Note dell'autore: Eccovi il secondo capitolo (il terzo è già in lavorazione), per adesso sono
senza il mio fidatissimo Master (si, è il nome del
mio pc fisso, si lo so non sono normale) quindi non
so quando potrò lavorare alle due storie e quindi di poterle aggiornare sul
sito, perdonatemi.
Devo fare un
ringraziamento maggiore alle mie bete che stasera con
pazienza mi hanno rimandato il file bettato, con
pazienza mi hanno aiutato a pubblicare questo capitolo stasera.
Comunque spero davvero che vi piaccia e che non mi odiate per la
scelta fatta.
Buona lettura.
Beta: Paolettazza e Feyilin
Capitolo II
Segreti
Era agitata e nervosa. Voleva trovare un modo diverso, voleva
salvare il Dottore dal suo stesso piano, perché sapeva fin troppo bene che le
aveva mentito e sarebbe morto. Peccato, però, che non avesse la minima idea di
come fare ad aiutarlo, come trovare una seconda opzione
a tutto quello.
"Rose" River la chiamò. Si voltò verso di lei, notando nel suo
sguardo il dolore e un qualcosa che non riusciva a capire.
"Forse c'è un modo" le disse donandole quel po’ di speranza che
le serviva.
"Devi solo rimanere qui, non muoverti per nessun motivo" le disse
seriamente.
Rose la guardò confusa non capendo le sue
intenzioni.
"Cosa vuoi fare?" chiese quasi avendo timore
della sua risposta.
"Lo salvo da se stesso, come sempre" sorrise, prese il suo diario
e il suo cacciavite sonico, e li porse a lei.
"Conservali tu per me" disse consegnandoglieli.
Un orrendo sospetto si fece strada in lei.
"River, non posso. Qui ci sono scritte cose che io non devo
sapere" disse con urgenza.
"Lo so, ma so anche che non lo leggerai. Devi conservali tu, ti prego" insistette.
"River non farlo" la pregò.
"E' giusto che sia così" rispose con tranquillità e sorrise.
Corse via, lasciando Rose a stringere quei due oggetti tra le mani.
"Dov'è andata la professoressa Song?"
chiese il signor Lux continuando a lavorare sul terminale. Rose lo guardò confusa e triste, non sapeva come aiutarli, era
perfettamente inutile.
Guardò il diario di River tra le sue mani, accarezzò il disegno che imitava
quello del Tardis. Pensava alla donna che lo aveva
tenuto gelosamente con sé tutto quel tempo. Non doveva averlo lei, era troppa
la tentazione di sapere cosa le sarebbe successo e chi era per il suo Dottore.
Chiuse gli occhi e posò i due oggetti sul bancone davanti a lei, quelli
erano i segreti di River e lei non li avrebbe svelati,
ora voleva solo correre dal Dottore.
"Dove sta andando?" chiese il Signor Lux
vedendola uscire, ma non gli rispose.
Continuò a correre cercando di fare più in fretta possibile
e, giunta nell'anticamera, si fermò nel sentire il Dottore.
"Devi lasciarlo fare a me" d'istinto la biondina si fermò. Doveva
andarsene da lì, doveva concedere ai due un attimo da soli, ma una parte di lei decise di rimanere ferma.
"Se tu muori qui adesso, non ci incontreremo
in futuro" rispose River disperata.
"Il tempo può essere riscritto" disse il Dottore nel tentativo di
fermarla.
"Non il nostro tempo, nemmeno una riga, non osare" lo minacciò
tra le lacrime la donna.
A Rose si strinse il cuore perché sapeva cosa stava per succedere.
"Va tutto bene, davvero, non è ancora finita
per te, noi ci rivedremo" continuò
con un tono rassicurante.
"Tu ed io, il tempo e lo spazio, guardarci correre via" continuò
lei.
"River, tu sai il mio nome" a quello
Rose perse un battito. Appoggiò la mano al muro perché sentiva che le gambe
potevano cederle da un momento all'altro.
"Mi hai sussurrato il mio nome nell'orecchio, c'è solo un motivo per cui direi a qualcuno il mio nome" continuò lui,
confermando quello che Rose aveva pensato di loro due.
"C'è solo un momento in cui potrei … " Deglutì tentando di
calmarsi, di non piangere.
"Shhh adesso basta, devi pensare a Rose, lei
ti sta aspettando, com’è giusto che sia" disse River e un'accecante luce
bianca illuminò la stanza.
Rose appoggiò le spalle al muro e si lasciò cadere
a terra consapevole della morte di River e di cosa significassero le parole
dette dal Dottore. Lasciò scorrere via con le sue lacrime
tutto il suo dolore e la tristezza.
Rimase lì, ferma a terra a piangere in silenzio per
diverso tempo, poi si decise. Sospirò cercando di trovare una forza che sapeva di non
avere, si asciugò le lacrime con la manica del maglione e si alzò, sospirò
ancora un volta ed entrò nella stanza principale del
nucleo dati. Il suo Dottore era seduto con una mano ammanettata e lo sguardo
perso nel vuoto. Deglutì cacciando via le lacrime, in silenzio prese il
cacciavite sonico e liberò la sua mano, lo aveva fatto
così tante volte che aveva imparato l'impostazione. Una volta che la mano fu
libera, il Dottore, senza dire nulla, la strinse a sé inaspettatamente.
Dopo un primo momento ricambiò il gesto, le erano mancati molto questi loro
abbracci, da quando era morta Jenny non era più
successo, sapeva che in quel momento il Dottore aveva bisogno di lei.
L'unica cosa che voleva fare adesso era rifugiarsi nella biblioteca a
leggere qualche libro, dimenticare tutta quella storia ed evitare di pensare a
chi fosse River e cosa potesse rappresentare.
Entrando nella camera si sorprese nel trovare davanti al
caminetto acceso Rose, con lo sguardo perso nei suoi pensieri e stringendo tra
le mani un quaderno, qualcosa la stava tormentando, si vedeva.
"Rose " la chiamò avvicinandosi. Lei si voltò, quasi come se si
aspettasse di trovarlo lì.
"Donna ha fatto del tè per tutti, ti abbiamo cercato" disse
mettendo le mani in tasca. Rose distolse lo sguardo da
lui nuovamente.
"Non mi va il tè, grazie" disse con voce bassa, senza distogliere
lo sguardo dalla fiamma accesa. Si stava seriamente
preoccupando, non era mai stata così silenziosa.
"Tu come ti senti?" chiese improvvisamente.
"Ah lo sai, io sto sempre bene" le rispose con leggerezza.
La vide accennare un sorriso, ma non di quelli belli e radiosi che
dispensava spesso, no, questo era diverso.
"E' il diario di River quello?" chiese sorpreso
riconoscendo il quaderno che stringeva tra le mani.
Si avvicinò preoccupato, sperando che non avesse letto.
"Non lo avrai …"
"No, non lo farei mai, va contro le regole, giusto?" lo
interruppe prima che potesse finire la sua frase.
Non sapeva cosa le stesse succedendo, ma senza dubbio non era la sua Rose.
La vide voltarsi verso di lui e fissarlo direttamente negli occhi con uno
sguardo deciso.
"Chi è River Song?" chiese senza tanti
preamboli.
"Io … non lo so" rispose sinceramente abbassando lo sguardo.
"Cosa ti ha sussurrato all'orecchio?"
chiese ancora con decisione.
Il Dottore s'irrigidì, il respiro gli si fermò in gola, non voleva mentirle
o eludere la domanda, ma non poteva risponderle, non ancora almeno.
"Anita aveva ragione" disse volgendo lo sguardo
nuovamente verso il camino, non l'aveva mia vista così abbattuta.
"Ti sei fidato di lei all'istante, qualunque cosa lei ti abbia detto,
ti sei fidato come se la conoscessi da sempre" disse con la voce rotta
dalle lacrime che sapeva stava trattenendo. Si sentiva così male per lei,
voleva alleviare il suo dolore, ma sapeva che era lui a causarlo, con le sue
omissioni e le sue bugie.
"Rose ..." tentò di spiegarsi. Lei si
avvicinò senza mai alzare lo sguardo e gli porse il diario.
"Questo è giusto che lo tenga tu" disse tranquillamente.
"Vorrei che mi dicessi cosa c'è che non va" disse lui appoggiando
una mano su quella di lei che teneva il diario, ma lei la scostò subito e si
allontanò nuovamente.
"Portami a casa" disse improvvisamente.
Sentì i cuori mancare un battito, sperava di aver sentito
male o che lei ora gli avrebbe detto che era solo una cosa di pochi
giorni, non aveva mai desiderato tanto di aver capito male.
"Rose, aspetta …" disse tentando di avvicinarsi, ma lei fece un
passo indietro.
"Ti prego, no" disse mettendo avanti la sua mano tremante per
fermarlo.
"In questo momento stento a rimanere nella stessa stanza con te, senza
stare male, quindi ti prego portami a casa" disse con le lacrime che le
scendevano sulle guance, mentre lei cercava di rimanere lucida.
"Se è questo quello che vuoi… ti porterò a
casa" disse quasi incredulo per ciò che stava per succedere.
"Grazie, ti aspetto nella sala console" disse con un filo di voce
per poi andare via stringendo quel quaderno al petto.
Il Dottore rimase lì fermo, incredulo per quello che era appena successo
con Rose, incredulo di averla ferita talmente tanto da
farle prendere una decisione simile.
Sospirò rendendosi conto di aver trattenuto il fiato e di sentire nel petto
un dolore sordo e lancinante, la sua parte egoista urlava di correre da lei e
tenerla stretta sempre, di non lasciarla mai andare, ma non poteva perché
vederla così sconfitta e ferita a causa sua, era una tortura che un vigliacco
come lui non poteva sopportare.
Fine
Capitolo II