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Autore: Lotiel    24/02/2014    2 recensioni
(Sequel di "Dopo la Pioggia")
Erano passati poco più di due anni da quella triste notte. Dmìtrij lo aveva lasciato al porto di Tokyo agonizzante e aveva saputo poco dopo che era morto.
L’assassina si trovava in una delle zone più belle di Kyoto, sulle rive dello stagno che accoglie il Tempio del Padiglione d’Oro, con i suoi meravigliosi giardini.

REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 6
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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08 - Parole al vento



Era stato così tremendamente facile.
Gli occhi scuri si guardavano intorno e non avvertivano alcun pericolo. Solo ed esclusivamente Natasha davanti a lei che la conduceva dove le aveva chiesto. Da Dmìtrij.
Ma stranamente Reila sentiva attraversarle lungo la schiena una strana sensazione, qualcosa di cui si sarebbe dovuta pentire amaramente. Ma non riusciva a dare un nome a quel presentimento, tanto che aveva i sensi annebbiati da ciò che le si prospettava davanti.
Non aveva compreso il perché la russa la stava portando lì, non comprendeva perché fosse stato così semplice e soprattutto perché non avesse chiesto alla donna con le labbra di fuoco di dirle dove si trovava e ucciderla nella sua stanza.
La pistola rimaneva puntata verso il fianco della russa e la mano sinistra la cingeva come se fosse un’amica che aveva ritrovato dopo tanto tempo.
-Non fare la furba.
Natasha si era voltata a guardarla. Reila era sempre stata una bella donna, fin da quando l’aveva vista quella notte al suo locale, quando uno dei suoi uomini l’aveva ferita e il suo sguardo non era riuscita a staccarsi dal viso delineato da una leggera smorfia.
Reila aveva i nervi tesi e non si interessava alla donna accanto a lei, non più di quanto non  meritasse. Possibile che l’assassina non si era accorta che poteva essere tutta una trappola?
Troppo facile portarla con sé, fin a non pensare che poteva tenderle un’imboscata o che semplicemente voleva farla soffrire. A Reila questo non era passato minimamente per la testa e quando si parlava dell’uomo che aveva amato fino ad annullare se stessa, non capiva più nulla e non riusciva assolutamente a collegare i fatti.
Tutto quello che sapeva era non conoscere minimamente la sua reazione, semmai la notizia che Dmìtrij fosse vivo sarebbe stata vera.
Appena uscite dal locale, minacciando Natasha che se nel caso avesse avvertito qualcuno sarebbe morta prima che sparassero a lei, presero la direzione dell’auto della russa. Il leggero venticello e la neve che cadeva rasserenava l’assassina e le toccava la pelle come una doccia gelata.
-Adesso mettiti alla guida e portami da lui.
Reila le aveva fatto il cenno con la testa, non le servivano repliche. La russa doveva fare solo quello che diceva lei, altrimenti sarebbe finita molto male.
Reila era salita direttamente al posto del passeggero, tenendo ben nascosta la sua fida compagna, sempre puntata verso la sua vittima.
Il suo sguardo si chinò per qualche istante, mentre la russa metteva in moto e partiva molto lentamente. Aveva preso un profondo respiro e i pensieri iniziarono a vorticarle in testa come un uragano, pungendole le meningi come il freddo russo.
Il colbacco le copriva la testa, dentro questo aveva raccolto i capelli e le dava modo di coprire il volto nel caso la tristezza l’avesse invasa. Al solo pensiero stava male e il cuore le faceva male, ma dopotutto, pensò alzando il capo con una certa autostima scaturita improvvisamente dal suo animo, credeva di aver fatto la scelta giusta a sparare all’uomo. L’unico errore che non si era perdonata era il non essersi assicurata che lui fosse morto davvero. Per qualche istante non pensò neanche a suo padre, tanto il pensiero di Dmìtrij era così pressante da risultare doloroso come un pugno nello stomaco.
Natasha guidava prudentemente, lasciando che il silenzio si stabilisse tra loro, come un muto accordo preso il precedenza. Di sottecchi osservava l’assassina che notava fare lo stesso, lasciando che il suo sguardo si alternasse tra la strada e la donna. Le labbra sapientemente colorate di rosso di Reila si muovevano appena e la russa era sempre rimasta affascinata dall’assassina, tanto da desiderare di prenderla in qualsiasi modo potesse essere possibile.
Reila sollevò lo sguardo verso Natasha, come se si fosse accorta dei pensieri dell’altra storcendo le labbra in una pericolosa smorfia. Solo qualche istante prima di tornare alla naturale freddezza del suo lavoro, con lo sguardo dritto di fronte a sé.
Percorrevano le strade principali, sgombre dalla neve che continuava imperterrita a cadere. Si prospettava uno degli inverni più duri, ma le autorità si erano già mosse per mettere la città in sicurezza. Almeno per quelle persone che se lo potevano permettere.
Reila, come ripresasi da un momento di torpore dovuto al freddo, riassettò la pistola sotto il cappotto e la strinse con più veemenza. Osservò i tratti di Natasha e in quel momento miriadi di domande le vennero in testa, voleva soprattutto capire il perché di molte cose.
-Hai solo allungato un po’ la permanenza su questa terra.
La voce era gelida e lo sguardo ne seguiva completamente il pensiero, lasciando gli occhi appena socchiusi per contornare il momento.
Natasha non rispose, lasciando che l’assassina cominciasse nuovamente a parlare.
-Cosa ci guadagni tu in questa storia?
La russa sgranò gli occhi, come se comprendesse che Reila sapesse già abbastanza da mettere alla gogna tutti i suoi collaboratori e soprattutto il suo capo.
-Non dirmi che fai tutto questo per soldi, Natasha… mi cadresti ancora più in basso.
La russa non fece altro che schioccare la lingua e un sorrisino le affiorò sulle labbra rosse. Sapeva bene che al momento non l’avrebbe uccisa.
-Parli proprio tu. Il tuo lavoro è fondato sui soldi.
A Reila quella fu come una doccia fredda, ma ne aveva ricevute talmente tante, da risultare completamente asettica a quel commento.
-Non stiamo parlando di me, ma di te.
Reila non faceva altro che osservarla, fissarla con quel suo sguardo del quale si doveva solo avere paura, perché mostrava tutta la risolutezza e la disperazione di quella donna. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per arrivare ai suoi scopi.
Un profondo silenzio calò sulle due, poi improvvisamente Natasha attaccò.
-Fu Dmìtrij che mi chiese di farlo.
Reila allargò gli occhi, cercando di non far capire alla russa quanto tutte quelle parole facessero male.
-Fare cosa esattamente?
-Cercare di ferirti, Reila. Cercare di far vacillare le tue certezze, così che lui avrebbe potuto approfittare di quella situazione. Della tua debolezza-
Il corpo di Reila ebbe come un tremito improvviso, tanto che la mano coperta dal guanto, quella libera, si strinse a pugno, non curandosi se Natasha se ne potesse accorgere o meno.
-Aveva previsto tutto. Fin dall’inizio.
Reila strinse le labbra, lasciando che quel vento gelido nel cuore passasse come tutto l’amore che provava ancora per Dmìtrij. Per lui si era arresa alle emozioni, per lui aveva rinunciato a tutto e lui aveva già previsto tutto dall’inizio.
-Ne eri innamorata?
Questa volta fu Natasha a storcere le labbra e aprirsi in una risata moderata. Lasciando che lo sguardo gelido dell’assassina si posasse su di lei, lasciandole quel freddo addosso che non poteva togliere assolutamente. Di colpo la russa si zittì.
-L’unico errore che ho fatto è non essermi accertata che fosse morto.
Reila avvicinò la pistola verso il fianco di Natasha, facendole capire che fin’ora era stata clemente, da quel momento in poi era tutta in salita.
-Chi lo ha soccorso?
Natasha si strinse le labbra in un morso per non parlare. Poi rilassò tutti i muscoli, mentre accelerava appena per superare due macchine e svoltare sulla destra di due edifici alti, dalle finestre blu.
-Non hai ancora capito? Ti ha usato fino alla fine…
Rimase in sospeso tutta la frase, poiché Natasha si fermò e mise il freno a mano. Le mani andarono a porsi sulle gambe, come in attesa. Stava facendo sfoggio di tutto il coraggio di cui era capace.
-Siamo arrivati.

Improvvisamente tutte le domande che Reila aveva, compresa quella per comprendere meglio le parole di Natasha, caddero, come castelli di carta.
L’assassina aprì lo sportello, tenendo sempre sottotiro la donna e le intimò di scendere, immediatamente. La russa non poté far altro che chiudere la macchina e sentire il corpo caldo di Reila accostarsi al suo, mentre quell’ostacolo costituito dalla canna della pistola, si frapponeva tra le due.
Davanti a loro si ergeva la vecchia fabbrica di cioccolato di Mosca. La Krasny Oktyabr, situata al centro dell’isola artificiale di Bolotny. La fabbrica, dal colore rosso vivo dei suoi mattoni, era illuminata a giorno essendo ora un centro culturale e dedito alla vita notturna della città.
Gli occhi di Reila si posarono per qualche istante sulle persone presenti in quel luogo. Tutte diverse da lei e tremendamente a loro agio nei loro cappotti imbottiti. Neanche il freddo aveva attecchito la loro voglia di divertimento.
Prese un profondo respiro, sentendo che il quel luogo vi era già stata o che almeno l’aveva vista da lontano. Le labbra si strinsero in un muto grido di dolore quando vide in lontananza la chiesa del Salvatore, proprio dove Dmìtrij l’aveva stretta tra le sue braccia la prima volta e dove le aveva rubato il primo bacio della loro storia completamente travagliata.
L’assassina aveva sentito le mani tremare e la pistola non avere un appiglio forte e deciso. Difatti sembrò quest’ultima ricordare all’assassina chi era e cosa faceva in quel luogo, mentre Natasha si stringeva al suo fianco.
Il corpo di Reila si irrigidì, non soltanto per il freddo ma per quel contatto non voluto dalle mani della russa sul suo braccio. Storse le labbra staccandosi in malo modo dall’abbraccio di Natasha e infine poté sentire indistintamente il rumore del fiume proprio di fianco l’ex-fabbrica solo chiudendo gli occhi e riprendere il controllo di se stessa. Il gesto non era stato voluto, ma erano stati i suoi pensieri a portarla a reagire a quel modo. In verità, lei era ancora innamorata di quell’uomo che l’aveva tradita e trattata come una bambola di pezza. Era diverso dal sentimento verso Peter e in seguito a quello di George. Era qualcosa di trascendentale, di completo abbandono dei sensi al solo pensiero.
Reila, dopo che Natasha l’aveva guardata con occhi furenti, si accosto a lei e la bocca della pistola si accostò al fianco della russa, sentendola da sotto il cappotto e attraverso quello dell’assassina. Dopo questo la russa si ammansì.
-Andiamo.
Attraversarono quella miriade di persone, alle quali potevano semplicemente sembrare delle buone amiche. Le tendenze di Natasha non erano neanche ben viste dalla polizia russa e tantomeno dal suo presidente, difatti la donna aveva tranquillamente assunto un comportamento docile e che a Reila sarebbe dovuto sembrare strano.
-Sei sicura di volerlo?
La voce della donna russa aveva varcato il muro di silenzio che l’assassina aveva eretto tra loro, perché semplicemente non voleva avere una discussione con lei. Lo sguardo dell’assassina fu come un fulmine che saettò verso l’altra con la velocità di un secondo. Si stette zitta e non rispose.
Attraversarono la vecchia fabbrica e alla fine entrarono nel palazzo proprio dietro questa, lasciando la vita notturna al suo inizio.
-Dobbiamo salire al quarto piano. Lui si trova lì.
Era la voce di Natasha che sempre mantenendo un tono basso, seguiva Reila nella salita delle scale. L’assassina restò comunque attenta a qualsiasi movimento brusco dell’altra e si guardò attorno. Come se si sentisse spiata e completamente nuda a occhi invisibili.
Quando furono arrivate l’assassina spinse in malo modo la russa che si avvicinò alla porta.
-Ma che modi.
Infine alzò la mano e iniziò a bussare, come se fosse tutto un codice segreto.
Reila prese un profondo respiro e infine puntò la pistola verso la testa della russa. L’indice si portò velocemente verso il grilletto, lasciando per qualche momento interdetta la russa.
-Adesso non mi servi più.
Non fece in tempo a far finire la corsa al grilletto che la porta si aprì, gli occhi le si spalancarono e cadde a terra colpita da un dardo sonnifero. L’ultima cosa che aveva visto erano quegli occhi di ghiaccio, completamente privi di alcun sentimento.

yin yang vettore

Per saperne di più 

Krasny Oktyabr: Gli edifici di un ex fabbrica di cioccolata sono diventati un bellissimo esempio di archeologia industriale riutilizzata a scopi diversi. Per la popolazione moscovita under 30, "Krasny Oktyabr" è soprattutto sinonimo di cultura, e lo storico edificio color mattone di luogo alla moda, da frequentare per rimanere al passo coi tempi. Questo da quando le linee produttive della cioccolateria più famosa della Russia hanno lasciato spazio a mostre, cinema, bar, ristoranti, che caratterizzano una delle location più vive della città, attraversata ogni giorno dalla sua popolazione più dinamica, giovane, intraprendente. Collocata nel cuore di Mosca - presso lʼisola artificiale di Bolotny - la facciata in mattoni rossi della storica fabbrica dolciaria "Krasny Oktyabr", occupa buona parte del lungomoscova Bersenevsky, a pochi metri dal Cremlino e dalla chiesa del Cristo Salvatore, dal celebre “House on the Embankment“, dal teatro Bolshoi e dal Museo Puškin.

Angolo dell'autrice


L'ottavo capitolo è finalmente on-line e non posso che essere fiera di dove sono arrivata fin'ora. Rinnovo sempre il mio invito a farmi sapere come vi sembra, non credo vi porti via molto tempo una recensione, facendomi sapere cosa ne pensate di questa storia. Vi inviterei infine a leggere "Dopo la pioggia" per poter capire un po' meglio dell'intera vicenda. Infine vi ringrazio per chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate.  E vi indirizzo verso la mia pagina che terrò sempre aggiornata con  curiosità, spoiler e quant'altro.
Lotiel  Scrittrice - Come pioggia sulla neve


   
 
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