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Autore: amu hinamori    24/02/2014    2 recensioni
http://www.youtube.com/watch?v=Ot8YliH-Lfc&feature=youtu.be
Dal capitolo 1:
-Certo che se non fosse stato per te, non saprei come sarebbe andata a finire questa volta- constatò lui con voce incolore mentre si puliva il vestito dalla terra e l’erba. Amu stracciò i contratti e li fece volare via attraverso il vento che aveva iniziato a soffiare.
-Tieni- disse poi, consegnando al ragazzo un fazzoletto di seta bianca.
-Per cosa?- chiese lui non capendo il gesto.
-Sei ancora carico di adrenalina che non vedi le ferite che ti ritrovi- affermò lei. Lui prese il fazzoletto dalla delicata mano della ragazza e se lo portò sopra una ferita.
-Beh allora ci si vede- disse lei iniziando a camminare verso la strada che portava al palazzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Atto III: Un nuovo incontro con il Gatto Nero


Mentre uscivo dalla stanza, Ikuto mi prese il braccio ferito in malo modo e si mise a guardarlo. Ovviamente mi lamentai per il dolore, visto che la sua stretta non era una fra le più delicate.
-Ora vieni con me. Meglio che ti medico quella ferita- affermò lui e senza tanti complimenti mi portò in salotto e mi fece sedere sul divano rosso scuro. Andò a prendere un asciugamano e un po’ di acqua. Iniziò a tamponarmi il braccio con l’asciugamano inumidito, quando faceva un po’ di pressione non mi risparmiavo dal lamentarmi per il dolore.
-Sei un po’ deboluccia nei confronti del dolore, mi ero aspettato un po’ di più carattere- si lamentò mentre mi curava la ferita.
-Desideri un altro calcio in pancia?- domandai io guardandolo.
-Ci tengo al mio stomaco- esclamò lui allentando la presa sul mio braccio. Appoggiò l’asciugamano e con il suo dominio, fece applicare l’acqua al mio braccio e poco a poco la ferita si rimarginò.
-Ma come?- chiesi io guardando sbalordita l’effetto dell’acqua sulla ferita.
-Questo dominio ha molti risvolti, uno di questi è la cicatrizzazione delle ferite. Per la tua incolumità è bene che impari a curarti le ferite da sola quando ne hai la possibilità- disse lui togliendo lo strato d’acqua dal mio braccio.
-Ikuto, però la ferita mi fa ancora male- gli dissi io.
-Il dolore sparirà tra poco, non si può fare tutto- affermò lui alzandosi e portando via l’asciugamano e l’acqua. Rimasi da sola per qualche minuto quando sentii Utau che mi stava chiamando: -Amu vieni la cena è pronta!!-
Mi alzai e andai in sala da pranzo, Shin e Kukai avevano appena finito di apparecchiare, mi sedetti a tavola e dopo arrivarono anche gli altri a sedersi. Utau ci mise nei piatti una bella porzione di minestra calda a base di patate, aveva un buon odore e il sapore non era niente male.
I piatti diventarono vuoti dopo circa trenta minuti, sparecchiammo il tavolo e poi i ragazzi si misero a parlare, quando poi interpellarono me.
-Amu certo che oggi non hai avuto pietà con Shin- constatò Kukai. Io non risposi, non sapevo come rispondere.
-Di certo non hai la mano delicata come si potrebbe credere- disse Shin ridendo.
-Ti sta bene. Così la prossima volta eviti di eseguire gli ordini di Ikuto alla lettera, per poco Amu non ci rimetteva un braccio- esclamò Utau prendendo le mie difese.
-Però è raro vedere una ragazza scagliare un attacco del genere, per di più la prima volta che utilizza il suo dominio… tu che ne dici, Ikuto? - affermò Sulfus.
-Dico che non la dovete mettere su un piedistallo, non ha fatto nulla di spettacolare- affermò lui senza mezzi termini. Di certo quello che aveva detto era vero, ma mi fece male perché credevo che fare quello che avevo fatto era strepitoso.
-Se poi ci aggiungiamo che era contro una sola persona, se era contro due uomini sarebbe già andata a far compagnia ai suoi genitori. Il suo grande problema è che è poco decisa, deve affinare lo spirito di aggressività e dimenticarsi che prima era una principessa- continuò lui. Quelle sue parole mi irritarono sopra ogni dire. Mi alzai scatto mettendo le mani sul tavolo, quelle parole mi avevano ferita dentro, per molti potevano essere delle semplici constatazione ma per me erano molto di più, sembrava che tutto quello che avevo fatto quel pomeriggio fosse stato come bere un bicchier d’acqua.
-Scusatemi per la mia debolezza e per le mie radici famigliari- affermai lasciando la stanza. Me ne ritornai in camera, mi misi sotto le coperte e mi addormentai.
 
Il mattino dopo Amu si svegliò verso le otto, si cambiò gli abiti e scese giù a fare colazione. Non c’era ancora nessuno, così si arrangiò e per colazione mangiò una mela rossa. Finita la mela uscì dalla casa, c’era una bella giornata calda e soleggiata.
Iniziò a camminare e si abbatté in un fiume che scorreva vicino alla villa circondato da una fitta foresta, però li vicino c’era una radura abbastanza grande. Amu si mise in mezzo alla radura e prese un po’ di acqua dal bacino del fiume e la portò davanti a sé. Iniziò a giocarci un po’. Faceva delle figure con l’acqua che la divertivano molto, il tempo si era fermato per lei continuava e continuava a giocare con l’acqua senza fermarsi.
Ikuto quando si era svegliato era sceso al piano di sotto ma non aveva trovato da nessuna parte la principessa, rivoltò tutta la casa per cercarla. Uscì e sentì degli strani fruscii fra le foglie degli alberi anche non c’era un alito di vento, continuò a camminare da dove proveniva il fruscio, arrivò nella radura e vide una grande massa d’acqua con in mezzo una ragazza dai capelli rosa. Si muoveva in modo fluido e armonioso senza avere problemi.
-Amu, ma cosa…?- si chiese Ikuto strabiliato da quello che stava facendo Amu con l’acqua, era qualcosa che non aveva mai visto fare da nessun altro, a parte lui. Si avvicinò alla ragazza schiavando abilmente l’acqua che le stava attorno, arrivò dietro di lei e le sussurrò: -Guarda che ne hai ancora di strada da fare, piccoletta.
Amu sobbalzò per lo spavento preso e l’acqua cadde per terra aderendo al terreno scomparendo, la ragazza si voltò di scatto e cadde per terra. Ikuto si mise a ridere a vedere quello che la ragazza era riuscita a combinare da sola sentendo a mala pena la sua voce.
Amu lo guardò in cagnesco non sopportava quella risatina da ragazzo che ha appena visto una ragazza sbagliare, la irritava sopra ogni dire.
-Senti tu cosa vuoi da me?- domandò Amu fissandolo dritta negli occhi e lui smise di ridere e diventò serio.
-Cosa intendi dire?- chiese lui ricambiando lo sguardo.
-Perché mi tratti come se fossi una pietra preziosa quando si parla del mio dominio e poi cambi comportamento e mi tratti come uno zerbino, risolvimi questo arcano- disse Amu arrabbiata con il ragazzo.
-Te l’ho già spiegato, se l’Ice cade nelle mani delle persone sbagliate è la fine per tutti noi- rispose Ikuto, -tu servi per impedire tutto ciò, è vero ora non hai le carte in regola per poterli affrontare in combattimento, ma se ti ci metti puoi fermarli- disse Ikuto.
-E dimmi… tu cosa ci guadagni?- domandò Amu alzandosi da terra
-Io? Beh… rispetto, fama, cose così- disse Ikuto facendone l’elenco.
-E chi ti dice che io sono d’accordo? Detto sinceramente non me ne importa niente di ritornare ad essere una principessa, anzi, meglio così- affermò Amu voltando il viso da un’altra parte con indifferenza.
-Senti un po’- esclamò Ikuto, -se non l’hai ancora capito tu sei una delle poche persone che può evitare che scoppi l’inferno in questo regno, e hai il coraggio di parlare con tanto ribrezzo della tua vita da principessa, ma hai la minima idea di quanta gente vorrebbe essere al tuo posto? Di quante ragazze vorrebbero essere te almeno un giorno?- domandò Ikuto arrabbiato del poco tatto della ragazza nei confronti di quella situazione.
Amu abbassò lo sguardo, odiava più di ogni altra cosa la vita da principessa, era una gabbia dorata che ti costringeva a fare tutto ciò che non volevi, odiava quella vita con tutta se stessa.
-Con questo vorresti dirmi che anche tu vorresti diventare un principe?- chiese Amu con la voce tremolante e piena di tristezza.
-No, ma voglio dire che tu sei l’unica ad avere abbastanza potere per cambiare i connotati di questo regno caduto in miseria dopo appena quattro giorni- ribatté Ikuto.
-Hai idea della vita di una principessa? Hai idea di quello che ti accade? Hai idea di quello che devi sopportare per andare avanti? Hai la minima idea di quello che succede nelle mura del palazzo? DIMMI IKUTO HAI LA MINIMA IDEA?- urlò Amu davanti a Ikuto che la fissava, -Essere allontanata dalla propria famiglia per essere educata, non avere l’amore di una madre e di un padre negli anni dell’infanzia?- Amu aveva gli occhi lucidi, Ikuto non la fissava, la comprendeva ma non la compativa, sapeva quello che Amu intendeva dire, e la compassione non serve quando si è vittima dello stesso grado sociale.
-Anche io- iniziò lui, -ho vissuto la tua stessa situazione. Perciò non ti compatisco, ma non ho bisogno di una ragazzina che continua a maledire i giorni della sua infanzia bruciata- Ikuto estrasse dal fodero la spada e la puntò contro Amu dicendo: -O sei con noi, o sei pronta per andare a far compagnia ai tuoi genitori. Cosa scegli?
Amu si ritrovò puntata contro la spada, di certo aveva paura di quello che le stava accadendo, non poteva immaginare che Ikuto sarebbe ricorso alle maniere forti per farle cambiare idea. Con tutto il coraggio che aveva in corpo mise la mano sulla punta della spada e la spostò lentamente.
-Io accettò, ma ricorda bene: se solo una persona del gruppo verrà ferita, o nel peggior dei casi uccisa, io sarò fuori da questa faccenda, che ti piaccia o no. Intesi?- affermò lei calma e decisa allo stesso tempo. Ikuto ripose la spada nel fodero e poi rispose: -Vedo che non sei quel tipo di principessa che fai credere di essere, comunque sono d’accordo. Ora, vediamo di insegnarti a maneggiare le armi-
-Le armi?- domandò lei confusa.
-Non credere che puoi usare i domini per tutto il giorno- affermò lui dandole la spada in mano, -ora tieni la spada nella mano destra, io vado a prenderne un’altra- così facendo lo rividi dopo una manciata di minuti con in mano un’altra spada.
-Ricordati che devi evitare ogni tipo di ferita- le disse Ikuto mettendosi davanti a lei incrociando le spade, e poi iniziarono a combattere. Ikuto era stupito dalle conoscenze della ragazza, aveva qualche lacuna nella tecnica ma non si faceva problemi a difendersi con quell’arma.
Continuarono per tutto il giorno ad allenarsi, non erano stanchi, anzi avevano ancora energie in corpo, ma allo stomaco non si comanda. Ritornarono alla villa, cenarono con gli altri e poi si riposarono.
Amu era seduta davanti al camino ardente, rifletteva un po’ su quello che le era successo in quei giorni e le sembrava tutto un sogno, ma purtroppo non era così. Era tutto maledettamente vero. Sentì dei passi, alzò lo sguardo e vide Ikuto uscire dalla porta. Amu si affacciò alla finestra e lo vide addentrarsi nel bosco, qualcosa in lei le diceva di seguirlo, ma pensò di rimanere in casa per non correre troppi rischi. Ritornò a sedersi sulla poltrona, aveva accanto un bicchiere d’acqua, fece uscire il liquido dal bicchiere e iniziò a giocarci, però mentre ci giocava continuava pensare ad Ikuto. Quel ragazzo la incuriosiva sopra ogni dire, quando pensava al suo sguardo non poteva fare a meno ad associarlo al Gatto Nero, assomigliava troppo a quel ragazzo mascherato, era fin troppo uguale a lui. Gli stessi occhi e gli stessi lineamenti del viso.
Cosa voleva da lei Ikuto? Perché proprio lei? Cosa aveva lei che le altre ragazze non avevano? Perché quel giorno, le era capitato sotto gli occhi quel lucchetto che luccicava nell’acqua?
La storia che le pietre-ghiaccio sceglievano il proprietario e non viceversa era proprio singolare, come se il dominio dell’acqua non lo era. Era come se fosse finita dentro a un libro e lei era la protagonista. Era tutto così insensato per lei, passò per la sua mente un pensiero su chi poteva aver preso il potere a palazzo. Come si poteva ridurre un regno in miseria in meno di una settimana? Era quasi impossibile per la mentalità di Amu. Com’era potuto accadere che i suoi genitori fossero stati uccisi così sotto il suo naso? Come erano riusciti a far fuggire la nobiltà dal palazzo senza un urlo di terrore da parte di qualche nobile? Che la nobiltà ne fosse al corrente? O che li avessero imbavagliati? No, per circa una decina di uomini è impossibile imbavagliare tutta la nobiltà che circola in un palazzo durante un ballo, e poi ci sarebbe stato comunque qualcuno che avrebbe posto resistenza. Amu avrebbe sicuramente udito qualsiasi urla da parte degli invitati, ma invece l’unica cosa che aveva sentito quella sera era stata l’orchestra che suonava, la quale aveva smesso di suonare qualche istante prima che lei fosse entrata in quella sala.
I pensieri di Amu erano diventati una grande nebulosa nella sua mente, forse la soluzione a quell’enigma era più semplice di quanto si poteva sembrare e lei non la vedeva perché ci pensava troppo. Ma il più grande fra gli enigmi che la avvolgevano era Ikuto. Cosa sapeva di lui? Niente? La sua età? Forse diciotto anni, se il suo aspetto era lo specchio della sua età.
Cognome? Chi ha mai parlato di un cognome?
Grado sociale? Ambiguo.
Famiglia? Utau, sua sorella.
Casato? Chi ha mai menzionato un casato.
Amu fece rientrare l’acqua nel bicchiere, si alzò e vide dal orologio a pendolo che era quasi mezzanotte, vide che per la casa non c’era nessuno. Decise di ritornare in camera sua, ma non aveva sonno. Così uscì sul balcone, c’era una lieve brezza che soffiava dal mare che rendeva quella sera estiva più piacevole. Amu appoggiò le mani sul davanzale, la luna brillava insieme alle stelle. C’era un silenzio da cimitero, forse era una notte un po’ troppo silenziosa per i tempi che correvano.
Amu sentì uno strano fruscio, ma non ci fece tanto caso, pensò che forse erano gli alberi che erano stati mossi dal vento.
-Non ti sembra un po’ tardi per mettersi a guardare le stelle?- una voce dietro di lei la fece sobbalzare e girare allo stesso tempo. I suoi occhi videro una sagoma scura dietro di lei. La sagoma si mosse verso di lei, la luce della luna fece vedere ad Amu il viso del ragazzo, non altri che il Gatto Nero. Amu tirò un sospiro di sollievo dallo spavento che si era presa.
-E a te non sembra da maleducati spaventare una ragazza durante la notte?- chiese lei guardandolo.
-Era tanto per divertirmi un po’- rispose lui ridacchiando.
-Che bel trattamento che riservi a chi ti ha aiutato- constatò Amu.
-Non dirmi che eri tu quella ragazza con il mantello del altro giorno- domandò lui fissandola.
-In effetti ero io- rispose lei ricomponendosi dallo spavento.
-Beh, allora le scuse sono d’obbligo- affermò lui.
-Non ti preoccupare, non sono il tipo che si fa elogiare per ciò che ha fatto- disse lei, -comunque perché sei da queste parti?-
-Beh… ero passato in paese e per farmi una bella passeggiata, sono passato per il bosco- rispose lui velocemente.
-Capisco, com’è la situazione in città?- domandò lei.
-Di certo non è una delle migliori, la gente riesce a malapena a mangiare e i ricchi ne approfittano in ogni modo, gettando in miseria la povera gente- rispose lui amaramente.
-E tu cosa vuoi fare?- chiese poi Amu.
-Cerco di fare il possibile ma non è più di tanto facile, hanno messo troppe guardie per poterne uscire illesi, ma spero che questa situazione svanisca al più presto- rispose lui guadandola, -e tu invece, cosa vuoi fare?
-Io non saprei, non sono mai stata abituata a combattere con le armi. Molto spesso mi chiedo come sia potuto accadere tutto questo- rispose Amu.
-Ti senti sola?- chiese il Gatto Nero avvicinandosi a lei.
-Sì, anche se non lo sono, sono circondata da brave persone, ma non riesco a sentirmi a sicuro- rispose Amu.
-È normale sentirsi così, a volte, vostra altezza- sentendo quel appellativo Amu alzò subito lo sguardo.
-Sai chi sono io?- chiese strabiliata.
-Chi non conosce la principessa dai capelli color rosa lampone- rispose lui ridendo.
-Ti prego non parlarmi dei miei capelli, non li sopporto- disse lei accarezzandoseli.
-E perché?- chiese lui.
-Sono brutti- rispose lei.
-Per me sono bellissimi, non ci sono molte ragazze che hanno dei capelli così belli e lunghi- disse lui.
-Sai, sei la prima persona che mi dice che sono belli- confessò Amu, -ma dimmi cosa sai su di me?-
-Beh… conosco il tuo nome completo, quando sei nata, il tuo segno zodiacale e il colore dei tuoi occhi- rispose lui facendo l’elenco.
-Però ne sai di cose su di me, io però non so niente su di te- affermò Amu.
-Di che colore sono i miei occhi?- chiese lui voltandosi velocemente.
-Sono… due ametiste- rispose lei calma. Lui si voltò lentamente, nessuno aveva mai paragonato i suoi occhi a due ametiste.
-È la prima volta che qualcuno paragona i  miei occhi a delle ametiste- disse lui sottovoce.
-Sono la prima cosa che mi viene in mente quando guardo i tuoi occhi e gli occhi del ragazzo che vive qua- rispose Amu.
-E tu cosa ne pensi di lui?- chiese il Gatto Nero.
-Non so cosa pensare di lui, prima mi aiuta a medicarmi poi mi punta una spada contro, è un enigma per me. Non riesco a vedere niente di lui da quello che fa o da quello che dice, quei occhi mascherano tutto ai miei- affermò Amu.
-Non pensi che lo faccia perché gli piaci?- domandò lui.
-Non esiste. Io non sono mai stata desiderata da nessun ragazzo, e poi un tipo come lui non guarderebbe mai una come me, da quello che ho capito manco gli piaccio, mi tratta come se fossi una bambina- affermò Amu.
-Forse perché lui ti vede così, come qualcosa di piccolo e prezioso che deve essere protetto e per questo assume un atteggiamento come il suo- rispose il Gatto Nero, -però, io non condivido questo tipo di atteggiamento- disse lui avvicinandosi a lei, -preferisco dirle subito le cose che nasconderle-
-E tu cosa pensi di me, così a tatto?- chiese Amu. Lui avvicinò la sua bocca al l’orecchio di lei e le sussurrò:    -Penso che sei troppo preziosa per ricevere attenzioni da qualcuno che ti tratta male, e troppo bella per chi non sa vedere la tua bellezza- poi le diede un lieve bacio sulla guancia e si lanciò giù dal balcone atterrando in piedi sul terreno e scomparendo dentro al bosco come un fulmine. Ora veramente Amu non sapeva cosa pensare.



 
  
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