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Autore: Ginny McCartney    20/02/2014    2 recensioni
Tutta Panen è in fremito per i 74° Hunger Games che sono alle porte. Intanto, nel Distretto 13, una ragazza, Iris Anderson, è pronta a rompere la sua monotonia. Scoprirà che non è la sola ad essere pronta, non è la sola a voler sfidare Capitol City e il suo distretto che continua a nascondersi.
Scoprirà come un'idea, può essere l'inizio di una ribellione.
*Parallela alla storia - Missing Moments |Prospettiva dal Distretto 13|
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Solo l’Inizio

Silenzio totale. Un ragazzo di nome Peeta Mellark viene chiamato, ma nessuno si offre per lui. Siamo ancora tutti sconvolti quando i giovani del 12 alzano la mano sinistra ed uniscono tre dita, non me ne accorgo nemmeno e anche qui stiamo tutti facendo questo gesto. Mio padre mi ha spiegato cosa significa: significa grazie, significa ammirazione, significa dire addio ad una persona a cui vuoi bene. Eppure non l'avevo mai visto fare qui nel 13, io stessa non l'avevo mai utilizzato. E adesso eccoci lì, che finalmente sembriamo un distretto unito. Basta passeggiare lungo i corridoi per rendersi conto, qui sono tutti diffidenti, come se non si potessero fidare di nessuno.  Come se non la pensassimo mai allo stesso modo.
Adesso è diverso, siamo tutti d’accordo che quella ragazza ha più coraggio del nostro intero governo messo assieme. Dopo quelli che mi sembrano 2 minuti buoni, uno strano ragazzo sale sul palco.
Ha indosso una camicia dell’ospedale, di quelle che danno ai pazienti che devono restare a lungo, i capelli neri spettinati, gli occhi rossi e scavati. Evidentemente sotto abuso di morfamina.
-Ma vi rendete conto?- Inizia a ridere e mi sento male alla vista di un’anima persa nella pazzia. –Questa ragazza… ha scelto la morte per salvare sua sorella! E noi? Non ammettiamo nemmeno la nostra esistenza!-
Immagino Nate, con i capelli ancora più in disordine del solito, costretto in un ospedale per le sue idee rivoluzionarie mai ascoltate. Poi noto che lo sguardo del morfaminomane riprende coscienza e cerco di ascoltarlo per bene: -Non possiamo restare così! Continuano a morire persone, ogni giorno! Dobbiamo farci sentire! La Coin non può ignorare tutto questo! NOI non possiamo ignorare tutto questo! Hanno bisogno di noi, dobbiamo combattere Capitol City uniti! Usciamo allo scoperto!- L’intera sala è in subbuglio, non capisco più nulla e mi ritrovo spinta verso la porta. La gente distrugge tutti gli oggetti  che intralciano il loro cammino, vedo il rivoluzionario svenire prima di uscire dalla sala per intraprendere il primo corridoio verso la residenza dei governanti. Quando siamo quasi alla meta arriva un gruppo di guardie, mi aspetto che parlino per placare la folla. E invece tirano fuori bastoni e pistole e scoppia la guerra. Sono paralizzata e mi accorgo che da molto Nate non stringe più la mia mano, sento spari e grida. Un grosso tavolo mi travolge e mi ritrovo bloccata sotto di esso con un dolore lancinante al piede. Magari qui non mi succederà nulla, anche se sento che potrei morire dal dolore. La faccia mi si posa sul pavimento congelato e vedo tutto girato verso sinistra, ma non solo: vedo una ventina di corpi insanguinati. Presto mi raggiunge anche il loro odore ed un conato si unisce alla mia voglia di piangere. Anche i giovani più agguerriti stanno scappando. Penseranno che sono morta e potrò tornare a casa, non sana, ma almeno salva. Il problema è che non riesco proprio a muovere il piede.
Davanti a me si apre una scena orribile: un ragazzo è in ginocchio ed una guardia batte il bastone sulle mani, come per decidere il da farsi; considerata la larghezza del braccio della guardia, il ragazzo potrebbe morire anche con un solo colpo se piazzato nel punto giusto della testa. Devo spostarmi per riuscire a vedere meglio la scena, rinuncerei con piacere a farlo ma, se sta per morire, voglio che quel ragazzo abbia tutto il mio conforto … anche se solo da lontano. Noto che non sta implorando, al contrario sembra stia provocando la guardia.
Quando riesco finalmente a vedere bene il viso del ragazzo, vorrei aver girato la testa e prego che la smetta di fare lo sbruffone. E’ Lux, mio fratello. Solo ieri ho scoperto che non era del tutto un figlio di mio padre, approvava la mia idea, ma non avrei mai immaginato di trovarlo lì davanti a una guardia, pronto a sfidare anche tutto il distretto da solo. Ti prego, posa il bastone, ti prego. Provo ad urlare ma non ho molta forza e loro non mi sentono, tento di liberarmi sforzandomi più che posso, però il risultato è solo un dolore ancora più acuto. Vedo il vigile in procinto di mettere via il bastone, sto per ricominciare a respirare di nuovo. Ma mio fratello parla di nuovo, lentamente, sento la sua freddezza fin qui e vedo la guardia irrigidirsi.
Tira fuori il bastone e si prepara al colpo, come mio fratello si prepara a riceverlo. Urlo un ultima volta, tra le lacrime, impotente. Mio fratello si volta e penso mi abbia sentito, ma invece arriva un uomo e prende il colpo al posto di Lux, che urla a sua volta. La guardia va via e lui corre verso il corpo, tra le lacrime.
L’uomo giace a terra ed ha il viso rivolto verso di me. No, mi sta guardando. E io restituisco lo sguardo ai suoi occhi privi di vita. Quell’uomo si chiama Carl Anderson, ed è mio padre.



Spero di essere riuscita a farvi salire almeno un po' d'ansia, ma di non avervi fatto deprimere. So che ho scritto davvero male... ma mi sento in dovere di continuare. Credo comunque che ve lo meritiate, visto che vi sorbite quest'obbrobrio di fan fiction :*
  
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