“I don´t
want to cheapen it saying it´s a matter of need,”
“After
the rain”, Zau
A
matter of need
Siedi davanti al fuoco, cercando di nascondere il più possibile il calzino che tenti di rammendare da almeno mezz’ora: mai stato tagliato per i lavori domestici, come qualsiasi essere vivente di sesso maschile, del resto. Il bozzolo di cotone grande quanto una castagna che hai appena creato sul sottile strato di tessuto che dovrebbe tenerti al caldo l’alluce, ne è la prova lampante.
Nemmeno il solito commento di Maes sembra tanto fuori luogo, per una volta.
“Hai davvero bisogno di una moglie…”
“Non
è
vero”
“Ok, allora diciamo che hai bisogno di Riza...”
“…
tanto ormai che
differenza c’è?” non lo dice
ad alta voce, ma lo leggi da dietro i suoi
occhiali scheggiati. Alzi appena un
angolo della bocca, quel tanto che basta per fargli capire che stai al
gioco,
come sempre. E che ignori volutamente l’evidenza, come sempre.
“Perché, lei sa cucire?”
“Roy, questa è una domanda stupida…”
Ma mentre valuti l’opportunità di umiliarti definitivamente, e andarla a cercare per chiederle una mano, capisci che non basta così poco per far desistere uno come Maes.
“E comunque, non mi riferivo ai tuoi calzini bucati…”
“Lo so.”
L’ammissione sorprende anche te.
Maes ti guarda come immagini un padre orgoglioso guardi il figlio, il giorno delle sue nozze – appunto.
“Perché non glielo chiedi ufficialmente? Perché non glielo chiedi ora?”
Tralascia la parte più importante: perché non glielo chiedi prima che sia troppo tardi?
Il tuo silenzio lascia spazio alla sua insistenza.
“Avrebbe una ragione in più per sopravvivere…”
“E’ questo il punto.” sentenzi, mentre butti il brandello di stoffa bitorzoluto nel fuoco.
“Non voglio che sopravviva per me. Voglio che sopravviva per se stessa.”
Guardi le fiamme crepitare, il bagliore intensificarsi appena, la sfumatura aranciata sul viso di Maes disegnargli una strana espressione sul viso.
Distogli lo sguardo.
Perché sai che quegli occhi colmi di un affetto che non sai se meritare, stanno tentando di convincerti che la tua felicità - vederla realizzarsi, farne parte - è una ragione più che valida per cui tenere duro.
“Non voglio semplificare le cose dicendo che è solo una questione di bisogno, mormora Roy, proprio mentre la sua mano scivola sotto la sua maglia.
Bisogno è troppo fragile come termine, troppo indefinito. Tuttavia è cosciente di avere bisogno di Hawkeye; come un essere umano ha bisogno della luce del sole: potresti fisicamente continuare a vivere anche senza di essa, ma non potresti chiamarla vita. E alla fine, lo squilibrio vitaminico ti ucciderebbe.”
Questo
brano, tratto da
“After the Rain”, di Zauberer Sirin (la fic in
inglese che ho postato sul
forum) è uno dei miei preferiti.
A essere
sinceri, lo
stile di questa autrice (Rinuncio a mettere il maschile, anche se non
so
effettivamente se sia maschio o femmina… mah!) mi ha
influenzato molto, non
solo nel modo di scrivere, ma anche nella scelta dei temi e
nell’angolatura del
punto di vista da cui guardarli e descriverli. E’ anche
merito suo se sono
riuscita a staccarmi dal buonismo che caratterizzava le mie fic
precedenti e ad
affrontare la crudezza di questa raccolta…
Comunque,
questo
brano, dicevo, è uno di quelli che secondo me sintetizza
maggiormente l’essenza
– o una delle mille essenze - del rapporto tra Roy e Riza.
Il titolo
è appunto
una citazione da esso, ma per il capitolo l’ho usato solo
come punto di
partenza per svolgere una mia riflessione.
Questi
ultimi capitoli
(e il prossimo) sono quelli in cui il loro rapporto arriva
all’apice - di
tutto, dell’accettazione, della
“serenità”, della consapevolezza
– prima della
fine della guerra.
Sono i
momenti in cui
entrambi sentono il bisogno di dare una definizione al legame lasciato
volutamente senza nome fino ad adesso, che si è instaurato
tra loro.
Senza
però riuscire a
mettere da parte del tutto la paura di poter dare più danno
che beneficio l’un
l’altro. Così Roy segna per se stesso la linea da
non superare, il margine
entro cui muoversi: in fin dei conti, questo legame fa paura,
perché fino ad
ora non ha portato granchè di buono al mondo - un
alchimista-assassino e una
ragazza dall’infanzia segnata, privata della sua adolescenza:
non è poco.
Uscire in
qualche modo
indenni – fisicamente ma soprattutto psicologicamente
– da questa guerra, vuol
dire aver trovato la forza o la motivazione necessaria per resistere. E
nonostante questo amore - oro magari possono ostinarsi a non chiamarlo
così, ma
io essendo l’autrice so bene di che si tratta, e lo chiamo
con il suo vero
nome: Amore, con la maiuscola – sia qualcosa di estremamente
profondo e sincero
e meraviglioso per entrambi, qualcosa che può dare a
entrambi la felicità che
non hanno ancora assaggiato, Roy per primo non si fida ad usarlo come
ancora,
come fondamenta del loro futuro. Non per impegno-fobia o altro, ma
perché
qualcosa nato in un contesto così particolare ha poche
possibilità di
sopravvivere – almeno con la stessa intensità
– nella vita di tutti i giorni.
E Roy, come
sempre,
come solo lui sa essere e pensare, ha paura del dolore che questa
rivelazione
possa dare a se stesso, ma non si preoccupa per se stesso, ma per lei.
Di se
stesso, come
sappiamo, non gli importa un fico secco. E Maes… beh, a Maes
importa eccome
dell’amico, e tanto. E
forse è proprio
questo che Roy non potrà perdonargli, quando davanti ad una
tombe, in una
giornata serena… beh, lo sapete, no? Non fatemelo dire, che
mi vengono i
lacrimoni…
Bene, ormai
siamo
verso la fine – e vi e lo dico subito: preparatevi,
perché in qualche modo mi
sono dovuta ricollegare alla storia reale, per cui, visto che i nostri
due
tesori non sono sposati, ne fidanzati, ne danno l’impressione
di stare insieme,
non sarà esattamente un lieto fine…
Zut, io non
ho detto
niente, non ho detto niente… ;P
Bacione a
tutte, e
grazie per le recensioni: siete sempre troppo gentili… ^////^
A
prestissimo!