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Autore: redbullholic    22/02/2014    2 recensioni
They tell us everything’s alright
and we just go along.
How can we fall asleep at night
when something’s clearly wrong?

E se... Kelly fosse sopravvissuta?
Genere: Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kelly Gibbs, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl Who Lived'
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Kelly si concesse ancora un secondo di esitazione. Prese un respiro profondo e spinse la porta, schiudendola. Michael alle sue spalle la spinse all’interno di una stanza addirittura più piccola dell’altra. Anche lì l’unca fonte di luce era una lampadina penzolante dal soffitto. La stanza era completamente spoglia, se non per una sedia rovesciata sul pavimento. E poco più in là c’era suo padre.
Kelly ebbe un tuffo al cuore quando lo vide. Era pallido e tremava visibilmente, probabilmente per il freddo, e a parte un taglietto sulla fronte non sembrava ferito. La cosa che più la inquietò era che nella mano destra stringeva convulsamente una pistola. Non si soffermò sul perché gliel’avessero lasciata, o su come se la fosse procurata. Voleva solo andare da lui e assicurarsi che stesse bene, poi avrebbe trovato il modo di uscire da lì.
Incurante della pistola ancora puntata dietro la nuca, mosse un passo verso Gibbs. Aveva già schiuso le labbra per parlargli, ma le parole gli morirono in gola quando lo vide alzare il braccio e puntare l’arma di fronte a se. Contro di lei.
No, pensò, forse mirava a Michael, dietro di lei… aggrappandosi con tutta se stessa a quel pensiero, si avvicinò ancora di qualche centimetro. Ma negli occhi di suo padre lesse qualcosa di sconosciuto. Sembrava quasi non riconoscerla.
-Papà…- mormorò, mentre il rumore di uno sparo terribilmente vicino riempiva l’aria.
 
Gibbs stava impazzendo. Stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di spararsi. Ma no, non voleva dare la soddisfazione all’uomo che lo aveva rinchiuso lì dentro. Avrebbe lottato contro la fame, la sete, il freddo e quella sostanza che lo stava lentamente annientando da dentro, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederlo crollare.
Improvvisamente sentì un grido dall’altra parte della porta. Scattò in piedi, rovesciando la sedia, con l’arma ben salda in pugno. Qualcuno stava per entrare. Era la sua occasione.
La porta si spalancò di colpo e distinse due sagome che entravano. Ma non riconobbe i volti. Vedeva tutto estremamente confuso, sembrava girare tutto in quella stanza. Gli unici volti che vedeva erano quelli dei due che lo avevano rapito e rinchiuso lì dentro. Volti che si sovrapponevano in continuazione davanti ai suoi occhi, cercando una qualche corrispondenza in quelle sagome confuse che erano appena entrate.
Uno era rimasto immobile sulla porta, l’altro avanzava verso di lui. Sicuramente erano lì per ucciderlo. Strizzò gli occhi un paio di volte, nel vano tentativo di inquadrare la figura che si stava avvicinando.
Non lo avrebbero avuto senza combattere, non si sarebbe arreso. Forte di quel pensiero, trovò la forza di sollevare il braccio destro e puntare l’arma di fronte a se. Tutto il suo corpo era scosso da tremiti incontrollabili, ma non avrebbe fallito.
Solo dopo che ebbe premuto il grilletto un grido orribilmente familiare e doloroso aprì uno squarcio di lucidità in quel caos che era la sua testa, che gli permise di riconoscere la figura che si avvicinava a lui. Era sua figlia Kelly, inginocchiata a terra a poca distanza da lui, che si premeva la mano destra sul braccio sinistro, sporco di sangue.
La pistola scivolò via dalle sue dita tremanti e cadde a terra con un rumore sordo, mentre una nebbia molto più fitta e densa di prima lo risucchiava di nuovo lontano dalla realtà.
 
Kelly non aveva potuto fare a meno di gridare quando il proiettile le aveva sfregiato il braccio. Anche se era solo un colpo di striscio, le bruciava e perdeva sangue. Non riusciva ad alzare lo sguardo su suo padre. Sapeva che gli avevano fatto qualcosa, che non le aveva sparato intenzionalmente. Ma ciò non bastò ad arrestare le lacrime, che scivolarono giù dalle sue guance impietose e silenziose.
Solo quando Gibbs crollò a terra privo di sensi Kelly trovò la forza di riscuotersi. Lentamente strisciò fino al corpo di suo padre e constatò che il battito era sempre più debole. Qualunque cosa gli avessero dato lo stava uccidendo.
-Maledetti…- sibilò tra i denti.
Dietro di lei Corby e Michael ridevano. Avevano avuto la loro vendetta.
-Dammi qua- Corby prese la pistola dalle mani del complice -Ci penso io-.
Kelly sentì l’arma che veniva caricata, e i passi dell’uomo che veniva verso di loro. Istintivamente portò le gambe vicino al corpo e si rannicchiò contro il petto di suo padre. Con una smorfia di dolore fece scivolare la mano sinistra fino alla caviglia, sotto i pantaloni. Chiuse le dita attorno all’impugnatura del coltello di Tony. Era pur sempre una Gibbs oltre che un’agente, non si sarebbe arresa tanto facilmente.
-Beh, è il momento degli addii…- ghignò Corby, sovrastando entrambi. Puntò la pistola in mezzo agli occhi di Kelly, che gli lanciò uno sguardo fiammeggiante. Con un gestro repentino sfilò il coltello dal fodero assicurato alla sua caviglia e lo conficcò nella gamba dell’uomo, che ululò dal dolore e perse la presa sull’arma.
Nel frattempo Michael aveva recuperato un’altra pistola. Ma non fece in tempo a sparare nemmeno un colpo che Kelly gli scaricò il caricatore della pistola di Corby nel petto.
In quel momento la porta principale del seminterrato venne sfondata -NCIS!- gridò la voce di Tony.
-Chiamate un’ambulanza!- esclamò non appena Tony, Ziva e McGee l’ebbero raggiunta -L’hanno drogato o qualcosa del genere, se non ci sbrighiamo morirà!- singhiozzò, inginocchiandosi accanto al corpo di Gibbs.
-Calmati, ci sta pensando McGee- Tony le cinse le spalle con un braccio -Anche tu hai bisogno di un dottore…- aggiunse, indicando il braccio ferito.
Kelly si divincolò -Io sto bene, è solo un graffio- scrollò le spalle,  gesto che fu amplificato da un brivido di freddo che la scosse da capo a piedi.
Tony si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle, ma lei non sembrò neanche accorgersene. Stringeva una mano di Gibbs e teneva lo sguardo fisso sul suo petto, monitorando il respiro sempre più debole.
Nonostante odiasse le sirene delle ambulanze perché riportavano a galla brutti ricordi, non fu mai così felice di sentirle come in quel momento.






Anche se è uno dei capitoli 'clou' della storia non mi convince più di tanto :/
   
 
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