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Autore: Stephenie    24/02/2014    1 recensioni
"S…sono nato a Bei…Beirut – e qui sento qualcuno chiedere “Bei che?!?”. Sto per ripetere il nome della mia città natale, quando sento qualcun altro farlo per me… “Beirut, idiota”, dice una voce femminile che proviene da una ragazza accostata alla porta, che mi guarda e mi strizza l’occhio."
Questa storia parla di un Mika adolescente, alle prime prese con l'amore, e di una ragazza, Emily (nome non scelto a caso u.u), che lo aiuterà a capire la sua identità e ad accettare sè stesso.
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Troublemaker



Arrivo davanti alla porta di casa dopo un’affannata corsa, controllo il display del cellulare per vedere l’ora e prego che mia madre non mi ammazzi per il ritardo. Non appena salgo, sento le urla di mia sorella che dice a qualcun altro:”Deve essere lui!!! Dì a mamma che è tornato!” Mi basta questa frase per capire che sono nei guai. Entro in casa e mia madre si avvicina velocemente e inizia a sbraitare “Michael Holbrook Penniman Jr., sono esattamente le 17 e 10, dovevi essere a casa un’ora fa! Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Dov’eri finito? La mia immaginazione inizia già a galoppare, e non mi piace.” Mi sento in dovere di rassicurarla, prima che mi dia per latitante nelle mani di uno spacciatore. “Non è come pensi, ero semplicemente in compagnia di un’amica” in quel momento cade un silenzio tombale. Tutti si girano a fissarmi, e mia madre mi chiede:”Questa amica ha un nome?” quasi come se volesse mettermi alla prova. Immediatamente rispondo “Certo. Si chiama Emily”. Se prima sembrasse arrabbiata, adesso sembra che da tutti i pori della sua pelle fuoriesca della polvere di stelle. -Perché non l’hai invitata a cena?- -Non la conoscete… e non sapevo che fare.- -Beh, visto che questa occasione l’hai sprecata in fumo, domani fammi la cortesia di chiederglielo.- -Va bene… ma ora devo andare a fare i compiti..- dico prima che inizi a farmi il terzo grado sulla mia giornata. Effettivamente Emily è l’unica cosa di buono che mi sia capitata, per il resto è meglio lasciare le cose al buio. Mi chiudo in camera e svuoto lo zaino sul letto, prendo un foglio e inizio a scarabocchiare qualche parola... “Emily, you can’t even like your chance, take a boy and learn to dance, be a girl like any other…” 3 ore dopo… Improvvisamente mi sveglio quando sento dei forti colpi sulla mia porta.
Alzo immediatamente la testa dal tavolo, e sbatto allo spigolo della finestra. Mi occorrono 10 minuti prima di capire quello che sta succedendo. Guardo il foglio scarabocchiato e i quaderni ancora sul letto, inutile dire che nessuno dei miei compiti sia stato svolto. Appallottolo il foglio e lo getto nel cestino. Mi alzo con qualche difficoltà, apro la porta e trovo Yasmine intenta a bussare sulla porta:”Oh, è da un’ora che ti chiamo. La cena è pronta.” e ancora dolorante per la botta alla testa, le rispondo balbettando “Ehm… scusa, ero troppo concentrato a fare i compiti, non ti avevo sentito..” lei si volta e io la seguo in cucina, dove mi aspettano tutti gli altri. La cena scorre veloce mentre mia madre continua a farmi mille domande a cui mi limito soltanto ad annuire e sorridere. Non presto alcuna attenzione ai suoi lunghissimi monologhi e appena finisco di cenare, spingo indietro la sedia e dico “Scusate, devo finire ancora qualche compito…” Esco subito fuori dalla cucina, e ritorno nella mia camera. Non appena controllo il diario scolastico inizio ad addormentarmi di nuovo, però non passano nemmeno 10 minuti, che sento qualcuno bussare alla mia finestra. Sto per arrabbiarmi sul serio, quando apro la finestra e mi arriva una pietra in testa. Mi abbasso per vedere chi fosse, ma vedo soltanto una ragazza piegata in due perché non riesce a smettere di ridere. Non mi basta neanche guardarla in faccia per capire che è Emily. La guardo sbalordito e le chiedo “Che ci fai qui?!?”. Lei continua a ridere cadendo all’indietro e riuscendo solo dopo 10 minuti a concludere la risposta, tra una risata e l’altra: -Sono venuta qui per farti sapere che possiamo andare a scuola insieme domani.- -Vuoi dire che ti sei fatta tutti questi isolati per dirmi solo questo?- -Beh, prima non abbiamo avuto il tempo di scambiarci i numeri di telefono.- -Oh, giusto… va bene, allora di solito esco di casa alle 7.36 circa….ma hey, aspetta un attimo…se non ricordo male non ti ho neppure dato il mio indirizzo di casa.- -Solo perché tu lo sappia, non ho bisogno che tu lo faccia… sai… ho i miei mezzi.- dice guardandosi le punte dei piedi. -Già, non so davvero nulla di te, ci conosciamo da così poco… - la guardo negli occhi e senza volerlo le dico “Sai, non ho mai parlato con nessuno dalla finestra della mia stanza a quasi notte fonda” -Effettivamente quante cose hai mai fatto prima, con una persona che non facesse parte della tua famiglia?- dice alzando la voce di un tono, per farsi sentire. Le faccio segno di riabbassare la voce e le rispondo “Cose folli come questa? In realtà… nessuna.” Il buio si fa più pesto e non riesco bene a decifrare l’espressione sul suo volto. Non mi servirebbe nessuna luce, però, per capire i suoi sentimenti. Chiaramente per lei è qualcosa di assurdo come io non possa vivere senza scribacchiare, essere lo sfigato della scuola o comporre musica, ed è chiaro che anche lei non sia capace di vivere senza cacciarsi nei guai. Riesco solo a sentire la sua voce che mi dice “Forza stupido, scendi!!”. Non me lo faccio ripetere due volte: sono stanco di sentirmi diverso dagli altri e di essere sempre l’ultima ruota del carro, voglio anche io un folle ricordo adolescenziale. Cercando di non fare troppo rumore, richiudo la finestra ed esco dalla stanza. Arrivo davanti alla porta principale senza problemi, ma puntualmente, ogni volta che cerchi di non fare rumore, cade qualcosa: il vaso vicino al porta ombrelli, contro cui vado a sbattere traballa, ma per fortuna riesco ad afferrarlo prima che si rompa in mille pezzi. Esco dalla porta e scendo le scale in punta di piedi. Dopo è fatta, sono fuori. Giro l’angolo ed Emily non c’è. Sparita, scomparsa come le ceneri nel vento d’Irlanda. Mi guardo intorno con la giacca ancora stretta nella mano destra, in questo momento sembro un ebete. Mi arrendo e penso che forse a questa ragazza, Emily, piacciano fare le cose di testa sua. Sto per ritornare indietro quando sento due forti braccia che mi stringono il collo, urlo ed agito le mani e sento quella risata ormai familiare: questa volta però entrambi siamo finiti a terra, io per lo spavento ed Emily, beh… Emily per le risate. Mi alzo con il cuore che batte ancora alla velocità della luce e le dico “Sei pazza?!? Potevi farmi venire un infarto!”, lei mi guarda un po’ perplessa e poi ricomincia a ridere, e tra le risate trattenute riesce a dire “Scusami, ma è…è…è troppo divertente!”. Dopo circa 5 minuti si rialza, mi guarda e dice “Mettiti la giacca, fa freddo stasera”, subito dopo si volta e la seguo. Finiamo in un piccolo angolo dove appoggiata c’è una motocicletta: una Harley Davis. Spalanco la bocca e le chiedo “E questa da dove spunta?”, lei mi guarda e mi dice “Me l’hanno spedita i Re Magi… da dove vuoi che venga? Da casa mia.” Alza gli occhi al cielo e mi fa segno di salire, dopo essersi sistemata al posto di guida con un gesto molto hollywoodiano. Io tento di fare lo stesso, ma rimango intrappolato per un paio di minuti e quando finalmente riesco a sedermi, lei accende il motore e inizia a fare una serie di slalom per mettersi in strada. Sto quasi per cadere quando sento la stretta salda delle sue mani che trattengono le mie braccia, stringendole ai suoi fianchi. All’inizio il vento è così forte da farmi lacrimare gli occhi, Emily però sembra a suo agio e soltanto dopo mi rendo conto che non abbiamo il casco: -Emily?!?- -Si?!?- -Dov’è il casco?- -Okay, ehm… non c’è. Non preoccuparti, non moriremo, ti proteggero, fidati.- So che non dirà altro, quindi mi limito a godermi l’attimo: apro le braccia e tentando di non cadere, cerco di volare. Sento la risata di Emily che inizia a canticchiare “You call me Lavander, you call my sunshine, heavy metal hour on tv.” Ha una bella voce, nonostante si possa sentire una piccola nota di amarezza: questa ragazza è davvero strana. Mi rimetto al mio posto e guardo il paesaggio intorno, questa è in assoluto la stronzata più grande della mia vita. Improvvisamente Emily spegne il motore e mi chiede di scendere “Siamo arrivati- dice -vedi?!? Non sei morto.” Non appena scendo, solleva il sedile e prende delle bottiglie di Cherry Cola e Granatina, richiude tutto e comincia a camminare sull’aiuola, ignorando il divieto. Faccio esattamente come lei, fino a quando di siede su un muretto vecchio e pericolante, ma non si fa problemi a sedersi sopra, e neanche a stappare le bottiglie con la sola forza di denti e mandibola. Me ne porge una e mi dice “Allora, vediamo se indovini dove ci troviamo”, mi guardo intorno e rispondo “In un giardino di una vecchia casa…?” “Sbagliato- risponde –siamo in un retrobottega di una chiesa”. Quasi mi affogo con lo Cherry “Cosa?!? Wow… figo!”, lei mi guarda, ride, continua a bere e mi dice “Mi dispiace per quei ragazzi nella mensa oggi”, non ho il coraggio di guardarla e le dico “Nessun problema, mi sono abituato ormai.” “Non tirarmi stronzate, lo so benissimo che non ci si abitua mai a questo tipo di cose, si fa solo finta.” “Sì, peccato che faccia schifo anche in quello.” La sua mano afferra la mia e mi guarda dritto negli occhi “Hey- dice –tu non fai schifo, okay? Non permettere mai a nessuno di fartelo anche solo pensare.” Mentre mi guarda sentiamo qualcun altro parlare, io rimango di ghiaccio: non ho idea di che fare e dire. Emily si gira di nuovo verso me e sussurra “Non dire una parola, resta qui”. Si allontana, e per paura comincio a bere ancora di più, sentendomi sempre più pesante. Sento delle urla e spaventato mi avvicino: riesco solo a vedere Emily che tira un pugno ad un ragazzo e un’altra ragazza che cerca di intromettersi. Mi faccio avanti “Emily, che succ….” “Sta’ zitto, Mika” dice, dopo si volta a guardare il ragazzo e dice “Sapevo che fossi uno stronzo, ma farlo di nuo….” “Di nuovo cosa? Tradirti? Andiamo Em, ci siamo sempre divertiti tu ed io, ma sai bene che non saremmo potuti andare mai oltre, insomma io sono io e tu.. beh, sei tu.” lui si avvicina ma lei si allontana “Non sarò mai abbastanza?” sussurra “Em, andiamo, babe…”, Emily gli tira un altro pugno, lui si avvicina e le dice “Sei una stupida stronza, guardati: non sei in grado nemmeno di prenderti cura di te stessa, sei malata come tutta la tua famiglia. Non sarai mai nulla perché non vali niente. Fanculo, Em”, prende la mano dell’altra ed insieme se ne vanno. Mi avvicino ad Emily e le chiedo: -Cavolo, ma chi era?- dopo alcuni attimi di silenzio, cerco di toccarle la spalla, ma si allontana e dice -Era il mio ragazz… ex-ragazzo. – -Cosa?!? Lui?!? Mi sembrava che stesse….- si gira di scatto e la vedo piangere -Cosa? Che mi stesse tradendo? Non è la prima volta, dopottutto- -Perché ci stai insieme? Puoi avere di meglio- lei mi risponde subito “In un vecchio film, ho sentito che a volte abbracciamo l’amore che pensiamo di meritare” -Ascoltami, non ti conosco da tantissimo tempo, e neppure da molte ore, ma so per certo che meriti qualcuno che ti renda felice- lei mi prende le spalle e inizia a scuotermi: -Ma mi hai vista?!? Cosa posso offrire di bello a qualcuno? Cosa puoi dare in cambio quando non sei abbastanza nemmeno per te stesso?! Hai detto bene, ci conosciamo da poco e la mia vita è un casino…- mi avvicino e le dico “Smettila, non importa quanto incasinata sia la tua vita, questa non può essere una giustificazione, non puoi lasciarti trattare così da uno stronzo. Tu, mia cara Emily Hall, meriti il meglio, ma fino a quando lo riceverai posso solo prometterti che io resterò al tuo fianco per molto, ma molto tempo.” Lei con uno scatto si aggrappa al mio braccio e continua a piangere. Io appoggio la testa sulla sua spalla e ci sdraiamo sul prato dell’aiuola vietata, come due criminali che fuggono nella notte. Qui, dove il tempo sembra essersi fermato per sempre.
  
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