale? Quanti capitoli mi sono persa?
 
«Condizione mentale?» Inarcai un ciglio. «Cosa ha?»
 
«Ne parliamo fuori?» Mi chiese, facendomi capire che qualcuno ci stava guardando.
 
«Oh, sì! Certo»
 
Lo accompagnai fuori dall'edificio. Prima avevo detto che c'era tutto ciò che c'era in terra, vero? Beh, mancavano le panchine.
 
«Cosa mi stavi dicendo?» Gli domandai una volta fuori, all'aperto.
 
«È da quando sei morta che lui assume antidepressivi» Affermò mentre calciava via la ghiaia. «È stato sotto cura da i migliori psicologi di tutta la Germania, e anche degli Stati Uniti»
 
«Si, ma ora sta meglio...vero?» Mi voltai a guardarlo al mio fianco.
 
«Credo che la depressione ormai sia parte di lui» Fece spallucce. «Poi Georg continua a fargli prendere quei forti antidepressivi, e non lo aiutano per niente!»
 
Sbuffai. «Georg ama la psicologia, lo sai»
 
«Si, ma gli antidepressivi portano dipendenza» Si fermò un attimo, poi riprese a camminare. «Bill non può continuare a rincitrullirsi con quei medicinali, deve badare a Dave!»
 
«Dannazione» Strinsi i denti. «È vero…»
 
«Devi trovare un modo per ritornare» Mi afferrò una mano. «Devi tornare sulla terra perché...Lestat e suoi scagnozzi lo hanno fatto»
 
«COSA?!» Sbarrai gli occhi.
 
Insomma, sapevo che sarebbero ritornati, ma era un po' presto.
 
«Sono stati loro ad uccidermi, anzi no» Si fermò a pensare. «Sono sicuro che fosse un umano, ma ovviamente lavorava per loro»
 
«Come fai a saperlo?» Gli domandai con un mezzo sorriso.
 
«Perché addosso aveva lo stesso simbolo del demone che aveva ucciso te» Frugò nelle sue tasche. «Leggi questo»
 
Presi in mano il pezzo di carta che mi aveva dato. Era ricoperto di sangue. «È il tuo sangue questo?»
 
«No, è quello di Bill»
 
«Bill? Cosa c'entra lui adesso, e cosa ci fa il suo sangue sulla carta?»
 
«È una lettera che ti ha scritto anni fa» Dalla stessa tasca tirò fuori una sigaretta e un accendino. «Era anche un autolesionista ai tempi» Iniziò a fumare.
 
«Oh...» Era orribile non sapere tutte queste cose. «Ho davvero lasciato accadere tutto questo?» Scossi la testa, e lessi la lettera.
 
 
8-9-2008
 
È da un po' che non ti scrivo, ma tranquilla, ero solo un po' triste.
 
Scusa per il sangue sulla carta, lo sai che sono sbadato.
 
Georg e lo psicologo mi forzano a prendere dei medicinali, ma non mi aiutano.
 
Loro continuano a chiedermi di quando sei morta, e fa male ricordarlo, perché ti amo ancora.
 
Ti amo, e mi manchi tanto, più di quello che credi.
 
È difficile continuare a scrivere, perché c'è sangue dappertutto...
 
Per favore, aprimi la porta. Sto venendo a trovarti.”
 
«Oddio» Mi portai una mano tra i capelli. «Devo assolutamente fare qualcosa...»
 
«Si, devi» Concordò lui. «Sono pronto ad aiutarti, se ne hai bisogno»
 
«È davvero tanto vicino Lestat?»
 
«Più di quello che credi»
 
Misi la lettera in tasca. «Andiamo, dobbiamo fare un paio di chiacchiere con qualcuno»
 
Rientrammo nell'edificio, alla ricerca del capo.
 
 
-David's Pov-
 
Anche se mio padre mi pregò di rimanere, andai lo stesso a scuola. Trovavo difficile concentrarmi quel giorno, non so per quale strana ragione.
 
«È l'ultim'ora, fortunatamente...» Mi stropicciai la faccia.
 
I bulli erano sempre lì, come al solito, ma non gli davo importanza. Sapevo bene di cosa ero capace di fare a pazienza finita.
 
«Oh, cosa c'è piccolo principe? Non ti senti bene?»
 
Vennero a sfottermi, come al solito.
 
«Vuoi andare a casa a piangere nelle braccia della mammina? Ops» Loro risero, mentre io strinsi i pugni dal nervoso. «Papiiino, a scuola mi prendono in giro!» Il gruppo scoppiò in un'altra risata. «Era così frocio ai tempi dei Tokio Hotel!»
 
«Era così "frocio" che ha concepito un figlio ai tempi dei Tokio Hotel, testa di cazzo» Ecco, avevo finito la pazienza.
 
Il gruppo rimase sorpreso dalla mia risposta, ma loro non si fermarono, e neanche io.
 
«Si, mia madre è morta. Non sai come, però» Sorrisi. «Questo le fa onore. Mio padre, invece, è riuscito a crescermi durante un orribile periodo per lui» Feci una smorfia. «I miei genitori, al contrario dei vostri, erano dei grandi musicisti conosciuti in tutto il mondo. Fatevene una fottuta ragione»
 
La campanella suonò. Il tempo era finito.
 
«E con questo vi saluto, stronzi!» Mi portai la tracolla sulla spalla, ed uscii da scuola.
 
Fuori, come al solito, c'era del caos. Non sempre, ma spesso, avevo delle donne che volevano parlarmi o fare foto con me. Quel giorno era un giorno di quelli.
 
«Dave!» Esclamò una voce femminile dietro di me.
 
«Si?» Mi voltai, e lei mi raggiunse.
 
«Guarda, non voglio farti paura» Sorrise. «È solo che...ero una grande fan dei Tokio Hotel in passato e..»
 
«Tranquilla, mi accade quasi ogni giorno!» Feci spallucce. «Ci ho fatto l'abitudine»
 
Poggiai il mio braccio dietro di lei, e scattammo una foto insieme.
 
«Come sta tuo padre?» Mi domandò mentre riponeva l'iPhone in tasca.
 
«Insomma...hai saputo di Gustav?»
 
«Si, per questo lo chiedevo» Scosse la testa. «Povero Gustav...»
 
«Già»
 
La ragazza scosse la testa. «Guarda, non voglio rubarti altro tempo. Sei sicuramente stanco»
 
Risi un po' «Diciamo»
 
«Sei stato gentilissimo, grazie» Mi abbracciò. «Ciao!»
 
«Ciao!» Lei si allontanò, io uscii dal cortile.
 
Camminai verso il parcheggio della scuola, dove avevo messo il mio Scooter. Il posto era stranamente vuoto.
 
«Mah...sarà una mia impressione» O forse no.
 
C'erano parcheggiati tanti motorini, ma non c'era anima viva al parcheggio. Non ero impaurito, comunque.
 
«Hey, David!» Sentii una voce maschile dietro di me. Mi voltai a guardare, e venni colpito alle spalle da qualcuno. Persi i sensi.
 

-Tomja's Pov-
 
«Oh, andiamo!» Tirai un pugno sulla scrivania nell'ufficio del capo. «Che prove le servono più di queste?!» Esclamai.
 
«Tomja, non posso rimandarti sulla terra. Faresti più danni che altro!» Si sedette sulla sua sedia in pelle nera. «E soprattutto, metti quei canini a posto»
 
«Canini a post- ah, già» I canini mi si allungavano da soli quando ero nervosa. «È un meccanismo di autodifesa, non posso farci nulla» Ed era anche difficile parlare con quei cosi in bocca.
 
L'uomo si schiarì la voce. «Sei comunque un pericolo per noi. Hai mandato tutto all'aria nella tua famiglia!»
 
«Certo, mio fratello si vedeva circondato da vampiri e io dovevo dirgli "Oh guarda, sono nostri amici!"» Gustav ridacchiò in sottofondo. «Che cosa dovevo dirgli, eh? Loro hanno mandato la mia copertura all'aria, non io»
 
«A dir la verità...» Si aggiunse anche Gustav alla conversazione. «Con lei vicino avevamo tutti meno paura. Vedevamo tutte queste cose sovrannaturali accadere, e lei era come il nostro punto di riferimento. Non ha fatto male nel rivelarci la sua vera natura»
 
«Grazie per la difesa» Dissi al mio ex-compagno di band.
 
L'uomo sulla sedia sospirò. «Sei diventata un mezzosangue!» Esclamò.
 
«Ma perché continua ad arrampicarsi sugli specchi?!» Poggiai le mani sulla scrivania. «Sono un mezzosangue, si. Ho ucciso della gente, vero. Ma ho fatto il mio compito!»
 
«Va bene, va bene! Su questo hai-»
 
Feci segno con la mano di fare silenzio, perché sentii qualcosa nelle mie orecchie. Era la voce di David.
 
«Dave...DAVE È IN PERICOLO, CAZZO!» Mi avvicinai faccia a faccia con quella testa di cazzo. «DEVE LASCIARMI ANDARE, ADESSO!»
 
«Cosa sta succedendo?!» Esclamò mezzo preoccupato.
 
«DAVE È IN MANO A QUEI BASTARDI!»
 
«Okay, va bene» Firmò su un documento. «Potete ritornare sulla terra, ma ad una condizione!»
 
«Quale?» Chiedemmo entrambi.
 
«Sarete come adesso, cioè, invisibili a tutti. A parte per David, ovviamente»
 
«Non mi interessa di essere visibile, m'interessa solo di salvare la mia famiglia!»
 
Lasciai l'ufficio in fuga, e Gustav mi seguì dopo poco.
 
«Sai come ritornare sulla terra, almeno?» Mi domandò mentre teneva il passo accelerato.
 
«Conosco un metodo divertente, ma siccome dobbiamo arrivare in un punto preciso, dobbiamo usare il vecchio metodo» Mormorai mentre svoltavo a destra e a sinistra.
 
Eravamo fuori, di nuovo, ma dall'altra parte.
 
«Vedi quella porta? Quella è il nostro passaggio» Strinsi la maniglia della porta nella mia mano. «Sei pronto, Gunther?»
 
«Gunther è sempre pronto!» Ironizzò.
 
Aprii la porta, e ci lanciammo nel vuoto.
 
Ci ritrovammo sulla terra dopo pochi secondi, stesi sull'asfalto.
 
«Ugh, la mia testa...» Mormorai, portandoci una mano su, mentre mi rialzavo dall'asfalto
 
«A chi lo dici!» Esclamò anche Gustav.
 
Dopo essermi ripresa un po’, tentai di mettermi in contatto con Dave.
 
«Dave...Dave, dannazione rispondi!» Non dava nessun segno.
 
«Forse gli hanno fatto perdere i sensi» Mormorò Gustav.
 
«Si, è più che probabile» Affermai scoraggiata.
 
Mentre stavo per 'arrendermi' sentii qualcosa. «Dave! Dove sei?»
 
«Non lo so...» Rispose confuso.
 
«Cosa è successo? Devi spiegarmelo, altrimenti non posso aiutarti!»
 
«Sono stato colpito alle spalle, e sono svenuto. Adesso sono in uno strano posto, legato su una sedia»
 
Sospirai. «Sei stato rapito, quindi...» Mi portai una mano sulla fronte. «Appena senti una cosa, qualsiasi cosa, che possa aiutarmi a trovarti, devi dirmela. Okay, amore?»
 
«Si, mamma»
 
«Ci vediamo presto. Tieni duro!»
 
'Chiusi' la conversazione a malincuore.
 
«L'hanno rapito» Dissi a Gustav. «Non ha la minima idea di dove si trovi» Mi sedetti su un marciapiede, tanto nessuno poteva vedermi!
 
«Siamo arrivati tardi per colpa di quella testa di cazzo!» Esclamò Gustav.
 
«Esatto! Non possiamo fare niente fino a quando David non scopre qualcosa» Scossi la testa preoccupata.
 
«È un ragazzo in gamba, se la caverà» Mi consolò.
 
Il mio istinto era ancora 'attivo'. Questo voleva dire che qualcun altro era in pericolo.
 
«Dobbiamo andare a casa sua!»
 
«A casa di Bill, intendi»
 
«A casa mia, per essere chiari» Affermai scocciata. «Sai come volare?»
 
«N-no»
 
«Oh mio dio» Lo strinsi a me. «Per questa volta usi Tomja Airlines» Mi alzai in volo verso casa. Con un peso come Gustav era difficile volare bene, però.
 
Arrivammo, distrutti, dopo cinque minuti. Atterrai nel giardino. «Quanto cazzo pesi, Gus!»
 
«Scusami» Anche lui era affannato come me.
 
«Fa' niente» Lasciai perdere queste stupidaggini per concentrarmi sulle cose serie.
 
La porta di casa era socchiusa, e questo facilitò il nostro accesso in casa.
 
«Basta con queste iniezioni, Georg! Io non ne ho bisogno!» Esclamò Bill.
 
«Shhh...»
 
Georg stava per iniettare uno strano liquido nel braccio di Bill, ma lo afferrai per collo prima che potesse farlo. Ah già, lui non poteva vedermi, o sentirmi.
 
«Piccolo stronzetto!» Strinsi di più le mie mani attorno al suo collo. «Lo so che non puoi sentirmi, ma tu non puoi far rincoglionire mio fratello!»
 
«Lascialo, lo stai per uccidere!» Gustav mi staccò da Georg. «Adesso si sarà cagato addosso abbastanza per smetterla!»
 
«Coff, coff!» Georg tossì sul pavimento. «Ancora hai 'sti demoni addosso!» Esclamò a Bill.
 
«Se mi proteggono, non mi disturba» Spuntò un sorriso sulla sua faccia. «Vai via, Georg! Neanche ai miei ospiti piaci!»
 
Il bassista andò via da casa fuggendo. Bill si stese, tranquillo, sul sofà.
 
«Sei stata tu, non è così?»
 
Lo so che era riferito a me, ma lui non poteva sentire le mie risposte. Poteva sentire solo il mio tocco.
 
«Mi piace illudermi che tu sia ancora qui con me, e David. Ci guardi, ci parli, e ci proteggi! Lo so che ci sei»
 
«Si, ci sono» Mi avvicinai a lui, e passai una mano tra i suoi capelli. Per lui era come del vento nei capelli.
 
«Questo è il tuo tocco, vero? Mi stai accarezzando?» Chiuse gli occhi, e si lasciò accarezzare da me.
 
«Si...» Gli rispondevo, pur sapendo che non avrebbe sentito nessuna delle mie parole.
 
Dopo poco si accorse dell'orario, e si preoccupò nel vedere che Dave non era ancora a casa.
 
«Dave?» Prese in mano il suo cellulare, e compose il numero di David. Ovviamente non rispose. «Oh dio, spero solo che ci sia traffico per strada» Si portò una mano sulla fronte.
 
Non era il traffico, purtroppo.
 
«Dobbiamo trovarlo, Gustav» Strinsi un pugno.
 
«Lo faremo, puoi scommetterci» Poggiò la sua mano sul mio pugno stretto.
 
«Andiamo al parcheggio, forse troveremo qualcosa li» Gustav era d’accordo con me.
 
Baciai la fronte di Bill, poi lasciai la casa in compagnia del mio nuovo collega.
   
 
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