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Autore: Inu_Ran    21/02/2014    6 recensioni
L’organizzazione è stata finalmente sconfitta ma Shinichi non può tornare grande, inoltre Ran sta male e nasconde un segreto che cambierà la vita di tutti.
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“Ran sono io, da quanto tempo?”
“Un mese.” Rispose fredda.
I libri,i romanzi, le penne e tutto quello che era sopra la scrivania cadde rovinosamente a terra producendo un enorme tonfo. Ma Ran non si fermò, ormai piena di rabbia, prese il portafoto che ritraeva due giovani sorridenti, lei e Shinichi, e la scaraventò a terra frantumando il vetro. I cocci del vetro volarono per tutta la stanza mentre la foto non aveva subito nessun danno. La osservò e voleva che quel sorriso che mostravano entrambi scomparisse, soprattutto quello di lui. Voleva sapere che per una volta lei non era l’unica a soffrire.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Io ho la leucemia.”Sussurrò Ran.          
Il mondo sembrò crollargli sotto i piedi, l’aria iniziò a mancargli, il sangue gli si gelò … era come morire.
“Sai cos’è?” chiese Ran ottenendo una risposta positiva. Sapeva perfettamente il significato di quella parola. Sapeva che era un tumore del sangue. Sapeva che molta gente moriva per quest’ultima. E sapeva che c’era la possibilità che anche Ran perdesse la vita per questa malattia.  Era assurda quella situazione. Lei era ancora una ragazza nel fiore degli anni, aveva ancora tanti desideri da realizzare, sogni, speranze e poi con la sua scomparsa avrebbe portato via una parte di Shinichi che non sarebbe più tornata. Si avvicinò a Ran , che era rimasta seduta sul letto, e, con molta difficoltà data la sua statura, l’abbraccio. Le sue braccia erano corte e non riuscì a stringerla come voleva.
“Ma da quanto lo sai?” domandò senza staccarsi da lei.
“Da un mese.” Una profonda rabbia invase il detective. Era stato talmente stupido da non accorgersi di niente per tutto quel tempo.
“Kudo così vi farete solo male entrambi. Ti accorgerai con i tuoi stessi occhi di come tutto sia diverso da ciò che hai immaginato. I sogni arrivano lentamente ma si infrangono in fretta quando incontrano la realtà.”
“Sei pazzo? Non lo fare, le faresti del male e non lo fare soprattutto ora”
“Allora si delicato e cerca di capire la situazione. Per lei non è facile.”
“Meglio così gli serve un po’ di distrazione.”
Tutto gli fu più chiaro: lo strano interessamento di Haibara verso Ran, lo strano comportamento di Heiji e il non volere che lui le svelasse tutta la verità, l’improvviso ritorno di Eri a casa Mori e l’assenza dei litigi tra i due coniugi. Il motivo di questo repentino cambiamento aveva un solo nome: Ran o meglio la sua malattia. Perché tutti loro da giorni conoscevano la sua condizione ma nessuno aveva pensato di riferirgli qualcosa e lui come un idiota non aveva compreso niente. E lui si considerava un grande detective?
“Ran, scusami ma devo andare dal dottore Agasa. Vedrai che tutto si risolverà.” Disse il ‘bambino’ per sparire oltre la porta. Se voleva aiutare Ran, se voleva darle forza, doveva farlo in unico modo,tornando quello di un tempo:  stava ritornando Shinichi Kudo.
 
Haibara stava leggendo una rivista quando fu interrotta dal fastidioso suono del campanello. Si alzò svogliatamente ed andò ad aprire. Di fronte i suoi occhi c’era Conan con il busto leggermente piegato mentre le mani erano appoggiate alle ginocchia nel tentativo di riprendersi dalla lunga corsa. La ‘bambina’ lo scrutò attentamente cercando di capire il motivo della sua visita che, data la sua posizione e il fiato corto, era davvero urgente.
“Allora mi fai entrare?” disse con un tono che non ammetteva risposte negative. La scienziata, fece cenno di assenso col capo, e rientrò nell’abitazione con lui al seguito.
“Allora a cosa devo la tua visita?” Domandò con tono distaccato.
“Perché non mi avete detto nulla? Perché devo scoprire solo ora che Ran sta morendo? “ le ultime parole, troppo dolorose, le sussurrò ma Ai riuscì a sentirle ugualmente.
“Perché lo voleva lei: Conan non doveva sapere niente perché è un bambino mentre Shinichi non doveva saperlo perché  non voleva rovinargli la carriera di detective che piano piano si sta costruendo. Non è assurdo pensare che Conan non è un bambino mentre Shinichi non sta intraprendendo una carriera lavorativa e …”
“E’ assurdo il fatto che tutti voi mi avete nascosto la verità.” Urlò Shinichi. “Comunque sono venuto perché voglio l’antidoto, lo stesso che mi hai dato a Londra. Avrò bisogno di molte pillole.”
“Vuoi forse morire? Ti rendi conto che potresti non tornare come prima o peggio potresti morire? E poi sai benissimo che 100 non coprirebbero una settimana.” Cercò di farlo ragionare, la sua era un’idea troppo rischiosa e non voleva essere la sua assassina.
“Me ne fotto Haibara.” Urlo un iroso Shinichi ”Se 100 pillole non dovessero bastare me ne prenderò 200, se non dovessero bastare me ne prenderò 300. Ho già sprecato troppo tempo, vuoi darmi queste pillole o devo cercarle io?” Haibara sbuffò di fronte la testardaggine del detective e scese, seguita da lui, verso il piano inferiore.
“Considerando che vuoi tutta la verità, devi sapere che Ran ha deciso di lasciarsi morire.”Disse la scienziata continuando a camminare ma non si rese conto che Shinichi non la seguiva più.
“Cosa?”Domandò  incredulo e per la seconda volta si sentì morire.


Erano diversi giorni che aveva una macchia sulla schiena ed aveva deciso di andare dal medico a farsi controllare. Nonostante quest’ultimo avesse in mano i suoi risultati non voleva darglieli e le aveva chiesto di chiamare i suoi genitori. Kogoro ed Eri si erano preoccupati della telefonata  della figlia ed erano giunti velocemente all’ospedale.
“Signori Mori quello che vi sto per dire è molto importate.” Disse il medico e i due coniugi diedero segno di proseguire.
“Vostra figlia ha la leucemia. Non è ad uno stato avanzato e forse con la chemioterapia potremmo debellarla del tutto. Se ciò non dovesse funzionare tenteremo di fare un trapianto di  midollo, dovete però considerare che bisognerà trovare un donatore compatibile, il che richiederà del tempo. Per questo se voi me lo consentite la metterei in lista già da ora.” I due coniugi ascoltarono attentamente ogni singola parola mentre Ran si era bloccata alla parola leucemia. La consapevolezza che stava per morire, che la sua vita sarebbe terminata la sconvolse a tal punto che si era estraniata dalla realtà.
“Cosa ne pensi, Ran?” Chiese sua madre.
“Ran ascolta dovremmo iniziare subito, sei d’accordo vero?” Cercò di convincerla il medico.
“Io… non, non…so avrei… ho bisogno d’aria.” Le veniva pure difficile parlare in quel momento. Corse fuori dall’ospedale senza curarsi dei richiami dei suoi genitori. All’esterno il tempo era bellissimo, il Sole splendeva alto nel cielo illuminando tutto, gli uccellini cinguettavano. Ran aveva scoperto  che una malattia la stava uccidendo eppure la vita al di fuori dell’ospedale continuava, non l’aspettava, andava avanti, abbandonandola la suo destino. E’ tutto era così ingiusto e si domandò cosa avesse fatto di male per meritarsi tutto questo. Si godette per un po’ il Sole ed entrò di nuovo con una risposta  a tutto: lei non sarebbe mai più tornata in ospedale perché lei voleva vivere non sopravvivere.
 
Uno, due, tre minuti erano passati da quando Kogoro faceva avanti e indietro nel corridoio nella vana speranza di trovare un po’ di pace. Lui e sua moglie, svegliati alle 3 di notte da Ran che tossiva sangue, si erano precipitati in ospedale e stavano aspettando che un medico uscisse per avere notizie sulle condizioni della figlia. Kogoro sapeva che lei era una ragazza forte ma questo andava oltre l’immaginabile sopportazione. Lei era una ragazza solare, disponibile, bella, buona era come un fiore ma la malattia l’aveva trasformata. Davanti a tutti sorrideva, cercava di non far pesare a nessuno questa situazione per non farli soffrire ma non era forse più straziante sentirla piangere la notte? Sentire le sue urla? Eppure una parte di lui amava quando lei fingeva perché anche lui poteva fare lo stesso e credere che tutto fosse un sogno o meglio un incubo. Perché ormai Ran era diventata come una foglia in autunno, non sai quando cadrà ma sai che lo farà.
“Kogoro, andrà tutto bene?”Chiese una stanca Eri.
“Sì.” Rispose, ma non era sicuro che fosse la risposta giusta, era solamente la risposta che in quel momento le orecchie di entrambi volevano sentire.
“Ha chiamato Yukiko ed ha detto che lei e suo marito saranno qui domani mattina.” La donna cercò di iniziare un discorso perché parlare la distraeva da quella situazione.
“Verrà anche Shinichi?”Chiese speranzoso il marito.
“No. Sai benissimo che lui non sa niente e non deve sapere niente.” Kogoro sbuffò. Per una volta nella vita avrebbe voluto Shinichi accanto a sua figlia per aiutarla in questo lungo cammino. La vita non era un film, comprendeva benissimo che l’arrivo del detective non avrebbe cancellato la malattia ma sua figlia sarebbe stata felice. Avrebbe visto nel suo volto un sorriso, uno di quelli che ti scalda il cuore, che ti fa dimenticare tutto, che ti convince che tua figlia sia unica. Un sorriso sincero. Lui era la sua speranza. Che enorme paradosso: lui che l’odiava perché gironzolava sempre attorno a Ran adesso lo aspettava con impazienza. Sbuffò per la seconda volta rassegnandosi all’idea che non l’avrebbe scoperto mai. All’improvviso un uomo con un camice bianco si avvicinò a loro e li rassicurò dicendo che la loro figlia stava bene e stava riposando in camera. I due non aspettarono neanche che lui finisse di parlare che corsero verso la camera di Ran. La ragazza, sentita la porta aprirsi, si girò verso i suoi genitori per regalargli un altro abituale sorriso falso.
“Ora sto bene non preoccupatevi. Potete tornare a casa, il medico a detto però che io devo passare la notte qui.” Li rassicurò.
“Ma non dirlo nemmeno per scherzo. E poi non lo sai che le poltrone sono comodissime? Per non parlare di tuo padre che, a causa delle sue continue bevute, le sedie sono diventate il suo secondo letto.” Eri cercò di smorzare la situazione per alleviare anche se di poco il dolore di Ran.
“Stai insinuando che bevo troppo?”
“Sì, l’ho sempre pensato e detto.” Ran a quella scena rise di gusto e questo non poté che rendere felice i suoi genitori.
“Mi sono mancate queste situazioni.” Ammise mentre sulla sua faccia si dipinse un sorriso malinconico.
“E a me sei mancata tu.” La famiglia Mori si voltò verso la fonte di quella voce. Un bel ragazzo con occhi azzurri sostava sul ciglio della porta ammirando Ran che nonostante la malattia era sempre bellissima.
“Shinichi, cosa ci fai qui?”chiese una dubbiosa Ran, nel mentre i due coniugi avevano deciso di lasciare i ragazzi soli non appena Kogoro aveva raccomandato al detective di non toccare sua figlia.
“Allora vuoi rispondermi, che ci fai qui?” Shinichi si avvicinò e si sedette sul letto.
“E tu perché mi hai nascosto la verità?”
“Non vale rispondere con una domanda.”
“Non vale mentire al tuo amico d’infanzia.” La ragazza si fece improvvisamente seria. Possibile che ora che poteva stare con Shinichi non poteva passarlo fuori da un posto come quello, magari a mangiare gelato?
“Perché non volevo coinvolgerti, non volevo che lasciassi tutto per venire da me e sentirti così in obbligo nei miei confronti. Non volevo che mi guardassi come un caso disperato, che mi compatissi.”
“Non dire idiozie tu sei Ran e non una perdita di tempo . Se solo l’avessi saputo prima non ti avrei fatto aspettare così tanto. Non appena mi hanno detto tutto, ma non chiedermi chi, sono corso a casa tua ma non c’eri e quindi mi sono fatta dire da mia madre, che si era sentita precedentemente con la tua, dov’eri ricoverata. Ma Ran sono venuto a conoscenza che tu hai deciso di non curarti. Non puoi arrenderti ora.” Ran a quelle parole girò il capo stizzita. Perché nessuno voleva ascoltarla? Lei aveva preso delle decisioni.
“No, non voglio passare giorni interi qui dentro mentre la chemioterapia mi distrugge. Potrei non sopravvivere lo stesso e così avrei sprecato gli ultimi giorni.”
“Ma c’è quella possibilità di sopravvivenza. Mi spieghi che vita è se hai deciso di smettere di lottare proprio ora che dovevi farlo?Sei una persona forte ed io sarò con te durante questo tragitto, non andrò via.”
“E’ questo il punto: la possibilità è minima. Potrei guarire dalla leucemia e poi morire per un raffreddore a causa della chemioterapia.”
“Non è solo questo,vero?” Ran si stupiva sempre, quel ragazzo la sconosceva bene, era come un libro aperto per lui. Sospirò abbattuta, tenere nascosta la verità a lui era difficile.
“ Iniziare la chemio vorrà dire che dovrò ammettere che ho la leucemia. In questo mese, alcune volte l’ho dimenticato, ho finto che tutto andasse bene ma se inizio non potrò più farlo. Se inizio sarò rilegata in questo ospedale, mi mancheranno le forze e sarà pure difficile camminare, costringerò i miei genitori a stare 24 ore su 24 qui e molte persone che conosco potrebbero abbandonarmi. Non voglio essere Ran la malata… Non voglio.” Ran si coprì il viso con le mani per non fare vedere le sue lacrime al detective.”Ho paura.”Sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
“Nessuno ti abbandona, neanche io. Per dimostrarti che è vero, se vuoi mi sdraio insieme a te.” La Karateka annuì e lui si coricò accanto a lei. L’avvolse con un braccio e Ran sprofondò il viso nel petto del detective.
“Spero solo che non entri tuo padre perché non vorrei diventare mangiare per cani.” La ragazza rise e questo non poté che rendere più sereno Shinichi perché, la cosa che odiava di più al mondo era vedere Ran piangere.
“Ci riuscirò? La sconfiggerò?” chiese titubante con la testa ancora vicina al suo petto.
“Certo e quando starai meglio usciremo. Ti porterò in un locale, il più bello di Tokyo, poi andremo a Tropical Land e…” Shinichi interrupe il discorso allorché vide Ran dormire e decise anche lui di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
Il Sole illuminava la sua stanza, i raggi battevano insistentemente sulla sua bella faccia e la ragazza fu costretta a svegliarsi. Toccò con le mani la parte sinistra del letto nella speranza di trovarci qualcuno ma quando al tatto avvertì solo le fredde coperte aprì gli occhi. Nella sua stanza l’unica cosa che vide era: la finestra, a destra, con le tende tirate, un piccolo comodino ed accanto ad esso un piccolo armadio, poco più avanti vi erano due poltroncine verdi che si abbinavano con le pareti del medesimo colore ma un po’ più chiaro. Tutto era come lo ricordava, l’unico a mancare era lui. Che fosse stato tutto un sogno? La sua risposta fu data dall’aprirsi della porta che rivelò la figura del ragazzo.
“Shinichi dove sei stato?” In risposta Shinichi le diede il cornetto che aveva preso precedentemente.
“Grazie, ma che ore sono? E come mai sei tutto sudato?” chiese tra un boccone e l’altro Ran.
“Sono le 10 e sono sudato perché sento molto caldo.” Mentì il detective liceale. Pochi minuti prima che si svegliasse Ran era ritornato il marmocchio di un tempo ed aveva assunto la pillola. Siccome lei dormiva ancora era andato a prenderle un cornetto.
“Ran, ho parlato con tuo padre e tua madre a proposito della chemio. Tua madre è dovuta tornare a lavoro mentre Kogoro sta riposando in una stanza perché non ha dormito tutta la notte. Io sarà con te durante la terapia ma se tu volessi uno dei tuoi genitori basta dirmelo che te li chiamo. Il dottore sa tutto e dobbiamo andare nel reparto di oncologia.” La ragazza annuì e poi finì il cornetto. Non le andava proprio di farla ma aveva ragione Kudo il tempo del rimpianto era terminato, ora bisognava tornare a combattere. Sbatté fuori dalla stanza Shinichi, poiché doveva cambiarsi, e prese dei vestiti che le aveva portato sua madre. La ragazza uscì dopo pochi minuti con addosso un paio di pantaloni e una felpa. Non era il massimo della bellezza, i capelli erano tutti in disordine ma non riusciva a trovare la spazzola. Se ne fregò di come stava esteticamente non era mica diretta ad una grande cerimonia. Oltrepassò il ragazzo e s’incamminò, voleva che tutto finisse subito. L’infermiera l’accolse con un’enorme sorriso per poi condurla alla fine della stanza davanti una poltrona.
“Allora…Ran, giusto? Adesso tu ti sdrai ed io ti metto un ago sul braccio. Il tuo amico può prendersi una sedia e stare insieme a te. Se vuoi più privacy attaccata al muro c’è una tenda, basterà tirarla e sarà come isolarsi dagli altri.” Ran sbuffò alle spiegazioni così elementari per una ragazza come lei. Perché adesso dovevano trattarla diversamente da prima?Aveva la leucemia non era stupida. Fece come le aveva detto la donna e quando il liquido dal tubo arrivò dritto nel suo braccio l’infermiera andò via. Shinichi che era rimasto in silenzio per tutto quel tempo decise di parlare di Sherlock Holmes, di casi, del più e del meno di qualunque cosa la potesse distrarre ma quando la ragazza afferrò la bacinella accanto a sé e vomitò il silenzio calò di nuovo. Perché è facile dire di aver compreso quando sei estraneo alla situazione, è facile dare consigli quando non sei tu che hai problemi ed è altrettanto facile per Shinichi dire a Ran che la chemioterapia avrebbe cambiato tutto, che sarebbe passato tutto velocemente quando non era lui che aveva la leucemia. E si accorse in quel momento com’era difficile vederla in quelle condizioni e non poter fare niente. Era impotente e cosciente che lo sarebbe sempre stato per quella situazione. Ran vomitò di nuovo ed il detective ebbe un’altra morsa al cuore. Parlargli gli sembrava inappropriato, rassicurarla gli sembrava l’ennesima bugia, quindi fece l’unica cosa a lui possibile:le strinse la mano per farle capire che lui non sarebbe scappato. Ma la ragazza non fece caso a quel particolare troppo concentrata a vomitare di nuovo. Si sentiva morire, il corpo le sembrava andare a fuoco, i capelli si erano attaccati alla sua faccia a causa del sudore. Posò la bacinella sopra il tavolino accanto la poltrona e si girò verso il detective, che non lasciava la sua mano.
“Perché sono qui?”chiese con un filo di voce.
“Perché vuoi guarire.”
“Non è vero, perché?”chiese di nuovo.
“Perché vuoi vivere.” Gli rispose sicuro il ragazzo mantenendo il contatto visivo.
“No, ti dico io perché sono qui. Sono in questo posto perché lo volevi tu, sono qui perché tu mi hai convinto. Ma tu che ne sai di quello che si prova veramente a stare qui? Sei bravo a parlare ma non lo saresti se avessimo i ruoli invertiti. Come mai non scappi come fai sempre? Sei diventato bravo.” Shinichi si stranì delle parole dell’amica d’infanzia ma doveva capire che quell’odio era dettato dalla malattia.
“Puoi dirmi quello che vuoi, continua ad insultarmi se ti fa stare bene. Hai ragione nell’ultimo periodo sono scappato tantissime volte ma ho dei validi motivi che non sto a spiegarti. Ma se c’è una cosa certa e che non scapperò né permetterò che tu rinunci a vivere.” Il detective strinse ancora di più la mano della karateka e lei se ne accorse . Prese un profondo respiro e si ordinò di calmarsi. Non era colpa sua.
“Scusami e che mi sento veramente male. Non volevo insultarti e che a casa non posso dire niente perché non sopporto le lacrime di mia madre e i lamenti silenziosi di mio padre. Quando sto con Sonoko e Kazuha non posso utilizzare vocaboli come ‘leucemia’, ‘ospedale’ e ‘morte’ che scoppiano a piangere. Con Conan che considerò un fratello non posso perché è troppo piccolo. Avevo solo bisogno di sentirmi libera e non condizionata dagli altri. Scusami ancora.”
“Se vuoi continua ad insultarmi ma ti sfidò a trovarmi un difetto: sono perfetto.” Ran sorrise a quell’affermazione e questo non poté che strappare un sorriso anche al compagno accanto. Quando finalmente la chemioterapia terminò, l’infermiera portò loro una sedia a rotelle. Ran provò ad alzarsi ma un giramento di testa la costrinse a sedersi di nuovo.
“E questo che non volevo fare: utilizzare una sedia a rotelle. E pensare che per i mesi a venire sarà l’unica compagna che mi aiuterà a spostarmi da un luogo all’altro. Mi aiuti per favore? Non ci riesco da sola.” La ragazza sbuffò, l’idea non le piaceva ma prima si abituava meglio era. Shinichi, allora, spinse la sedia lontano e la prese in braccio.
“Chi ha detto che devi usarla? Posso portarti io fino in camera.”
“Ma Shinichi, non ce n’è bisogno.” Disse una Ran imbarazzata ma il detective non l’ascoltò e s’incamminò verso la stanza. Ran, allora, poggiò la testa sul suo petto, chiuse gli occhi ed assaporò il suo profumo. Stare tra le sue braccia la rendeva felice, calma, serena e quando sentì che il suo corpo era stato poggiato sul freddo letto quel senso di quiete l’abbandonò.
“Ran, io devo tornare a casa per farmi una doccia e per dormire un po’. Entro le 4 del pomeriggio sarò di ritorno, ho avvisato i tuoi genitori e saranno qui tra poco.”
“Va bene, ma prima avvicinati.” La ragazza allungò le braccia, afferrò i bordi della sua giacca, lo tirò verso di sé ed avvicinò le sue labbra. Shinichi sentiva il suo respiro solleticargli le labbra finché non sentì quest’ultime poggiate sulle sue. Non durò molto, fu un semplice casto bacio ma a causa di questo entrambi diventarono rossi.
“Grazie per tutto, a dopo.” Kudo la salutò impacciato ed uscì. Ran si mise a ridere al solo pensiero della faccia del ragazzo che da rosa era passata a rosso pomodoro. Però c’era una cosa che aveva capito da quest’esperienza; che di tempo ne aveva poco e non voleva finire i suoi giorni tra i rimpianti. Lei voleva baciarlo e l’aveva fatto, era bello sentirsi libera.
 
 Sempre dritto, al primo incrocio a destra, il secondo corridoio a sinistra, superare il bagno e poi sempre dritto fino la stanza 203. Nonostante ci fosse andato una sola volta e che quella volta fosse stato accompagnato da un’infermiera si ricordava tutto perfettamente. Ricordava la strada, i visi delle infermiere, dei pazienti che stavano lì. Aveva un’ottima memoria ma forse questa era migliorata con gli anni grazie al suo lavoro. Sperò di non ricordare pure quante mattonelle erano presenti perché ciò significava aver passato tanto tempo lì e che Ran non era ancora guarita. Shinichi scacciò questi pensieri dalla mente. Pensò di bussare ma poi ritrasse la mano con l’idea di farle una sorpresa. Sorrise e poi aprì.
“Ran sono tornato guarda cosa ti ho…… Tu?!?” urlò stupito del ragazzo di fronte ai suoi occhi.
“Tu cosa ci fai qui?” chiese un ragazzo dalla scura carnagione e un accento di Osaka.
“Per il tuo stesso motivo... Hattori.” Rispose freddo Shinichi e l’altro detective non prevedeva niente di buono.
“Sai penso di aver capito perché hai iniziato a curarti e per il sorriso che non riesce ad abbandonare il tuo viso.” Sussurrò Kazuha in modo che nessuno potesse sentire tranne la Karateka.
“Ciao Kazuha.” La salutò cordialmente per poi dare un contenitore con dei muffin a Ran. “Questi l’ho presi prima di venire qui ma non sapevo avessimo visite, ne avrei sicuramente presi di più. Mi dispiace ragazze dovrete farveli bastare.” Le due ragazze risposerò con un allegro grazie mentre Heiji sbuffò.
“E a me non lo dici scusa?”
“Perché dovrei? Non li ho portati a te.” Hattori era un bravo detective tanto quanto Kudo ed aveva capito subito che il suo migliore amico era arrabbiato con lui per tutta la faccenda di Ran.
“Non mi dire che adesso ce l’hai con me?” Chiese.
“No figurati. La prossima volta che so qualcosa che ti interessa e di importante mi ricorderò di non dirtelo.” Sussurrò avvicinandosi a lui in modo che le altre due non sentissero.
“Sentì Ran, non potresti dare un bacio a Kudo così magari diventa di buono umore?” A quella domanda i due arrossirono mentre nelle loro menti ritornò il momento di qualche ora prima.
“Scusate.” Disse Kudo uscendo di corsa.
“Non si sarà offeso per quello che ha detto Heiji?” chiese Kazuha alla sua amica.
“Non credo, non è quel tipo di persona. Heiji tu sai per… Heiji?” Ran si guardò intorno ma di lui nemmeno l’ombra. Il ragazzo infatti non convinto del comportamento del detective dell’est l’aveva inseguito fino in bagno finché non l’aveva trovato inginocchiato con la testa che sporgeva verso il gabinetto intento a vomitare.
“Kudo tutto apposto?” Il ragazzo rispose affermativamente e sciacquatosi la faccia si giustificò con l’amico dicendo che molto probabilmente era un indigestione. Hattori non era molto convinto ma lasciò perdere.
“Come hai fatto a tornare normale?” chiese mentre s’incamminavano per tornare dalle ragazze.
“Con un antidoto di Haibara.”
“Sicuro che tutto vada bene?” chiese seriamente preoccupato per la brutta cera dell’amico. Si vedeva che non aveva dormito, era pallido in faccia e se poi ripensava alla scena di prima qualcosa non andava di sicuro bene.
“Mai stato meglio.” Spalancò la porta e una donna dai lunghi capelli castani con le punte arrotondate corse verso Shinichi per poi stringerlo forte.
“Shin-chan da quanto tempo? Mi sei mancato.” Urlò la donna dalla felicità.
“Smettila mamma mi stai soffocando.” Il ragazzo cercò di staccarsi da lei ma fu solo grazie all’aiuto del padre se Yukiko lasciò la presa. Era pur sempre una madre e rivedere suo figlio, nelle suo corpo, la riempiva di gioia.
“Yukiko, lo sai che non sono più bambini.” S’intromise Eri che era vicino la finestra con il marito.
“Sì ma sarebbe bello se tornassero piccoli. Ti ricordi quant’erano carini Ran e Shinichi da piccoli, erano inseparabili.”
“A Kudo scommetto che gli piacerebbe tanto ritornare piccolo.” Lo sfotté Heiji che si era accomodato vicino a Kazuha.
“Spiritoso.” Rispose il diretto interessato.
“A proposito di bambini, ma Conan è da solo a casa?”Chiese Ran allarmata per il ‘piccolo’.”Shinichi avevi detto che era con i tuoi genitori ma loro non ne sapevano niente.”
“Vedrai che è con il dottore Agasa.”
“Qualcuno mi ha chiamato?” chiese il dottore entrando e salutando tutti, al suo seguito vi era Ai che teneva in mano un mazzo di rose rosse.
“Se il dottore Agasa è qui, i tuoi genitori pure si può sapere con chi è quel povero bambino?”Domandò abbastanza irritato dalle scuse del detective.
“Edogawa-kun era a casa nostra fino a stamattina ma poi sua madre è venuta a prenderselo. Mi sa che per un bel po’ non lo vedremo.”Shinichi tirò un sospiro di sollievo fortunatamente la situazione era stata risolta da Haibara e notò Ran rilassarsi alla notizia. La scienziata porse i fiori alla ragazza e poi chiese a Shinichi se poteva seguirla fuori. Heiji si insospettì e seguendoli si nascose in modo da non essere visto purtroppo arrivò a discussione iniziata e non capì bene.
“Sì, e non è la prima volta.” Rispose irritato Shinichi. “E tu smettila di spiarci.” Il detective di Osaka, ormai scoperto dal suo rivale, si avvicinò ad entrambi.
“Ma non lo vedi che è un chiaro segno?” domandò esasperata dalla testardaggine del ragazzo.” Così morirai.”
“Mi spiegate cosa sta succedendo?” Domandò sempre più confuso Heiji. Ma Shinichi non rispose girò il capo come se quella discussione non lo riguardasse.
“Te lo dico io, se quest’idiota continua a prendere l’antidoto  dell’aptx4869 rischia di morire.” Rispose per lui Ai.
“Cosa?”chiese Heiji con la speranza di aver capito male.”Dimmi che scherza Kudo.”Lui alzò la testa, prima rivolta verso un punto imprecisato del corridoio, per puntare gli occhi su quelli del detective.
“Mi dispiace ma è la verità.”
 
 
Angolo dell’autrice:
Salve a tutti=) ci sono stata tanto a scrivere questo capitolo ma è abbastanza lungo. E adesso che farà Shinichi? Vorrei chiarire il comportamento di Ran: quando insulta Shinichi lo fa perché è stanca , per quanto lei possa essere forte, solare, ottimista e tutto ciò di positivo che può esistere, ricordate che prima di tutto è umana, e come umana ha paura ed ha bisogno di sfogarsi. Il mio intento non è quello di creare dei personaggi tipo: Shinichi sempre disponibile che appena arriva salva la situazione, Ran che è forte affronta tutto e sorride sempre. I miei personaggi ho cercato di caratterizzarli per esempio: Shinichi solitamente razionale fa una cavolata come prendere pillole in continuazione e più avanti farà qualcosa di male( che non vi dico), Ran lo insulta, si rifiuta di accettare la malattia e qualcosa che potrebbe ridurla in uno straccio, come la chemio, ma poi lo bacia. Io non voglio dei pupazzi senza identità ma sto cercando di creare dei personaggi il più possibile assomiglianti a quelli del manga ma cercando di capire cosa farebbero in una situazione come questa. Alla fine ho deciso di mettere un po‘di personaggi per rendere la storia meno pesante. Spero che vi sia piaciuto e qualora ci dovessero essere dei dubbi sarò felice, se ne ho la possibilità, di darvi una risposta. Vi ringrazio e buona serata ^.^.
  
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