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Autore: andromedashepard    18/02/2014    6 recensioni
“Speravo dormissi, almeno tu”, disse Thane quando lei ebbe aperto il portellone. Le sembrò esausto. Coprì con due brevi falcate la distanza che li separava, uno sguardo che lei non seppe interpretare. “Dammi un buon motivo per andarmene”, aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. Lei trattenne il respiro, mentre le sue dita si intrecciavano ai suoi capelli. Se c’era davvero un buon motivo, lei non lo conosceva.
#Mass Effect 2 #Shrios
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Andromeda Shepard '
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"When I am alone
When I've thrown off the weight of this crazy stone
When I've lost all care for the things I own
That's when I miss you
You who are my home
And here is what I know now
In your love, my salvation lies"
 
(Alexi Murdoch, "Orange Sky")



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Sui vetri appannati della navetta, piccole gocce di condensa si facevano lentamente strada lungo i bordi, senza alcuna fretta di raggiungere la meta. Non c’era più nessuno fuori a fischiettare motivetti stonati, né altri rumori raggiungevano l’interno dell’abitacolo, avvolto in un’atmosfera di quiete surreale.
Shepard si strinse maggiormente a Thane, appoggiando la testa sul suo petto, sopra il suo cuore. Lasciò che un brivido di freddo attraversasse la sua spina dorsale, prima di cercare di nuovo calore sul corpo di lui, intrecciando le gambe con le sue.
“Non dovremmo prolungare ulteriormente il contatto”, suggerì lui dolcemente, pur non trovando il coraggio di allontanarla.
Lei, per tutta risposta, si fece ancora più vicina.
“Sei caldo…“, mormorò con un sorriso, cercando la sua mano per stringerla.
Restarono a lungo in silenzio, sperando in questo modo di protrarre quell’attimo all’infinito. Lei si perse ad ascoltare i battiti di quel cuore estraneo, lenti e regolari, seguendone il ritmo con il suo respiro. Poi i pensieri di entrambi divennero troppo assordanti per essere trattenuti ancora.
“Siha…”
“Mh?”
“Stai bene?”.
Il suo tono di voce le sembrò leggermente preoccupato, e lei sorrise teneramente, sollevandosi con un gomito per cercare i suoi occhi nel buio.
“Sto bene…”, rispose, sperando di essere convincente. “Cos’è… adesso hai paura delle conseguenze?”
Thane annuì, ammettendolo candidamente.
“Allora vorrà dire che mi aiuterai a rimediare”, disse lei, seguendo con le dita i contorni delle strisce più scure che fasciavano le sue braccia.
Lui la guardò con un pizzico di rimorso, consapevole degli effetti negativi che il contatto con la sua pelle le avrebbe causato di lì a poco.
“Non azzardarti a colpevolizzarti”, lo rimproverò lei, mantenendo un’espressione divertita. “Siamo stati due incoscienti, ma per come la vedo io, ne è valsa la pena”.
Stavolta fu lui a sorridere, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Me lo dirai se inizierai di nuovo a vedere le stelle piovere dal soffitto?”
Lei sbuffò una risata, pungolandolo scherzosamente. “Mi prendi anche in giro, adesso? Beh, è un peccato che questa povera umana non possa causarti strane reazioni allergiche…”
“Sei sicura di essere così innocua?”
Shepard aggrottò le sopracciglia, l’espressione perplessa. “C’è qualcosa che devi dirmi?”
“No, volevo solo farti preoccupare”, rispose lui, come al solito impassibile.
Lei si limitò a rispondergli con un leggero morso sulla spalla, al quale lui reagì con una risata quasi impercettibile.
“Potrei stare qui per sempre…”, sospirò lei, dopo qualche istante di assoluto silenzio. “Esattamente qui, sul pavimento gelido di questa dannata navetta…”
Lui capì cosa si celava dietro quella frase. Non erano semplicemente parole dettate dalla gioia del momento o dalla volontà di protrarlo più a lungo… nascondevano invece il desiderio di fuggire da tutto ciò che lentamente le si era arrampicato sulle spalle, diventando un peso insostenibile da sopportare per qualcuno che, dopotutto, era solo carne.
“Sai che potrai contare su di me in ogni momento?”, le disse piano lui, accarezzandole il volto con il dorso di una mano.
Lei annuì, consapevole che sarebbe stato proprio in questo che lei avrebbe trovato la forza, adesso e nei giorni a venire.
Cercò con un braccio la sua giacca sul pavimento, ancorandosi a lui con una mano, quasi a non volersi staccare totalmente. Poi la portò su di sè, raggomitolandosi maggiormente al suo fianco.
“Ma ho dannatamente paura”, confessò poco dopo.
Lui non rispose, limitandosi a passare una mano fra i suoi capelli per farle capire che lui era disposto ad ascoltarla.
“Ho paura che quel processo metterà fine ad ogni cosa che ho cercato di ricostruire”.
Thane si prese del tempo per riflettere. Quell’idea non lo lasciava in pace da quando aveva saputo, ma nonostante la speranza che riponeva nei confronti del destino fosse davvero minima, decise di aggrapparvisi ugualmente.
“Non potranno davvero negare l’evidenza… non c’eri solo tu dietro quella missione. C’era l’Alleanza”.
“L’hanno già fatto in passato…”
“Vorrà dire che impareranno dai loro errori”.
“Ci credi davvero, Thane?”
No, per quanto cercasse di convincersene, non ci credeva davvero. Aveva vissuto ai margini di quel sistema tanto da sapere che non meritava alcuna fiducia… ma questo come avrebbe potuto aiutarla? Dirle che anche lui fosse maledettamente preoccupato per quel processo e per ciò che avrebbe inevitabilmente causato non avrebbe fatto altro che aggravare i suoi timori, distogliendola dall’obiettivo principale.
“Non devi pensarci adesso. Siamo su questa nave per uno scopo preciso, e siamo così vicini dal raggiungerlo che allontanarsene ora con la mente sarebbe sbagliato”.
“E’ difficile quando continui a rivedere quei numeri davanti agli occhi ogni volta che ti fermi”.
“Potresti parlarne con la specialista Chambers…”
Thane si pentì di quell’affermazione nello stesso istante in cui la pronunciò, e la reazione di lei non fece che confermargli l’inutilità di ciò che aveva appena proposto.
“Non ho bisogno di uno strizzacervelli… ho solo bisogno di sapere che quello che è successo sia valso a qualcosa”, replicò lei, irritata. “E poi… c’è qualcosa che non ti ho detto”, aggiunse, abbassando nuovamente il tono di voce.
“Prima di tornare a bordo… appena dopo aver contattato la Normandy, è successo qualcosa”. Un brivido s’insinuò sotto la sua pelle, un brivido di freddo e di paura insieme. “Probabilmente non saprò mai se quello che ho visto è stato solo frutto della mia mente, o se c’era davvero, lì davanti a me”.
Restò in silenzio per un attimo, cercando di analizzare con chiarezza il ricordo. “C’era la sagoma di un Razziatore. Come un enorme ologramma… e mi ha parlato”.
“Cosa ha detto?”
Lei scosse la testa, provando un improvviso moto di repulsione. “Ha detto che quel sacrificio non sarebbe valso a niente… Le nostre specie sono destinate all’annientamento. I nostri leader si piegheranno alla loro volontà”, citò, stringendo la presa sulla giacca.
“E’ questo che ti fa dubitare delle tue scelte?”
Lei annuì, sentendo un pensiero subdolo e terrificante annidarsi in profondità nella sua mente. “Se davvero non abbiamo scampo… se davvero il nostro destino è già segnato, io avrò sacrificato un intero sistema per nulla. Noi continuiamo a combattere per nulla”.
Thane si sollevò, mettendosi a sedere, come per riacquistare maggiore controllo su di sé e sulla situazione. Le fece spazio fra le sue gambe, intrecciando le braccia davanti a lei. Appoggiò il viso sulla sua spalla, lasciandole un bacio all’altezza della nuca.
“Che onore ci sarebbe nell’arrendersi alla sconfitta senza aver combattuto?”, le domandò. “Tu non ti arrendi mai, Siha”.
 
Qualche settimana prima le aveva spiegato il significato di quella parola. Un angelo guerriero, una tenace protettrice, una valorosa combattente al servizio della dea Arashu. Se lei avesse cessato di battersi per l’Umanità proprio in quel momento, che cosa avrebbe dimostrato a tutti coloro che fino a quel momento avevano creduto in lei? Cosa avrebbe dimostrato a lui?
No, lei non fuggiva, non lo avrebbe mai fatto neanche di fronte alla certezza della sconfitta.
“Non lasciare che le parole del nemico possano far vacillare le tue certezze. Quello che hai bisogno di sapere è già dentro di te, e nessuno può privartene”.
Quella frase le riportò alla mente la discussione avuta con lui all’Osservatorio, quando si erano trovati a discutere di filosofia. Proprio alla fine di quella serata, lei aveva realizzato di non sapere assolutamente di cosa avesse bisogno, così come lui, involontariamente, le aveva fatto capire.
Per molte settimane, dopo il suo risveglio, si era posta domande sulla vita, sul perché il destino le avesse concesso un’altra possibilità. Aveva provato rabbia, quanta ne avrebbe provata se qualcuno gliel’avesse tolta, quella vita. Si era sentita impotente e senza niente a cui aggrapparsi. L’unica cosa che le aveva impedito di uscire totalmente fuori di testa erano stati i volti amici che ben presto l’avevano circondata. Era stato rivedere Joker, la Chakwas, Tali, Garrus, Liara e tutti gli altri, ad averle permesso di riprendere contatto con la realtà, proprio quando sentiva di non appartenere più a niente e a nessuno. Ma ugualmente, non aveva smesso di sentirsi sola, incompresa… ed era difficile, diamine se era difficile dover rispondere alla domanda “come fai ad essere ancora qui?”, quando gli altri, sconcertati, la rivedevano per la prima volta dopo due anni.
Era lei che continuava a porsela, davanti allo specchio, quella domanda. Era lei che durante le spiegazioni tecniche di Miranda si rifiutava di comprendere, sentendosi ancora più smarrita.
Poi aveva incontrato lui, e tutto era cambiato. Nelle sue parole aveva rivisto se stessa, nei suoi occhi si era specchiata e si era finalmente sentita capita. Dopo tanto tempo, aveva sperimentato di nuovo ciò che rende umani gli Umani, ciò che rende organici gli Organici. Aveva affrontato con lui il peso di una vita spezzata e costretta a riprendere il proprio corso, cercandone insieme il significato.
Thane le aveva detto che lei l’aveva risvegliato. Era bastata la sua sola presenza, era bastato dargli uno scopo… E lui cos’aveva fatto per lei, se non la stessa cosa? Quei brandelli di vita, a pezzi, si erano legati fra loro come le estremità spezzate di una fune. E proprio in quel nodo avevano trovato la forza. Entrambi avevano trovato un obiettivo in quel legame, qualcosa più forte persino di Omega 4. Qualcosa che avrebbe reso quella missione possibile, in un modo o in un altro… perché ne accresceva le motivazioni. Un sentimento difficile da accettare, all’inizio, ma troppo intenso da sopprimere. E ciò li aveva condotti a quel punto… al punto di donare se stessi e la propria fiducia all’altro, e solo per ricevere lo stesso in cambio. Qualcosa per cui valeva la pena alzarsi e combattere anche quando il resto del mondo continuava a voltare loro le spalle.
 
Fu lei a spezzare il silenzio, questa volta, voltandosi per strofinare il profilo del suo naso contro la sua guancia. “Thane… cosa vuoi fare, una volta finito tutto questo?” Non aggiunse un “ammesso che sopravvivremo”. Quella possibilità era sempre sottintesa, in qualunque discorso che comprendesse l’idea di un futuro insieme.
Rispondere così su due piedi era difficile. Dopo dieci anni passati a farsi sopraffare dalle proprie colpe, aspettando il momento giusto per lasciare quel mondo, adesso le infinite possibilità che gli si presentavano davanti erano semplicemente troppe da vagliare. C’erano mille cose che avrebbe voluto fare con lei, con suo figlio. Una, forse, spiccava tra le altre. Una prospettiva che, come molte altre, non aveva mai considerato possibile fino a quel momento.
“Vorrei tanto visitare un deserto”, disse, e un sorriso si dipinse sulle sue labbra.
Shepard gli posò un bacio sul mento, stringendo le sue mani. Un deserto. Beh, se non altro era un punto di partenza. Un altro obiettivo da raggiungere, se il tempo glielo avrebbe concesso. “Immagino si possa fare”, rispose lei, abbandonandosi contro il suo petto con un sorriso.
 
 
 
Erano passate diverse ore di navigazione quando la Normandy arrivò nei pressi di una delle stazioni di servizio nella nebulosa di Argos Rho, sistema Phoenix. L’equipaggio aspettava di ricevere da un momento all’altro la chiamata che avrebbe finalmente decretato la fine di quell’avventura, ma quando Shepard li convocò tutti in sala briefing, in serata, capirono di non essere ancora pronti.
Il morale era sicuramente diverso da quello della mattina. Essersi allontanati così tanto dal portale appena distrutto aveva in qualche modo alleviato la tensione dei due giorni appena passati, quasi non fosse mai accaduto nulla, sicuramente per alcuni più che per altri. Certo, niente avrebbe cambiato ciò che era successo, ma tutti sapevano che bisognava lasciarsi quell’episodio alle spalle, esattamente come lo sapeva lei.
Shepard si fece avanti, appoggiando le mani sul tavolo, squadrando i visi dei suoi compagni com’era solita fare ogni volta che aveva qualcosa d’importante da comunicare.
“Ci sono due novità”, iniziò, “La prima è che i test sul modulo di riconoscimento dei Razziatori hanno dato buoni risultati. Attualmente è installato e parzialmente funzionante. La seconda, tuttavia, è che EDI ha rilevato dei malfunzionamenti in alcuni sistemi a seguito dell’installazione, e avrà bisogno di condurre analisi più approfondite, prima di poter compiere l’ultimo step”.
“Abbiamo deciso di effettuare gli ultimi test sulla nave in movimento e al massimo della sua potenza, per verificare che tutto funzioni per il meglio, una volta in procinto di varcare Omega 4. Se vi state chiedendo perché vi ho portati qui, beh… Sicuramente alcuni di voi hanno un ricordo piacevole di Pinnacle Station”.
Cercò lo sguardo di Garrus e Tali, lasciandosi sfuggire un sorriso appena accennato.
“C’è voluta tutta la diplomazia di cui sono capace per farmi concedere una sessione di allenamento, ma alla fine l’ho ottenuta, e sono convinta che possa aiutarci a definire meglio le meccaniche di squadra in campo”.
“Un momento… di che si tratta?”, domandò Jack, visibilmente perplessa.
“E’ una stazione dell’Alleanza dotata delle migliori strutture di combattimento simulato. Avete presente l’Armax Arena? Bene, è qualcosa di decisamente più complesso”.
“Non sarebbe stato meglio, che so, abbattere una colonia di schiavisti per esercitazione?”
Shepard lanciò alla biotica uno sguardo che la portò immediatamente ad alzare le braccia in segno di resa e cucirsi la bocca.
“Qualcun altro vuole avanzare un’altra idea geniale, prima di ricordarsi di chi è che comanda questa nave?”
Nessuno ebbe il coraggio di replicare, stavolta.
Fece un’altra breve pausa, dando un’occhiata al datapad lì vicino. “Dopodiché, avrò bisogno che ognuno di voi mi aggiorni sulla situazione attuale dei potenziamenti nelle vostre aree di competenza. Non ci è rimasto molto tempo”.
Il resto dell’equipaggio annuì e aspettò che lei li congedasse, prima di andare a prepararsi. Solo Miranda indugiò sulla soglia, in attesa che lei e Shepard restassero sole.
“Comandante…”
Shepard si voltò, ancora intenta a controllare i dati che scorrevano sul suo datapad, relativi al funzionamento dell’IFF.
“Credi che abbiamo buone possibilità di farcela?”, domandò Miranda, cercando di mantenere un tono sicuro e freddo, a discapito dell’insicurezza che scaturiva da quella stessa domanda.
“Ci credo, Lawson”, rispose lei, risoluta. “E dovresti crederci anche tu”.
Miranda annuì con decisione, sentendosi un grammo più sollevata. Era stata l’unica a farsi portavoce dei dubbi dell’equipaggio, ma in qualche modo le bastarono le parole di Shepard per decidere di smetterla di porsi domande, e affrontare la situazione così come si sarebbe presentata. Neanche l’Uomo Misterioso avrebbe avuto su di lei lo stesso potere… se ne rese conto solo in quel momento, e nonostante tutto, ne fu felice.
 
 
Fu Ahern in persona ad accogliere Shepard e il suo equipaggio, una volta giunti su Pinnacle Station. Shepard aveva lasciato a Joker il comando della nave, poi era salita a bordo di uno shuttle con tutti e dodici i membri dell’equipaggio, chiedendo il permesso di attracco ad uno dei moli disponibili della stazione.
Al vecchio ammiraglio in comando sembrò di trovarsi davanti ad una strana scolaresca composta da individui troppo cresciuti e troppo instabili, e il suo sguardo lo comunicò fin troppo palesemente.
“Noto delle personalità interessanti al suo seguito”, commentò, accompagnato da una stretta di mano, facendo scivolare gli occhi dall’uniforme di Shepard ai suoi commilitoni, allineati dietro di lei.
“Garantisco io per loro, signore”, rispose Shepard, composta.
“Ahern. Non dimentichi il privilegio che le avevo concesso due anni fa”, puntualizzò l’altro, sotto l’ombra di un sorriso.
“Non lo farò, Ahern. Grazie”.
“Vidinos vi condurrà direttamente all’arena. Vedete di non distruggermi tutto”.
“Sarà come se non fossimo mai arrivati”, rispose Shepard, avviandosi verso la direzione indicatale dall’ammiraglio.
 
Shepard, supervisionata da Ochren, il tecnico Salarian di turno, decise di optare per uno scenario di tipo Sopravvivenza. La squadra avrebbe dovuto affrontare orde di nemici via via più corpose, senza alcun limite di tempo. Ovviamente nessuno di loro aveva idea di cosa avrebbero trovato una volta giunti alla base dei Collettori, ammesso che fossero riusciti a varcare il portale, ma di sicuro una simulazione basata sulla sopravvivenza avrebbe dato loro il tempo e il modo di capire quanto bene funzionassero in squadra e quali fossero le eventuali pecche da perfezionare prima della resa dei conti.
Shepard, tuttavia, decise di omettere un dettaglio importante: nessuno di loro sarebbe uscito vivo da lì, almeno virtualmente. Lo scenario era stato creato apposta per mettere alla prova la resistenza dei giocatori e non c’era alcun modo di completarlo se non facendosi eliminare dai nemici o dando la propria resa. Il motivo di quest’omissione era chiaro: Shepard era curiosa di vedere chi sarebbe capitolato prima, ovvero quali erano gli anelli deboli che avrebbe dovuto salvaguardare maggiormente in missione.
“Comandante, lo scenario è pronto”, comunicò il Salarian, invitandola a scegliere la tipologia di nemici da affrontare.
“Organici, equipaggiati nel modo migliore possibile. Non voglio alcun tipo di vantaggio”, rispose lei prontamente, curiosando sullo schermo dove Ochren trafficava.
“Ricevuto. Ho predisposto la sala più ampia. Seguitemi”.
Il Salarian lasciò la sua posizione e Shepard lo seguì a ruota, facendo cenno agli altri di fare lo stesso. Riuscì a notare con una rapida occhiata le loro espressioni assolutamente perplesse, e sorrise fra sé e sé. Se pensavano che si trattasse solo di uno stupido gioco, beh… sarebbero stati smentiti da lì a poco. C’era un preciso motivo se quella struttura era riservata solo a gente del calibro di uno Spettro del Consiglio, e lei non vedeva l’ora che il resto del suo equipaggio se ne accorgesse. Il Salarian li condusse in un’anticamera dall’aspetto sobrio, arredata con una lunga fila di armadietti. Per comodità, si sarebbero mossi in due squadre, al fine di evitare che i nemici si concentrassero in un unico punto della mappa.
“Miranda, a te va il comando della prima squadra. Garrus, a te il comando della seconda”, decretò Shepard, assumendo una postura rilassata.
La biotica e il Turian si scambiarono un veloce sguardo incerto.
“Shepard… non mi dirai che tu hai intenzione di stare a guardare?”, domandò il secondo, incredulo. Insieme a Tali, era forse l’unico a conoscere i segreti di quel simulatore.
“Ovviamente. Siete in dodici… io sbilancerei troppo le sorti dello scontro”, rispose lei, concedendosi un minuscolo sorriso soddisfatto. “E poi ho bisogno di osservarvi dall’esterno”.
“Questo è ingiusto”, si lamentò il Turian.
“Beh, mettiamola così: l’ultimo sopravvissuto se la vedrà con me, alla fine”.
“Anche questo è ingiusto. Tu conosci meglio di chiunque altro le meccaniche di questo posto”.
“Allora cercate di impararle in fretta. E ora basta, muovete il culo. Ci sono dei deliziosi gilet colorati che aspettano solo di essere indossati”.
 
Dopo dieci minuti abbondanti di animate discussioni, Miranda scelse di portare con sé Legion, Mordin, Samara, Kasumi e Grunt, lasciando a Garrus il compito di guidare gli altri cinque. Con almeno due biotici, un tank, e due tecnici per squadra, a Shepard sembrò che entrambe le squadre avessero in qualche modo trovato un equilibrio. Restava solo da verificare se poi effettivamente quella formazione avrebbe dato i frutti sperati.
“Siamo pronti, Shepard”, annunciò Garrus, dopo aver ricevuto il benestare di Miranda. Gli altri, chi più chi meno, stavano ricontrollando le armi in dotazione e il proprio equipaggiamento. Shepard capì immediatamente chi aveva preso la faccenda sul serio e chi, invece, era ancora convinto che stessero per andare a divertirsi… cosa che la portò immediatamente a scommettere chi sarebbero stati i primi a uscire dal gioco.
“Buona fortuna”, li salutò lei, invitandoli ad entrare nell’ampia sala che avrebbe ospitato lo scontro. Tornò in seguito alla postazione del Salarian, prendendo posto di fianco a lui, di fronte al monitor dove avrebbe seguito l’andamento della partita. Ognuno dei giocatori era contraddistinto da un pallino colorato con il rispettivo nome sopra. Li vide mettersi in formazione, due piccoli gruppi, uno rosso e uno blu, che si posizionavano agli angoli opposti della mappa in attesa del segnale che decretasse l’inizio della partita.
“Su chi scommette, Comandante?”
“Sulla squadra blu”, rispose lei, senza esitazioni. D’altronde era l’unica squadra a vantare due membri che avessero già sperimentato quel tipo di simulazione, e questo non poteva che costituire un vantaggio.
Il Salarian si accarezzò il mento appuntito, socchiudendo gli occhi come per riflettere brevemente.
“Comandante”, esordì poco dopo, “come fa a tenere insieme una squadra così variegata?”.
Shepard alzò le spalle come per minimizzare. Non ci aveva mai riflettuto, ma la risposta le venne spontanea. “Prendi un individuo e dagli qualcosa di cui ha bisogno, qualcosa che dia uno scopo alle sue azioni… e puoi stare sicuro che non ti volterà le spalle”.
“Come un animale…”, mormorò Ochren, tenendo gli occhi fissi sullo schermo.
“Come?”
“Un animale selvatico. Lo raccatti dalla strada e gli dai una ciotola di cibo e un posto caldo in cui dormire. E avrai trovato un compagno fedele per tutta la vita”.
Shepard sorrise, immaginando la propria squadra come un branco di gatti randagi. Nonostante il paragone fosse leggermente estremo, il Salarian aveva ragione dopotutto. Ognuno dei suoi compagni era alla ricerca di qualcosa, ognuno di loro era solo all’interno del suo piccolo mondo, esattamente come lo era lei. Cerberus aveva dato loro risorse e un obiettivo, e tanto gli era bastato. Buffo come tutti gli organici rispondessero poi alle stesse regole, in qualche modo.
 
La prima ondata di nemici, intanto, era apparsa sullo schermo come una marmaglia arancione. I giocatori delle due squadre avevano trovato riparo dove possibile, tranne Grunt che si era prontamente lanciato alla carica sul primo nemico. Nel giro di una manciata di minuti, erano riusciti ad eliminarli tutti. Il primato delle uccisioni l’aveva Garrus, seguito a ruota dal Krogan.
La seconda ondata fu nettamente più corposa. I nemici confluirono al centro della mappa da altre postazioni, sparpagliandosi in breve tempo su tutto il perimetro. Un puntino blu lampeggiante indicò che Tali era stata colpita, ma le restava ancora una vita a disposizione. Shepard si appuntò mentalmente che per nessun motivo avrebbe potuto darle un ruolo che la vedesse in prima linea, come d’altronde aveva già stabilito. La Quarian vantava un esperienza minore rispetto al resto della squadra, nonostante il suo drone si fosse rivelato più volte indispensabile, per cui sarebbe stato più oculato darle un ruolo di supporto. Spostò lo sguardo sulla squadra rossa, osservando come si fosse esposta di meno rispetto all’altra. Persino Grunt era tornato sulla difensiva, probabilmente sotto gli ordini ripetuti di Miranda. Lei e Samara avevano scelto chiaramente di combattere in sincrono, e sulla tabella dei punteggi questo risultava chiaramente. Un pallino rosso, invece, continuava a smaterializzarsi da un lato all’altro dello scenario… rivelando l’inconfondibile presenza di Kasumi. Poi si concentrò nuovamente sulla squadra blu, notando che Thane si era progressivamente allontanato dagli altri, trovando riparo in una zona dove all’apparenza i nemici non osavano avvicinarsi.
“Camper”, sibilò il Salarian con disprezzo, notando la sua strategia.
Shepard si lasciò sfuggire una breve risata. “Può fare il camper quanto vuole, finchè continua a ucciderne uno dopo l’altro”. I numeri delle sue uccisioni sul tabellone continuavano a salire, raggiungendo in pochissimo tempo quelli di Garrus.
“Alla fine si ritroverà circondato…”
“Io lo so, ma lui questo non lo sa, e spero che gli serva di lezione”.
Continuarono ad osservare attentamente l’andamento della partita finchè anche la seconda ondata non fu eliminata. Garrus e Thane si contendevano il primato, seguiti da Legion, Grunt e Zaeed. Ben presto l’iniziale strategia di difesa non sarebbe più stata sufficiente e Garrus sembrava averlo capito, muovendosi verso il centro della mappa insieme a Jacob.
La terza ondata di nemici colse le due squadre alla sprovvista. Il punto di respawn era cambiato, lasciando il centro della mappa totalmente vuoto. I nemici iniziarono a confluire dagli angoli dello scenario, sorprendendo i suoi compagni alle spalle. Nel giro di qualche secondo, quasi tutti avevano perso una vita. Si riorganizzarono velocemente, cercando copertura e arretrando progressivamente, assicurandosi di avere sempre qualcuno a coprirli dalle ultime file. Shepard avrebbe dato qualunque cosa per vedere le loro facce, ora che finalmente dovevano aver compreso quanto imprevedibile fosse quella simulazione e quanto lontana fosse da una semplice partita all’Armax Arena o qualunque altro simulatore di combattimento amatoriale.
Se per le prime due ondate si erano mossi quasi come due parti coordinate di un unico organismo, adesso sembrò che ognuno dei componenti delle squadre stesse iniziando a coprire un ruolo particolare. Shepard osservò questo cambiamento con interesse… ciò significava che anche senza la sua costante presenza, in qualche modo se la sarebbero cavata. Mesi e mesi di addestramento e di missioni in campo stavano dando i frutti sperati, nonostante si trattasse di una semplice prova.
Osservò l’orologio, rendendosi conto che erano ormai passati più di trenta minuti dall’inizio della partita e, fortunatamente, nessuno era ancora stato messo KO. Stava giusto per domandare al Salarian le statistiche di quella particolare mappa, quando una schermata iniziò a lampeggiare sul suo factotum. Le ci vollero cinque secondi per realizzare cosa fosse appena successo. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si alzò di scatto dalla sua postazione. Si allontanò, passandosi una mano fra i capelli, un’espressione indecifrabile sul suo volto.
“Comandante, tutto bene?”, domandò Ochren, volgendosi verso di lei, allarmato.
“No, per niente. Deve richiamarli. Deve interrompere tutto”, rispose lei, armeggiando ancora col suo factotum.
Il Salarian annuì, premendo un pulsante d’emergenza. Sullo schermo i pallini arancioni lampeggiarono una volta, prima di dissolversi nel nulla. All’interno dello scenario, il suono di un allarme si sovrappose a quello degli ultimi spari e delle esplosioni biotiche che non arrivarono mai a colpire il nemico. Miranda domandò a Garrus cosa stesse succedendo. Il Turian non fece in tempo a rispondere che la voce del tecnico Salarian risuonò forte e chiara in ogni angolo della grande struttura, comunicando ad entrambe le squadre che dovevano recarsi immediatamente fuori, seguendo le indicazioni lampeggianti.
Quando l’equipaggio raggiunse l’anticamera, trovò Shepard ad aspettarli. Era visibilmente sconvolta, qualcuno avrebbe persino detto furente.
“Lawson, Taylor, seguitemi”, disse lei, facendo loro un brusco cenno, prima di allontanarsi in un angolo più appartato.
“Che succede, Shepard?”, la biotica sgranò gli occhi, cercando di calmare il suo respiro, ancora affaticata dallo scontro.
“La Normandy ha subito un attacco. Tutto l’equipaggio è stato prelevato, ad eccezione di Joker. Non abbiamo più tempo. Dobbiamo ripartire immediatamente e settare le coordinate verso Omega 4”.


 
Ebbene sì, sono ancora in vita, nonostante la mia latitanza da queste parti sia stata piuttosto lunga. Prima le vacanze natalizie, poi la preparazione al mio esame finale, poi il diploma e ora i preparativi per la partenza. Perchè, ebbene sì, andrò in Irlanda per qualche mese a lavorare. Il capitolo esisteva già da mesi, ma ciò che mi è mancato sono stati, a turno, il tempo e la voglia. La voglia perchè, dannazione, sono arrivata quasi alla fine e non voglio staccarmi da questa storia... come se rimandare potesse quasi annullare l'inevitabile *sniff* Sono stata anche piuttosto assente come lettrice, ma spero di riuscire a recuperare presto tutti gli arretrati. E' che boh, quando vivi un periodo di cambiamento nella tua vita non sai più da dove cominciare per far quadrare tutto. Sono sicura di avere tipo altre mille cose da dire, ma al momento ho dimenticato tutto. Solo un enorme grazie a Johnee che mi ha dato l'idea di Pinnacle Station per coprire quel piccolo ma enorme buco di tempo che è l'attacco dei Collettori. Sì, poi io uso le idee altrui male, ma pazienza xD 
A presto.
   
 
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