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Autore: AxXx    23/02/2014    9 recensioni
Il mondo è cambiato. Nel lontano 2020 un ragazzo di nome Percy Jackson e ciò che rimane della sua famiglia esce da un labirinto sotterraneo per ritrovarsi in un America devastata da un lungo e terribile bombardamento nucleare che ha trasformato le verdeggianti pianure in sterili deserti battute dalle radiazioni.
Alla ricerca di una nuova casa, dall'altra parte del paese, dove le montagne hanno protetto la California, Percy Jackson incontrerà la bella Annabeth Chase, come lui, alla ricerca di una nuova casa, ma inseguita dal terribile James "Mad Dog" Castellan e da suo figlio Luke, ex terroristi membri della C.A.O.S., al comando di una pericolosissima banda di criminali.
Riusciranno a salvarsi la vita?
[AU, coppie: Percabeth, Jasper, Talico, Caleo, Franck/Hazel]
Genere: Azione, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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                                                 Il Nuovo Mondo

 

 

 

 

 

Quello che accadde dopo?

Be’, direi che, all’inizio, non morimmo sciolti dalle radiazioni e già questo era un passo avanti. La cosa che ci attese, fuori, fu un terribile paesaggio desolato, distrutto e devastato. Era come camminare sulla superficie di un altro pianeta.

I vecchi macchinari di estrazione erano stati smantellati, i magazzini scoperchiati dalle onde d’urto e gli edifici crollati. Io e mio zio controllammo il contatore geiger e le radiazioni erano molto diminuite, così ci liberammo dei pesanti abiti e iniziammo a setacciare ciò che rimaneva dell’impianto. Per rendere le cose più veloci vi dirò che, in uno dei garage sotterranei riuscii a trovare un vecchio furgone abbastanza ben messo da ospitarci tutti, mentre mio zio riuscì ad impossessarsi di una radio meglio abbastanza bene da funzionare.

Lo revisionammo, controllammo le batterie e il motore, assicurandoci che fosse a posto, e tanto bastò. Era messo bene.

All’inizio pensai che eravamo gli unici ad essere sopravvissuti, ma fui felice di sbagliarmi, quando mio zio riuscì a controllare un suo vecchio amico: Gioven Grace che viveva in un ranch a nord di Dallas. A quanto pare lui, sua moglie Ann e i suoi figli Talia e Jason erano sopravvissuti e avevano iniziato a radunare superstiti nel loro ranch, in modo da creare una piccola comunità, per difendersi e condividere le poche risorse.

Fu una bella notizia per noi e tornai subito giù, per informare mia madre della lieta notizia.

Fu la cosa più simile ad una festa che vedevo da almeno una decina d’anni. Nico saltò in piedi, urlando per l’entusiasmo, Bianca corse ad abbracciarmi, mia madre e Maria si abbracciarono con le lacrime agli occhi e si misero a lavoro con rinnovata energia.

Facemmo un catalogo di ciò che avevamo e iniziammo a caricare il furgone con casse di cibo e, soprattutto, taniche di benzina. Facemmo gli straordinari e per due giorni non dormii. Estraemmo intere secchiate di petrolio, raffinandolo per poi usarlo in seguito, dato che era qualcosa di importantissimo.

Alla fine del terzo giorno avevamo riempito il furgone di viveri e benzina, facendo anche il pieno. Io, Bianca e Nico fummo messi dietro, nel cassone posteriore, mentre Ade guidava e Maria e Sally gli stavano accanto.

Stavamo caricando le ultime casse quando Bianca indicò qualcosa al limitare dell’impianto.

“Là c’è un uomo!” Urlò, indicando una sagoma, avvolta dalla sabbia e dal vento che avanzava barcollando verso di noi.

Al mio orecchio arrivava un rantolo dolorante, più animalesco che umano e sembrava provenire da quella persona. Guardai mio zio dubbioso e lui si accarezzò la barba indeciso.

“Bianca! Torna qui.” Ordinò, dopo un attimo di esitazione. C’era una nota di paura, nella sua voce che non riuscii a capire, all’inizio.

“Ma non possiamo lasciarlo lì! Morirà!” Protestò Bianca, con gli occhi tristi, avviandosi verso la figura.

Era a metà strada tra noi e l’uomo quando mi resi conto di cosa aveva spaventato mio zio: la figura stessa era troppo gobbuta e deforme per essere quella di una persona. Un braccio era sproporzionatamente grande rispetto al corpo, mentre l’altro sembrava penzolare floscio da un lato, quasi non avesse ossa.

“Bianca, torna indietro!” Urlai, correndo verso di lei, mentre mio zio correva nell’abitacolo a prendere qualcosa.

Anche lei doveva essersi resa conto del pericolo perché si fermò esitante, mentre la figura si faceva più vicina.

Poi lo vidi per intero.

Quello che un tempo era umano, si era trasformato, come se il corpo si fosse disidratato in un colpo solo, lasciando solo pelle attaccata allo scheletro, gli occhi erano fosse cave spalancate su un abisso di nera morte, la bocca aperta, irta di zanne troppo acuminate per essere umane rilasciava zaffate di alito putrescente e saliva. Il corpo era ricoperto di ferite, scottature, cicatrici e bolle di cui non volevo conoscere la provenienza e allungava la sua unica gigantesca mano verso Bianca che indietreggiò spaventata, lanciando un grido terrorizzato.

“BIANCA!!!”

L’urlo era venuto da tutti e Nico mi corse dietro a ruota, mentre lei cercava di tornare indietro. Il panico, però, la distrasse e lei scivolò a terra iniziando a strisciare verso di noi finché la creatura non le afferrò una caviglia.

“Aiuto! Aiutatemi, vi prego!” Strillò terrorizzata, iniziando a scalciare.

Mi gettai sul mostro umanoide con tutto il mio (poco) peso e riuscii a farlo barcollare, liberando Bianca che corse tra le braccia del fratello piangendo spaventata.

Il mostro, però, mi aveva afferrato.

Non ebbi il tempo di capire come facesse ad essere così forte, pur essendo scheletrico, perché mi ritrovai con le gambe all’aria, gettato a due metri di distanza, buttato come uno straccio o un pallone da basket.

Strisciai via, cercando di allontanarmi, ma un boato mi paralizzò.

Zio Ade aveva in mano un revolver a canna lunga e aveva sparato, colpendo il mostro al petto che barcollò, ma non cadde.

“Come diavolo fa ad essere ancora in piedi!?” Chiesi, approfittandone per alzarmi e correre via.

Mio zio non rispose e puntò alla testa.

Il secondo sparò abbatte quella bestia umanoide che crollò a terra come un burattino senza fili.

“Che cavolo era!?” Domandai, strisciando nella sabbia, osservando il sangue scuro che fuoriusciva dalle ferite, bagnando il suolo.

“Credo sia colpa delle radiazioni. Non ho idea di cosa abbia fatto alla gente che non era al sicuro come noi.” Rispose, mio zio, tornando al furgone.

Avrei voluto che le sorprese finissero lì, invece, dovetti sorbirmene un’altra a poca distanza di tempo. Dopo quell’episodio Bianca si era rintanata spaventata nel furgone, insieme al fratello che la stringeva a se. Io ero davanti a loro e li guardavo ancora sconvolto per quello che avevo visto.

Ogni tanto lanciavo occhiate fuori dal finestrino per trovarmi davanti qualcosa che poteva benissimo essere scambiato per la superficie di marte.

La sabbia ardeva sotto le nere nuvole radioattive che bombardavano il terreno con scariche elettriche inquietanti. I lampi illuminavano le carcasse delle auto, immobili da anni e i resti degli alti edifici di Dallas che si ergevano come antiche ossa del tempo passato.
Ai lati della strada arbusti velenosi, crescevano come scheletriche mani tra i sassi e l’asfalto.

Arrivati in periferia, a metà strada, notammo un gruppo di veicoli posti sulla strada a formare una sorta di blocco.

“Strano… è stato sicuramente fatto dopo l’esplosione… ma non si vede nessuno.” Commentò Ade, scrutando preoccupato le macchine.

All’improvviso, da dietro una di quelle uscì un uomo. Aveva una trentina d’anni e avanzava barcollando, tenendosi una mano sotto il giaccone pesante.

“È ferito, dobbiamo aiutarlo.” Dissi, subito, pronto ad aprire il portellone laterale, ma mio zio mi bloccò.

“Aspetta.”

“Aspetta cosa!? Non possiamo lasciarlo…” Mi fermai all’improvviso: non c’era sangue fresco sui suoi vestiti e gli edifici intorno a noi brulicavano di ombre, che sembravano umane.

“Un imboscata!” urlò mio zio, schiacciando l’acceleratore al massimo.

Il criminale che si fingeva ferito lanciò un imprecazione contro di noi ed estrasse la pistola, sparando un paio di colpi che frantumarono il parabrezza finché non sentii il peso del suo corpo fracassarsi sulla carrozzeria del furgone.

Mi accucciai a terra spaventato, mentre Nico e Bianca si stringevano spaventati. Altri spari esplosero intorno a noi e per un attimo il nostro veicolo sbandò un po’, ma riuscimmo a tenere la strada e Ade buttò giù la barricata spingendo al massimo il motore.

Una fortuna che non ci avessero bucato le ruote.

Dopo quella pericolosa avventura non ci fermammo più fino a raggiungere il ranch Grace, l’unico ancora in piedi. Tutti gli altri erano distrutti e saccheggiati, mentre quello sembrava più un fortino, con mura e torrette di avvistamento, cosa che non mi sorprese affatto, visti gli attacchi che avevamo subito lungo la strada.

Ad accoglierci trovammo i fratelli Talia e Jason Grace che furono felici di vederci tutti interi. La comunità ospitava circa una trentina di persone ed era diviso in una grande casa centrale ed erano stati costruiti anche un garage provvisorio e una zona medica dove conservavano i medicinali.

Arrivati iniziammo ad ambientarci: conoscemmo la famiglia Valdez, formata da Esperanza e suo figlio Leo, due validissimi meccanici, sopravvissuti nascondendosi nei sotterranei di un circolo di formula uno come, la famiglia Stoll, la giovane Rachel, sopravvissuta da sola, nascosta nei bassifondi di Dallas e molta altra gente.

Sotto gli insegnamenti di Gioven Grace, ex marine degli Stati Uniti, imparai a sparare, a ricaricare e fare manutenzione alle armi. Esperanza, invece, mi insegnò a riparare macchine truccate e a guidare a pieno regime.

In poco tempo iniziammo ad ambientarci fino a diventare parte integrante della comunità che noi chiamavamo GD1, cioè Gruppo Dallas uno. Addestrato per tre mesi, imparai a difendere il ranch dagli infetti e dai banditi che attaccavano il ranch per saccheggiarlo. Leo mi dette la possibilità di utilizzare un veicolo particolare: una specie di camioncino semi-scoperto, con un motore truccato, vetri blindati, ruote potenziati per essere più veloci su terreni accidentati e telaio rinforzato.

Non seppi perché, ma mi piaceva quel veicolo, così lo chiamai Blackjack.

Fu grazie a lui che potei pattugliare i dintorni di Dallas e altre zone circostanti per poter anticipare le bande che volevano attaccarci.  

Tutto andò bene per circa quattro mesi, finché non accadde il peggio: il nostro pozzo si prosciugò e rimanemmo a corto d’acqua e cibo.

Per alcuni giorni attendemmo notizie, finché Gioven Grace non ci informò di aver contattato un’altra comunità di sopravvissuti a Big Spring, guidata da Daiana Nightshilde e la figlia Zoe che si trovavano nella situazione opposta: avevano molti viveri e poco carburante. Inoltre erano, a loro volta, in contatto con una comunità di Tucson, che era riuscita a mettersi in contatto con il governo statunitense sopravvissuto: a quanto pareva la California, negli ultimi anni, era sopravvissuta, scampando alla distruzione nucleare grazie alle Montagne rocciose che le avevano bloccate, mantenendo vivibili le città sulla costa.

Decidemmo, così, di partire per un viaggio, alla ricerca della salvezza. La speranza di tornare a casa mi colpì in modo inatteso e fui così felice che non mi fermai nemmeno di notte, per aiutare nei preparativi.

Dopo due giorni di preparativi, Gioven ci riunì tutti, dicendo che, però, mancavano armi che ci sarebbero stati indispensabili per un viaggio così lungo.

Per fortuna Micheal Yew propose una soluzione: sua madre era una cantante, ma il padre aveva un negozio di articoli sportivi e armi a nord, nella cittadina di Sherman. Il negozio aveva uno scomparto blindato che, forse, non era stata saccheggiata.

“Allora faremo così, dormite tutti, domani, Yew, prenderai uno dei furgoni e cercherai le armi.” Annunciò infine, Gioven Grace, deciso.

Eravamo tutti eccitati per il viaggio imminente.

Non sapevo ancora che quel viaggio si sarebbe rivelato terribilmente pericoloso, più di quanto potessimo immaginare.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo autore]

Scommetto che pensavate che avrei fatto uccidere Bianca, vero? Noooooooo, non sono così cattivo, lei vivrà… per ora.

Vediamo, quindi, il nuovo mondo devastato e creature nuove e orripilanti emergere dagli incubi dell’uomo per mangiarsi ciò che rimane della popolazione “viva”. Ma c’è anche la speranza di sopravvivere e tornare a casa.

Riusciranno i nostri protagonisti a salvarsi?

Grazie per tutte le recensioni iniziali e per avermi messo in così tanti tra le preferite in Senza Memoria fino a farla entrare nelle Più Popolari.

Grazie davvero, spero continuerete a seguire anche questa storia.

AxXx

  
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